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Trump e l’aristocrazia della frode, di Paul Krugman (New York Times, 4 ottobre 2018)

 

Oct. 4, 2018

Trump and the Aristocracy of Fraud

By Paul Krugman

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It turns out that I may have done Donald Trump an injustice.

You see, I’ve always been skeptical of his claims to be a great dealmaker. But what we’ve just learned is that his negotiating prowess began early. Indeed, it was so amazing that he was already making $200,000 a year in today’s dollars at a very young age.

Specifically, that’s what he was making when he was 3 years old. He was a millionaire by the age of 8. Of course, the money came from his father — who spent decades evading the taxes he was legally required to pay on money given to his children.

The blockbuster New York Times report on the Trump family’s history of fraud is really about two distinct although linked kinds of fraudulence.

On one side, the family engaged in tax fraud on a huge scale, using a variety of money-laundering techniques to avoid paying what it owed. On the other, the story Donald Trump tells about his life — his depiction of himself as a self-made businessman who made billions starting from humble roots — has always been a lie: Not only did he inherit his wealth, receiving the equivalent of more than $400 million from his father, but Fred Trump bailed his son out after deals went bad.

One implication of these revelations is that Trump supporters who imagine that they’ve found a straight-talking champion who will drain the swamp while using his business acumen to make America great again have been suckered, bigly.

But the tale of the Trump money is part of a bigger story. Even among those unhappy at the extent to which we live in an era of soaring inequality and growing concentration of wealth at the top, there has been a tendency to believe that great wealth is, more often than not, earned more or less honestly. It’s only now that the amounts of sheer corruption and lawbreaking that underlie our march toward oligarchy have started to come into focus.

Until recently, my guess is that most economists, even tax experts, would have agreed that tax avoidance by corporations and the wealthy — which is legal — was a big issue, but tax evasion — hiding money from the tax man — was a lesser one. It was obvious that some rich people were exploiting legal if morally dubious loopholes in the tax code, but the prevailing view was that simply defrauding the tax authorities and hence the public wasn’t that widespread in advanced countries.

But this view always rested on shaky foundations. After all, tax evasion, almost by definition, doesn’t show up in official statistics, and the super-wealthy aren’t in the habit of mouthing off about what great tax cheats they are. To get a real picture of how much fraud is going on, you either have to do what The Times did — exhaustively investigate the finances of a particular family — or rely on lucky breaks that reveal what was previously hidden.

Two years ago, a huge lucky break came in the form of the Panama Papers, a trove of data leaked from a Panamanian law firm that specialized in helping people hide their wealth in offshore havens, and a smaller leak from HSBC. While the unsavory details revealed by these leaks made headlines right away, their true significance has only become clear with work done by Berkeley’s Gabriel Zucman and associates in cooperation with Scandinavian tax authorities.

Matching information from the Panama Papers and other leaks with national tax data, these researchers found that outright tax evasion actually is a big deal at the top. The truly wealthy end up paying a much lower effective tax rate than the merely rich, not because of loopholes in tax law, but because they break the law. The wealthiest taxpayers, the researchers found, pay on average 25 percent less than they owe — and, of course, many individuals pay even less.

This is a big number. If America’s wealthy evade taxes on the same scale (which they almost surely do), they’re probably costing the government around as much as the food stamp program does. And they’re also using tax evasion to entrench their privilege and pass it on to their heirs, which is the real Trump story.

The obvious question is, what are our elected representatives doing about this epidemic of cheating? Well, Republicans in Congress have been on the case for years: They’ve been systematically defunding the Internal Revenue Service, crippling its ability to investigate tax fraud. We don’t just have government by tax cheats; we have government of tax cheats, for tax cheats.

What we’re learning, then, is that the story of what’s happening to our society is even worse than we thought. It’s not just that the president of the United States is, as veteran tax reporter David Cay Johnston put it, a “financial vampire,” cheating taxpayers the way he has cheated just about everyone else who deals with him.

Beyond that, our trend toward oligarchy — rule by the few — is also looking more and more like kakistocracy — rule by the worst, or at least the most unscrupulous. The corruption isn’t subtle; on the contrary, it’s cruder than almost anyone imagined. It also runs deep, and it has infected our politics, quite literally up to its highest levels.

 

Trump e l’aristocrazia della frode,

di Paul Krugman

Viene fuori che potrei aver fatto a Trump un’ingiustizia.

Sapete che sono sempre stato scettico sulla sua pretesa di essere un grande realizzatore di accordi. Ma ora abbiamo appreso che la sua abilità di negoziatore cominciò presto. In effetti, essa fu così incredibile che egli già realizzava 200.000 dollari all’anno, in dollari odierni, in tenera età.

In particolare, è quello che guadagnava all’età di 3 anni. A 8 anni era miliardario. Ovviamente, i soldi venivano da suo padre – che spese decenni nell’evasione di tasse che secondo la legge doveva pagare sul denaro dato al fanciullo.

Il resoconto che sta avendo molto successo del New York Times sulla storia delle illegalità della famiglia Trump riguarda in realtà due distinti casi di frode, per quanto connessi.

