April 8, 2019
By Paul Krugman
As far as I know, the Federal Reserve — the world’s most important economic policy institution — doesn’t have an anthem. But if it were to adopt one now, the choice would be obvious: “Send In the Clowns.”
You see, the Fed’s governing board currently has two vacancies, and Donald Trump has proposed filling those vacancies with ludicrous hacks. If he succeeds, one of our few remaining havens of serious, nonpartisan policymaking will be on its way toward becoming as corrupt and dysfunctional as the rest of the Trump administration.
Stephen Moore and Herman Cain are, of course, completely unqualified — I say “of course” because their lack of qualifications is, paradoxically, a key qualification not just for Trump but for the G.O.P. in general.
There are plenty of genuine monetary experts with conservative political leanings, some of them quite partisan. But modern Republicans have shown consistent disdain for such experts, perhaps because of a sense that anyone with real expertise or an independent reputation might occasionally be tempted to take a stand on principle.
There’s no risk that either Moore or Cain will ever take such a stand. In fact, what seems to have recommended both men to Trump was their evident willingness to completely reverse their policy views when politically expedient.
Both were hard-money men during the Obama years, demanding higher interest rates despite very high unemployment. Both have now taken to berating the Fed for failing to print more money in the face of low unemployment — because that’s what Trump wants.
That said, there’s a difference between the two men.
I wrote about Moore a couple of weeks ago, noting that he has long been a prominent fixture in the conservative movement; he is, basically, a classic right-wing hack who tries (incompetently) to impersonate an economic expert. Cain, on the other hand, is a spam king whose business model involves making his email list available to direct marketers.
Put it this way: In recent years Moore has been out there predicting magical results from tax cuts, putting out fake economic numbers, and giving speeches to FreedomFest. At the same time, Cain has been offering a platform for peddlers of get-rich schemes and cures for erectile dysfunction. So it says something about what Trump wants that he apparently sees the two men as equally valuable allies.
What does Trump want? His attempted beclowning of the Fed follows, I’d argue, from the fact that his one major legislative success, the 2017 tax cut — which he predicted would be “rocket fuel” for the economy — has turned out to be a big fizzle, economically and, especially, politically.
It’s true that U.S. economic growth got a bump for two quarters last year, and Trumpists are still pretending to believe that we’ll have great growth for a decade. But at this point last year’s growth is looking like a brief and rapidly fading sugar high.
Meanwhile, the tax cut remains unpopular, partly because few people perceived personal benefits, partly because voters appear to be less concerned about paying too much than with the sense that the rich — the prime beneficiaries of the Trump cut — are paying too little.
Some leaders might see such disappointments as reasons to make a course correction. But this is Trump: When the going gets tough, he blames someone else. Everything would have been great, he insists, if the Fed hadn’t thwarted his plans.
There’s a good argument to be made that the Fed misjudged the economy’s strength, that it raised interest rates too fast and that the economy would be doing somewhat better if it hadn’t. In fact, it’s an argument I agree with.
But that’s not what Trump is saying. He wants the Fed to act as if we were still in a deep depression; he wants it both to cut rates and to resume the emergency policies it pursued — and he denounced — when we had more than twice as much unemployment as we do today. This would, he insists, turn the economy into the “rocket ship” he originally promised.
You don’t have to be a gold bug or even an inflation hawk to see these demands as deeply irresponsible. Indeed, they sound a lot like the “macroeconomic populism” that has repeatedly led to economic disaster in Latin America, with Venezuela the latest example.
Running the printing presses to fight a depression, as the Fed did after the financial crisis, is prudent and sensible; running them because you refuse to accept the reality that your policies aren’t delivering an economic miracle is different, and always ends badly.
Now, even putting both Moore and Cain on the Fed board probably wouldn’t be enough to push America over the monetary edge. And so far, markets don’t seem worried about the potential for runaway inflation.
But maybe investors should be worried, at least a bit, by the spectacle of a president who would rather appoint hacks and debase the Fed’s integrity than admit that his policies aren’t working as promised. U.S. policymaking is looking ever more like that of a corrupt third-world regime. And that is bound, sooner or later, to have consequences.
Perché Trump vuole degradare la Fed?
Di Paul Krugman
Per quanto ne so, la Federal Reserve – l’istituzione di politica economica più importante al mondo – non ha un inno. Ma se adesso ne dovesse adottare uno, la scelta sarebbe evidente: “Mandate in scena i pagliacci”.
Sapete, l’organo di governo della Fed ha attualmente due posti liberi, e Donald Trump ha deciso di riempire quelle caselle con due ridicoli pennivendoli. Se ci riuscirà, uno dei pochi rifugi che restano di potere politico serio e non di parte si incamminerà a diventare altrettanto corrotto e anormale del resto della Amministrazione Trump.
Stephen Moore e Herman Cain sono, non a caso, completamente squalificati – dico “non a caso” giacché la loro mancanza di qualifiche è, paradossalmente, una qualifica fondamentale non solo per Trump ma per il Partito Repubblicano in generale.
C’è una gran quantità di genuini esperti monetari con orientamenti politici conservatori, alcuni dei quali abbastanza schierati. Ma i repubblicani odierni hanno mostrato un costante disprezzo per esperti del genere, forse per la sensazione che qualcuno dotato di reale competenza o di una reputazione di indipendenza potrebbe occasionalmente essere tentato di prendere una posizione sulla base di un principio.
