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L’economia non salverà Trump, di Paul Krugman (New York Times, 21 gennaio 2019)

 

Jan.21, 2019

The Economy Won’t Rescue Trump

By Paul Krugman

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Although there have been approximately 100,000 media profiles of enthusiastic blue-collar Trump supporters in diners, the reality is that Donald Trump is extraordinarily unpopular. A recent Pew analysis found only one other modern president with such a low approval rating two years into his administration.

On the other hand, that president was Ronald Reagan, who went on to win re-election in a landslide. So some Trump boosters are suggesting their champion can repeat that performance. Can he?

No, he can’t. And it’s worth understanding why, both to assess current political prospects and to debunk the Reagan mythology still infesting U.S. conservatism.

Let’s talk first about the Reagan story.

Reagan was indeed unpopular in January 1983, mainly because of the economic situation. Despite a huge tax cut in 1981 and a sharp rise in military spending, more than 10 percent of the labor force was unemployed.

Although many voters blamed Reagan for this economic distress, the truth was that it had little to do with his policies; it was, instead, the consequence of the Federal Reserve’s attempts to bring down inflation, which had driven interest rates as high as 19 percent.

By mid-1982, however, the Fed had reversed course, sharply reducing rates. And these rate cuts eventually produced a huge housing boom, which in turn drove a rapid economic recovery.

Like the earlier slump, this boom had little to do with Reagan’s policies, but voters gave him credit anyway. Unemployment was still fairly high — more than 7 percent — in November 1984, but what matters for electionsis whether things are getting better or worse, not how good they are in absolute terms. And in 1983-84, unemployment fell fast, so Reagan won big.

How does this story compare with Trump’s prospects now?

First of all, where Reagan was unpopular because of a weak economy, Trump is unpopular despite a strong economy. That is, he starts from a much lower baseline.

And there is no chance of a “morning in America”-type boom over the next two years.

For one thing, in 1983-84 America was able to grow very fast by taking up the huge amount of economic slack that had accumulated over the course of the double-dip recession from 1979 to 1982. Right now, with unemployment below 4 percent, it’s not clear whether there’s any economic slack at all. There’s certainly not enough to allow the 7-plus percent growth rates in real personal income that prevailed in the run-up to the 1984 election.

Also, a housing boom driven by dramatic interest rate reductions was central to the rapid growth of Reagan’s third and fourth year in office. (No, it wasn’t all about the miraculous effects of tax cuts.)

But today’s Fed can’t — literally can’t — deliver the kind of boost it did back then by bringing double-digit interest rates down to single-digit levels, because rates are already quite low. And with housing prices looking rather high, it’s hard to imagine a huge surge looking forward.

Are there other ways that the economy might rescue Trump? What about the 2017 tax cut, which Trump said would be “rocket fuel” for the economy?

Well, by increasing the budget deficit, that cut probably gave the economy some stimulus, temporarily raising growth. But that effect is already fading out, and the economy would have been slowing down even without the extra drag created by the Trump shutdown. This doesn’t necessarily mean that we’ll have a recession soon, but we’re almost surely looking at unimpressive growth at best.

But wasn’t the tax cut supposed to increase long-run growth, by increasing business investment? Yes, it was — but it isn’t delivering on that promise. Corporations received huge tax breaks, but they mostly used the money to pay higher dividends and buy back stocks, not for investment. And even the modest rise in business investment that did take place in 2018 seems to have been driven by higher oil prices, not tax cuts.

So Donald Trump is no Ronald Reagan.

Actually, even Ronald Reagan was no Ronald Reagan. Although right-wing legend portrays his experience as proof of the magical power of tax cuts, the economy actually performed somewhat better under Bill Clinton, who raised taxes. (Although, to be fair, almost all Republicans seem to have managed to expunge that fact from their memories.)

Most of Reagan’s political success reflected not fundamental economic achievement but good luck with the timing of the business cycle. And Trump almost certainly won’t experience comparable luck.

Combine this lack of a strong economic upside over the next two years with Trump’s extreme current unpopularity, and his chances for re-election — if he even makes it to the end of his first term — don’t look too good. Which raises the question of what he and his party will do if defeat is staring them in the face.

I don’t know the answer to that question, and if you aren’t scared about how a cornered Trump might lash out, you haven’t been paying attention.

What’s clear, however, is that Trump and his allies are in a deep hole right now — and the economy isn’t going to dig them out of it.

 

 

L’economia non salverà Trump,

di Paul Krugman

Sebbene nei media ci siano stati circa cento mila ritratti di entusiasti operai sostenitori di Trump nelle trattorie, la verità è che Donald Trump è straordinariamente impopolare. Una recente analisi di Pew [1] ha scoperto soltanto un altro Presidente moderno in carica da due anni con un indice di consensi così basso.

D’altronde, quel Presidente era Ronald Reagan, che in seguito ottenne la rielezione con una vittoria schiacciante. Cosicché alcuni sostenitori di Trump stanno suggerendo che il loro campione può ripetere quella prestazione. Può farlo?

No, non può. E vale la pena di capire perché, sia per valutare le attuali prospettive politiche che per demistificare la mitologia di Reagan che ancora infesta il conservatorismo americano.

Parliamo anzitutto della storia di Reagan.

Nel gennaio del 1983 Reagan era in effetti impopolare, principalmente a causa della situazione economica. Nonostante un ampio taglio delle tasse e un brusco aumento nelle spese militari, più del 10 per cento della forza lavoro era disoccupata.

