Aug. 5, 2019
By Paul Krugman
Why has the Republican Party become a systematic enabler of terrorism?
Don’t pretend to be shocked. Just look at G.O.P. responses to the massacre in El Paso. They have ranged from the ludicrous (blame video games!) to the almost honest (who would have expected Ted Cruz, of all people, to speak out against white supremacy?). But as far as I can tell, not one prominent Republican has even hinted at the obvious link between Donald Trump’s repeated incitements to violence and the upsurge in hate crimes.
So the party remains in lock step behind a man who has arguably done more to promote racial violence than any American since Nathan Bedford Forrest, who helped found the Ku Klux Klan, a terrorist organization if there ever was one — and who was recently honored by the Republican governor of Tennessee.
Anyway, the party’s complicity started long before Trump came on the scene. More than a decade ago, the Department of Homeland Security issued a report warning about a surge of right-wing extremism. The report was prescient, to say the least. But when congressional Republicans learned about it, they went on a rampage, demanding the resignation of Janet Napolitano, who headed the agency, and insisted that even using the term “right-wing extremism” was unacceptable.
This backlash was effective: Homeland Security drastically scaled back its efforts to monitor and head off what was already becoming a major threat. In effect, Republicans bullied law enforcement into creating a safe space for potential terrorists, as long as their violent impulses were motivated by the right kind of hatred.
But why did they do that? Is the G.O.P. now a party of white nationalists?
No, not exactly. No doubt some members of Congress, and a significant number of Trump administration officials, very much including the tweeter in chief, really are white supremacists. And a much larger fraction — almost surely bigger than anyone wants to admit — are racists. (Recently released tapes of conversations between Ronald Reagan and Richard Nixon reveal that the modern G.O.P.’s patron saint was, in fact, a crude racist who called Africans “monkeys.”)
But racism isn’t what drives the Republican establishment, and my guess is that a majority of the party’s elected officials find it a little bit repugnant — just not repugnant enough to induce them to repudiate its political exploitation. And their exploitation of racism has led them inexorably to where they are today: de facto enablers of a wave of white supremacist terrorism.
The central story of U.S. politics since the 1970s is the takeover of the Republican Party by economic radicals, determined to slash taxes for the wealthy while undermining the social safety net.
With the arguable exception of George H.W. Bush, every Republican president since 1980 has pushed through tax cuts that disproportionately benefited the 1 percent while trying to defund and/or privatize key social programs like Social Security, Medicare, Medicaid and the Affordable Care Act.
This agenda is, however, unpopular. Most voters believe that the rich should pay more, not less, in taxes, and want spending on social programs to rise, not fall.
So how do Republicans win elections? By appealing to racial animus. This is such an obvious fact of American political life that you have to be willfully blind not to see it.
For a long time, the G.O.P. establishment was able to keep this game under control. It would campaign using implicit appeals to racial hostility (welfare queens! Willie Horton!) but turn postelection to privatization and tax cuts.
But for some reason this bait-and-switch started getting less effective in the 2000s. Maybe it was the reality of America’s growing racial diversity; maybe it was the fact that American society as a whole was becoming less racist, leaving the hard-core racists feeling isolated and frustrated. And the election of our first black president really kicked hatred into overdrive.
The result is that there are more and more angry white people out there willing to commit mayhem — and able to do so because those same Republicans have blocked any effective control over sales of assault weapons.
A different, better G.O.P. might have been willing to acknowledge the growing threat and supported a crackdown on violent right-wing extremism, comparable to the F.B.I.’s successful campaign against the modern K.K.K. in the 1960s. A lot of innocent victims would be alive today if Republicans had done so.
But they didn’t, because admitting that right-wing extremism was a threat, or even a phrase law enforcement should be allowed to use, might have threatened the party’s exploitation of racial hostility to achieve its economic goals.
In effect, then, the Republican Party decided that a few massacres were an acceptable price to pay in return for tax cuts. I wish that were hyperbole, but the continuing refusal of G.O.P. figures to criticize Trump even after El Paso shows that it’s the literal truth.
So as I said at the beginning, the G.O.P. has become a systematic enabler of terrorism. Why? Follow the money.
Trump, il taglio delle tasse e il terrorismo,
di Paul Krugman
Perché il Partito Repubblicano è diventato un sistematico complice del terrorismo?
Non si finga di essere scioccati. Si considerino solo le risposte del Partito Repubblicano al massacro di El Paso. Hanno spaziato dai toni ridicoli (dare la colpa ai videogames!) a quelli quasi onesti (chi si sarebbe aspettato che Ted Cruz, tra tutti, si pronunciasse contro il suprematismo bianco?). Ma, per quanto posso osservare, nessun eminente repubblicano ha neppure accennato al nesso evidente tra i ripetuti incitamenti di Donald Trump alla violenza e all’impennata dei crimini d’odio.
Dunque il partito resta a ranghi serrati dietro un individuo che probabilmente ha fatto di più di ogni altro americano per promuovere la violenza razziale a partire da Nathan Bedford Forrest, che contribuì a fondare il Ku Klux Klan, una organizzazione terroristica quante altre mai – e che è stato di recente decorato dal Governatore repubblicano del Tennessee [1].
In ogni modo, la complicità del partito è iniziata molto prima che Trump venisse sulla scena. Più di un decennio fa, il Dipartimento della Homeland Security [2] pubblicò un rapporto che metteva in guardia per una crescita dell’estremismo di destra. Come minimo, il rapporto era preveggente. Ma quando i repubblicani del Congresso ne sono venuti a conoscenza, sono andati su tutte le furie, chiedendo le dimissioni di Janet Napolitano, che era a capo dell’agenzia, e ribadendo che anche usare il termine “estremismo di destra” era inaccettabile.
