April 29, 2019
By Paul Krugman
Russia didn’t help Donald Trump’s presidential campaign. O.K., it did help him, but the campaign itself wasn’t involved. O.K., the campaign had a lot of Russian contacts and knowingly received information from the Russians, but that was perfectly fine.
If you’ve been trying to follow the Republican response to revelations about what happened in 2016, you may be a bit confused. We’re not even talking about an ever-shifting party line; new excuses keep emerging, but old excuses are never abandoned. On one side, we have Rudy Giuliani saying that “there’s nothing wrong with taking information from Russians.” On the other side, we have Jared Kushner denying that Russia did anything beyond taking out “a couple of Facebook ads.”
It’s all very strange. Or, more accurately, it can seem very strange if you still think of the G.O.P. as a normal political party, one that adopts policy positions and then defends those positions in more or less good faith.
But if you have been following Republican arguments over the years, you know that the party’s response to evidence of Russian intervention in 2016 is standard operating procedure. On issue after issue, what you see are multiple levels of denial combined with a refusal ever to give up an argument no matter how completely it has been discredited.
I first encountered this style of argument a long time ago, over the issue of rising inequality. By the early 1990s it was already obvious that growth in the United States economy was becoming ever more skewed, with huge gains for a small minority at the top but lagging incomes for the middle class and the poor. This was an awkward observation for a party that, then as now, wanted to slash taxes for the rich and dismantle the social safety net. How would conservatives respond?
The answer was multilayered denial. Inequality wasn’t rising. O.K., it was rising, but that wasn’t a problem. O.K., rising inequality was unfortunate, but there was nothing that could be done about it without crippling economic growth.
You might think that the right would have to choose one of those positions, or at least that once you’d managed to refute one layer of the argument, say by showing that inequality was indeed rising, you could put that argument behind you and move on to the next one. But no: Old arguments, like the wights in “Game of Thrones,” would just keep rising up after you thought you had killed them.
And this is still going on. Even as you read about the superrich buying $240 million apartments and demanding ever-bigger mega-yachts, there’s a whole industry of people denying that inequality has gone up.
You see the same thing on climate change. Global warming is a myth — a hoax concocted by a vast conspiracy of scientists around the world. O.K., the climate is changing, but it’s a natural phenomenon that has nothing to do with human activity. O.K., man-made climate change is real, but we can’t do anything about it without destroying the economy.
As in the case of inequality, refuted climate arguments never go away. Instead, they become intellectual zombies that should be dead but just keep shambling along. If you think Republican arguments on climate have gotten more sophisticated, wait for the next snowstorm; I guarantee you’ll hear the same crude denialist arguments — the same willful confounding of climate with daily weather fluctuations — we’ve been hearing for decades.
What the right’s positioning on inequality, climate and now Russian election interference have in common is that in each case the people pretending to be making a serious argument are actually apparatchiks operating in bad faith.
What I mean by that is that in each case those making denialist arguments, while they may invoke evidence, don’t actually care what the evidence says; at a fundamental level, they aren’t interested in the truth. Their goal, instead, is to serve a predetermined agenda.
Thus, inequality denial is about using whatever argument comes to hand to defend policies that benefit the rich at the expense of working Americans. Climate denial is about using whatever argument comes to hand to defend fossil fuel interests. Russia denial is about using whatever argument comes to hand to defend Donald Trump.
All of this is or should be obvious. After all, it’s a pattern that goes back decades. But my sense is that the news media continue to have a hard time coping with the essential fraudulence of most big policy debates. That is, reporting about these debates typically frames them as disputes about the facts and what they mean, when the reality is that one side isn’t interested in the facts.
I understand the pressures that often lead to false equivalence. Calling out dishonesty and bad faith can seem like partisan bias when, to put it bluntly, one side of the political spectrum lies all the time, while the other side doesn’t.
But pretending that good faith exists when it doesn’t is unfair to readers. The public deserves to know that the big debates in modern U.S. politics aren’t a conventional clash of rival ideas. They’re a war in which one side’s forces consist mainly of intellectual zombies.
Lo stile zombie nella politica americana,
di Paul Krugman
La Russia non aiutò la campagna elettorale di Donald Trump. Va bene, lo aiutò, ma la campagna stessa non venne coinvolta. Va bene, nella campagna ci furono un sacco di contatti con i russi e si ricevettero deliberatamente informazioni dai russi, ma era tutto perfettamente corretto.
Se cercate di star dietro alle risposte repubblicane alle rivelazioni su quello che accadde nel 2016, potete restare un po’ confusi. Non stiamo neppure parlando di una linea del partito in continuo adattamento; continuano a emergere nuove scuse, ma le vecchie scuse non vengono mai messe da parte. Da una parte abbiamo Rudy Giuliani che sostiene che “non c’è niente di sbagliato nel prendere informazioni dai russi”. Dall’altra, Jared Kushner che nega che la Russia abbia fatto nient’altro che richiedere “un paio di avvisi pubblicitari su Facebook”.
È tutto molto strano. O, più precisamente, può sembrare molto strano se ancora pensate al Partito Repubblicano come un normale partito politico, che adotta posizioni politiche e poi le difende più o meno in buona fede.
