Feb. 21, 2019
By Paul Krugman
For millions of Americans with children, life is a constant, desperate balancing act. They must work during the day, either because they’re single parents or because decades of wage stagnation mean that both parents must take jobs to make ends meet. Yet quality child care is unavailable or unaffordable.
And the thing is, it doesn’t have to be this way. Other wealthy countries either have national child care systems or subsidize care to put it in everyone’s reach. It doesn’t even cost all that much. While other advanced countries spend, on average, about three times as much as we do helping families — so much for our vaunted “family values” — it’s still a relatively small part of their budgets. In particular, taking care of children is much cheaper than providing health care and retirement income to seniors, which even America does.
Furthermore, caring for children doesn’t just help them grow up to be productive adults. It also has immediate economic benefits, making it easier for parents to stay in the work force.
Over the past 20 years, women’s prime-age employment in the U.S. has lagged ever further behind the rest of the advanced world — at this point we’re well below even Japan. And lack of child care is probably one main reason.
So child care really should be an important part of the progressive agenda. Hillary Clinton had a serious plan back in 2016, but the news media was too busy obsessing over emails to pay attention. And if you ask me, Elizabeth Warren’s new proposal isn’t getting as much attention as it should.
For the Warren proposal is the kind of initiative that, if enacted, would change millions of lives for the better, yet could actually happen in the near future.
Among other things, unlike purist visions of replacing private health insurance with “Medicare for all,” providing child care wouldn’t require imposing big new taxes on the middle class. The sums of money involved are small enough that new taxes on great wealth and high incomes, which are desirable on other grounds, could easily raise sufficient revenue.
The logic of the Warren plan is fairly simple (although some commentators are trying to make it sound complex). Child care would be regulated to ensure that basic quality was maintained and subsidized to make it affordable. The size of the subsidy would depend on parents’ incomes: lower-income parents would get free care, higher-income parents would have to pay something, but nobody would have to pay more than 7 percent of income.
Warren’s advisers put the budget cost at $70 billion a year, or around one-third of one percent of G.D.P. That’s not chicken feed, but it’s not that much for something that could transform so many lives.
It is, for example, well under half the revenue lost due to the Trump tax cut, which seems to have been used mainly for share buybacks. And it’s a tiny fraction of what it would cost to replace all private health insurance with a public program.
So what are the objections to this plan?
I’m hearing from a few people on the left who complain that the plan doesn’t go far enough — that it should involve free, direct public provision of child care, not subsidies to private provision. There’s certainly a case for a more expansive policy. There’s also no chance that it will happen anytime soon.
The perfect here is the enemy of the good.
Meanwhile, on the right there are the usual cries of “socialism,” which these days means anything to the left of eating poor people’s babies.
More interestingly, I’m seeing at least some commentary on the right that doesn’t just push back against the whole idea of making it easier for mothers to work, it wants us to go back to the days when families could “live on one income.”
Realistically, of course, that’s not going to happen, and not just because 30 percent of U.S. children live in single-parent households. And bear in mind that even as conservatives bemoan the decline of the traditional male breadwinner, they’re pushing policies like Medicaid work requirements that basically force mothers out of the home.
The bottom line is that Warren’s proposal is impressive: It’s workable, affordable, and would do a huge amount of good.
And while this isn’t a horse-race column — I’m not arguing that Warren necessarily will or even should be the Democratic presidential nominee — the field needs more policy ideas like this: medium-size, medium-priced proposals that could deliver major benefits without requiring a political miracle.
Right now, all of the real contenders for the Democratic nomination are solidly progressive, but so far some seem either underbriefed on policy issues — there’s been far too much fumbling over Medicare for all — or too committed to sweeping, maximalist policy visions to think seriously about what they might truly be able to do if their party takes the White House and Senate next year.
Visions and values are great, but Democrats also need to be ready to hit the ground running with plans that might actually turn into legislation. And so far, Warren is setting the pace.