Il contraccolpo è stato efficace: la Homeland Security ha drasticamente ridimensionato i suoi sforzi per monitorare e scongiurare quella che stava già diventando una importante minaccia. In effetti, i repubblicani ostacolarono l’applicazione di una legge con la creazione di uno spazio sicuro per potenziali terroristi, nella misura in cui i loro impulsi violenti vennero motivati come una forma giustificata di odio.
Ma perché lo fecero? Il Partito Repubblicano è oggi un partito di nazionalisti bianchi?
No, non esattamente. Non c’è dubbio che alcuni membri del Congresso e un significativo numero di dirigenti della Amministrazione Trump, in buona misura incluso il twittatore in capo, siano realmente suprematisti bianchi. E una frazione molto più ampia – quasi certamente più grande di quanto non si voglia ammettere – sono razzisti (di recente, registrazioni rese note di conversazioni tra Ronald Reagan e Richard Nixon hanno rivelato che il santo patrono del Partito Repubblicano nell’epoca odierna era, di fatto, un rozzo razzista che chiamava gli africani “scimmie”).
Ma non è il razzismo quello che guida il gruppo dirigente repubblicano, e la mia impressione è che una maggioranza dei dirigenti eletti del partito lo trovino un po’ ripugnante – solo non ripugnante abbastanza per indurli a ripudiare il suo sfruttamento politico. E il loro sfruttamento del razzismo li ha spinti inesorabilmente al punto in cui siamo oggi: ad essere nei fatti complici di una ondata di terrorismo suprematista bianco.
La storia centrale della politica statunitense dagli anni ’70 è la conquista del Partito Repubblicano da parte di individui radicali in materia di economia, determinati ad abbattere le tasse per i ricchi e a mettere a repentaglio le reti della sicurezza sociale.
Con la probabile eccezione di George H.W. Bush (Bush padre) ogni Presidente repubblicano dal 1980 ha fatto approvare tagli alle tasse che sono andati in modo sproporzionato a beneficio dell’1 per cento di più ricchi, nel mentre si cercava di togliere finanziamenti e/o di privatizzare programmi sociali fondamentali come la Previdenza Sociale, Medicare, Medicaid e la riforma sanitaria di Obama.
Questo programma, tuttavia, è impopolare. La maggioranza degli elettori credono che i ricchi dovrebbero pagare di più, non di meno, in tasse, e vogliono che la spesa sui programmi sociali cresca, non diminuisca.
Dunque, come vincono le elezioni i repubblicani? Appellandosi a sentimenti razzisti. Questo è un fatto così evidente nella vita politica americana che si deve essere testardamente ciechi per non accorgersene.
Per lungo tempo, il gruppo dirigente repubblicano è stato capace di tenere il gioco sotto controllo. Facevano campagne elettorali usando appelli impliciti alla ostilità razziale (le regine dell’assistenza! Willie Horton [3]) ma, dopo il voto, si volgevano alle privatizzazioni e agli sgravi fiscali.
Ma per alcune ragioni questo gioco delle due carte cominciò a divenire meno efficace negli anni 2000. Forse dipendeva dalla realtà di una crescente diversità razziale dell’America; forse dal fatto che la società americana nel suo complesso sta diventando meno razzista, lasciando il nucleo duro dei razzisti nell’isolamento e nella frustrazione. E l’elezione del nostro primo Presidente di colore davvero spinse l’odio all’eccesso.
Il risultato è che ci sono sempre più persone bianche arrabbiate in circolazione che sono disponibili a provocare caos – e capaci di farlo perché quegli stessi repubblicani hanno impedito ogni efficace controllo sulle vendite di armi da guerra.
Un Partito Repubblicano diverso e migliore poteva essere disponibile a riconoscere la crescente minaccia e sostenere un giro di vite sull’estremismo violento della destra, in modo simile alla campagna di successo della FBI nel 1960 contro il moderno KKK. Se i repubblicani l’avessero fatto, molte vittime innocenti sarebbero ancora vive.
Ma non lo fecero, perché ammettere che l’estremismo di destra fosse una minaccia, o persino un passaggio che l’applicazione della legge avrebbe dovuto consentire di usare, poteva minacciare lo sfruttamento da parte del partito dell’ostilità razziale per realizzare i suoi obbiettivi economici.
In sostanza, allora il Partito Repubblicano decise che pochi massacri erano un prezzo accettabile da pagare in cambio dei tagli alle tasse. Mi piacerebbe che questa fosse un’iperbole, ma il permanente rifiuto di personaggi del Partito Repubblicano di criticare Trump, anche dopo El Paso, dimostra che essa è la verità letterale.
Come he detto agli inizi, il Partito Repubblicano è diventato un complice sistematico del terrorismo. Ma perché? Ebbene, si seguano i soldi.
[1] Il Governatore repubblicano del Tennessee Bill Lee ha di recente stabilito che a quel Natan Bedford Forrest – fondatore del KKK e mercante di schiavi – venga dedicato il giorno del 13 luglio (come Abramo Lincoln, al quale viene dedicato il 12 febbraio).
[2] Letteralmente: per la Sicurezza della Patria.
[3] Le “regine dell’assistenza” erano una espressione di Reagan, che sosteneva che molte donne di colore titolari di sussidi sociali giravano con le Cadillac; Willie Horton era un carcerato nero che godette di alcuni giorni di scarcerazione e commise vari gravi reati (la questione infiammò la campagna elettorale del 1968).
By mm
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