Ma se avete seguito nel corso degli anni gli argomenti dei repubblicani, sapete che la risposta del partito alle prove dell’intervento russo nel 2016 è niente altro che una normale procedura operativa. Un tema dopo l’altro, osservate molteplici livelli di negazione assieme al rifiuto di rinunciare mai ad un argomento, a prescindere da quanto sia stato screditato.
Incontrai per la prima volta questo modo di ragionare molto tempo fa, sul tema della crescente ineguaglianza. Agli inizi degli anni ’90 era già evidente che l’economia degli Stati Uniti stava diventando sempre più distorta, con grandi profitti per una piccola minoranza dei più ricchi ma con redditi che restavano indietro per la classe media ed i poveri. Era una constatazione imbarazzante per un partito che, allora come oggi, vuole abbattere le tasse dei ricchi e smantellare la rete della sicurezza sociale. Come avrebbero risposto i conservatori?
La risposta fu una negazione a vari livelli. L’ineguaglianza non stava crescendo. Va bene, stava crescendo, ma non era un problema. Oppure, la crescente ineguaglianza era spiacevole, ma non si poteva far niente senza compromettere la crescita economica.
Potreste pensare che la destra avrebbe dovuto scegliere una di queste posizioni, o almeno quella per la quale, una volta che foste riusciti a confutare un livello della argomentazione, ad esempio dimostrando che l’ineguaglianza era in effetti crescente, potevate lasciarvi quell’argomento alle spalle e passare a quello successivo. Invece no: i vecchi argomenti, come le creature nel “Trono di spade”, continuano esattamente a risollevarsi dopo che avevate pensato di averle eliminate.
E sta ancora andando così. Anche mentre leggete che i super ricchi si comprano appartamenti da 240 milioni di dollari e chiedono mega yacht sempre più grandi, c’è un intero battaglione di individui che negano che l’ineguaglianza stia crescendo.
Lo stesso si constata sul cambiamento climatico. Il riscaldamento climatico è un mito – una favola inventata da una grande cospirazione di scienziati di tutto il mondo. Poi si ammette che il clima sta cambiando, ma è un fenomeno naturale che non ha niente a che fare con l’attività umana. Infine si riconosce che il cambiamento climatico provocato dall’uomo è reale, ma non possiamo farci niente senza distruggere l’economia.
Ma, come nel caso dell’ineguaglianza, gli argomenti confutati sul clima non scompaiono mai. Diventano piuttosto come degli zombi concettuali che dovrebbero esser morti ma continuano a deambulare traballanti. Se pensate che gli argomenti repubblicani sul clima siano diventati più sofisticati, aspettate la prossima tempesta di neve: vi garantisco che ascolterete gli stessi rozzi argomenti negazionisti – la stessa deliberata confusione tra il clima e le fluttuazioni atmosferiche quotidiane – che stiamo ascoltando da decenni.
Quello che le posizioni della destra sull’ineguaglianza, sul clima ed oggi sulle interferenze dei russi nelle elezioni hanno in comune è che in ogni caso quella gente finge di star accampando argomenti seri che in realtà sono tipici di burocrati che agiscono in mala fede.
Quello che intendo è che in ogni caso coloro che avanzano argomenti negazionisti, se possono appellarsi a prove, in realtà non si curano affatto di ciò che le prove dimostrano; in termini più generali, non sono affatto interessati alla verità. Il loro obbiettivo è piuttosto quello di stare al servizio di una agenda predeterminata.
Di conseguenza, la negazione dell’ineguaglianza riguarda l’utilizzo di qualsiasi argomento a disposizione per difendere politiche che vadano a vantaggio dei ricchi a spese degli americani che lavorano. Il negazionismo sul clima riguarda l’utilizzo di qualsiasi argomento a portata di mano per difendere gli interessi dell’industria dei combustibili fossili. Il negare le iniziative della Russia riguarda l’utilizzo di qualsiasi argomento a portata di mano per difendere Donald Trump.
Tutto questo è o dovrebbe essere evidente. Dopo tutto, è uno schema che è vecchio di decenni. Ma la mia sensazione è che i media dell’informazione continueranno a far fatica nel misurarsi con l’ingannevolezza della maggior parte dei grandi dibattiti politici. Ovvero, i resoconti su questi dibattiti tradizionalmente li inquadrano come dispute sui fatti e sui loro significati, mentre la realtà è che uno schieramento non è interessato ai fatti.
Capisco i condizionamenti che spesso conducono alla falsa equivalenza. Chiamare in causa la disonestà e la malafede può sembrare tendenzioso quando, per dirla schiettamente, uno schieramento politico mente in continuazione, mentre l’altro non lo fa.
Ma fingere che ci sia buona fede quando non c’è è ingiusto verso i lettori. L’opinione pubblica ha diritto di sapere che i grandi dibattiti sulle politiche odierne negli Stati Uniti non sono uno scontro convenzionale di idee rivali. Sono una guerra nella quale le forze di uno degli schieramenti consistono principalmente di zombi intellettuali.
By mm
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