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La parolaccia che comincia con la S, quella che comincia con la F e le elezioni, di Paul Krugman (New York Times, 27 giugno 2019)

 

June 27, 2019

The S Word, the F Word and the Election

By Paul Krugman

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What did you think of the bunch of socialists you just saw debating on stage?

Wait, you may protest, you didn’t see any socialists up there. And you’d be right. The Democratic Party has clearly moved left in recent years, but none of the presidential candidates are anything close to being actual socialists — no, not even Bernie Sanders, whose embrace of the label is really more about branding (“I’m anti-establishment!”) than substance.

Nobody in these debates wants government ownership of the means of production, which is what socialism used to mean. Most of the candidates are, instead, what Europeans would call “social democrats”: advocates of a private-sector-driven economy, but with a stronger social safety net, enhanced bargaining power for workers and tighter regulation of corporate malfeasance. They want America to be more like Denmark, not more like Venezuela.

Leading Republicans, however, routinely describe Democrats, even those on the right of their party, as socialists. Indeed, all indications are that denunciations of Democrats’ “socialist” agenda will be front and center in the general election campaign. And everyone in the news media accepts this as the normal state of affairs.

Which goes to show the extent to which Republican extremism has been accepted simply as a fact of life, barely worth mentioning.

To see what I mean, imagine the media firestorm, the screams about lost civility, we’d experience if any prominent Democrat described Republicans as a party of fascists, let alone if Democrats made that claim the centerpiece of their national campaign. And such an accusation would indeed be somewhat over the top — but it would be a lot closer to the truth than calling Democrats socialists.

The other day The Times published an Op-Ed that used analysis of party platforms to place U.S. political parties on a left-right spectrum along with their counterparts abroad. The study found that the G.O.P. is far to the right of mainstream European conservative parties. It’s even to the right of anti-immigrant parties like Britain’s UKIP and France’s National Rally. Basically, if we saw something like America’s Republicans in another country, we’d classify them as white nationalist extremists.

True, this is just one study. But it matches up with lots of other evidence. Political scientists who use congressional votes to track ideology find that Republicans have moved drastically to the right over the past four decades, to the point where they are now more conservative than they were at the height of the Gilded Age.

Or just compare the G.O.P., point by point, with parties almost everyone would classify as right-wing authoritarians — parties like Hungary’s Fidesz, which has preserved some of the forms of democracy but has effectively created a permanent one-party state.

Fidesz has cemented its power by politicizing the judiciary, creating rigged election rules, suppressing opposition media and using the power of the state to reward the party’s cronies while punishing businesses that don’t toe the line. Does any of this sound like something that can’t happen here? In fact, does any of it sound like something that isn’t already happening here, and which Republicans will do much more of if they get the chance?

One might even argue that the G.O.P. stands out among the West’s white nationalist parties for its exceptional willingness to crash right through the guardrails of democracy. Extreme gerrymandering, naked voter suppression and stripping power from offices the other party manages to win all the same — these practices seem if anything more prevalent here than in the failing democracies of Eastern Europe.

Oh, and isn’t it remarkable how blasé we’ve become about threats of legal persecution and/or physical violence against anyone who criticizes a Republican president?

So it’s really something to see Republicans trying to tar Democrats as un-American socialists. If they want to see a party that really has broken with fundamental American values, they should look in the mirror.

But that won’t happen, of course. Whoever the Democrats nominate — even if it’s Joe Biden — Republicans will paint him or her as the second coming of Hugo Chávez. The only question is whether it will work.

It might not, or at least not as well as in the past. By spending decades calling everything that might improve Americans’ lives “socialist,” Republicans have squandered much of the accusation’s force. And Donald Trump, who was installed in office with Russian help and clearly prefers foreign dictators to democratic allies, is probably less able to play the “Democrats are unpatriotic” card than previous Republican presidents.

Still, a lot will depend on how the news media handle dishonest attacks. Will we keep seeing headlines that repeat false claims (“Trump Says Democrats Will Ban Hamburgers”), with the information that the claim is false buried deep inside the article? Will we get coverage of actual policy proposals, as opposed to horse-race analysis that only asks how those proposals seem to be playing?

I guess we’ll soon find out.

 

La parolaccia che comincia con la S, quella che comincia con la F [1] e le elezioni,

di Paul Krugman

 

Cosa pensate di quella congrega di socialisti che avete appena visto sulla scena nel loro dibattito? [2]

Un momento, potete obiettare che non avete visto alcun socialista in quel luogo. E avreste ragione. Negli anni passati il Partito Democratico si è chiaramente spostato a sinistra, ma nessuno dei candidati alla Presidenza è in alcun modo vicino a veri e propri socialisti – nessuno, neppure Bernie Sanders, che fa propria quell’etichetta più per essere riconoscibile (“Io sono quello contro le classi dirigenti!”) che per la sostanza.

Nessuno in questi dibattiti vuole la proprietà dei mezzi di produzione in mano al Governo, che è quello che un tempo si intendeva con socialismo. La maggioranza dei candidati sono, invece, quello che gli europei definirebbero “socialdemocratici”: sostenitori di una economia guidata dal settore privato, ma con una più forte rete di sicurezza sociale, con un potere di contrattazione rafforzato per i lavoratori e con regolamenti più severi sulle malefatte delle imprese. Vogliono un’America più simile alla Danimarca, non al Venezuela.

