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Prossima uscita, la strada per l’autocrazia di Paul Krugman (New York Times, 5 novembre 2018)

 

Nov. 5, 2018

Last Exit Off the Road to Autocracy

By Paul Krugman

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Whatever happens in the midterms, the aftermath will be ugly. But the elections are nonetheless a fork in the road. If we take one path, it will offer at least a chance for political redemption, for recovering America’s democratic values. If we take the other, we’ll be on the road to autocracy, with no obvious way to get off.

It’s a near-certainty that Democrats will receive more votes than Republicans, with polling suggesting a margin in votes cast for the House of Representatives of seven or more percentage points — which would make it the biggest landslide of modern times. However, gerrymandering and other factors have severely tilted the playing field, so that even this might not be enough to bring control of the chamber.

And even if Democrats do climb that tilted slope, anyone expecting Republicans to accept the result with good grace hasn’t been paying attention. Remember, Donald Trump claimed — falsely, of course — that millions of immigrants voted illegally in an election he won. Imagine what he’ll say if he loses, and what his supporters will do in response. And if and when a Democratic House tries to exercise its powers, you can be sure it will be met with defiance, never mind what the Constitution says.

But ugly as the scene will be if Democrats win, it will be far worse if they lose. In fact, it’s not hyperbole to say that if the G.O.P. holds the line on Tuesday, it may be the last even halfway fair elections we’ll ever have.

Look at what’s happening in Georgia, where Brian Kemp — the Republican secretary of state, who oversees elections — is running for governor against Democrat Stacey Abrams. In any other democracy, letting a man supervise his own election would be inconceivable. But that’s how it is in Georgia, and Kemp is abusing his power to the max.

In recent years Kemp has purged millions of names from Georgia’s voting rolls, on dubious grounds. Finding himself in a close race despite these efforts, he tried to purge even more based on criteria so spurious that the courts have — for now — blocked his efforts. So over the weekend Kemp’s office issued a warning, with no evidence or specifics, that Democrats may have tried to hack the voter registration site.

A political party with any kind of commitment to democracy and fair play would treat Kemp as a pariah. Instead, he has the full support of the national G.O.P.

And Georgia is far from unique. There have been similar if less spectacular attempts to rig the vote in Kansas and North Dakota, where would-be absentee voters were told that they had to use the right color ink— and were given conflicting information about what color was acceptable.

What about matters at the federal level? The executive branch doesn’t directly control the electoral process, but Trump has nonetheless engaged in an extraordinary abuse of power in the run-up to the vote: He has deployed large military forces to the Mexican border, at a likely cost to taxpayers in the hundreds of millions of dollars, in an obvious attempt to hype the supposed threat from a small, bedraggled caravan of refugees still more than 700 miles away. This deployment clearly serves no national interest; it’s a blatant misuse of the power of the presidency for partisan political advantage.

The lesson we learn from all these abuses of power is that today’s Republicans are just like their fellow white nationalists in Hungary and Poland, who have maintained a democratic facade but have in reality established one-party authoritarian regimes. Everything we’ve seen says that Republicans will do anything they can to take and hold power, and Tuesday’s elections may be the last chance to stop them from locking in permanent rule.

Oh, and in case you’re tempted to bothsides this: No, both sides don’t do it. Voting restrictions are almost entirely a Republican thing. As always, Democrats aren’t saints, but they appear to believe in democracy, while their opponents don’t.

Now, Democrats haven’t made the clear and present danger to democracy a central theme of their campaigns; they’ve been running mainly on health care instead. And it’s hard to fault their judgment. After all, health care is indeed on the line in these elections: Millions of Americans, especially but not only those with pre-existing conditions, will lose coverage if Republicans hold the House, because they’ll finally repeal the Affordable Care Act and will soon go after Medicare and Medicaid.

Meanwhile, the reality is that ordinary voters are more easily moved by issues that have a direct impact on their well-being than by more abstract concerns about democracy and rule of law. And until very recently, mainstream news media berated Democrats for running on nothing but opposition to Trump (which was never true, but the media said it anyway), while tending to dismiss talk about Republican abuse of power as hysterical.

But with the crucial moment here, everyone should bear in mind what’s at stake. It’s not just tax cuts or health coverage, and anyone who votes based simply on those issues is missing the bigger story. For the survival of American democracy is on the ballot.

 

Prossima uscita, la strada per l’autocrazia

di Paul Krugman

Qualsiasi cosa accada alle elezioni di medio termine, le conseguenze saranno sgradevoli. Ciononostante le elezioni segnano un bivio. Se prendiamo un sentiero, esso offrirà almeno una possibilità di redenzione politica, per un ripristino dei valori democratici dell’America. Se prendiamo l’altro, imboccheremo la strada dell’autocrazia, senza nessun modo evidente di farla franca.

Con i sondaggi che indicano un margine di sette punti percentuali nei voti espressi alla Camera dei rappresentanti, è quasi una certezza che i democratici prenderanno più voti dei repubblicani – il che costituirebbe il più grande smottamento dei tempi moderni. Tuttavia la delimitazione truffaldina dei collegi elettorali e altri fattori hanno gravemente compromesso l’imparzialità delle elezioni, cosicché questo potrebbe essere insufficiente per prendere il controllo della Camera.

