Sept. 22, 2018
By Paul Krugman
Well, this feels a bit like the good old days of econblogging. Ben Bernanke wrote a paper arguing that the financial crisis and the resulting credit crunch were central to the Great Recession. I wrote a piece raising questions about that verdict; now Bernanke has replied to those questions. Dean Baker has already weighed in. But I should say some more, particularly because it still seems to me that we’re somewhat talking past each other. He’s talking about steeper, while Dean and I are talking about deeper.
My starting point in thinking about the Great Recession and aftermath is that we clearly had a very large housing bubble. Here’s the ratio of housing prices to owner’s equivalent rent, the sort of housing equivalent of the P/E ratio for stocks:
The big bust, Federal Reserve of St. Louis
Housing prices went extremely high relative to rental rates (and consumer prices more generally), then suffered a long and protracted fall. This decline started well before the period of severe financial distress, which was a fairly short episode from September 2008 to around June 2009. And prices were still way down years later, which suggests that while the credit crisis surely accelerated the pace of decline, prices were going to come down and stay down regardless of what happened to the financial system.
Given a housing price slump of this magnitude, you had to expect large macroeconomic impacts: a big decline in residential investment spending, a fall in consumer spending because of the wealth effect, and a decline in nonresidential investment because of the slump in demand brought on by the first two effects.
In other words, something very much like the Great Recession seems like an inevitable consequence of the bursting of the housing bubble. And the magnitude of the shocks — around 4 percent of GDP for housing investment, perhaps around 2 percent for the wealth effects of the decline in home equity — looks well within the range needed to explain the whole thing.
What Bernanke offers is, as I read it, mainly evidence that the pace of decline accelerated a lot during 2008-2009. Indeed it did — and no reasonable person would deny that the combination of financial disruption and sheer fear that gripped the world after September 2008 brought the slump forward and made the decline steeper than it would otherwise have been.
But did it make the decline deeper as well as steeper? The unemployment rate averaged 9.6 percent in 2010 and 8.9 percent in 2011. How much did the financial crisis contribute to these extremely high levels of economic slack, long after the disruption had ended? I still don’t see how to make it the main story.
Now, does this mean that rescuing the financial system was pointless? Here Dean Baker and I disagree, I think. Dean says yes, because finance didn’t cause the slump. I think that the slump we had didn’t have much to do with finance — but the slump we would have had if the financial system had been allowed to implode might have been much worse. On precautionary grounds, bailouts were in my view the right thing to do, although the terms were too sweet for the bankers.
On the other hand, the fact that we suffered such a deep, prolonged slump despite rescuing banks shows the limits of a finance-centered view.
Più ripido contro più profondo (per esperti),
di Paul Krugman
Ebbene, questo ci riporta un po’ ai bei tempi andati dei blog economici. Ben Bernanke ha scritto per sostenere che la crisi finanziaria e la conseguente stretta creditizia furono centrali nella Grande Recessione. Io ho scritto un articolo sollevando dubbi su tale verdetto; adesso Bernanke ha replicato a tali dubbi. Dean Baker è già intervenuto. Ma io dovrei dire qualcosa di più, in particolare perché mi pare che noi stiamo un po’ parlando di cose diverse. Lui sta parlando di qualcosa di più ripido, mentre Dean e il sottoscritto stiamo parlando di qualcosa di più profondo.
Il mio punto di partenza nel ragionare della Grande Recessione e delle sue conseguenze è che avemmo una bolla immobiliare davvero grande. Ecco il rapporto tra prezzi delle abitazioni e le rendite equivalenti dei proprietari, una specie di equivalente nel settore abitativo del “P/E ratio” [1] delle azioni:
Il grande scoppio, dalla Federal Reserve di St. Louis
I prezzi delle abitazioni andarono molto in alto in relazione ai tassi di affitto (e più in generale ai prezzi al consumo), poi patirono una lunga e perdurante caduta. Quel declino cominciò ben prima del periodo della grave crisi finanziaria, che fu un fenomeno abbastanza breve tra il settembre del 2008 e circa il giugno del 2009. Ed i prezzi erano ancora in basso anni dopo, il che indica che se la crisi del credito sicuramente accelerò il ritmo del declino, i prezzi erano destinati a scendere e a restare bassi a prescindere da quello che accadeva nel sistema finanziario.
Data una crisi dei prezzi delle abitazioni di questa dimensione, ci si dovevano aspettare ampi impatti macroeconomici: una grande declino nella spesa per investimenti nel settore delle abitazioni, una caduta nella spesa per consumi a causa dell’effetto sulla ricchezza e un declino negli investimenti non residenziali per la caduta della domanda provocata dai primi due effetti.
In altre parole, qualcosa di molto simile alla Grande Recessione pare come una conseguenza inevitabile dello scoppio della bolla immobiliare. E le dimensioni degli shock – circa il 4 per cento del PIL per gli investimenti abitativi, forse attorno al 2 per cento per gli effetti sulla ricchezza del declino dei prestiti ipotecari – si vedono bene all’interno del periodo necessario per spiegare l’intera faccenda.
Quello che Bernanke offre, per come lo leggo, è principalmente la prova che il ritmo del declino accelerò molto nel 2008-2009. In effetti fu quello che accadde – e nessuna persona ragionevole negherebbe che la combinazione del disordine finanziario e la paura pura e semplice che afferrò il mondo dopo il settembre 2008, portarono la recessione in avanti e resero il declino più scosceso di quello che altrimenti sarebbe stato.
Ma resero il declino più profondo oltre che più scosceso? Il tasso di disoccupazione si collocò su una media del 9,6 per cento nel 2010 e dell’8,9 per cento nel 2011. Quanto la crisi finanziaria contribuì a questi livelli estremamente elevati di fiacchezza dell’economia, molto dopo che la perturbazione era terminata? Ancora non capisco come si possa farne la spiegazione principale.
Ora, questo significa che il salvataggio del sistema finanziario fu inutile? In questo caso, ritengo che io e Dean Baker non siamo d’accordo. Dean dice di sì, perché la finanza non provocò la recessione. Io penso che la recessione che avemmo non ebbe molto a che fare con la finanza – ma la recessione che avremmo avuto se al sistema finanziario fosse stato consentito di implodere sarebbe stata molto peggiore. In una logica di cautelare, secondo il mio punto di vista, i salvataggi furono la cosa giusta da fare, sebbene le soluzioni furono troppo confortevoli per i banchieri.
D’altra parte, il fatto che soffrimmo una recessione così profonda e prolungata nonostante i salvataggi delle banche mostra i limiti di un punto di vista centrato sulla finanza.
[1] Ovvero, il rapporto tra il valore di mercato di una azione e i guadagni che si realizzano con una azione.
[2] La tabella indica il rapporto tra l’indice dei prezzi delle abitazioni e l’indice dei guadagni realizzati dai proprietari delle abitazioni con gli affitti. Come si vede il rapporto tra i due indici era pari a 1 nell’anno 2000 e salì a 1,7 nell’anno 2006. Nel 2006, dunque prima della crisi finanziaria, cominciò lo scoppio della bolla, che divenne ulteriormente più netto con gli anni della crisi finanziaria (2008-2009). Inoltre, terminato il periodo “ufficiale” della recessione e della crisi finanziaria, i valori restarono bassi per alcuni anni, comunque assai distanti dal ‘picco’ precedente della bolla ancora nel 2018.
By mm
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