I dirigenti repubblicani, tuttavia, descrivono solitamente i democratici, anche quelli collocati sulla destra del loro partito, come socialisti. In effetti, tutto indica che le denunce per una agenda “socialista” dei democratici sarà una componente fondamentale della campagna elettorale generale. E tutti nei media dell’informazione lo accettano come un dato di fatto.

Il che conferma in quale misura l’estremismo repubblicano è stato accettato semplicemente come un fatto ordinario, appena meritevole di essere registrato.

Per capire cosa intendo, si immagini la tempesta di fuoco dei media, gli strepiti sulla civiltà perduta, a cui avremmo assistito se un qualsiasi eminente democratico avesse descritto i repubblicani come un partito di fascisti, per non dire se i democratici avessero usato quell’argomento come il punto centrale della loro campagna elettorale nazionale. E una tale accusa sarebbe stata infatti un po’ sopra la misura – ma sarebbe stata più vicina alla verità che chiamare socialisti i democratici.

L’altro giorno il Times pubblicava un commento che utilizzava l’analisi delle piattaforme dei partiti politici per collocarli su uno spettro sinistra-destra assieme ai loro omologhi all’estero. Lo studio ha scoperto che il Partito Repubblicano è all’estrema destra dei principali partiti conservatori. È a destra persino dei partiti contro gli immigrati come l’UKIP dell’Inghilterra e il Raggruppamento Nazionale della Francia. In sostanza, se avessimo visto qualcosa di simile ai repubblicani americani in un altro paese, lo avremmo classificato come estremismo nazionalista bianco.

È vero, si tratta solo di uno studio. Ma coincide con molteplici altre prove. Gli scienziati della politica che utilizzano i voti parlamentari per delineare una ideologia scoprono che i repubblicani, nei quattro decenni passati, si sono spostati drasticamente a destra, al punto che essi sono oggi più conservatori di quello che erano al culmine dell’Età Dorata [3].

Oppure si confronti, punto per punto, il Partito Repubblicano con partiti che quasi tutti classificherebbero come autoritari di estrema destra – partiti come il Fidesz ungherese, che ha mantenuto alcune forme della democrazia ma effettivamente ha creato un Partito-Stato permanente.

Fidesz ha cementato il suo potere politicizzando il sistema giudiziario, creando regole elettorali manipolate, sopprimendo i media di opposizione e usando il potere statale per premiare le clientele del partito e punire le imprese che non si attengono alla linea. Questo assomiglia a qualcosa che da noi non potrebbe accadere? Di fatto, non assomiglia a qualcosa che non sta ancora accadendo, ma dinanzi alla quale i repubblicani non esiterebbero, se ne avessero l’opportunità?

Qualcuno potrebbe persino sostenere che il Partito Repubblicano si distingue tra i partiti nazionalisti bianchi dell’Occidente per la sua eccezionale disponibilità ad andarsi a schiantare sulle barriere della democrazia. Regole elettorali truffaldine, pura e semplice repressione del diritto di voto e spoliazione del potere dagli uffici che l’altro partito cerca comunque di conquistare – queste pratiche appaiono semmai più diffuse qua che non nelle fallimentari democrazie dell’Europa orientale.

E inoltre, non è rilevante quanto siamo diventati indifferenti rispetto alle minacce di persecuzione legale e/o alla violenza fisica contro chiunque critichi un Presidente repubblicano?

Dunque, i repubblicani che cercano di accusare i democratici di socialismo non-americano sono un fenomeno da osservare. Se vogliono davvero guardare un partito che ha rotto con i fondamentali valori americani, dovrebbero guardarsi allo specchio.

Ma, ovviamente, non accadrà. Chiunque i democratici scelgano – persino se fosse Joe Biden – i repubblicani lo dipingeranno come una reincarnazione di Hugo Chavez. Il solo quesito è se funzionerà.

Potrebbe non funzionare, o almeno non così bene come nel passato. Avendo passato decenni a chiamare ogni cosa che potrebbe migliorare l’esistenza degli americani come “socialista”, i repubblicani hanno disperso buona parte della forza della accusa. E Donald Trump, che è stato messo in carica con l’aiuto russo e che chiaramente preferisce i dittatori stranieri agli alleati democratici, è probabilmente meno capace di giocare la carta dei “democratici che non sono patriottici”, rispetto ai precedenti Presidenti repubblicani.

Eppure, molto dipenderà da come i media dell’informazione gestiranno quegli attacchi disonesti. Continueremo ad avere titoli che ripetono argomenti falsi (“Trump dice che i democratici vieteranno gli hamburger”), con l’informazione che la pretesa è falsa che resta seppellita in fondo all’articolo? Otterremo resoconti sulle effettive proposte di governo, anziché analisi che sembrano solo chiedersi come quelle proposte funzioneranno, neanche fosse una corsa di cavalli?

Suppongo che lo scopriremo presto.

 

 

 

 

 

 

 

[1] Per la parolaccia che comincia con la “F” ci si riferisce di solito a “fuck you”, ovvero “fottiti” o “vaffa”, o qualcosa del genere. Insomma, la parolaccia per antonomasia. Mentre quella che comincia con la “S”, da quanto si evince dall’articolo, dovrebbe essere “socialismo”. Altra parolaccia per antonomasia, negli Stati Uniti.

[2] Il riferimento è al primo dibattito dei candidati democratici alla nomination di alcune sere fa.

[3] È il termine che coniò Mark Twain per riferirsi al capitalismo americano negli anni ’20. “Dorata” nel senso di una pittura superficiale d’oro, mentre la sostanza era che si stava preparando la crisi più grave del secolo.

 

 

 

 

 

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