E persino se i democratici rimonteranno quel piano inclinato, chiunque si aspetti che i repubblicani accettino il risultato con buona grazia deve essere stato un po’ distratto. Ricordate, Donald Trump sostenne – una falsità, non è il caso di dirlo – che milioni di emigrati avevano votato illegalmente in una elezione che vinse. Immaginate quello che dirà se perde, e cosa faranno in risposta i suoi sostenitori. E se e quando una Camera democratica cercherà di esercitare i suoi poteri, potete star certi che sarà affrontata con atteggiamento di sfida, a prescindere da quello che dice la Costituzione.

Ma per quanto la scena sarà sgradevole se vincono i democratici, sarà di gran lunga peggiore se perdono. Di fatto, non è una esagerazione dire che se il Partito Repubblicano mantiene martedì le sue posizioni, potrebbe persino trattarsi delle ultime elezioni di medio termine che avremo.

Guardate cosa sta accadendo in Georgia, dove Brian Kemp – il Segretario di Stato che vigila sulle elezioni – è in corsa per il posto di Governatore contro il democratico Stacey Abrams. In ogni altra democrazia, lasciare che un individuo abbia la supervisione delle sue stesse elezioni, sarebbe inconcepibile. Ma è quello che sta accadendo in Georgia, e Kemp sta abusando al massimo grado del suo potere.

Negli anni recenti Kemp ha epurato milioni di voti dalle liste elettorali, su basi dubbie. Ritrovandosi, nonostante questi sforzi, in una competizione serrata, ha cercato di epurarne persino di più basandosi su criteri talmente pretestuosi che i tribunali hanno – sino ad adesso – bloccato i suoi sforzi. Così nel fine settimana l’ufficio di Kemp ha ammonito, senza alcuna prova o maggiore dettaglio, che i democratici potrebbero aver tentato un attacco informatico al sito di registrazione degli elettori.

Un partito politico in qualche modo impegnato alla democrazia e all’onesta competizione tratterebbe Kemp come un reietto. Invece ha il pieno sostegno del Partito Repubblicano nazionale.

E la Georgia è tutt’altro che un caso isolato. Ci sono stati simili, anche se meno spettacolari, tentativi di manipolare il voto in Kansas e nel Nord Dakota, dove elettori che avrebbero voluto votare per corrispondenza è stato detto che dovevano usare un inchiostro con il colore giusto – e venivano date informazioni contraddittorie su quale colore fosse accettabile.

Che dire delle vicende al livello federale? Il settore esecutivo non controlla direttamente il procedimento elettorale, ma Trump si è nondimeno impegnato in uno straordinario abuso di potere nella corsa al voto: ha dispiegato ampi contingenti dell’esercito sul confine messicano, per un probabile costo di centinaia di milioni di dollari a carico dei contribuenti, nell’evidente battage pubblicitario sulla presunta minaccia di una piccola, inzaccherata carovana di rifugiati ancora lontani più di 700 miglia. Questo dispiegamento chiaramente non serve alcun interesse nazionale; è uno sfacciato abuso di potere della Presidenza per un vantaggio politico di parte.

La lezione che apprendiamo da questi abusi di potere è che i repubblicani odierni sono proprio come i loro camerati nazionalisti bianchi in Ungheria e in Polonia, che hanno mantenuto una facciata democratica ma hanno in realtà istituito regimi autoritari a partito unico. Tutto quello che osserviamo ci dice che i repubblicani faranno tutto il possibile per prendere e conservare il potere, e le elezioni di martedì possono essere l’ultima possibilità per impedir loro di insediarsi in permanenza al governo.

Inoltre, nel caso foste tentati dall’idea che così fanno entrambi gli schieramenti: ebbene no, non lo fanno entrambi gli schieramenti. Le restrizioni del diritto di voto sono quasi per intero una caratteristica repubblicana. Al solito, i democratici non sono santi, ma sembrano credere nella democrazia, diversamente dai loro avversari.

Ora, i democratici non hanno fatto del chiaro e attuale pericolo per la democrazia un tema centrale della loro campagna elettorale; si stanno occupando invece principalmente di assistenza sanitaria. Ed è difficile biasimare il loro giudizio. Dopo tutto, la assistenza sanitaria è in effetti in ballo in queste elezioni: milioni di americani, specialmente ma non soltanto quelli con patologie preesistenti, perderanno l’assicurazione se i repubblicani manterranno il controllo della Camera, giacché essi alla fine abrogheranno la Legge sulla Assistenza Sostenibile e presto passeranno a Medicare ed a Medicaid.

Allo stesso tempo, la realtà è che gli elettori comuni sono più spesso sollecitati da temi che hanno un impatto diretto sul loro benessere rispetto alle preoccupazioni più astratte sulla democrazia e sullo stato di diritto. E sino a poco tempo fa i media dell’informazione rimproveravano i democratici per impegnarsi su nient’altro che l’opposizione a Trump (il che non è mai stato vero, ma i media lo dicevano comunque), mentre tendevano a liquidare come isterici i discorsi sull’abuso di potere.

Ma in questo cruciale momento, tutti dovrebbero tenere a mente che cosa è in ballo. Non si tratta soltanto di sgravi fiscali o di assistenza sanitaria, e chiunque voti basandosi semplicemente su questi temi si sta perdendo l’argomento principale. Perché nelle urne c’è la sopravvivenza della democrazia americana.

 

 

 

 

 

 

 

 

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