I democratici per i valori della famiglia,
di Paul Krugman
Per milioni di americani con figli, la vita è un costante, disperato atto di equilibrismo. Devono lavorare durante il giorno, o perché sono genitori singoli o perché decenni di stagnazione salariale comportano che entrambi i genitori devono avere un posto di lavoro per far quadrare i conti. Tuttavia l’assistenza all’infanzia di qualità non è disponibile o non ce la si può permettere.
E il punto è che la situazione non dovrebbe essere tale. Altri paesi ricchi o hanno sistemi di assistenza all’infanzia oppure sussidi per renderla alla portata di tutti. Non costa neppure così tanto. Mentre altri paesi spendono, in media, tre volte quello che spendiamo noi per aiutare le famiglie – così tanto per i nostri decantati “valori della famiglia” – si tratta ancora di una parte minima dei loro bilanci. In particolare, prendersi cura dei bambini è molto più economico che non fornire l’assistenza sanitaria e il reddito di una pensione ai più anziani, che è quanto fa anche l’America.
Inoltre, l’assistenza ai bambini non solo li aiuta a crescere in modo da diventare adulti produttivi. Ha anche immediati benefici economici, agevolando i genitori a restare nelle forze di lavoro.
Nei venti anni passati, l’occupazione femminile nella principale età lavorativa negli Stati Uniti è rimasta ulteriormente indietro rispetto al resto del mondo avanzato – a questo punto siamo assai sotto persino al Giappone. E la mancanza di assistenza all’infanzia è probabilmente una ragione principale.
Dunque, l’assistenza all’infanzia dovrebbe essere una parte importante del programma dei progressisti. Nel passato 2016, Hillary Clinton aveva un piano serio, ma i media dell’informazione erano troppo presi dall’ossessione per le mail per prestarvi attenzione. E se volete la mia opinione, la nuova proposta di Elizabeth Warren non sta ottenendo l’attenzione che meriterebbe.
Perché la proposta della Warren è quel genere di iniziativa che, se messa in atto, cambierebbe in meglio l’esistenza di milioni di persone, per giunta realizzandosi effettivamente in un prossimo futuro.
Tra le altre cose, diversamente dalla proposta purista di sostituire la assicurazione sanitaria privata con “Medicare-per-tutti”, fornire assistenza all’infanzia non richiederebbe l’imposizione di nuove tasse sulla classe media. La quantità di soldi da impegnare è abbastanza modesta, al punto che nuove tasse sulle grandi ricchezze e sui redditi elevati, che sono desiderabili anche per altre ragioni, potrebbero facilmente raccogliere un gettito sufficiente.
La logica del piano della Warren è abbastanza semplice (sebbene qualche commentatore stia cercando di farla sembrare complicata). L’assistenza all’infanzia sarebbe regolata in modo da assicurare che la qualità di base sia rispettata e riceva sussidi che la rendano alla portata di tutti. La dimensione del sussidio dipenderebbe dal reddito dei genitori: i genitori con redditi più bassi avrebbero una assistenza gratuita, i genitori con i redditi più elevati dovrebbero pagare qualcosa, ma nessuno dovrebbe pagare più del 7 per cento del reddito.
I consiglieri della Warren collocano il costo di bilancio a 70 milioni di dollari all’anno, ovvero a circa un terzo di un punto percentuale di PIL. Non sono bruscolini, ma non è così tanto per qualcosa che potrebbe trasformare tante esistenze.
Per esempio, è molto al di sotto delle entrate perdute a seguito dei tagli delle tasse di Trump, che sembra siano stati utilizzati principalmente per ricomprare azioni. Ed è una frazione minuscola rispetto a quello che costerebbe sostituire l’assistenza sanitaria privata con un programma pubblico.
Dunque, quali sono le obiezioni a questo piano?
