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Il programma segreto di aiuti all’estero di Trump, di Paul Krugman (New York Times, 25 luglio 2019)

 

July 25, 2019

Trump’s Secret Foreign Aid Program

By Paul Krugman

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Donald Trump often complains that the media don’t give him credit for his achievements. And I can think of at least one case where that’s true. As far I can tell, almost nobody is reporting that he has presided over a huge — but hidden — increase in foreign aid, the money America gives to foreigners. In fact, the hidden Trump program, currently running at around $40 billion a year, is probably the biggest giveaway to other nations since the Marshall Plan.

Unfortunately, the aid isn’t going either to poor countries or to America’s allies. Instead, it’s going to wealthy foreign investors.

Before I get there, let’s talk for a second about a claim Trump often makes about a highly visible part of his economic strategy, the tariffs he has imposed on imports from China and other countries. These tariffs, he has insisted again and again, are being paid by China and represent billions in gains to the United States.

This claim is, however, demonstrably false. Tariffs are normally paid by consumers in the importing country, not exporters. And we can confirm that this is what’s happening with the Trump tariffs: Prices of goods subject to those tariffs have risen sharply, roughly in line with the tariff increases, while prices of goods not subject to the new tariffs haven’t gone up.

So Trump’s tariffs aren’t a tax on foreigners, whatever he may think. On the other hand, his other policies have given selective foreigners a huge tax break.

Remember, Trump’s only major legislative achievement so far is the 2017 Tax Cut and Jobs Act. The core of that bill was a sharp reduction in corporate tax rates, which has led to a drastic fall in tax revenues, on the order of $140 billion over the past year.

Who gains from this tax cut? Supporters of the bill claimed that the benefits would be passed on to workers in the form of higher wages, and they made a big deal over a flurry of corporate bonus announcements in early 2018. But those bonuses weren’t actually very big, and they didn’t continue.

In fact, at this point it’s clear that the bonus surge, such as it was, was all about tax avoidance: By moving up payments they were going to make anyway, corporations got to deduct the expense at the old, higher tax rate. Now that this option has expired, bonuses have dropped back to their normal level, or even a bit lower.

What about the argument that tax cuts would promote a huge swellin business investment, which would push up wages? Well, that isn’t happening, either; when it comes to business spending, the tax cut has been a big fizzle.

So who is benefiting from the tax cut? Basically, shareholders, who have received increased dividends and seen a lot of capital gains as corporations use their windfall not to invest, but to buy back their own stocks.

And a big share of these gains to shareholders has gone to foreigners.

We live, after all, in an era of globalized finance, in which wealthy investors normally own assets in many countries. Americans own trillions in foreign equity, both directly in the form of foreign stocks and indirectly in the form of stocks of U.S. corporations with foreign subsidiaries. Foreigners, correspondingly, have a big stake here, again both through direct stock ownership and via operation of their corporate subsidiaries.

Over all, foreigners own about 35 percent of the equity in corporations subject to U.S. taxes. And as a result, foreign investors have received around 35 percent of the benefits of the tax cut. As I said, that’s more than $40 billion a year.

To put this in perspective, Trump’s tariffs on China have raised $20 billion so far. Even if China were paying those tariffs — which it isn’t — that would fall well short of the gift he’s made to foreign investors.

Alternatively, we can compare Trump’s gift to foreign investors with our actual spending on foreign aid (which is much smaller than most people imagine). In 2017, the U.S. spent $51 billion on “international affairs,” but much of that was either the cost of operating embassies or military assistance. The Trump tax break for overseas investors is considerably bigger than the total amount we spend on foreign aid proper.

Now, the U.S. economy is almost inconceivably huge, producing more than $20 trillion worth of goods and services every year. We’re also a country that investors trust to honor its debts, so the tax cut, irresponsible as it is, isn’t causing any immediate fiscal stress.

So Trump’s giveaway to foreign investors isn’t going to make or break us, although it’s probably enough to ensure that the tax cut will be, over all, a net drain on economic growth: Even if the tax cut has some positive effect on the total income generated here (which is doubtful), this will probably be more than offset by the increased share of that income accruing to foreigners rather than U.S. citizens.

Still, even in America, $40 billion here, $40 billion there, and eventually you’re talking about real money. Furthermore, it does seem worth pointing out that even as Trump boasts about taking money away from foreigners, his actual policies are doing exactly the opposite.

 

Il programma segreto di aiuti all’estero di Trump,

di Paul Krugman

 

Donald Trump lamenta spesso che i media non riconoscono le sue realizzazioni. E c’è almeno un caso dove questo è vero. Da quanto vedo, quasi nessuno sta informando che egli ha governato un enorme – ma nascosto – aumento negli aiuti all’estero, nei soldi che l’America dà agli stranieri. Di fatto, il programma nascosto di Trump, attualmente si aggira attorno ai 40 miliardi di dollari all’anno, è probabilmente il più grande regalo alle altre nazioni a partire dal Piano Marshall.

Sfortunatamente, l’aiuto non si indirizza ai paesi poveri o agli alleati dell’America. Si indirizza, invece, ai ricchi investitori esteri.

Prima di arrivare a quel punto, fatemi parlare un secondo su un argomento che spesso Trump avanza su un aspetto assai visibile della sua strategia economica, le tariffe che ha imposto alle importazioni cinesi e di altri paesi. Queste tariffe, ha ribadito in continuazione, vengono pagate dalla Cina e rappresentano miliardi di guadagni per gli Stati Uniti.