Da una parte, la famiglia si impegnava in frodi fiscali su vasta scala, utilizzando una molteplicità di tecniche di riciclo di denaro sporco per evitare di pagare quanto era dovuto. Dall’altra, il racconto che Donald Trump riferisce sulla sua vita – il suo descriversi come un impresario che si fece da solo realizzando miliardi a partire da origini modeste – è stato sempre una bugia: non solo ereditò la sua ricchezza ricevendo l’equivalente di 400 miliardi di dollari da suo padre, ma Fred Trump salvò il figlio dopo affari finiti male.

Una implicazione di queste rivelazioni è che i sostenitori di Trump che immaginavano di aver trovato un campione tutto di un pezzo che avrebbe prosciugato la palude utilizzando il suo acume affaristico per fare di nuovo grande l’America, sono stati gabbati, alla grande.

Ma il racconto sui soldi di Trump fa parte di una storia più grande. Anche tra coloro che sono scontenti per quanto viviamo in un’epoca di ineguaglianze che vanno alle stelle e di crescente concentrazione della ricchezza al vertice, c’è stata una tendenza a credere che le grandi ricchezze siano accumulate più o meno onestamente, almeno nella maggioranza dei casi. Soltanto adesso la quantità di pura e semplice corruzione e violazione delle leggi che sta alla base della nostra marcia verso l’oligarchia ha cominciato ad essere oggetto di attenzione.

Sino a poco tempo fa, la mia impressione era che la maggioranza degli economisti, persino degli esperti fiscali, avrebbero convenuto che l’elusione fiscale da parte delle società e dei ricchi – che è legale – fosse un grande tema, ma che l’evasione del fisco – nascondere i soldi agli uomini del fisco – lo fosse molto meno. Era evidente che alcuni ricchi stavano sfruttando scappatoie legali, seppur moralmente dubbie, del codice fiscale, ma il punto di vista prevalente era che l’ingannare le autorità fiscali e di conseguenza l’opinione pubblica non fosse così generalizzato nei paesi avanzati.

Ma questo punto di vista si è sempre fondato su basi precarie. Dopo tutto, l’evasione del fisco, quasi per definizione, non viene mostrata nelle statistiche ufficiali, e i super ricchi non hanno l’abitudine di spifferare quanto siano grandi truffatori del fisco. Per avere un quadro effettivo di quanta frode sia in corso, si deve fare quello che ha fatto The Times – indagare accuratamente le finanze di una particolare famiglia, oppure basarsi su occasioni fortunate che rivelano quello che in precedenza era nascosto.

Due anni orsono, intervenne una grande occasione fortunata nella forma dei Panama Papers, una raccolta di dati fatta trapelare da uno studio legale di Panama che era specializzato nell’aiutare le persone a nascondere le loro ricchezza in paradisi fiscali, ed una più modesta fuga di notizie dalla Banca HSBC. Mentre i disgustosi dettagli rivelati da questa fuga di notizie hanno riempito subito le prime pagine dei giornali, il loro vero significato è diventato chiaro soltanto con il lavoro di Gabriel Zucman e dei suoi colleghi dell’Università di Berkeley, in collaborazione con le autorità fiscali scandinave. Comparando le informazioni provenienti dai Panama Papers e da altre fughe di notizie con i dati del fisco nazionale, questi ricercatori hanno scoperto che l’aperta evasione del fisco è effettivamente una grande faccenda, al vertice della scala sociale. I ricchissimi finiscono col pagare una aliquota fiscale molto più bassa di coloro che sono semplicemente ricchi, non per le scappatoie delle leggi fiscali, ma perché violano la legge. I ricercatori hanno scoperto che i contribuenti più ricchi pagano in media il 25 per cento in meno di quanto dovrebbero – e, naturalmente, molti singoli individui pagano persino di meno.

Si tratta di un dato molto rilevante. Se i ricchi di America evadono le tasse nella stessa dimensione (cosa che fanno quasi certamente), probabilmente costano al Governo circa altrettanto del programma degli aiuti alimentari. E stanno anche usando l’evasione fiscale per consolidare i loro privilegi e trasferirli ai loro eredi, che è la vera storia dei Trump.

La domanda naturale è cosa stiano facendo i nostri rappresentanti eletti su questa truffa che ha le dimensioni di un’epidemia? Ebbene, i repubblicani nel Congresso sono al pezzo da anni: hanno sistematicamente ridotto le risorse finanziarie della Agenzia delle Entrate, paralizzando la sua capacità di indagare sulle frodi fiscali. Non abbiamo soltanto un Governo vicino agli evasori; abbiamo un Governo degli evasori, che opera per gli evasori.

Quello che, dunque, si apprende è che la storia di quello che sta accadendo alla nostra società è persino peggiore di quanto pensassimo. Non si tratta soltanto del fatto che il Presidente degli Stati Uniti, come si è espresso il giornalista veterano in materia fiscale David Cay Johnston, è un “vampiro finanziario” che inganna i contribuenti nello stesso modo in cui ha ingannato chiunque altro facesse accordi con lui.

Oltre a ciò, la nostra tendenza all’oligarchia – il Governo di pochi – somiglia sempre di più a una cachistocrazia – i peggiori al comando, o almeno coloro che sono del tutto privi di scrupoli. La corruzione non è sottile; al contrario, è più oscena di quello che si immaginavano tutti. Opera nel profondo ed ha infettato la nostra politica, è salita proprio letteralmente ai suoi massimi livelli.

 

 

 

 

 

 

 

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