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Smettete di chiamare Trump un populista, di Paul Krugman (New York Times, 2 agosto 2018)

 

August 2, 2018

Stop Calling Trump a Populist

By Paul Krugman 

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Message to those in the news media who keep calling Donald Trump a “populist”: I do not think that word means what you think it means.

It’s true that Trump still, on occasion, poses as someone who champions the interests of ordinary working Americans against those of the elite. And I guess there’s a sense in which his embrace of white nationalism gives voice to ordinary Americans who share his racism but have felt unable to air their prejudice in public.

But he’s been in office for a year and a half, time enough to be judged on what he does, not what he says. And his administration has been relentlessly anti-worker on every front. Trump is about as populist as he is godly — that is, not at all.

Start with tax policy, where Trump’s major legislative achievement is a tax cut that mainly benefits corporations — whose tax payments have fallen off a cliff — and has done nothing at all to raise wages. The tax plan does so little for ordinary Americans that Republicans have stopped campaigning on it. Yet the administration is floating the (probably illegal) idea of using executive action to cut taxes on the rich by an extra $100 billion.

There’s also health policy, where Trump, having failed to repeal Obamacare — which would have been a huge blow to working families — has engaged instead in a campaign of sabotage that has probably raised premiums by almost 20 percent relative to what they would have been otherwise. Inevitably, the burden of these higher premiums falls most heavily on families earning just a bit too much to be eligible for subsidies, that is, the upper part of the working class.

And then there’s labor policy, where the Trump administration has moved on multiple fronts to do away with regulations that had protected workers from exploitation, injury and more.

But immediate policy doesn’t tell the whole story. You also want to look at Trump’s appointments. When it comes to policies that affect workers, Trump has created a team of cronies: Almost every important position has gone to a lobbyist or someone with strong financial connections to industry. Labor interests have received no representation at all.

And the nomination of Brett Kavanaugh for the Supreme Court deserves special attention. There’s a lot we don’t know about Kavanaugh, partly because Senate Republicans are blocking Democratic requests for more information. But we do know he’s starkly, extremely, anti-labor — way to the right of the mainstream, and well to the right even of most Republicans.

The best-known example of his radically anti-worker views is his argument that SeaWorld shouldn’t face any liability after a captive killer whale killed one of its workers, because the victim should have known the risks when she took the job. But there’s much more anti-labor extremism in his record.

When you bear in mind that Kavanaugh, if confirmed, will be around for a long time, this extremism is enough to justify rejecting his nomination — especially when added to his support for unrestricted presidential power and whatever it is in his record that Republicans are trying to hide.

But why would Trump, the self-proclaimed champion of American workers, choose someone like that? Why would he do all the things he’s doing to hurt the very people who gave him the White House?

I don’t know the answer, but I do think that the conventional explanation — that Trump, who is both lazy and supremely ignorant about policy details, was unwittingly captured by G.O.P. orthodoxy — both underestimates the president and makes him seem nicer than he is.

Watching Trump in action, it’s hard to escape the impression that he knows very well that he’s inflicting punishment on his own base. But he’s a man who likes to humiliate others, in ways great and small. And my guess is that he actually takes pleasure in watching his supporters follow him even as be betrays them.

In fact, sometimes his contempt for his working-class base comes right out into the open. Remember “I love the poorly educated”? Remember his boast that he could shoot somebody on Fifth Avenue and not lose any voters?

Anyway, whatever his motivations, Trump in action is the opposite of populist. And no, his trade war doesn’t change that judgment. William McKinley, the quintessential Gilded Age president who defeated a populist challenger, was also a protectionist. Furthermore, the Trumpian trade war is being carried out in a way that produces maximum harm to U.S. workers in return for minimum benefits.

While he isn’t a populist, however, Trump is a pathological liar, the most dishonest man ever to hold high office in America. And his claim to stand with working Americans is one of his biggest lies.

Which brings me back to media use of the term “populist.” When you describe Trump using that word, you are in effect complicit in his lie — especially when you do it in the context of supposedly objective reporting.

And you don’t have to do this. You can describe what Trump is doing without using words that give him credit where it isn’t due. He’s scamming his supporters; you don’t have to help him do it.

 

Smettete di chiamare Trump un populista,

di Paul Krugman

Un messaggio a coloro che sui media dell’informazione continuano a chiamare Trump “populista”: non credo che quella parola significhi quello che pensate.

È vero che, all’occasione, Trump si presenta ancora come il sostenitore degli interessi degli americani comuni che lavorano contro quelli delle classi dirigenti. E suppongo che in un certo senso il suo abbraccio del nazionalismo bianco dia voce agli americani comuni che condividono il suo razzismo ma non si sono sentiti capaci di esprimere pubblicamente il loro pregiudizio.

Ma è stato in carica per un anno e mezzo, un tempo sufficiente per essere giudicato per quello che fa, non per quello che dice. E la sua Amministrazione è stata incessantemente contro i lavoratori, su ogni fronte. Trump è un populista nello stesso modo in cui è religioso – ovvero, non lo è affatto.

