Feb.18, 2019
By Paul Krugman
Donald Trump isn’t the first president, or even the first Republican president, who has sought to define his legacy in part with a big construction project. Abraham Lincoln signed legislation providing the land grants and financing that created the transcontinental railroad. Theodore Roosevelt built the Panama Canal. Dwight Eisenhower built the interstate highway system.
But Trump’s wall is different, and not just because it probably won’t actually get built. Previous big construction projects were about bringing people together and making them more productive. The wall is about division — not just a barrier against outsiders, but an attempt to drive a wedge between Americans, too. It’s about fear, not the future.
Why isn’t Trump building anything? Surely he’s exactly the kind of politician likely to suffer from an edifice complex, a desire to see his name on big projects. Furthermore, during the 2016 campaign he didn’t just promise a wall, he also promised a major rebuilding of America’s infrastructure.
But month after month of inaction followed his inauguration. A year ago he again promised “the biggest and boldest infrastructure investment in American history.” Again, nothing happened.
Last month there was reportedly a White House meeting to game out a new infrastructure plan. This time they mean it. Really. Would this administration ever lie to you?
The interesting question is why Trump seems unwilling or unable to do anything about America’s crumbling roads, bridges, water supplies and so on. After all, polls show that a large majority of the public wants to see more infrastructure spending. Public investment is an issue on which Trump could get substantial Democratic support; it would lift the economy, and also help repair the public’s perception that the administration is chaotic and incompetent.
Yet everything points to two more years of occasional bombast about infrastructure, with no follow-up. Why the paralysis?
Some news analyses suggest that it’s about money, that big infrastructure spending would happen if only Republicans and Democrats could agree on how to pay for it. But this is being credulous. Remember, in 2017 the G.O.P. enacted a $2 trillion tax cut with absolutely no pay-fors; the tax cut is completely failing to deliver the promised boost to private investment, but there is no sign of buyer’s remorse.
So Republicans don’t really care about using debt to pay for things they want. And Democrats, whose top policy wonks have been telling them that deficit fears are excessive, would surely support a program of debt-financed infrastructure spending.
In short, money isn’t why we aren’t building infrastructure. The real obstacle is that Trump, his officials, his party or all of the above don’t actually want the kind of public investment America needs. Build they won’t.
In the case of Trump administration officials, what’s striking about the various infrastructure “plans” they’ve offered — they’re more like vague sketches — is that they involve very little direct public investment. Instead, they’re schemes that would purportedly use public funds as a sweetener to induce large amounts of private investment. Why not just build stuff? Partly, perhaps, to hold down the headline cost. But such schemes would also amount to a backdoor way to privatize public assets, while possibly generating little new investment.
And while a real infrastructure plan would gain a lot of support from Democrats, an exercise in crony capitalism pretending to be about infrastructure wouldn’t.
Meanwhile, Republicans in Congress are aggressively uninterested in any kind of public investment program. During Trump’s first two years in office, they first bullied him into submitting a plan that actually provided hardly any money for new investment, then invented excuses for not dealing even with that emasculated proposal.
The truth is that modern conservatives hate the idea of any kind of new public spending, even if it would make Americans better off — or perhaps it would be more accurate to say especially if it would make Americans better off, because a successful spending program might help legitimize a positive role for government in general. And while Trump may not fully share his party’s small-government ideology, all his limited energy is going into finding ways to punish people, not help them.
So who will rebuild America? Trump and his party have had their chance, and clearly refuse to act, so it will have to be the Democrats. Their proposed Green New Deal is deliberately short on specifics, but its clear thrust is toward a revival of the American tradition of public investment in the public interest.
And my guess, which is also my hope, is that if Democrats get the opportunity — if, in 2021, they regain control of both the White House and the Senate — they won’t let funding concerns block an infrastructure push. Major health reform will need new revenue sources, but given low interest rates, debt-financed public investment would be sound policy. Build we must, build we should, and hopefully build we will.
Perché Trump non è in grado di costruire niente?
Di Paul Krugman
Donald Trump non è il primo Presidente, o neppure il primo Presidente repubblicano, che ha cercato di caratterizzare la sua eredità in una certa misura con un grande progetto infrastrutturale. Abramo Lincoln sottoscrisse la legge che concedeva i terreni e finanziava la ferrovia transcontinentale in tal modo istituita. Teodoro Roosevelt costruì il Canale di Panama. Dwight Eisenhower costruì il sistema autostradale interstatale.
Ma il muro di Trump è un’altra cosa, e non solo perché probabilmente non verrà mai costruito. I passati grandi progetti di costruzione riguardavano il mettere la gente assieme e il renderla più produttiva. Il muro riguarda la divisione – non solo una barriera contro gli estranei, ma anche un tentativo di scavare un cuneo tra gli americani. Ha a che fare con la paura, non con il futuro.
Perché Trump non sta costruendo niente? Sicuramente egli è esattamente il genere di politico che probabilmente soffre di un complesso edificatorio, di un desiderio di vedere il proprio nome su grandi progetti. Inoltre, durante la campagna elettorale del 2016, non aveva solo promesso un muro, aveva anche promesso una importante ricostruzione delle infrastrutture americane.
