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Lo stile paranoide nella politica repubblicana, di Paul Krugman (New York Times 8 ottobre 2018)

 

Oct. 8, 2018

The Paranoid Style in G.O.P. Politics

By Paul Krugman

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Many people are worried, rightly, about what the appointment of Brett Kavanaugh means for America in the long term. He’s a naked partisan who clearly lied under oath about many aspects of his personal history; that’s as important as, and related to, the question of what he did to Christine Blasey Ford, a question that remains unresolved because the supposed investigation was such a transparent sham. Putting such a man on the Supreme Court has, at a stroke, destroyed the court’s moral authority for the foreseeable future.

But such long-term worries should be a secondary concern right now. The more immediate threat comes from what we saw on the Republican side during and after the hearing: not just contempt for the truth, but also a rush to demonize any and all criticism. In particular, the readiness with which senior Republicans embraced crazy conspiracy theories about the opposition to Kavanaugh is a deeply scary warning about what might happen to America, not in the long run, but just a few weeks from now.

About that conspiracy theorizing: It began in the first moments of Kavanaugh’s testimony, when he attributed his problems to “a calculated and orchestrated political hit” motivated by people seeking “revenge on behalf of the Clintons.” This was a completely false, hysterical accusation, and making it should in itself have disqualified Kavanaugh for the court.

But Donald Trump quickly made it much worse, attributing protests against Kavanaugh to George Soros and declaring, falsely (and with no evidence), that the protesters were being paid.

And here’s the thing: Major figures in the G.O.P. quickly backed Trump up. Charles Grassley, chairman of the Senate committee that heard Blasey and Kavanaugh, insisted that the protesters were indeed employed by Soros. Senator John Cornyn declared, “We will not be bullied by the screams of paid protesters.” No, the protesters aren’t being paid to protest, let alone by George Soros. But to be a good Republican, you now have to pretend they are.

What’s going on here? At one level, this isn’t new. Conspiracy theorizing has been a part of American politics from the beginning. Richard Hofstadter published his famous essay “The Paranoid Style in American Politics” back in 1964 and cited examples running back to the 18th century. Segregationists fighting civil rights routinely blamed “outside agitators” — especially northern Jews — for African-American protests.

But the significance of conspiracy theorizing depends on who does it.

When people on the political fringe blame shadowy forces — often, as it happens, sinister Jewish financiers — for their frustrations, you can write it off as delusional. When people who hold most of the levers of power do the same thing, their fantasizing isn’t a delusion, it’s a tool: a way to delegitimize opposition, to create excuses not just for disregarding but for punishing anyone who dares to criticize their actions.

That’s why conspiracy theories have been central to the ideology of so many authoritarian regimes, from Mussolini’s Italy to Erdogan’s Turkey. It’s why the governments of Hungary and Poland, former democracies that have become de facto one-party states, love to accuse outsiders in general and Soros in particular of stirring up opposition to their rule. Because, of course, there can’t be legitimate complaints about their actions and policies.

And now senior figures in the Republican Party, which controls all three branches of the federal government — if you had any questions about whether the Supreme Court was a partisan institution, they should be gone now — are sounding just like the white nationalists in Hungary and Poland. What does this mean?

The answer, I submit, is that the G.O.P. is an authoritarian regime in waiting.

Trump himself clearly has the same instincts as the foreign dictators he so openly admires. He demands that public officials be loyal to him personally, not to the American people. He threatens political opponents with retribution — two years after the last election, he’s still leading chants of “Lock her up.” He attacks the news media as enemies of the people.

Add in the investigations closing in on Trump’s many scandals, from tax cheating to self-dealing in office to possible collusion with Russia, all of which give him every incentive to shut down freedom of the press and independence of law enforcement. Does anyone doubt that Trump would like to go full authoritarian, given the chance?

And who’s going to stop him? The senators parroting conspiracy theories about Soros-paid protesters? The newly rigged Supreme Court? What we’ve learned in the past few weeks is that there is no gap between Trump and his party, nobody who will say stop in the name of American values.

But as I said, the G.O.P. is an authoritarian regime in waiting, not yet one in practice. What’s it waiting for?

Well, think of what Trump and his party might do if they retain both houses of Congress in the coming election. If you aren’t terrified of where we might be in the very near future, you aren’t paying attention.

 

Lo stile paranoide nella politica repubblicana,

di Paul Krugman

Molte persone, giustamente, si preoccupano per il significato nel lungo termine per l’America della nomina di Brett Kavanaugh. È un fazioso dichiarato, che ha chiaramente mentito sotto giuramento su molti aspetti della sua storia personale; il che è altrettanto importante, e connesso, alla domanda di cosa fece a Christine Blasey Ford, una domanda che resta irrisolta perché la presunta indagine si è risolta in un disastro così evidente. Mettere un uomo del genere alla Corte Suprema ha, con un colpo solo, distrutto l’autorità morale della Corte per l’immediato futuro.

Ma tali timori a lungo termine dovrebbero essere, in questo momento, una preoccupazione secondaria. La minaccia più immediata deriva da quello che abbiamo visto sul versante repubblicano durante e dopo l’audizione: non solo disprezzo per la verità, ma anche una precipitazione a demonizzare, senza eccezione, ogni critica. In particolare, la prontezza con la quale repubblicani di lungo corso hanno abbracciato pazzesche teorie cospirative a proposito dell’opposizione a Kavanaugh è un ammonimento profondamente inquietante su quello che potrebbe accadere all’America, non nel lungo periodo, ma di qua a poche settimane.

