Dec. 24, 2018
By Paul Krugman
Two years ago, after the shock of Donald Trump’s election, financial markets briefly freaked out, then quickly recovered. In effect, they decided that while Trump was manifestly unqualified for the job, temperamentally and intellectually, it wouldn’t matter. He might talk the populist talk, but he’d walk the plutocratic walk. He might be erratic and uninformed, but wiser heads would keep him from doing anything too stupid.
In other words, investors convinced themselves that they had a deal: Trump might sound off, but he wouldn’t really get to make policy. And, hey, taxes on corporations and the wealthy would go down.
But now, just in time for Christmas, people are realizing that there was no such deal — or at any rate, that there wasn’t a sanity clause. (Sorry, couldn’t help myself.) Put an unstable, ignorant, belligerent man in the Oval Office, and he will eventually do crazy things.
To be clear, voters have been aware for some time that government by a bad man is bad government. That’s why Democrats won a historically spectacular majority of the popular vote in the midterms. Even the wealthy, who have been the prime beneficiaries of Trump policies, are unhappy: A CNBC survey finds that millionaires, even Republican millionaires, have turned sharply against the tweeter in chief.
But market behavior has, until recently, been a different story.
The reality that presidential unfitness matters for investors seems to have started setting in only about three weeks (and around 4,000 points on the Dow) ago. First came the realization that Trump’s much-hyped deal with China existed only in his imagination. Then came his televised meltdown in a meeting with Nancy Pelosi and Chuck Schumer, his abrupt pullout from Syria, his firing of Jim Mattis and his shutdown of the government because Congress won’t cater to his edifice complex and build a pointless wall. And now there’s buzz that he wants to fire Jerome Powell, the chairman of the Federal Reserve.
Oh, and along the way we learned that Trump has been engaging in raw obstruction of justice, pressuring his acting attorney general (who is himself a piece of work) over the Mueller investigation as the tally of convictions, confessions and forced resignations mounts.
But let’s play devil’s advocate here: Does all this Trump chaos matter for the economy, or for the stock market (which isn’t at all the same thing)? At first sight, it’s not all that obvious.
After all, aside from the prospect of trade war, none of Individual-1’s tantrums, unpresidential as they are, have much direct economic impact. Even the government shutdown will impose only a modest drag on overall spending.
And even trade war might not do that much harm, as long as it’s focused mainly on China, which is only one piece of U.S. trade. The really big economic risk was that Trump might break up Nafta, the North American trade agreement: U.S. manufacturing is so deeply integrated with production in Canada and Mexico that this would have been highly disruptive. But he settled for changing the agreement’s name while leaving its structure basically intact, and the remaining risks don’t seem that large.
So why do investors seem to be losing their what-me-worry attitude? It’s not so much what Trump is doing, as what he might do in the future — or, perhaps even more important, what he might not do.
The truth is that most of the time, presidential actions don’t matter much for the economy; short-term economic management is mainly up to the Fed. But when bad things happen, we do need the White House to step up. In 2008 and 2009, it mattered a lot that officials of both the outgoing Bush administration and the incoming Obama administration responded competently and intelligently to the financial crisis.
Unfortunately, there’s no reason to expect a comparable degree of competence if something goes wrong again.
Consider how the Trumpistas have responded to falling stocks. So far these are just a minor economic bobble. Yet Trump himself, having claimed credit when stocks were rising, has flown into a rage and lashed out; hence the attacks on Powell. Meanwhile, top officials are still claiming that last year’s tax cut was a triumph in the teeth of the evidence, and issuing bizarre statements — via Twitter — about the health of the banks, which nobody was questioning.
Now imagine how this administration team might cope with a real economic setback, whatever its source. Would Trump look for solutions or refuse to accept responsibility and focus mainly on blaming other people? Would his Treasury secretary and chief economic advisers coolly analyze the problem and formulate a course of action, or would they respond with a combination of sycophancy to the boss and denials that anything was wrong? What do you think?