Sento poche persone a sinistra che si lamentano perché il piano non va abbastanza avanti – che dovrebbe includere la fornitura di una assistenza all’infanzia pubblica, diretta e gratuita, non sussidi per servizi privati. È certamente possibile ipotizzare una politica più ampia. Allo stesso tempo non c’è alcuna possibilità che questo avvenga in breve tempo.
In questo caso il perfetto è il nemico del buono.
Nello stesso tempo, a destra ci sono i soliti lamenti sul “socialismo”, che di questi tempi significa che a sinistra non c’è niente altro che mangiare i bambini della povera gente [1].
In modo più interessante, leggo almeno alcuni commenti da destra che non si limitano a rigettare completamente l’idea del rendere più facile alle madri l’attività lavorativa e vogliono riportarci ai giorni nei quali le famiglie potevano “vivere su un solo reddito”.
Realisticamente, è evidente che questo non è destinato ad accadere, e non solo perché il 30 per cento dei bambini vivono in famiglie con un solo genitore [2]. Si tenga a mente che persino quando i conservatori lamentano il declino del maschio tradizionale che porta il pane a casa, spingono per politiche, come quelle dei requisiti lavorativi per ottenere Medicaid, che fondamentalmente costringono le madri fuori di casa.
La morale della favola è che la proposta della Warren è notevole: può funzionare, è sostenibile e farebbe un gran bene.
E se questo non è un articolo che si intromette nella futura competizione – non sto sostenendo che la Warren sarà la candidata presidenziale per i democratici e neppure che dovrebbe esserlo – lo schieramento ha bisogno di molte idee operative come questa: proposte di media dimensione, di costi equilibrati che possono produrre importanti benefici senza bisogno di un miracolo politico.
In questo momento, tutti i reali competitori alla nomination democratica sono solidamente progressisti, ma sinora alcuni appaiono o non abbastanza informati sui temi del programma politico – c’è stato anche troppo farfugliare sull’idea del Medicare-per-tutti – oppure troppo impegnati a diffondersi su visioni politiche massimaliste per pensare seriamente a cosa potrebbero veramente essere capaci di fare se il loro partito avesse la direzione della Casa Bianca e del Senato.
Le visioni e i valori sono una gran cosa, ma i democratici hanno anche bisogno di mettersi subito all’opera con programmi che possano effettivamente essere trasformati in leggi. Sino ad ora, la Warren sta facendo da battistrada.
[1] Ovvero, se la traduzione è corretta, che la sinistra è niente altro che una distopia venezuelana, stalinista, genocida e in aggiunta tendenzialmente cannibale. Il riferimento non è casuale: si tratta di un pamphlet satirico del 1729 dello scrittore irlandese Jonathan Swift, famoso per I viaggi di Gulliver. Ma la sua intenzione era opposta: lo scrittore esponeva «un metodo onesto, facile e poco costoso» per trasformare il problema della sovrappopolazione tra i cattolici irlandesi nella sua stessa soluzione. La proposta dell’autore consisteva nell’ingrassare i bambini denutriti e darli da mangiare ai ricchi proprietari terrieri anglo-irlandesi. I figli dei poveri potevano essere venduti in un mercato della carne all’età di un anno per combattere la sovrappopolazione e la disoccupazione. Evidentemente, una soluzione che egli attribuiva – sia pure paradossalmente – ai reazionari del tempo.
[2] La connessione nel testo inglese è con una nota a cura della Agenzia per il Censimento degli Stati Uniti. Fornisce informazioni interessanti sulla evoluzione della famiglia americana dal 1960 al 2016. La percentuale di bambini che vivono con entrambi i genitori è scesa dall’88 al 69 per cento; quella dei bambini che vivono solo con la loro madre, è salita dall’8 al 23 per cento; quella dei bambini che vivono solo con il loro padre è salita dall’1 al 4 per cento. La percentuale di coloro che non vivono con nessuno dei genitori è leggermente salita dal 3 al 4 per cento.
By mm
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