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L’economia della Cina andrà a sbattere in una Grande muraglia? di Paul Krugman (dal blog di Krugman, 15 gennaio 2019)

 

Jan.15, 2019

Will China’s Economy Hit a Great Wall?

By Paul Krugman

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The other day I issued a warning about the Chinese economy. It is, I wrote, “emerging as a danger spot in a world economy that really, really doesn’t need this right now.”

Unfortunately, the other day was more than 6 years ago. And it’s not just me. Many people have been predicting a China crisis for a long time, and it has kept on not happening.

But now China seems to be stumbling again. Is this the moment when all the prophecies of big trouble in big China finally come true? Honestly, I have no idea.

On one side, China’s problems are real. On the other, the Chinese government – hindered neither by rigid ideology nor by anything resembling a democratic political process – has repeatedly shown its ability and willingness to do whatever it takes to prop up its economy. It’s really anyone’s guess whether this time will be different, or whether Xi-who-must-be-obeyed can pull out another recovery.

But maybe this is another example of Dornbusch’s Law, named after my old teacher Rudi Dornbusch: The crisis takes a much longer time coming than you think, and then it happens much faster than you would have thought. So it seems useful to summarize why people have been worried about China, and why China’s troubles are a problem for the rest of the world.

The fundamental problem with the Chinese economy is that it’s highly unbalanced: It has extremely high levels of investment, seemingly without enough domestic consumption to justify that investment. You might be tempted to say this doesn’t matter, that China can just export its surplus production to other countries. But while there was a period from the mid-2000s to the early 2010s when China ran huge trade surpluses, those days are past.

Figure 1 shows Chinese investment (left scale) and its current account balance (a broad measure of the trade balance, right scale), both as percentages of GDP. That investment number is huge by anyone’s standards; it’s hard to see how companies can avoid running into strongly diminishing returns.

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Figure 1 IMF

It’s true that very high investment can be sustained for a long time in a rapidly growing economy (the so-called accelerator effect.) And China has indeed achieved incredible growth. But the potential for future growth is falling, for a couple of reasons. One is that as Chinese technology converges on that of advanced countries, the room for rapid improvement through borrowing declines. The other is that China’s one-child policy has produced demography that looks a lot like Europe or Japan. Figure 2 shows China’s working-age population, which has stopped growing.

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Figure 2, Chinese population 15-64 World Bank

So China really can’t keep investing 40-plus percent of GDP. It needs to shift over to higher consumption, which it could do by returning more profits from state-owned enterprises to the public, strengthening the social safety net, and so on. But it keeps not doing that.

Instead, the Chinese government has been piling on loans to businesses and state-owned enterprises, pushing the SOEs to spend more, and so on. Basically it has kept investment going despite low returns. Yet this process has to have some limits – and when it hits the (great) wall, it’s hard to see how consumption can rise fast enough to take up the slack.

However, if this sounds like a compelling case, bear in mind that it’s the same case I and others made in 2011. So apply appropriate skepticism.

What are the global consequences if China does get into trouble? The important thing to realize here is that China no longer runs huge trade surpluses with the world as a whole (the U.S. bilateral deficit is exceptional and deceptive.) And as a result China has become a major market. Figure 3 shows China’s imports from other countries as a percentage of world GDP; they’ve gotten quite big. For another perspective, in 2017 Chinese imports were $2.2 trillion, compared with $2.9 trillion for the US; they’re almost as much of a locomotive for the world economy as we are.

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Figure 3 World Bank, IMF

What this means is that a Chinese stumble would hit the world economy pretty hard, with special damage to commodity exporters (including U.S. farmers).

In other words, there are scary things out there besides Trump and Brexit.

 

 

 

L’economia della Cina andrà a sbattere in una Grande muraglia?

di Paul Krugman

L’altro giorno ho pubblicato un ammonimento sull’economia cinese. “Sta emergendo”, ho scritto, “come una macchia pericolosa in un’economia mondiale che non ne ha davvero bisogno in questo momento”.

Sfortunatamente, l’altro giorno era più di 6 anni fa. E la cosa non riguarda solo me. Molta gente aveva previsto una crisi in Cina da lungo tempo, ed essa continua a non avvenire.

Ma oggi la Cina sembra inciampare nuovamente. È il momento nel quale tutte le profezie sul grande guaio nella grande Cina si avverano? Francamente, non ne ho idea.

