Oct. 22, 2018
By Paul Krugman
A few days ago, Pat Robertson, the evangelical leader, urged America not to get too worked up about the torture and murder of Jamal Khashoggi, because we shouldn’t endanger “$100 billion in arms sales.” I guess he was invoking the little-known 11th Commandment, which says, “On the other hand, thou shalt excuse stuff like killing and bearing false witness if weapons deals are at stake.”
O.K., it’s not news that the religious right has prostrated itself at Donald Trump’s feet. But Trump’s attempt to head off retaliation for Saudi crimes by claiming that there are big economic rewards to staying friendly with killers — and the willingness of his political allies to embrace his logic — nonetheless represents a new stage in the debasement of America.
It’s not just that Trump’s claims about the number of jobs at stake — first it was 40,000, then 450,000, then 600,000, then a million — are lies. Even if the claims were true, we’re the United States; we’re supposed to be a moral beacon for the world, not a mercenary nation willing to abandon its principles if the money is good.
That said, the claims are, in fact, false.
First, there is no $100 billion Saudi arms deal. What the Trump administration has actually gotten are mainly “memorandums of intent,” best seen as possible future deals rather than commitments. Many of these potential deals would involve production in Saudi Arabia rather than the U.S. And the sales, if they did materialize, would be spread over a number of years.
It looks unlikely, then, that deals with Saudi Arabia will raise U.S. annual arms exports by more than a few billion dollars a year. When you bear in mind that the industries involved, mainly aerospace, are highly capital intensive and don’t employ many workers per dollar of sales, the number of U.S. jobs involved is surely in the tens of thousands, if that, not hundreds of thousands. That is, we’re talking about a rounding error in a U.S. labor market that employs almost 150 million workers.
Another way to look at Saudi arms sales is to notice how small the stakes are compared with other areas where Trump is casually disrupting business relations. He seems, for example, to be eager for a trade war with China, which imported $187 billion worth of U.S. goods and services last year.
Finally, it’s worth noting that under current conditions, increasing exports, even if you can do it, won’t create net additional jobs for the U.S. economy. Why? Because the Federal Reserve believes that we’re at full employment, and any further strengthening of the economy will induce the Fed to raise interest rates. As a result, jobs added in one place by things like arms sales will be offset by jobs lost elsewhere as higher rates deter investment or make the U.S. less competitive by strengthening the dollar.
But let’s get real: Trump isn’t going easy on the Saudis because of the jobs they provide to defense workers. His ever-inflating count of how many jobs are involved is in itself a dead giveaway that arms sales are an excuse, not a real motive, for his actions. So what’s the real reason he’s so willing to forgive torture and murder?
One answer is that he doesn’t actually disapprove of what the Saudis did. By now it’s a commonplace that Trump seems far more comfortable with brutal autocrats than with the leaders of our democratic allies. Remember, when Trump visited Saudi Arabia, his commerce secretary exulted over the fact that there were no protesters to be seen — something that tends to happen when protesters get beheaded.
Oh, and a president who proclaims that the news media are “enemies of the people” may feel that torturing and murdering a critical journalist is not such a bad idea.
Beyond that, the Saudis have funneled tens of millions of dollars to Trump personally, and are continuing to do so. And the very real millions going to Trump are a much more plausible explanation of his friendliness toward Mohammed bin Salman than the mythical billions going to U.S. arms manufacturers.
Of course, Trump loyalists bristle at the suggestion that he is letting his financial interests shape U.S. policy. But has Trump ever made a personal sacrifice in the public interest?
Anyway, we’re not supposed to have to trust that the big money a president receives from foreign governments isn’t influencing his decisions. The emoluments clause of the Constitution prohibits the president from accepting any such favors in the first place. Unfortunately, Republicans have decided that this clause, like so much of the Constitution, doesn’t apply when their party is in power.
So, as I said, what we’re looking at here is another step in the debasement of our nation. Accepting torture and murder is a betrayal of American principles; trying to justify that betrayal by appealing to supposed economic benefits is a further betrayal. And when you add in the fact that the claimed economic payoff is a lie, and that the president’s personal profit is a much more likely explanation for his actions — well, genuine patriots should be deeply ashamed of what we’ve come to as a nation.
Le armi e gli uomini malvagi,
di Paul Krugman
Pochi giorni fa Pat Robertson, il leader evangelico, ha sollecitato l’America a non agitarsi troppo per la tortura e l’assassinio di Jamal Kashoggi, perché non dovremmo mettere in pericolo “vendite di armi per 100 miliardi di dollari”. Suppongo che stesse invocando il poco noto 11° Comandamento, che recita: “D’altra parte, dovrete perdonare cose come uccidere e addurre falsa testimonianza, qualora siano in ballo accordi sulle armi”.
È vero, non è una novità che la destra religiosa si sia prostrata ai piedi di Donald Trump. Ma il tentativo di Trump di eludere ogni ritorsione per i crimini sauditi sostenendo che ci sono grandi premi economici a restare amici degli assassini – e la disponibilità dei suoi soci politici a far propria questa logica – rappresenta nondimeno un nuovo stadio nell’imbarbarimento dell’America.
