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Donald e lo sconto dell’illusione, di Paul Krugman (New York Times, 10 giugno 2019)

 

June 10, 2019

Donald and the Delusion Discount

By Paul Krugman

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The events of the past few weeks destroyed whatever credibility Donald Trump may still have had on economic policy. And investors are celebrating. At this point, evidence that Trump tweets are sound and fury signifying nothing is, in effect, good news.

Let’s review what happened. First, having gone to great lengths to get a new trade agreement with Mexico and Canada — an agreement that was very similar to the existing agreement, but one he could slap his own name on — Trump basically blew up his position by threatening to impose new tariffs unless Mexico did something about border issues that have nothing to do with trade.

This obviously weakens if it doesn’t destroy Trump’s ability to negotiate future agreements, on trade or anything else. After all, what’s the point of making deals with an administration that reneges on its promises whenever it feels like it?

But then, barely a week later, Trump called the whole thing off in return for a statement by Mexico that it would do … things it had already agreed to months earlier.

We don’t know exactly what caused Trump to back down, but a good guess is that the warnings of U.S. manufacturers — horrified at the possibility that Trump’s tariff tantrum would disrupt their supply chains — finally made it through to the Oval Office, or the golf course, or wherever he was when they finally got his ear.

Now, not having a destructive trade war is a good thing. But what the world learned from this climbdown is that Trump’s threats are as empty as his promises.

An aside: Recent events have surely reduced the chances that Congress will ever approve the U.S.M.C.A., the Trump-negotiated replacement for Nafta.

Democrats in the House were already reluctant to pass enabling legislation, giving Trump something to boast about, unless they got some serious concessions on issues that matter to them, like labor rights.

Trump’s counter was a threat to withdraw from Nafta with no replacement. But this would have catastrophic economic effects, leading into an election year. After last week’s climbdown, who believes that he would carry through on that threat?

Trump was, of course, unhappy at news reports that accurately described his deal with Mexico over migrants as the nothingburger (nothingtaco?) it actually was. So in addition to lashing out at “fake news,” he introduced a whole new claim: “MEXICO HAS AGREED TO IMMEDIATELY BEGIN BUYING LARGE QUANTITIES OF AGRICULTURAL PRODUCT FROM OUR GREAT PATRIOT FARMERS!”

There were a few peculiar things about that claim, despite the extra persuasiveness that always comes when YOU MAKE YOUR ASSERTIONS IN CAPITAL LETTERS.

Like many Trump tweets, it reads like a clumsy translation from the original Russian (“great patriot farmers”?). More to the point, there was nothing at all about agriculture in the official agreement. And at the most basic level, that’s just not something the Mexican government could deliver, even if it wanted to.

Some readers may recall that a few months ago China tried to avert trade conflict by promising to buy 10 million tons of U.S. soybeans. The ploy didn’t work, but it was at least feasible: State-owned enterprises make up a large part of the Chinese economy, and Beijing can just order them to buy stuff. Mexico, however, is a market economy, in which the private sector, not the government, decides how much Iowa corn to import.

So was Trump confusing Mexico with China? Did he forget that the China deal he was touting months ago actually fell through? Who knows?

What’s clear, however, is that on trade policy — his signature issue — the president of the United States is seriously out to lunch. And you might think that this would worry investors.

But as I said, markets appear to be celebrating: As I write this, stock markets are up, while long-term interest rates — a better barometer of investor views about economic prospects — are off their recent lows. What’s going on?

 

 

Donald e lo sconto dell’illusione,

di Paul Krugman

 

Gli eventi delle ultime settimane hanno distrutto qualsiasi credibilità che Donald Trump poteva ancora avere in materia di politica economica. E gli investitori stanno festeggiando. A questo punto, le prove che i tweet rumorosi e iracondi di Trump non hanno nessun significato diventano, in effetti, una buona notizia.

Riassumiamo quello che è successo. In primo luogo, dopo aver fatto ogni possibile sforzo per avere un nuovo accordo commerciale con il Messico e il Canada – un accordo che era molto simile a quello esistente, ma che gli consentiva di schiaffarci sopra il proprio nome – Trump fondamentalmente ha fatto saltare in aria la sua posizione minacciando di imporre nuove tariffe se il Messico non avesse fatto qualcosa sul tema dei confini, che non hanno niente a che fare con il commercio.