Da una parte, i problemi della Cina sono reali. Dall’altra, il Governo cinese – non impedito da una rigida ideologia né da qualcosa che assomigli ad un processo politico democratico – ha ripetutamente mostrato la sua capacità e la sua volontà di fare tutto quello che serve per sostenere la sua economia.  È davvero solo una congettura se questa volta sarà diverso, oppure Xi-al-quale-si-deve-obbedienza potrà sfoderare un’altra ripresa?

Ma forse questo è un altro esempio della Legge di Dornbusch, che prese in nome del mio vecchio maestro Rudi Dornbusch: le crisi prendono molto più tempo a venire di quello che si pensi, e quando arrivano sono molto più veloci di quello che si sarebbe pensato. Così sembra utile sintetizzare perché si dovrebbe essere preoccupati per la Cina, e perché i guai della Cina sono un problema per il resto del mondo.

Il problema fondamentale è che l’economia della Cina è altamente squilibrata: ha livelli molto elevati di investimenti, in apparenza senza un sufficiente consumo interno che giustifichi tali investimenti. Si potrebbe esser tentati di sostenere che non è importante, che la Cina può semplicemente esportare il sovrappiù della sua produzione verso altri paesi. Ma mentre c’è stato un periodo dalla metà degli anni 2000 agli inizi del 2010 nel quale la Cina gestiva ampi surplus commerciali, quei giorni sono passati.

La Figura 1 mostra gli investimenti cinesi (misurati sulla scala a sinistra) e il suo bilancio di conto corrente (una misurazione generale della bilancia commerciale, misurata sulla scala a destra), entrambi come percentuali del PIL. Quel dato sugli investimenti è enorme secondo qualunque standard; è difficile vedere come le società possano evitare imbattersi in una forte riduzione dei rendimenti.

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Figura 1. FMI

É vero che investimenti molto elevati possono essere sostenuti per un lungo periodo in un’economia in rapida crescita (il cosiddetto effetto acceleratore). E la Cina ha in effetti ottenuto una incredibile crescita. Ma il potenziale della crescita futura sta calando per due ragioni. La prima è che allorché la tecnologia cinese converge con quella dei paesi avanzati, lo spazio per rapidi miglioramenti attraverso l’indebitamento si riduce. L’altra è che la politica della Cina di ‘un-solo-figlio’ ha prodotto una demografia che assomiglia molto a quella dell’Europa o del Giappone. La Figura 2 mostra la popolazione in età lavorativa della Cina, che ha smesso di crescere.

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Figura 2, la popolazione cinese dai 15 ai 64 anni. World Bank

Dunque, la Cina non può continuare ad investire il 40 e più per cento del PIL. Ha bisogno di spostarsi verso consumi più elevati, cosa che potrebbe fare restituendo maggiori profitti dalle imprese di proprietà statale al pubblico, rafforzando le reti della sicurezza sociale, e così via. Ma continua a non farlo.

Invece, il Governo cinese viene accumulando prestiti alle imprese e alle società di proprietà statale, spingendo le imprese pubbliche a spendere di più. Fondamentalmente, essa continua a far andare gli investimenti nonostante i rendimenti bassi. Tuttavia questo processo deve avere un qualche limite – e quando esso andrà a sbattere contro il (grande) muro, è difficile vedere come i consumi possano crescere in modo talmente veloce da assorbire l’esubero.

Tuttavia, se questo vi sembra un argomento persuasivo, tenete a mente che è lo stesso argomento che assieme ad altri usammo nel 2011. Dunque, adoperatelo con opportuno scetticismo.

Quali sono le conseguenze globali se la Cina finisce nei guai? La cosa importante da comprendere in questo caso è che la Cina non gestisce più ampi surplus commerciali con il mondo nel suo complesso (il deficit bilaterale degli Stati Uniti è eccezionale ed ingannevole). E di conseguenza la Cina è diventata un mercato importante. La Figura 3 mostra le importazioni della Cina dagli altri paesi come percentuale del PIL mondiale; sono diventate piuttosto grandi. Da un altro punto di vista, le importazioni cinesi nel 2017 erano 2.200 miliardi di dollari, a confronto con i 2.900 miliardi di dollari degli Stati Uniti; essi sono la locomotiva del mondo quasi quanto noi.

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Figura 3. World Bank, FMI 

Quello che questo significa è che un passo falso dei cinesi colpirebbe l’economia mondiale abbastanza duramente, con particolari danni ai produttori di materie prime (inclusi gli agricoltori statunitensi).

In altre parole, ci sono in circolazione cose allarmanti oltre Trump e la Brexit.

 

 

 

 

 

 

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