Non si tratta soltanto del fatto che quanto che Trump sostiene sul numero dei posti di lavoro sono bugie – prima erano 40.000, poi 450.000, poi 600.000, poi un milione. Anche se fossero argomenti veri, noi siamo gli Stati Uniti; si suppone che siamo una fonte di luce morale per il mondo, non una nazione mercenaria disposta ad abbandonare i suoi principi se ci sono buoni soldi in cambio.
Ciò detto, quelle pretese sono, di fatto, false.
Anzitutto, non esiste alcun accordo da 100 miliardi di dollari con i sauditi. Quello che l’Amministrazione Trump ha effettivamente ottenuto sono “memorandum di intenti”, indicano possibili accordi futuri piuttosto che impegni. Molti di questi accordi potenziali comporterebbero attività produttiva in Arabia Saudita anziché negli Stati Uniti. E le vendite, se si materializzassero, si spalmerebbero in un certo numero di anni.
Appare improbabile, dunque, che gli accordi con l’Arabia Saudita accrescano le esportazioni annuali di armi degli Stati Uniti per più di pochi milioni di dollari. Quando si tiene a mente che le industrie coinvolte, principalmente quella aerospaziale, sono ad alta intensità di capitale, il numero di posti di lavoro statunitensi implicati è semmai certamente nell’ordine delle decine di migliaia, non delle centinaia di migliaia. Ovvero, stiamo parlando di una inezia in un mercato del lavoro statunitense che occupa 150 milioni di lavoratori.
Un altro modo di osservare le vendite di armi ai sauditi è notare quanto sia piccola la posta in gioco a confronto con altre aree nelle quali Trump sta con noncuranza mettendo a repentaglio le relazioni tra le imprese. Egli sembra, ad esempio, di essere entusiasta di una guerra commerciale con la Cina, che l’anno passato ha importato beni e servizi statunitensi per un valore di 187 miliardi di dollari.
Infine, è il caso di notare che nelle attuali condizioni accrescere le esportazioni, anche se si potesse farlo, non creerebbe posti di lavoro aggiuntivi per l’economia statunitense. Perché? Perché la Federal Reserve crede che siamo in condizioni di piena occupazione, ed ogni ulteriore rafforzamento dell’economia indurrà la Fed ad alzare i tassi di interesse. Di conseguenza, i posti di lavoro aggiunti da episodi come le vendite delle armi saranno bilanciati dai posti di lavoro persi allorché i tassi più alti scoraggeranno gli investimenti o renderanno gli Stati Uniti meno competitivi per il rafforzamento del dollaro.
Ma stiamo ai fatti: Trump non è conciliante con i sauditi per i posti di lavoro che essi forniscono ai lavoratori della difesa. Il suo conteggio in continua crescita su quanti posti di lavoro sono implicati è di per sé è una completa dimostrazione che le vendite degli armamenti sono una scusa, non la motivazione vera delle sue iniziative. Qual è dunque la ragione vera che lo rende così disponibile a perdonare torture e assassinii?
Una risposta è che egli in effetti non disapprova cosa hanno fatto i sauditi. Ad oggi è un luogo comune che Trump sembri molto più a suo agio con i brutali autocrati piuttosto che con i dirigenti dei suoi alleati democratici. Si ricordi, quando Trump visitò l’Arabia saudita, il suo Segretario al commercio esultava perché non si vedevano contestatori – cosa che tende ad accadere quando ai contestatori si tagliano le teste.
Inoltre, un Presidente che afferma che gli organi dell’informazione sono “nemici del popolo” può avere l’impressione che torturare e assassinare un giornalista critico non è poi una cattiva idea.
Oltre a ciò i sauditi hanno riversato su Trump personalmente decine di milioni di dollari, e continuano a farlo. E i molti reali milioni che vanno a Trump sono una spiegazione molto più plausibile della sua amicizia con Mohammed bin Salman dei mitici miliardi che vanno alle manifatture delle armi degli Stati Uniti.
Naturalmente, i fedeli di Trump vanno in collera per il sospetto che egli permetta ai suoi interessi finanziari di ispirare la politica statunitense. Ma ha mai fatto, Trump, un sacrificio personale nell’interesse pubblico?
In ogni modo, non abbiamo ipotizzato che si debba credere che i mucchi di soldi che un Presidente riceve da Governi stranieri non influenzino le sue decisioni. Anzitutto, è la clausola degli emolumenti della Costituzione che proibisce che un Presidente accetti tali favori. Sfortunatamente, i repubblicani hanno deciso che questa clausola non si applichi quando il loro partito è al potere.
Dunque, come ho detto, quello a cui assistiamo è un altro passo nello svilimento della nostra nazione. Accettare la tortura e l’assassinio è un tradimento dei principi americani; cercare di giustificare quel tradimento con gli accattivanti presunti benefici economici è un ulteriore tradimento. E quando si aggiunge il fatto che quel preteso vantaggio è una bugia e che il profitto personale del Presidente è una spiegazione assai più probabile delle sue azioni – ebbene, patrioti genuini dovrebbero provare profonda vergogna per il punto cui siamo arrivati come nazione.
By mm
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