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Perché Trump non è un vero populista? Di Paul Krugman (New York Times, 17 giugno 2019)

 

June 17, 2019

Why Isn’t Trump a Real Populist?

By Paul Krugman

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“I love the poorly educated.” So declared Donald Trump back in February 2016, after a decisive win in the Nevada primary. And the poorly educated love him back: Whites without a college degree are pretty much the only group among whom Trump has more than 50 percent approval.

But in that case, why has Trump been unwilling to do anything, and I mean anything, to help the people who installed him in the White House?

News media often describe Trump as a “populist” and lump him in with politicians in other countries, like Hungary’s Viktor Orban, who have also gained power by exploiting white resentment against immigrants and global elites. And there are indeed strong and scary parallels: Orban has effectively turned Hungary into an authoritarian state, retaining the forms of democracy but rigging the system in such a way that his party has a permanent lock on power.

It’s alarmingly easy to envision the U.S. going the same way, and very soon: If Trump is re-elected next year, that could mark the end of America’s democratic experiment.

But Orban’s success has depended in part on throwing his base at least a few bones. Hungary has instituted a public jobs program for rural areas; offered debt relief, free schoolbooks and lunches; and so on, paid for in part by a significant rise in taxes.

True, those public jobs pay very low wages, and Orban has also practiced crony capitalism on a grand scale, enriching a new class of oligarchs. But there’s at least a bit of actual populism — that is, policies that actually do offer some benefits to the little guy — in the mix.

In 2016, on the campaign trail, Trump sounded as if he might be a European-style populist, blending racism with support for social programs that benefit white people. He even promised to raise taxes on the rich, himself included.

Since taking office, however, he has relentlessly favored the wealthy over members of the working class, whatever their skin color. His only major legislative success, the 2017 tax cut, was a huge break for corporations and business owners; the handful of crumbs thrown at ordinary families was so small that most people believe they got nothing at all.

At the same time, he keeps trying to destroy key provisions of Obamacare — protection for pre-existing conditions, premium subsidies and the expansion of Medicaid — even though these provisions are highly popular and have been of enormous benefit to states like Kentucky and West Virginia that favored him by huge margins.

As if to symbolize who he’s really working for, on Wednesday Trump will give a Presidential Medal of Freedom to Art Laffer, best known for insisting that tax cuts for the wealthy pay for themselves. This is a classic zombie idea, one that has been repeatedly killed by evidence, but keeps shambling along, eating our brains, basically because it’s in plutocrats’ interest to keep the idea in circulation.

And here’s the thing: White working-class voters seem to have noticed that Trump isn’t working for them. A new Fox News pollfinds that only 5 percent of whites without a college degree believe that Trump’s economic policies benefit “people like me,” compared with 45 percent who believe that the benefits go to “people with more money.”

Trump may believe that he can make up for his pro-plutocrat tax and health policies with tariffs, his one significant deviation from G.O.P. orthodoxy. But despite Trump’s insistence that foreigners will pay the tariffs, an overwhelming majority of noncollege whites believe that they will end up paying more for the things they buy.

Oh, and remember Trump’s promises to bring back coal? His own Energy Department projects that coal production next year will be 17 percent lower than in 2017.

Now, this doesn’t mean that there will necessarily be large-scale defections on the part of Trump’s beloved “poorly educated.” On the other hand, health care — where his betrayal of past promises was especially obvious — seems to have played a big role in Democrats’ midterm victory. And he is certainly more vulnerable than he would be if he engaged in even a smidgen of actual populism. Why won’t he?

Part of the answer may be personal: Trump’s whole career shows him to be the kind of man who, if anything, takes pleasure in taking advantage of people who trusted him.

Beyond that, however, for all the talk about how “it’s Trump’s party now,” he still needs the support of the G.O.P.’s big-money interests. For now, the party establishment is happy to provide cover for the administration’s corruption, closeness to Putin, and all that.

But that could change. If Trump ever did anything that might hurt the rich or help the poor, many Republicans might suddenly discover that self-dealing and accepting help from hostile foreign powers are actually bad.

Whatever the reasons, the simple fact is that Trump isn’t a populist, unless we redefine populism as nothing but a synonym for racism. At least some in the white working class seem to have realized that he’s not on their side. And Democrats would be foolish not to make the most of this opening.

 

Perché Trump non è un vero populista?

Di Paul Krugman

 

“Amo la gente poco istruita”. Così ebbe a dire Donald Trump nel febbraio del 2016, prima di una vittoria decisiva nelle primarie del Nevada. E la gente poco istruita contraccambia il sentimento: i bianchi senza un titolo di scuola superiore sono praticamente l’unico gruppo nel quale Trump ha più del 50 per cento di consensi.

Ma allora, perché Trump è stato indisponibile a fare alcunché, proprio niente, per aiutare la gente che l’ha collocato alla Casa Bianca?

I media dell’informazione spesso descrivono Trump come un “populista” mettendolo nello stesso gruppo di politici di altri paesi, come Viktor Orban in Ungheria, che hanno anch’essi conquistato il potere sfruttando il risentimento dei bianchi contro gli emigranti e le elite globali. E ci sono in effetti somiglianze forti e preoccupanti: Orban ha effettivamente trasformato l’Ungheria in uno Stato autoritario, mantenendo le forme della democrazia ma manipolando il sistema in un modo tale che il suo partito ha un controllo permanente sul potere.