Riguardo alle teorie cospirative: sono cominciate sin dal primo momento della testimonianza di Kavanaugh, quando egli ha attribuito i suoi problemi a “un calcolato e orchestrato colpo politico” determinato dalla ricerca di alcuni da una “vendetta sulla condotta dei Clinton”. Era una accusa completamente falsa e isterica, e avanzarla dovrebbe di per sé aver squalificato Kavanaugh rispetto alla Corte.

Ma Donald Trump l’ha immediatamente resa molto peggiore, attribuendo le proteste contro Kavanaugh a George Soros e dichiarando, falsamente e senza alcuna prova, che i manifestanti erano pagati.

E qua è il punto: figure di primo piano nel Partito Repubblicano hanno immediatamente seguito Trump. Charles Grassley, Presidente della commissione del Senato che ha ascoltato la Blasey e Kavanaugh, ha ribadito che i manifestanti erano in effetti stati assunti da Soros. Il Senatore John Cornyn ha dichiarato: “Non ci faremo intimorire dalle urla di gente pagata per protestare”. No, quelli che manifestavano non erano pagati per protestare, tantomeno da George Soros. Ma adesso, per essere bravi repubblicani, si deve far finta che lo fossero.

Cosa sta succedendo? Da una parte, non è una novità. Sin dagli inizi, le teorizzazioni cospirative sono state un aspetto della politica americana. Richard Hofstadter pubblicò il suo famoso studio “Lo stile paranoide nella politica americana” nel passato 1964 e citò esempi che risalivano al diciottesimo secolo. I segregazionisti che combattevano i diritti civili davano la colpa ad “agitatori che venivano da fuori” – specialmente ebrei che venivano dal Nord – per le proteste degli afroamericani.

Ma il significato delle teorie cospirative dipende da chi le fa proprie.

Quando le persone delle frange estreme della politica incolpano, per le loro frustrazioni, forze oscure – spesso, quando accade, misteriosi finanzieri ebrei – potete considerarli come deliri. Quando fanno lo stesso individui che hanno la maggioranza delle leve del potere, le loro fantasie non sono un delirio, ma uno strumento: un modo per delegittimare l’opposizione, per crearsi alibi non solo per il loro disprezzo, ma per la punizione di chiunque osi criticare le loro azioni.

Questa è la ragione per la quale le teorie cospirative sono state fondamentali per tanti regimi autoritari, dall’Italia di Mussolini alla Turchia di Erdogan. Questa è la ragione per la quale i Governi dell’Ungheria e della Polonia, un tempo democrazie che sono diventate di fatto Stati a partito unico, amano accusare i forestieri in generale e Soros in particolare di alimentare l’opposizione alle loro leggi. Perché, ovviamente, non ci possono essere lamentele legittime verso le loro iniziative e le loro politiche.

E adesso individui di primo piano nel Partito Repubblicano, che controlla tutti e tre i rami del Governo Federale – se avevate qualche dubbio che la Corte Suprema fosse una istituzione di parte, adesso dovrebbero essersene andati – assomigliano proprio ai nazionalisti bianchi dell’Ungheria e della Polonia. Cosa comporta tutto questo?

La risposta che propongo è che il Partito Repubblicano è un regime autoritario in attesa.

Lo stesso Trump ha i medesimi istinti dei dittatori stranieri che apertamente ammira. Egli richiede che i dirigenti pubblici siano fedeli personalmente a lui, non al popolo americano. Minaccia i suoi avversari politici di punizioni – due anni dopo le ultime elezioni, continua a guidare gli slogan del tipo “Mettetela in galera” [1]. Attacca i media dell’informazione come nemici del popolo.

Aggiungete le indagini che si stanno stringendo attorno ai molti scandali di Trump, dalle frodi fiscali agli affari che promuove sfruttando la sua carica alla possibile collusione con la Russia, tutti i quali gli danno ogni incentivo per farla finita con la libertà di stampa e con l’indipendenza nel far rispettare le leggi. Qualcuno ha qualche dubbio che Trump gradirebbe diventare pienamente autoritario, ne avesse la possibilità?

E chi è in procinto di arrestarlo? I Senatori che gli fanno il verso sulle teorie cospirative dei manifestanti pagati da Soros? La Corte Suprema nella sua nuova versione? Tutto quello che abbiamo appreso nelle poche settimane trascorse è che non c’è alcuna differenza tra Trump e il suo Partito, che nessuno gli dirà di fermarsi in nome dei valori dell’America.

Ma, come ho detto, il partito Repubblicano è un regime autoritario in attesa, non ancora nella pratica. In attesa di cosa?

Ebbene, pensate a cosa Trump e il suo Partito potrebbero fare se nelle prossime elezioni mantenessero il controllo di entrambi i rami del Congresso. Se non siete atterriti da dove potremmo finire in un futuro molto vicino, vuol dire che non state prestando attenzione.

 

 

 

 

 

 

 

[1] In campagna elettorale era lo slogan preferito ai comizi repubblicani, evidentemente rivolto a Hillary Clinton.

 

 

 

 

 

 

 

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