Ma l’inerzia fece seguito alla sua entrata in carica, mese dopo mese. Un anno fa promise nuovamente “il più grande è il più audace investimento infrastrutturale della storia americana”. Di nuovo, non accadde niente.
Lo scorso mese venne riferito un incontro alla Casa Bianca per mettere in scena un nuovo piano infrastrutturale. È la volta buona. Per davvero. Vi direbbe mai una bugia questa Amministrazione?
La domanda interessante è perché Trump sembra indisponibile o incapace di fare qualcosa per le strade, i ponti, le forniture idriche fatiscenti americane. Dopo tutto, i sondaggi mostrano che una larga maggioranza dell’opinione pubblica vuole vedere una spesa maggiore sulle infrastrutture. L’investimento pubblico è un tema sul quale Trump potrebbe ottenere un sostanziale sostegno dei democratici; solleverebbe l’economia e contribuirebbe anche a rimediare alla sensazione diffusa che l’Amministrazione sia caotica e incompetente.
Ciononostante, tutto fa supporre altri due anni di periodica magniloquenza sulle infrastrutture, senza alcun seguito. Come si spiega la paralisi?
Alcune analisi sui notiziari indicano che sarebbe una questione di soldi, quella grande spesa sulle infrastrutture sarebbe possibile solo se repubblicani e democratici potessero trovarsi d’accordo su come pagarla. Ma questo equivale ad essere creduloni. Si ricordi, nel 2017 il Partito Repubblicano ha varato un taglio delle tasse per 2 mila miliardi di dollari senza la minima copertura; il taglio delle tasse ha completamente mancato di generare il promesso incoraggiamento agli investimenti privati, ma non c’è segno di rimorso da parte del committente.
Dunque i repubblicani davvero non si preoccupano di usare il debito per pagare ciò che vogliono. E i democratici, i cui massimi esperti di politica economica [1] vengono loro spiegando che le paure del deficit sono eccessive, sicuramente sosterrebbero un programma di spese sulle infrastrutture finanziato in deficit.
In breve, non è per i soldi che non stiamo costruendo infrastrutture. Il reale ostacolo è che Trump, i suoi dirigenti, il suo partito o tutti i suoi piani alti in realtà non vogliono il genere di investimenti pubblici di cui l’America ha bisogno. Non costruiranno un bel niente.
Nel caso dei dirigenti della Amministrazione Trump, quello che colpisce nei vari “piani” infrastrutturali che hanno offerto – sono più simili a vaghi bozzetti – è che essi riguardano minimi investimenti pubblici diretti. Piuttosto, si tratta di schemi che presumibilmente utilizzerebbero finanziamenti pubblici come un dolcificante per indurre ampie somme di investimenti privati. Perché semplicemente non costruire quello che occorre? In parte, forse, per contenere il costo complessivo. Ma tali schemi corrisponderebbero anche ad una porta di servizio per privatizzare asset pubblici, mentre probabilmente si producono piccoli nuovi investimenti.
E mentre un vero piano infrastrutturale otterrebbe un grande sostegno da parte dei democratici, una pratica di capitalismo clientelare che finge di interessarsi alle infrastrutture non lo otterrebbe.
Nel frattempo, i repubblicani del Congresso sono apertamente non interessati ad un programma di investimenti pubblici di alcun genere. Durante i primi due anni in carica di Trump, anzitutto lo hanno intimidito a non presentare un piano che fornisse alcun finanziamento per nuovi investimenti, poi hanno accampato scuse per non essere d’accordo persino con quella menomata proposta.
La verità è che i conservatori contemporanei odiano l’idea di una nuova spesa pubblica di ogni genere, anche se essa facesse star meglio gli americani – o forse sarebbe meglio dire particolarmente se essa facesse star meglio gli americani, giacché un programma di spesa pubblica di successo potrebbe contribuire a legittimare, in termini generali, un ruolo positivo del Governo. E mentre Trump può non condividere pienamente l’ideologia del suo partito di un Governo ai minimi termini, l’intera sua limitata energia è dedicata a trovare modi per punire le persone, non per aiutarle.
Dunque, chi ricostruirà l’America? Trump e il suo partito hanno avuto la loro possibilità e chiaramente si rifiutano di agire, dunque dovranno essere i democratici. Il loro proposto New Deal Verde è deliberatamente scarso di dettagli, ma il suo chiaro orientamento è a favore di un ritorno alla tradizione americana dell’investimento pubblico nel pubblico interesse.
E la mia impressione, che è anche la mia speranza, è che se i democratici ne avranno l’opportunità – se, nel 2021, riotterranno la direzione sia della Casa Bianca che del Senato – essi non consentiranno che le preoccupazioni finanziarie blocchino un impulso alle infrastrutture. Una importante riforma sanitaria avrà bisogno di nuove fonti di entrata, ma dati i bassi tassi di interesse, un investimento pubblico finanziato col debito sarebbe una politica sana. Abbiamo l’obbligo di costruire, dovremmo farlo e auspicabilmente lo faremo.
[1] Il riferimento è ad un articolo di Jason Furman e Lawrence H. Summers pubblicato su Foreign Affairs dal titolo “Chi si preoccupa dei deficit di bilancio?”.
By mm
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