Non c’è alcun rischio che Moore o Cain prendano mai una posizione del genere. Nei fatti, quello che sembra abbia raccomandato entrambi i personaggi a Trump è stata la loro evidente disponibilità a rovesciare i loro punti di vista politici qualora risulti politicamente vantaggioso.
Durante gli anni di Obama erano entrambi a favore di una valuta forte, chiedevano tassi di interesse più alti nonostante una disoccupazione molto elevata. Adesso entrambi hanno preso a strigliare la Fed perché non stampa maggiore moneta a fronte di una bassa disoccupazione – dato che è questo ciò che Trump vuole.
Ciò detto, tra i due personaggi c’è una differenza.
Un paio di settimane fa scrissi a proposito di Moore, notando che era stato per lungo tempo una sorta di istituzione nel movimento conservatore [1]; è fondamentalmente un classico pennivendolo della destra che cerca (senza alcuna competenza) di impersonare un esperto di economia. Cain, d’altra parte, è un re degli spam il cui modello affaristico consiste nel rendere disponibile la sua lista di contatti email ai diretti acquirenti.
Diciamo così: negli anni recenti Moore è andato in giro prevedendo effetti magici dei tagli delle tasse, distribuendo dati economici falsi e facendo discorsi alla FreedomFest [2]. Cain, d’altra parte, è venuto offrendo una piattaforma per venditori ambulanti di modelli per diventare ricchi e di rimedi per la disfunzione erettile. Dunque, ciò spiega qualcosa su quello che Trump vuole, dato che in apparenza li considera entrambi come alleati egualmente apprezzabili.
Cosa vuole Trump? Il suo tentativo di ridurre la Fed ad una pagliacciata, direi, fa seguito al fatto che il suo principale successo legislativo, il taglio delle tasse del 2017 – che aveva previsto avrebbe funzionato come un “combustibile per razzi” per l’economia – si è dimostrato una specie di grande rantolo, economicamente e, in particolare, politicamente.
È vero che per due trimestri dell’anno passato l’economia ha avuto un balzo, e i trumpiani stanno ancora fingendo di credere che avremo una grande crescita per un decennio. Ma a questo punto la crescita dell’anno passato assomiglia a una breve euforia da zuccheri, in rapido esaurimento.
Nel frattempo, il taglio delle tasse rimane impopolare, in parte perché in pochi ne hanno percepito benefici personali, in parte perché gli elettori sembrano meno preoccupati di pagare troppo e hanno piuttosto la sensazione che i ricchi – i primi beneficiari del taglio di Trump – paghino troppo poco.
Alcuni leader potrebbero considerare tali delusioni come ragioni per correggere quell’indirizzo. Ma questo è Trump: quando il gioco si fa duro, lui dà la colpa a qualcun altro. Tutto sarebbe stato magnifico, continua a dire, se la Fed non avesse messo i bastoni tra le ruote.
Si può avanzare un buon argomento a proposito del fraintendimento da parte della Fed della forza dell’economia, secondo il quale essa ha alzato i tassi di interesse troppo velocemente e l’economia starebbe andando un po’ meglio se non l’avesse fatto. Infatti, è un argomento che io condivido.
Ma non è quello che Trump sta dicendo. Egli vuole che la Fed agisca come se fossimo ancora in una depressione profonda; vuole che essa tagli i tassi e al tempo stesso che ripristini politiche di emergenza che perseguiva quando avevamo una disoccupazione doppia rispetto a quella che abbiamo oggi – politiche che lui denunciava. Questo, ribadisce, collocherebbe l’economia nel “razzo spaziale” che aveva originariamente promesso.
Non si deve essere patiti della parità aurea e neanche falchi dell’inflazione per accorgersi che queste richieste sono profondamente irresponsabili. In effetti, esse assomigliano molto al “populismo macroeconomico” che ha portato ripetutamente a disastri economici in America Latina, dei quali il Venezuela è l’esempio più recente.
Far correre le presse per stampare valuta nel combattere una recessione come la Fed fece dopo la crisi finanziaria, è prudente e sensato; farle correre perché si rifiuta di accettare la realtà secondo la quale le vostre politiche non stanno producendo un miracolo economico è diverso, e va sempre a finir male.
Ora, persino collocare sia Moore che Cain nell’organo direttivo della Fed probabilmente non sarà sufficiente a spingere l’America su un precipizio monetario. E sinora i mercati non sembrano preoccupati di una potenziale inflazione fuori controllo.
Ma forse gli investitori dovrebbero preoccuparsi, almeno un po’, dello spettacolo di un Presidente che, anziché ammettere che le sue politiche non stanno funzionando come promesso, piuttosto è disposto a nominare pennivendoli e a svalutare l’integrità della Fed. L’autorità politica negli Stati Uniti somiglia sempre di più ad un regime corrotto del terzo mondo. E ciò è destinato, prima o poi, ad avere conseguenze.
[1] Di solito l’espressione “movimento conservatore” non significa semplicemente la generica appartenenza ai conservatori americani, ma la specifica militanza nel settore neoconservatore della destra americana, in auge da qualche decina di anni.
[2] È un evento della estrema destra americana, che spazia dai consigli finanziari ai temi più improbabili della filosofia.
By mm
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