Per quanto molti elettori dessero la responsabilità a Reagan per questa sofferenza dell’economia, la verità era che essa aveva poco a che fare con le sue politiche; era piuttosto la conseguenza dei tentativi della Federal Reserve di far calare l’inflazione, che aveva spinto i tassi di interesse così in alto da raggiungere il 19 per cento.

Verso la metà del 1982, tuttavia, la Fed aveva invertito quell’andamento, riducendo bruscamente i tassi. E questi tagli al tasso alla fine produssero un grande boom del settore abitativo, che a sua volta spinse ad una rapida ripresa economica.

Come l’originaria recessione, questo boom aveva poco a che fare con le politiche di Reagan, ma gli elettori gli dettero in ogni modo credito. Nel novembre del 1984 la disoccupazione era ancora abbastanza elevata – più del 7 per cento – ma nelle elezioni quello che conta è se le cose stanno andando meglio o peggio, non quanto siano buone in termini assoluti. E nel 1983-84 la disoccupazione calò velocemente, cosicché Reagan vinse alla grande.

Come confrontare questa storia con le prospettive attuali di Trump?

Prima di tutto, laddove Reagan era impopolare a causa della debolezza dell’economia, Trump è impopolare nonostante un’economia forte. Ovvero, egli parte da una linea di riferimento molto più bassa.

E non c’è alcuna possibilità di una espansione del tipo “è giorno in America” [2] nei prossimi due anni.

Da una parte, nel 1983-84 l’America riuscì a crescere molto velocemente utilizzando la fiacchezza economica che aveva accumulato nel corso della recessione a due cifre dal 1979 al 1982. In questo momento, con una disoccupazione al 4 per cento, non è affatto chiaro se neppure ci sia una qualche fiacchezza economica. Certamente non ce ne è a sufficienza per consentire tassi di crescita superiori la 7 per cento nei redditi personali reali che prevalsero nella corsa alle elezioni del 1984.

Inoltre, un boom immobiliare guidato da spettacolari riduzioni dei tassi di interesse furono fondamentali per la rapida crescita del terzo e del quarto anno in carica di Reagan (che non dipese affatto dagli effetti miracolosi degli sgravi fiscali).

Ma la Fed di oggi non può – letteralmente non può – produrre una spinta del genere di quella che realizzò a quel tempo, abbassando i tassi di interesse a due cifre ai livelli di una cifra, dato che i tassi sono già abbastanza bassi. E con prezzi immobiliari che già sembrano piuttosto alti, è difficile immaginare una crescita rilevante nel prossimo futuro.

Ci sono altri modi nei quali l’economia potrebbe salvare Trump? Che dire del taglio fiscale del 2017, che secondo Trump sarebbe stato un “combustibile da razzo” per l’economia?

Ebbene, quel taglio, aumentando il deficit di bilancio, probabilmente ha dato un qualche stimolo all’economia, temporaneamente aumentando la crescita. Ma quell’effetto sta già svanendo, e l’economia dovrebbe star rallentando anche senza il prelievo aggiuntivo creato dallo shutdown di Trump. Questo non significa necessariamente che avremo a breve una recessione, ma stiamo quasi sicuramente assistendo, nel migliore dei casi, ad una crescita insignificante.

Ma non si supponeva che il taglio delle tasse avrebbe incrementato la crescita nel lungo termine, accrescendo gli investimenti delle imprese? Era così – ma esso non sta mantenendo quella promessa. Le società hanno ricevuto grandi sgravi fiscali, ma in gran parte usano quei soldi per pagare dividendi più alti e ricomprare le proprie azioni, non per gli investimenti. E persino la modesta crescita degli investimenti di impresa che ha avuto luogo nel 2018 sembra sia stata guidata dai prezzi più elevati del petrolio, non dagli sgravi fiscali.

Dunque, Donald Trump non è Ronald Reagan.

In realtà, persino Ronald Reagan non era Ronald Reagan. Sebbene la leggenda della destra dipinge la sua esperienza come una prova del potere magico degli sgravi fiscali, l’economia ebbe prestazioni in qualche modo migliori sotto Bill Clinton, che alzò le tasse (per quanto, per esser giusti, quasi tutti i repubblicani si siano sforzati di espungere quel dato di fatto dalla loro memoria).

Gran parte del successo politico di Reagan fu il riflesso non di importanti realizzazioni economiche, ma di buona fortuna con la tempistica del ciclo economico. Ed è quasi certo che Trump non avrà una fortuna paragonabile.

Si metta assieme questa mancanza di una forte crescita economica negli ultimi due anni con l’attuale estrema impopolarità di Trump, e le sue possibilità di una rielezione – se anche arrivasse alla fine del suo primo mandato – non sembrano affatto buone. Il che solleva la domanda di cosa faranno lui e il suo partito se la sconfitta diventa palese.

Non conosco la risposta a tale domanda, e se non siete spaventati su come un Trump messo alle corde potrebbe passare all’attacco, vuol dire che non avete prestato attenzione. Quello che è chiaro, tuttavia, è che Trump e soci adesso sono finiti in una buca profonda – e non sono destinati ad esserne tirati fuori dall’economia.

 

 

 

 

 

 

 

 

[1] Il Pew Research Center è un istituto indipendente di ricerche e di sondaggi.

[2] Il titolo di una trasmissione radiofonica di successo di Reagan in quegli anni. “Giorno”, nel senso che si vede di nuovo la luce.

 

 

 

 

 

 

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