Let’s be clear: There isn’t an obvious crisis-level threat looming at the moment. But growth is slowing, and as the bumper stickers don’t quite say, stuff happens. And if and when it does, the people who would be supposed to deal with it are the gang that can’t think straight. Merry Christmas.
Lo spettro del caos futuro di Trump,
di Paul Krugman
Due anni fa, dopo lo shock della elezione di Donald Trump, i mercati finanziari ebbero un attacco d’ansia, poi rapidamente si ripresero. In sostanza, decisero che mentre Trump era manifestamente inadatto, per temperamento e intelligenza, alle sue funzioni, ciò non avrebbe avuto importanza. Poteva parlare il linguaggio populista, ma avrebbe camminato sul terreno plutocratico. Poteva essere imprevedibile e incompetente, ma teste più affidabili gli avrebbero impedito di fare cose troppo stupide.
In altre parole, gli investitori si convinsero di aver fatto un affare: Trump poteva uscire dal seminato, ma non sarebbe seriamente arrivato a lasciare il segno sulla politica. Inoltre, guarda un po’, le tasse sulle società e sui ricchi sarebbero scese.
Ma a questo punto, proprio in tempo per il Natale, la gente comprende che non fu davvero un affare – o, in ogni caso, che non c’era una clausola di sanità mentale [1] (spiacente, sono incorreggibile). Mettete un individuo instabile, incompetente, bellicoso all’Ufficio Ovale, e alla fine farà cose pazzesche.
Per esser chiari, gli elettori da tempo erano consapevoli che il governo di un cattivo individuo è un pessimo governo. Questa è la ragione per la quale i democratici si sono aggiudicati una maggioranza storicamente spettacolare del voto popolare nelle elezioni di medio termine. Persino i ricchi, che sono stati i primi beneficiari delle politiche di Trump, sono scontenti: un sondaggio della CNBC scopre che i milionari, persino i milionari repubblicani, hanno bruscamente voltato le spalle al twittatore in capo.
Ma, sino a poco tempo fa, il comportamento dei mercati raccontava un’altra storia.
La realtà secondo la quale la non idoneità del presidente ha un peso per gli investitori sembra aver cominciato a concretizzarsi da appena tre settimane (e in circa 4.000 punti nell’indice Dow). Prima è arrivata la comprensione che il molto strombazzato accordo con la Cina esisteva solo nella sua immaginazione. Poi sono arrivati il disastro televisivo del suo incontro con Nancy Pelosi e Chuck Schumer, l’improvviso ritiro dalla Siria, il suo licenziamento di Jim Mattis e la sua chiusura dei fondi al Governo perché il Congresso non intende soddisfare la sua frenesia edificatoria e costruire un muro inutile. E adesso ci sono le voci secondo le quali vorrebbe licenziare Jerome Powell, il Presidente della Federal Reserve.
Inoltre abbiamo appreso che, strada facendo, Trump si è impegnato in un rozzo tentativo di ostacolo alla giustizia, facendo pressioni sul suo facente funzioni di Procuratore Generale (anche quest’ultimo, un bel soggetto [2]) nell’indagine Mueller, nel crescendo delle condanne, delle confessioni e delle dimissioni forzate.
Ma, in questo caso, facciamo la parte degli avvocati del diavolo: sarà importante tutto questo caos di Trump per l’economia, o per i mercati azionari (che non sono affatto la stessa cosa)? Ad una prima occhiata, non sembra affatto così evidente.
Dopo tutto, a parte la prospettiva della guerra commerciale, nessuno degli scatti d’ira di Individual-1 [3], per quanto non presidenziali, hanno un impatto economico molto diretto. Persino la sospensione dei fondi al Governo imporrà soltanto un modesto ritocco alla spesa complessiva.