Ovviamente, questo indebolisce se non distrugge la capacità di Trump di negoziare accordi futuri, sul commercio o su qualsiasi altra cosa. Dopo tutto, qual’è il senso di fare accordi con una Amministrazione che rinnega le sue promesse ogni qualvolta gli aggrada?

Ma poi, appena una settimana dopo, Trump ha revocato l’intera faccenda in cambio di una dichiarazione da parte del Messico secondo la quale esso avrebbe fatto … cose sulle quali si era già accordato mesi orsono.

Non sappiamo esattamente cosa abbia spinto Trump a fare retromarcia, ma una buona ipotesi è che gli ammonimenti dei settori manifatturieri statunitensi –  terrorizzati dalla possibilità che i capricci tariffari di Trump avrebbero distrutto le loro catene dell’offerta – alla fine l’hanno avuta vinta sulla Stanza Ovale, o sul corso di golf, o dovunque egli fosse quando hanno finalmente ottenuto il suo ascolto.

Ora, evitare una guerra commerciale distruttiva è una buona cosa. Ma quello che il mondo ha appreso da questo dietrofront è che le minacce di Trump sono vuote come le sue promesse.

Un inciso: gli eventi recenti hanno certamente ridotto le possibilità che il Congresso approvi mai l’accordo tra Stati Uniti, Messico e Canada, che Trump aveva negoziato per sostituire il NAFTA.

I democratici alla Camera dei Rappresentanti erano già riluttanti ad approvare la legge, dando a Trump qualcosa di cui pavoneggiarsi, a meno che non avessero ottenuto alcune concessioni serie su temi che stanno loro a cuore, come i diritti del lavoro.

La replica di Trump è stata una minaccia di ritirarsi dal NAFTA senza alcuna sostituzione. Ma questo avrebbe avuto effetti economici catastrofici, come preludio ad un anno di elezioni. Dopo il dietrofront della scorsa settimana, chi crede più che egli metterebbe in pratica quella minaccia?

Ovviamente, Trump non ha gradito i resoconti giornalistici che hanno precisamente descritto il suo accordo con il Messico sui migranti come un panino farcito con nulla (un taco farcito con nulla?), quale in realtà era. Dunque, in aggiunta ad attaccare verbalmente le “fake news”, ha introdotto una pretesa interamente nuova: “IL MESSICO HA CONCORDATO DI COMINCIARE IMMEDIATAMENTE AD ACQUISTARE GRANDI QUANTITA’ DI PRODOTTI AGRICOLI DAI NOSTRI GRANDI AGRICOLTORI PATRIOTTICI”.

In questa pretesa c’erano alcune cose peculiari, nonostante la persuasività aggiuntiva che di solito si vuole ottenere quando SI SCRIVONO I PROPRI GIUDIZI IN LETTERE MAIUSCOLE.

Come molti tweet di Trump, esso scorre come una goffa traduzione dall’originale russo (“grandi agricoltori patriottici”?). Più nella sostanza, non c’era proprio niente sull’agricoltura nel documento ufficiale. E al livello più elementare, quello non è proprio qualcosa che il Governo messicano potrebbe mantenere, neanche se lo volesse.

Forse alcuni lettori ricordano che pochi mesi orsono la Cina cercò di evitare un conflitto commerciale promettendo di acquistare 10 milioni di tonnellate di soia statunitense. Il progetto non funzionò, ma almeno era fattibile: imprese di proprietà statale raccolgono una larga parte dell’economia cinese, e Pechino può davvero ordinare loro di acquistare merci varie. Il Messico, tuttavia, è un’economia di mercato, nella quale è il settore privato, non il Governo, che decide quanto granturco importare dallo Iowa.

Dunque Trump stava confondendo il Messico con la Cina? Si era dimenticato che l’accordo con la Cina che stava promuovendo mesi fa non ebbe successo? Chi lo sa?

Quello che è chiaro, tuttavia, è che sulla politica commerciale – il suo tema distintivo – il Presidente degli Stati Uniti è davvero fuori di testa. E potreste ritenere che questo preoccupi gli investitori.

Ma, come ho detto, sembra che i mercati stiano festeggiando: dal momento che l’ho scritto, i mercati azionari sono saliti, mentre i tassi di interesse a lungo termine – una migliore misura dei punti di vista degli investitori sulle prospettive economiche – sono usciti dai loro recenti livelli minimi. Cosa sta succedendo?

 

 

 

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