Questa pretesa, tuttavia, è dimostrabilmente falsa. Normalmente le tariffe sono pagate dai consumatori nei paesi che importano, non dagli esportatori. I prezzi dei beni soggetti a quelle tariffe sono cresciuti bruscamente, grosso modo in linea con gli incrementi tariffari, mentre i prezzi dei beni non soggetti alle nuove tariffe non sono aumentati.

Dunque, qualsiasi cosa pensi lui, le tariffe di Trump non sono una tassa sugli stranieri. D’altra parte, le sue altre politiche hanno fornito agli stranieri un enorme e selettivo sgravio fiscale.

Si tenga presente che la Legge sugli Sgravi Fiscali e sui Posti di Lavoro del 2017 è sinora l’unica importante realizzazione legislativa di Trump. Al centro di quella legge c’era una brusca riduzione delle aliquote fiscali delle società, che ha portato ad una drastica diminuzione delle entrate fiscali, nell’ordine di 140 miliardi di dollari nel corso dell’anno passato.

Chi ha tratto vantaggio da questo taglio delle tasse? I sostenitori della legge ritenevano che in benefici sarebbero transitati sui lavoratori nella forma di salari più alti, e fecero un gran chiasso su un turbinio di annunci di gratifiche da parte delle imprese agli inizi del 2018. Ma in realtà quelle gratifiche non erano molto grandi, e non sono continuate.

Nei fatti, a questo punto è chiaro che l’aumento delle gratifiche, per quello che è stato, ha riguardato tutto l’elusione fiscale: anticipando pagamenti che avrebbero fatto comunque, le società hanno ottenuto di dedurre le spese per la vecchia aliquota fiscale più alta. Ora che questa possibilità è scaduta, le gratifiche sono tornate ai loro livelli normali, o persino un po’ più bassi.

Che dire della tesi secondo la quale i tagli delle tasse avrebbero promosso grandi investimenti in aumento da parte delle imprese, che avrebbero spinto i salari verso l’alto? Ebbene, anche quello non sta accadendo; dal punto di vista delle spese delle imprese, il taglio delle tasse è stato un gran fiasco.

Dunque, chi sta beneficiando del taglio delle tasse? Fondamentalmente gli azionisti, che hanno ricevuto dividendi più elevati ed hanno visto grandi profitti da capitale dal momento che le società utilizzano la loro manna non per investire, ma per riacquistare le loro stesse azioni.

E una grande fetta di questi guadagni è andata agli stranieri.

Dopo tutto, viviamo in un’epoca di finanza globalizzata, nella quale di norma i ricchi investitori possiedono asset in molti paesi. Gli americani possiedono migliaia di miliardi in titoli stranieri, sia direttamente nella forma di azioni straniere che indirettamente, nella forma di azioni delle società statunitensi con società sussidiarie straniere. Gli stranieri, analogamente, hanno qua grandi interessi, ancora sia attraverso il possesso diretto di azioni che per il tramite di sussidiarie delle società.

Soprattutto, gli stranieri possiedono circa il 35 per cento dei titoli in società soggette alle tasse statunitensi. E di conseguenza, gli investitori stranieri hanno ricevuto circa il 35 per cento dei vantaggi degli sgravi fiscali. Come ho detto, questo corrisponde a più di 40 miliardi di dollari all’anno.

Per dare a questo una dimensione, sino a questo punto le tariffe di Trump sulla Cina hanno raccolto 20 miliardi di dollari. Persino se la Cina stessa pagando quelle tariffe – cosa che non avviene – sarebbe molto meno del regalo che sta facendo agli investitori stranieri.

In alternativa, possiamo paragonare il regalo di Trump agli investitori stranieri alla nostra effettiva spesa sugli aiuti all’estero (che è molto più piccola di quanto non si immagina molta gente). Nel 2017, gli Stati Uniti hanno speso 51 miliardi di dollari sugli “affari internazionali”, ma gran parte di ciò era il costo per il funzionamento delle ambasciate o per l’assistenza militare. Lo sgravio fiscale di Trump per gli investitori oltreoceano è considerevolmente più grande della somma totale che spendiamo nell’effettivo aiuto all’estero.

Ora, l’economia statunitense è enorme in modo quasi inconcepibile, producendo più di 20.000 miliardi di dollari di beni e servizi ogni anno. Siamo anche un paese di cui gli investitori hanno fiducia quanto ad onorare i propri debiti, cosicché lo sgravio fiscale, per quanto irresponsabile, non sta provocando alcuna immediata sofferenza nelle finanze pubbliche.

Dunque, il regalo di Trump agli investitori stranieri non è destinato a determinare le nostre condizioni o a rovinarci, sebbene sia probabilmente sufficiente a garantire che il taglio delle tasse sarà, soprattutto, un drenaggio netto sulla crescita economica: persino se il taglio delle tasse avesse qualche effetto positivo sul reddito totale qua generato (il che è dubbio), questo sarà probabilmente più che bilanciato dalla quota accresciuta di quel reddito che va a beneficio degli stranieri, anziché dei cittadini americani.

Eppure, anche in America, 40 miliardi da una parte, 40 miliardi dall’altra, alla fine si sta parlando di soldi veri. Inoltre, sembra davvero che sia il caso di mettere in evidenza che persino quando Trump si pavoneggia sul portar via i soldi agli stranieri, le sue effettive politiche producono esattamente il risultato opposto.

 

 

 

 

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