E persino la guerra commerciale potrebbe non produrre quel gran danno, finché è concentrata principalmente sulla Cina, che è solo una componente del commercio statunitense. Il vero grande rischio economico era che Trump potesse mandare in frantumi il NAFTA, l’accordo commerciale del Nord America: il settore manifatturiero degli Stati Uniti è a tal punto profondamente integrato con la produzione in Messico e in Canada, che questo sarebbe stato profondamente dirompente. Ma egli si è accontentato di cambiare il nome dell’accordo lasciando fondamentalmente intatta la sua struttura e i rischi residui non sembrano poi molto vasti.
Dunque, perché gli investitori sembra stiano abbandonando la loro attitudine all’indifferenza? Non si tratta tanto di quello che Trump sta facendo, quanto di quello che potrebbe fare in futuro – ovvero, forse ancora più importante, di quello che potrebbe non fare.
La verità è che nella maggior parte delle epoche, le iniziative presidenziali non hanno molto effetto sull’economia; la gestione economica del breve termine è principalmente nelle mani della Fed. Ma quando le cose diventano serie, c’è bisogno che la Casa Bianca si faccia avanti. Nel 2008 e nel 2009, fu importante che una gran quantità dei dirigenti sia della Amministrazione in scadenza di Bush che di quella in arrivo di Obama rispondessero con competenza e con intelligenza alla crisi finanziaria.
Sfortunatamente, non c’è ragione di aspettarsi un grado paragonabile di competenza, se qualcosa andasse di nuovo storto.
Si consideri come i trumpisti hanno risposto alle azioni in caduta. Sinora queste sono soltanto un addobbo economico secondario. Tuttavia Trump stesso, essendosi accreditato il merito delle azioni quando erano in crescita, si è lasciato andare allo sconforto ed è passato all’attacco; da lì gli attacchi su Powell. Nel frattempo, le massime autorità stanno ancora sostenendo che i tagli alle tasse dell’anno passato, alla faccia dell’evidenza, sono stati un trionfo, e distribuiscono bizzarre dichiarazioni – via Twitter – sulla salute delle banche, che nessuno stava mettendo in discussione.
Ora si immagini come questa squadra della Amministrazione potrebbe misurarsi con una vera battuta d’arresto dell’economia, qualsiasi sia la sua origine. Trump cercherebbe soluzioni oppure rifiuterebbe di accettarne la responsabilità, principalmente concentrandosi nel dare la colpa ad altri? Il suo Segretario al Tesoro e il capo dei suoi consiglieri economici analizzerebbero freddamente il problema e imposterebbero un percorso di iniziative, oppure risponderebbero con un misto di ossequi verso il capo e di dinieghi che ci sia stato alcunché di sbagliato? Voi che ne direste?
Siamo chiari: sul momento non c’è una evidente minaccia che incombe con le caratteristiche di una crisi. Ma la crescita sta rallentando, e come c’è scritto non a sufficienza sugli adesivi dei paraurti, le cose succedono. E se e quando accadrà, la gente che dovrebbe fare i conti con tutto ciò sarebbe quella banda di individui che non riescono a ragionare con un minimo di ordine. Buon Natale.
[1] In un contratto, la clausola di sanità mentale è un codicillo che invalida ogni disposizione dell’accordo se una delle parti esce di senno.
[2] Si tratta di un tale Matthew Whitaker, per il quale, se ben capisco, successivamente alla nomina (prima nello staff del Procuratore Generale Jeff Sessions, poi come facente funzioni al suo posto dopo il licenziamento dello stesso Sessions), sono emerse implicazioni in un scandalo di una società. Un Procuratore Generale è colui che corrisponde nel nostro ordinamento al Ministro della Giustizia.
[3] È la definizione che le indagini sulla Russian Connection danno del supposto ruolo in quelle vicende di Trump, sia pure pudicamente non nominandolo. Di recente, Krugman è arrivato alla conclusione che tale qualifica è più adatta del chiamarlo Presidente.
By mm
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