Immaginarsi che gli Stati Uniti vadano nella stessa direzione, e molto presto, è facile in modo allarmante: se Trump fosse rieletto il prossimo anno, egli potrebbe segnare la fine dell’esperimento democratico in America.

Ma il successo di Orban in parte è dipeso dall’aver gettato alla sua base almeno qualche ossa. L’Ungheria ha istituito un programma di posti di lavoro nelle aree rurali; ha offerta una attenuazione dei debiti, libri scolastici, pasti gratuiti e altro ancora, in parte pagato con significativi aumenti delle tasse.

È vero, quei posti di lavoro pubblici hanno salari molto bassi, e Orban ha anche messo in pratica un capitalismo clientelare su vasta scala, arricchendo una nuova classe di oligarchi. Ma nella combinazione c’è almeno una briciola di reale populismo – ovvero di politiche che offrono qualche beneficio alla povera gente.

Nel 2016, nel percorso della campagna elettorale, Trump si atteggiava come se fosse un populista di stile europeo, mescolando razzismo e sostegno ai programmi sociali che vanno a beneficio della popolazione bianca. Prometteva persino di elevare le tasse sui ricchi, lui stesso incluso.

Tuttavia, dal momento che è entrato in carica, ha incessantemente favorito i ricchi sulle componenti della classe lavoratrice, qualsiasi colore della pelle avessero. Il suo unico importante successo legislativo, il taglio delle tasse del 2017, fu un vasto sgravio fiscale per le società e i proprietari di imprese; la manciata di briciole che gettò alle famiglie comuni fu così piccola che la maggioranza delle persone crede di non aver ricevuto proprio niente.

Nello stesso tempo egli continua a cercar di distruggere provvedimenti fondamentali della riforma sanitaria di Obama – la protezione per le patologie preesistenti, i sussidi sulle polizze assicurative e l’ampliamento di Medicaid – anche se quei provvedimenti sono assai popolari e sono stati di enorme beneficio per Stati come il Kentucky e la Virginia Occidentale che lo avevano favorito con ampi margini.

Come a simbolizzare le persone per le quali veramente si impegna, mercoledì Trump concederà una Medaglia Presidenziale per la Libertà ad Art Laffer, soprattutto noto per la sua insistenza che gli sgravi fiscali ai ricchi si ripagano da soli. Si tratta di una classica idea zombi, più volte liquidata dai fatti, ma che continua a circolare liberamente mangiandosi i nostri cervelli, fondamentalmente perché è nell’interesse dei plutocrati mantenerla in circolazione.

E qua è il punto: gli elettori della classe lavoratrice pare si siano accorti che Trump non sta lavorando per loro. Un nuovo sondaggio di Fox News scopre che solo il 5 per cento dei bianchi senza istruzione superiore credono che le politiche economiche di Trump vadano a vantaggio di “persone come me”, a confronto del 45 per cento che credono che vadano a vantaggio di “gente che ha più soldi”.

Trump può credere di poter compensare le sue tasse a favore dei ricchi e le sue politiche sanitarie con le tariffe, la sua unica deviazione dalla ortodossia del Partito Repubblicano. Ma nonostante l’insistenza di Trump secondo la quale le tariffe le pagheranno gli stranieri, una schiacciante maggioranza di bianchi senza istruzione superiore credono che finiranno con pagare di più quello che acquistano.

Inoltre, ricordate le promesse di Trump di riportare i posti di lavoro nel carbone? Il suo stesso Dipartimento dell’Energia prevede che il prossimo anno la produzione di carbone sarà più bassa del 17 per cento rispetto al 2017.

Ora, questo non significa necessariamente che ci saranno defezioni su larga scala da parte della diletta “gente poco istruita” di Trump. D’altra parte, l’assistenza sanitaria – dove il suo tradimento delle promesse del passato è stato particolarmente evidente – sembra aver giocato un grande ruolo nella vittoria dei democratici alle elezioni di medio termine. Ed egli è certamente più vulnerabile di quello che sarebbe se si fosse impegnato persino in un pizzico di effettivo populismo. Perché non farlo?

In parte la risposta può essere di natura personale: L’intera carriera di Trump dimostra che egli è la persona che, semmai, si compiace nel trarre vantaggio dalle persone che hanno avuto fiducia in lui.

Tuttavia, oltre a ciò, a proposito di tutto il gran parlare sul fatto che il Partito Repubblicano “adesso è il partito di Trump”, lui ha ancora bisogno del sostegno degli interessi dei grandi ricchi di quel partito. Per adesso, il gruppo dirigente del partito è felice di fornire una copertura alla corruzione della Amministrazione, alla vicinanza a Putin e a tutto il resto.

Ma potrebbe esserci un cambiamento. Se Trump facesse mai qualcosa che possa danneggiare i ricchi e aiutare i poveri, molti repubblicani potrebbero improvvisamente scoprire che quel farsi i propri affari e accettare aiuti da potenze straniere ostili sono in realtà fattori negativi.

Qualsiasi sia la ragione, il fatto è semplicemente che Trump non è un populista, a meno che non si ridefinisca il populismo come niente altro che un sinonimo di razzismo. Almeno qualcuno tra la classe lavoratrice bianca sembra aver compreso che lui non è dalla loro parte. E i democratici sarebbero sciocchi se non traessero il massimo da questa apertura.

 

 

 

 

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