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Per Trump, la sola opzione è fallire, di Paul Krugman (New York Times 12 luglio 2018)

 

July 12, 2018

For Trump, Failure Is the Only Option

By Paul Krugman

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So Donald Trump went to a NATO summit, insulted our allies, then made the absurd demand not just that they increase defense spending — which they should — but that they raise it to 4 percent of G.D.P., much higher than the bloated military spendingin his own budget. He then claimed, falsely, to have won major concessions, and graciously declared that it is “presently unnecessary” to consider quitting the alliance.

Was there anything our allies could have done that would have mollified him? The answer, surely, is no. For Trump, disrupting NATO doesn’t seem to be a means to an end; it’s an end in itself.

Does all of this sound familiar? It’s basically the same as the story of the escalating trade war. While Trump rants about other countries’ unfair trade practices — a complaint that has some validity for China, although virtually none for Canada or the European Union — he hasn’t made any coherent demands. That is, he has given no indication what any of the countries hit by his tariffs could do to satisfy him, leaving them with no option except retaliation.

So he isn’t acting like someone threatening a trade war to win concessions; he’s acting like someone who just wants a trade war. Sure enough, he’s reportedly threatening to pull out of the World Trade Organization, the same way he’s suggesting that the U.S. might pull out of NATO.

It’s all of a piece. Whatever claims Trump makes about other countries’ misbehavior, whatever demands he makes on a particular day, they’re all in evident bad faith. Mr. Art of the Deal doesn’t want any deals. He just wants to tear things down.

The institutions Trump is trying to destroy were all created under U.S. leadership in the aftermath of World War II. Those were years of epic statesmanship — the years of the Berlin airlift and the Marshall Plan, in which America showed its true greatness. For having won the war, we chose not to behave like a conqueror, but instead to build the foundations of lasting peace.

Thus the General Agreement on Tariffs and Trade, signed in 1947 — at a time of overwhelming U.S. economic dominance — didn’t seek a privileged position for American products, but instead created rules of the game to promote prosperity around the world. Similarly, NATO, created in 1949 — at a time of overwhelming U.S. military dominance — didn’t seek to lock in our hegemony. Instead, it created a system of mutual responsibility that encouraged our allies, including our defeated former enemies, to see themselves as equals in preserving our mutual security.

One way to say this is that America tried to create an international system reflecting our own ideals, one that subjected powerful countries — ourselves included — to rule of law, while protecting weaker nations from bullies. Small countries can and do win W.T.O. cases against big countries; small members of NATO receive the same unconditional security guarantees as major powers.

And what Trump is trying to do is undermine that system, making bullying great again.

What’s his motivation? Part of the answer is that anything that weakens the Western alliance helps Vladimir Putin; if Trump isn’t literally a Russian agent, he certainly behaves like one on every possible occasion.

Beyond that, Trump obviously dislikes anything that smacks of rule of law applying equally to the weak and the strong. At home, he pardons criminal bigots while ripping children away from their parents. In international relations, he consistently praises brutal strongmen while heaping scorn on democratic leaders.

So of course he hates the international institutions created by an infinitely wiser generation of U.S. statesmen, who understood that it was in America’s own interest to use its power with respect and restraint, to bind itself by rules in order to win the world’s trust.

He may complain that other countries are cheating and taking advantage of America, that they’re imposing unfair tariffs or failing to pay their share of defense costs. But as I said, those claims are made in bad faith — they’re excuses, not real grievances. He doesn’t want to fix these institutions. He wants to destroy them.

Will anything put a check on Trump’s destructive instincts? You might have thought that Congress would place some limits, that there were at least some responsible, patriotic Republican lawmakers left. But there aren’t.

Alternatively, you might have thought that big business, which is deeply invested, literally, in the existing world order would protest effectively. So far, however, it has been utterly ineffectual. And while talk of trade war sometimes causes the stock market to wobble, as far as I can tell, investors still aren’t taking this seriously: They imagine that Trump will bluster and tweet for a while, then accept some cosmetic policy changes and call it a win.

But that kind of benign outcome looks increasingly unlikely, because Trump won’t take yes for an answer. He doesn’t want negotiations with our allies and trading partners to succeed; he wants them to fail. And by the time everyone realizes this, the damage may be irreversible.

 

Per Trump, la sola opzione è fallire, di Paul Krugman

New York Times 12 luglio 2018

Dunque Donald Trump è andato ad un vertice della NATO, ha insultato i nostri alleati, poi ha fatto la richiesta assurda non solo che incrementino la spesa per la difesa – cosa che dovrebbero fare – ma che la portino al 4 per cento del PIL, molto più alta della boriosa spesa militare del suo stesso bilancio. Poi ha sostenuto, in contrasto con la realtà, di aver ottenuto importanti concessioni ed ha cortesemente dichiarato che non è “al momento necessario” di prendere in considerazione di dismettere l’alleanza.

C’era qualcosa che i nostri alleati potevano fare che lo avrebbe ammorbidito? La risposta è certamente negativa. Per Trump, distruggere la NATO non sembra essere un modo per raggiungere uno scopo; è uno scopo in sé stesso.

