Oct. 10, 2019
By Paul Krugman
The surprising thing about the constitutional crisis we’re now facing is that it took so long to happen. It was obvious from early on that the president of the United States is a would-be autocrat who accepts no limits on his power and considers criticism a form of treason, and he is backed by a party that has denied the legitimacy of its opposition for many years. Something like this moment was inevitable.
What still hangs in the balance is the outcome. And if democracy survives — which is by no means certain — it will largely be thanks to one unpredictable piece of good luck: Donald Trump’s mental deficiency.
I don’t mean that Trump is stupid; a stupid man couldn’t have managed to defraud so many people over so many years. Nor do I mean that he’s crazy, although his speeches and tweets (“my great and unmatched wisdom”; the Kurds weren’t there on D-Day) keep sounding loonier.
He is, however, lazy, utterly incurious and too insecure to listen to advice or ever admit to a mistake. And given that he is in fact what he accuses others of being — an enemy of the people — we should be thankful for his flaws.
The news item that got me thinking along these lines was, oddly, the latest budget review from the Congressional Budget Office, projecting a fiscal 2019 deficit of almost a trillion dollars — up by more than $300 billion from the deficit Trump inherited.
Never mind the clear demonstration that the G.O.P.’s Obama-era hyperventilating about deficits was completely hypocritical. The more important point is that $300 billion is a lot of money, and it should have been enough to buy Trump a lot of political gain.
After all, other white nationalists trying to do what Trump is trying to do — subvert the rule of law and convert their nations from democracies on paper to one-party autocracies in practice — have solidified their grasp on power by delivering at least a bit on their populist promises. In Poland, for example, the Law and Justice party has increased social spending and is now promising a big rise in the minimum wage.
Trump’s domestic economic policy, however, has been standard Republican top-down class warfare. None of that $300 billion went for social benefits or even his continually promised, never-delivered infrastructure plan. Instead, it went mainly into tax cuts for corporations and the wealthy that have done little to boost investment.
At the same time, Trump has pursued his personal tariff obsession despite mounting evidence that it’s hurting growth. The economy was supposed to be his big political selling point. Instead, polls of his net job approval on economic policy are, on average, barely positive even now — and likely to get worse as tariffs on consumer goods bite and the economy slows.
But Trump’s squandered economic opportunities are, of course, secondary at this point to his de facto self-impeachment.
Just a few weeks ago it seemed that Trump would skate on charges both of colluding with Russia to subvert the 2016 election and of obstruction of justice; the Mueller report was basically a bust, partly because the story was complicated, partly because of Robert Mueller’s diffidence.
But Trump has managed to make things clear enough for everyone to understand. First he demanded that foreign regimes produce dirt on domestic political rivals, not just in phone calls but right there on camera. Now he’s engaged in a crude, obvious effort to stonewall the House impeachment inquiry that is clearly an impeachable offense in itself.
Why did he hand the defenders of democracy so much ammunition? Partly he seems to have gotten high on his own supply — he actually seems to believe the bizarre conspiracy theories his supporters drum up to excuse his actions. Also, he evidently lacks any kind of self-restraint. Even if he considers any effort to hold him accountable a form of treason, he should have known better than to blurt it out in public.
So Trump’s own actions explain why a vote to impeach, which seemed unlikely just a few weeks ago, now looks almost inevitable. Conviction in the Senate is still unlikely, but not as impossible as it once appeared.
The larger point is that if Trump were cannier and more self-controlled, the march to autocracy might well be unstoppable. He has the backing of a party whose elected representatives have shown no sign of democratic scruples. He has de facto state media in the form of Fox News and the rest of the Murdoch empire. He has already managed to corrupt key government agencies, including the Justice Department.
Indeed, these advantages are so large that the assault on democracy may yet prevail. The only reason it might falter is, as I said, Trump’s own deficiencies.
It says a lot about the modern G.O.P. that the party is still solidly behind a man so obviously, grotesquely, not up to the job (although some rank-and-file Republicans now back an impeachment inquiry). But those of us who want America as we know it to survive should be grateful that Trump is so immature and incompetent. His character flaws are the only thing that gives us a fighting chance.
Fortunatamente, Trump è un instabile non geniale [1],
di Paul Krugman
La cosa sorprendente della crisi costituzionale è che c’è voluto tanto tempo perché accadesse. Era evidente dagli inizi che il Presidente degli Stati Uniti era un aspirante autocrate che non accetta alcun limite al suo potere e considera le critiche una forma di tradimento, e che era appoggiato da un partito che per molti anni ha negato legittimità ai propri avversari. Qualcosa come questo momento era inevitabile.
Quello che ancora è in bilico è il risultato. E se la democrazia sopravviverà – il che non è affatto detto – sarà in gran parte grazie ad una imprevedibile componente di fortuna: la inadeguatezza mentale di Donald Trump.
Non voglio dire che Trump sia stupido; uno stupido non sarebbe riuscito a ingannare così tante persone per tanti anni. Neanche voglio dire che sia pazzo, sebbene i suoi discorsi e i suoi tweet (“la mia grande e ineguagliata saggezza”; i curdi non c’erano al D-Day) sembrino sempre più folli.
Tuttavia è sciatto, completamente privo di curiosità e troppo insicuro per ascoltare i consigli e persino per ammettere gli errori. E dato che egli è di fatto quello che accusa gli altri di essere – un nemico del popolo – dovremmo essergli grati per i suoi difetti.