Cominciamo dalla politica fiscale, dove la massima realizzazione legislativa è un taglio delle tasse che va a vantaggio principalmente delle società – i cui pagamenti al fisco sono crollati in un precipizio – e non ha fatto nulla per aumentare i salari. Il programma fiscale fa così poco per i normali americani che i repubblicani hanno smesso di farne oggetto della campagna elettorale. Tuttavia l’Amministrazione sta ventilando l’idea (probabilmente illegale) di utilizzare il suo potere esecutivo per tagliare le tasse sui ricchi per altri 100 miliardi di dollari.

C’è poi la politica sanitaria, dove Trump, non essendo riuscito ad abrogare la riforma sanitaria di Obama – che sarebbe stato un colpo di vaste proporzioni per le famiglie dei lavoratori – si è piuttosto impegnato in una campagna di sabotaggio che ha probabilmente innalzato le polizze delle assicurazioni di quasi il 20 per cento, rispetto a quelle che sarebbero state altrimenti. Inevitabilmente, il prezzo di queste polizze più elevate ricade più pesantemente sulle famiglie che guadagnano appena un po’ di più della soglia dei requisiti per i sussidi, ovvero sulla parte della classe lavoratrice con redditi più elevati.

C’è poi la politica del lavoro, dove la Amministrazione Trump si è mossa su vari fronti per liquidare i regolamenti che avevano protetto i lavoratori dallo sfruttamento, dagli infortuni e da altro ancora.

Ma la politica in senso stretto non ci dà il quadro completo. Si deve anche guardare alle nomine di Trump. Quando si ragiona delle politiche che hanno effetti sui lavoratori, Trump ha creato una squadra di sodali: quasi tutte le posizioni importanti sono andate ai lobbisti o a qualcuno con forti collegamenti finanziari con il settore. Gli interessi del lavoro non hanno ricevuto alcuna rappresentazione.

E la nomina di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema merita una attenzione particolare. In molti non sanno niente di Kavanaugh, in parte perché il Senato sta bloccando le richieste dei democratici per maggiori informazioni. Ma sappiamo che egli è estremamente, aspramente ostile ai lavoratori, nei modi che prevalgono nella destra tradizionale, e in buona misura persino tra la maggioranza dei repubblicani.

L’esempio più noto di questi punti di vista radicalmente ostili ai lavoratori è la sua tesi secondo la quale SeaWorld [1] non dovrebbe pagare alcun prezzo dopo che un’orca assassina ha ucciso una delle sue lavoratrici, perché la vittima avrebbe dovuto conoscere i rischi quando accettò il posto di lavoro. Ma c’è molto di più nel suo curriculum di estremismo contro i lavoratori.

Quando tenete a mente che Kavanaugh, se confermato, sarà in circolazione per un lungo periodo, quell’estremismo sarebbe sufficiente a giustificare un rigetto della sua nomina – in particolare quando si aggiungesse il suo sostegno per un illimitato potere presidenziale e tutto quello che i repubblicani stanno cercando di nascondere nelle sue prestazioni passate.

Ma perché Trump, il sedicente campione dei lavoratori americani, avrebbe scelto un personaggio del genere? Perché starebbe facendo tutto quello che fa per danneggiare proprio le persone che lo hanno messo alla Casa Bianca?

Non conosco la risposta, ma penso proprio che la spiegazione più comune – secondo la quale Trump, che è sia pigro che supremamente all’oscuro dei dettagli della politica, sarebbe stato inconsapevolmente catturato dall’ortodossia del Partito Repubblicano – sottostimano il Presidente e lo fanno sembrare più carino di quanto non sia.

Osservando le iniziative di Trump, è difficile sfuggire all’impressione che egli sappia molto bene che sta infliggendo una punizione alla sua stessa base. Ma è un individuo a cui piace umiliare gli altri, in modi grandi o piccoli. E la mia impressione è che effettivamente provi soddisfazione nell’osservare che i suoi sostenitori gli vanno dietro anche se lui li tradisce.

Di fatto, il suo disprezzo per la sua base di lavoratori talvolta si manifesta apertamente. Vi ricordate il suo “amo le persone con poca istruzione”? Vi ricordate la sua vanteria per la quale avrebbe potuto sparare a qualcuno sulla Quinta Strada senza perdere un elettore?

In ogni modo, qualsiasi siano le sue motivazioni, il vero Trump è l’opposto di un populista. E la sua guerra commerciale non modifica affatto tale giudizio. William McKinley, la quintessenza di Presidente dell’Età Dorata che sconfisse uno sfidante populista, era anche un protezionista. Inoltre, la guerra commerciale trumpiana viene messa in pratica in un modo che produce il massimo danno sui lavoratori americani in cambio di minimi benefici.

Se non è un populista, tuttavia, Trump è un bugiardo patologico, l’uomo più disonesto che abbia mai avuto la sua carica in America. E la sua pretesa di stare dalla parte degli americani che lavorano è una delle sue bugie più grandi.

Il che mi riporta ai media che usano il termine “populista”. Quando si descrive Trump utilizzando quella parola, in effetti si è complici della sua bugia – particolarmente quando lo si fa nel contesto di una presunta informazione oggettiva.

E non si deve far questo. Si può descrivere ciò che Trump sta facendo senza usare parole che gli danno credito dove non gli è dovuto. Lui raggira i suoi sostenitori; non lo si deve aiutare a farlo.       

 

 

 

 

[1] SeaWorld è una catena americana di parchi di mammiferi, di acquari marini, di parchi tematici di animali e di centri di riabilitazione.

 

 

 

 

 

 

 

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