C’è in questo qualcosa che vi risulta familiare? È fondamentalmente la stessa storia della scalata nella guerra commerciale. Mentre Trump sbraita sulle ingiuste pratiche commerciali degli altri paesi – una lamentela che ha qualche valore nel caso della Cina, sebbene sostanzialmente nessuno in quelli del Canada o dell’Unione Europea – egli non ha avanzato alcuna richiesta coerente. Ovvero, non ha fornito alcuna indicazione su che cose ciascun paese colpito dalle sue tariffe potrebbe fare per soddisfarlo, lasciandoli con nessuna alternativa se non le ritorsioni.

Dunque non sta agendo come qualcuno che sta minacciando una guerra commerciale per ottenere concessioni; sta agendo come qualcuno che vuole semplicemente una guerra commerciale. Chiaramente, secondo i resoconti, sta minacciando di ritirarsi dalla Organizzazione Mondiale del Commercio, nello stesso modo in cui sta indicando che gli Stati Uniti potrebbero ritirarsi dalla NATO.

È un unico copione. Qualsiasi pretesa Trump avanzi sulla cattiva condotta degli altri paesi, qualsiasi richiesta faccia in un dato giorno, esse sono tutte in evidente malafede. Il Signore dell’Arte dell’Accordo, non vuole alcun accordo. Vuole solo demolire.

Le istituzioni che Trump sta cercando di distruggere furono tutte create sotto la guida degli Stati Uniti all’indomani della Seconda guerra Mondiale. Furono anni di statisti epici – gli anni del ponte aereo con Berlino e del Piano Marshall, nei quali l’America mostrò la sua effettiva grandezza. Avendo vinto la guerra non scegliemmo di comportarci come conquistatori, piuttosto di costruire le basi di una pace duratura.

In tal modo l’Accordo Generale sulle tariffe e sul Commercio, sottoscritto nel 1947 – in un’epoca di schiacciante predominio economico degli Stati Uniti – non cercò una posizione privilegiata per i prodotti americani, creò invece le regole del gioco per promuovere la prosperità in tutto il mondo. In modo simile, la NATO, creata nel 1949 – in un’epoca di schiacciante predominio militare degli Stati Uniti – non cercò di fissare la nostra egemonia. Piuttosto creò un sistema di responsabilità reciproche che incoraggiava i nostri alleati, inclusi i nostri precedenti nemici sconfitti, al fine di considerarli pari a tutti gli altri nel preservare la nostra reciproca sicurezza.

Un modo per dire tutto questo è che l’America cercò di creare un sistema internazionale che riflettesse i nostri ideali, che sottomettesse paesi potenti – noi stessi inclusi – alle regole della legge, nel mentre proteggeva le nazioni più deboli dalle prepotenze. I piccoli paesi possono vincere, come in effetti accade, procedimenti contro grandi paesi; i piccoli membri della NATO ricevono le stesse garanzie incondizionate di sicurezza come i paesi importanti.

E quello che Trump sta cercando di mettere a repentaglio è quel sistema, rendendo nuovamente grande la prepotenza.

Quale è il suo scopo? In parte la risposta è che ogni cosa che indebolisce l’alleanza occidentale aiuta Vladimir Putin; se Trump non è letteralmente un agente russo, certamente si comporta come tale ad ogni possibile occasione.

Oltre a ciò, Trump evidentemente non gradisce tutto quello che odora di Stato di diritto, che si applica nello stesso modo al debole ed al potente. All’interno, grazia criminali fanatici mentre strappa i figli dai loro genitori. Nelle relazioni internazionali, elogia sistematicamente gli uomini forti brutali mentre colma di disprezzo i dirigenti democratici.

Dunque, ovviamente odia le istituzioni internazionali create da una generazione di statisti statunitensi infinitamente più saggia, che aveva compreso che era nell’interesse specifico dell’America usare il suo potere con rispetto e senso del limite, vincolando sé stessa con regole allo scopo di ottenere la fiducia del mondo.

Può lamentarsi che gli altri paesi stiano ingannando e avvantaggiandosi sull’America, che essi stiano imponendo tariffe ingiuste e non pagando la loro quota dei costi della difesa. Ma come ho detto questi argomenti sono avanzati in malafede – sono scuse, non vere lamentele. Non vuole riformare queste istituzioni. Le vuole distruggere.

Qualcosa porrà un controllo a questi istinti distruttivi di Trump? Potevate pensare che il Congresso avrebbe stabilito qualche limite, che ci fossero rimasti almeno alcuni legislatori repubblicani responsabili e patriottici. Ma non ce n’è.

In alternativa, potevate aver pensato che la grande impresa, che è profondamente e sostanzialmente coinvolta nell’ordine mondiale esistente, avrebbe protestato efficacemente. Sinora, tuttavia, essa è stata del tutto inefficace. E mentre parlare di guerra commerciale talvolta fa tremare il mercato azionario, per quanto posso dire, gli investitori ancora non prendono tutto questo sul serio: si immaginano che Trump farà per un po’ lo spaccone con i suoi tweet, poi accetterà qualche cambiamento politico di facciata e lo definirà una vittoria.

Ma questa sorta di risultato benigno appare sempre più improbabile, perché Trump non considererà i “sì” come una riposta. Lui non vuole che i negoziati con i nostri alleati e con i partner commerciali abbiano successo; vuole che falliscano. E nel tempo in cui ognuno lo comprenderà, il danno può diventare irreversibile.

 

 

 

 

 

 

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