Il nuovo punto che mi ha portato a riflettere su questi aspetti è stato, stranamente, l’ultimo esame delle finanze da parte dell’Ufficio Congressuale del Bilancio, che prevede un deficit della finanza pubblica nel 2019 di circa mille miliardi di dollari – superiore per più di 300 miliardi rispetto al deficit ereditato da Trump.
Non è rilevante la chiara dimostrazione di quanto fosse completamente ipocrita l’affanno del Partito Repubblicano del periodo di Obama sui deficit. La cosa più importante è che 300 miliardi sono tanti soldi, e avrebbero dovuto essere sufficienti a procurare a Trump un grande vantaggio politico.
Dopo tutto, altri nazionalisti bianchi stanno cercando di fare lo stesso – sovvertire lo stato di diritto e trasformare le loro nazioni da democrazie sulla carta ad autocrazie di un partito unico nella pratica – hanno consolidato la loro presa sul potere consegnando almeno un po’ delle loro promesse populiste. In Polonia, ad esempio, il partito della Legge e Giustizia ha accresciuto la spesa sociale e ora sta promettendo una grande crescita del salario minimo.
La politica economica di Trump, tuttavia, si è ispirata alla tradizionale guerra di classe repubblicana, dall’alto verso il basso. Niente di quei 300 miliardi è andato a sussidi sociali e neanche al suo continuamente promesso e mai realizzato piano infrastrutturale. Sono invece principalmente finiti a sgravi fiscali per le grandi società e per i ricchi, che hanno fatto ben poco per incoraggiare gli investimenti.
Nello stesso tempo Trump ha perseguito la sua personale ossessione tariffaria, nonostante le prove crescenti che essa sta danneggiando l’economia. Si pensava che l’economia fosse il suo grande punto a di forza politico. Tuttavia, i sondaggi sui consensi netti del suo lavoro sulla politica economica sono, in media, appena positivi ancora oggi – e probabilmente peggioreranno allorché le tariffe morderanno i beni di consumo e la crescita rallenterà.
Ma le opportunità economiche sprecate da Trump sono, ovviamente, a questo punto secondarie rispetto, in sostanza, al fatto che si sia messo in stato di accusa da sé stesso.
Solo poche settimane fa sembrava che Trump avrebbe glissato sia sulle accuse di collusione con la Russia per sovvertire le elezioni del 2016 che su quelle di ostruzione alla giustizia; il rapporto Mueller è stato fondamentalmente un fallimento, in parte perché la storia era complicata, in parte per l’insicurezza di Mueller.
Ma Trump è riuscito a rendere le cose chiare a tal punto che hanno capito tutti. In primo luogo ha chiesto che regimi stranieri infangassero i suoi rivali politici interni, non solo con telefonate ma proprio sotto registrazione. Ora si è adoperato in un rozzo, evidente sforzo per mettere i bastoni tra le ruote alla indagine sulla messa in stato d’accusa da parte della Camera, che è chiaramente un reato passibile di messa in stato d’accusa di per sé.
Perché ha consegnato ai difensori della democrazia tante munizioni? In parte egli sembra essere andato su di giri con i suoi medesimi argomenti – pare che egli creda sul serio alle bizzarre teorie cospirative con le quali i suoi sostenitori fanno grancassa per scusare le sue iniziative. Inoltre, evidentemente gli fa difetto ogni senso del limite. Persino se considerasse ogni sforzo di ritenerlo responsabile una specie di tradimento, avrebbe dovuto non essere così ingenuo da spararlo in pubblico.
Dunque le stesse iniziative di Trump spiegano perché un voto per la messa in stato d’accusa, che sembrava improbabile solo poche settimane orsono, ora appare quasi inevitabile. La condanna da parte del Senato è ancora improbabile, ma non così impossibile come appariva in precedenza.
L’aspetto più generale è che se Trump fosse stato più furbo e più capace di autocontrollo, la marcia verso l’autocrazia poteva essere inarrestabile. Egli ha il sostegno di un partito i cui rappresentanti eletti non hanno mostrato alcun segno di scrupolo democratico. Ha in sostanza dalla sua i media statali come Fox News e il resto dell’impero di Murdoch. È già riuscito ad inquinare agenzie governative fondamentali, incluso il Dipartimento della Giustizia.
In effetti, questi punti di forza sono così ampi che un assalto alla democrazia potrebbe ancora prevalere. La sola ragione per la quale potrebbe venir meno, come ho detto, è la stessa inadeguatezza di Trump.
Quello che ci dice molto sul Partito Repubblicano odierno è che il partito è ancora dietro a un individuo così evidentemente, grottescamente, non all’altezza del suo compito (sebbene alcuni repubblicani ordinari adesso sostengano una indagine per la messa in stato d’accusa). Ma coloro che vogliono che l’America che conosciamo sopravviva dovrebbero essere grati della circostanza che Trump sia così immaturo e incompetente. I difetti del suo carattere sono l’unica cosa che ci dà la possibilità di combattere.
[1] Non si tratta di una espressione esageratamente sopra le righe di Krugman. Alcune settimane fa lo stesso Trump, reagendo ad alcune critiche sulla sua inaffidabilità, disse che, invece, lui era proprio “un genio molto stabile”.
By mm
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