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Il debito, i profeti di sciagure e il doppio standard, di Paul Krugman (New York Times, 28 ottobre 2019)

 

Oct. 28, 2019

Debt, Doomsayers and Double Standards

By Paul Krugman

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So the federal budget deficit just hit $1 trillion (actually $984 billion, but close enough). That’s about $300 billion more than the Congressional Budget Office was projecting in the summer of 2017, before the Trump tax cut was enacted. And basically everybody yawned.

Were there fiery speeches in Congress, denouncing fiscal irresponsibility? No. Was there intense media coverage? No — the story was tucked deep inside major newspapers. Was there severe market reaction? No — interest rates are substantially lower than they were before the deficit surge.

This lack of reaction to a deficit that would have been considered shocking only a few years ago is sort of the fiscal policy equivalent of Sherlock Holmes’s dog that didn’t bark in the night. It tells us a lot about economics, politics — specifically the utter hypocrisy of the G.O.P. — and the news media, which on economic matters has a de facto conservative bias.

Start with the economics.

The budget deficit has now soared back roughly to where it was in 2012, when the unemployment rate was more than twice its current level, and the economy desperately needed deficit spending to sustain demand.

Back then, however, the inside-the-Beltway crowd was obsessed with deficit reduction. And it wasn’t just politicians. As Ezra Klein, now the editor of Vox, noted at the time, “the rules of reportorial neutrality don’t apply when it comes to the deficit. On this one issue, reporters are permitted to openly cheer a particular set of highly controversial policy solutions.” And those of us who argued that reducing the deficit shouldn’t be a high priority were treated like freaks.

But the deficit wasn’t a crisis then, and it isn’t one now. In fact, leading economists are now telling us that concerns about government debt have been greatly exaggerated all along. The Very Serious People were completely wrong, and those who opposed austerity have been vindicated.

Of course, while practically everyone in Washington was hyperventilating about debt circa 2012, the most apocalyptic warnings came from Republicans — people like Paul Ryan (remember him?), who declared then, “In this generation, a defining responsibility of government is to steer our nation clear of a debt crisis while there is still time.” His pose as the ultimate deficit hawk won him media adulation, which in turn propelled him into becoming speaker of the House.

The truth, however, is that right from the beginning it was obvious that Ryan was a phony. All you had to do was look at the actual content of his budget “plans.” But the media narrative demanded that there be serious, honest Republicans, so that blame for the deficit could be equally divided between the parties; so Ryan was slotted into that role even though he was totally unsuited for the part.

And then, when he and his party got a chance to exercise the fiscal responsibility they declared essential, they blew up the deficit instead. Republicans only pretended to care about debt as an excuse to hobble President Barack Obama and slash social programs. They were and are complete hypocrites when it comes to budgeting (and other things too, like patriotism, but that’s another topic).

Which brings me to the issue of double standards.

When progressives propose new or expanded social programs, they face intense media scrutiny bordering on harassment over how they intend to pay for these programs. Republicans proposing tax cuts don’t face anything like the same scrutiny; they are seemingly able to get away with blithe assertions that tax cuts will pay for themselves by boosting economic growth, even though every single piece of evidence we have says that this is nonsense.

We’re talking about big numbers here. As I said, the Trump budget blowout, overwhelmingly driven by tax cuts, seems to have raised the deficit by around $300 billion, or around 1½ percent of G.D.P. Over the course of the next decade, that would amount to something like $3.8 trillion — substantially more than, for example, the combined cost of all of Elizabeth Warren’s proposals other than Medicare for All, which we’re still waiting to hear about.

And the truth is that proposals like universal child care are far more likely than tax cuts to repay a significant fraction of their upfront costs, partly by freeing up adults to work, partly by improving the lives of children in ways that will make them more productive adults.

The point is that the media clearly leans conservative in covering budget issues. Progressives face intense grilling over the cost of fairly modest social programs, while conservatives get a virtual free pass on budget-busting tax cuts.

Let me be clear here: I’m not complaining about the lack of panic over our trillion-dollar deficit. We shouldn’t be panicked. The problem is the selectivity of deficit hysteria, which somehow kicks in only when a Democrat is president or progressives propose spending that would make American lives better.

That selective hysteria has done enormous harm. And those who propagate it need to be called out for their bias.

 

Il debito, i profeti di sciagure e il doppio standard,

di Paul Krugman

 

Dunque il deficit del bilancio federale ha appena toccato i mille miliardi di dollari (in realtà, 984 miliardi, ma abbastanza vicino). Si tratta di circa 300 miliardi di dollari in più rispetto alle previsioni dell’Ufficio Congressuale del Bilancio del 2017, prima che fosse approvato il taglio delle tasse di Trump. E tutti, in sostanza sbadigliano.

Ci sono discorsi irruenti in Congresso che denunciano l’irresponsabilità della finanza pubblica? No. Ci sono resoconti costanti da parte dei media? No – questa storia è stata ficcata in fondo nei giornali più importanti. C’è stata una dura reazione da parte del mercato? No – i tassi di interesse sono sostanzialmente più bassi di quelli che erano prima della crescita del deficit.

Questa assenza di reazioni a un deficit che sarebbe stato considerato impressionante solo pochi anni fa è una specie di equivalente del cane di Sherlock Holmes che non abbaiava durante la notte. Ci dice molto dell’economia, della politica – in particolare della completa ipocrisia del Partito Repubblicano – e dei media dell’informazione, che sulle questioni economiche hanno di fatto tendenze conservatrici.

Partiamo dall’economia.

Il deficit di bilancio è adesso schizzato grosso modo a ridosso di dove era nel 2012, quando il tasso di disoccupazione era circa due volte il livello attuale e l’economia aveva un bisogno disperato di una spesa in deficit per sostenere la domanda.

A quei tempi, tuttavia, la gente degli addetti ai lavori della Capitale era ossessionata dalla riduzione del deficit. E non si trattava solo dei politici. Come Ezra Klein, adesso editore di Vox, osservava a quel tempo “le regole della neutralità nei resoconti non si applicano quando si arriva al deficit. Su questo tema, ai cronisti viene permesso di fare apertamente il tifo per un complesso di soluzioni politiche altamente controverse”. E quelli tra noi che sostenevano che il deficit non doveva essere una principale priorità, venivano considerati stravaganti.

Ma il deficit non fu un fattore di crisi allora e non lo è oggi. Di fatto, i principali economisti ci stanno oggi dicendo che le preoccupazioni circa il debito pubblico sono state grandemente esagerate sin dall’inizio. Le Persone Molto Serie sbagliavano tutto, e coloro che si opposero all’austerità hanno avuto ragione.

Naturalmente, mentre attorno al 2012 praticamente tutti a Washington erano eccitati dal debito, gli ammonimenti più apocalittici venivano dei repubblicani – persone come Paul Ryan (lo ricordate?), che allora dichiarava: “In questa generazione, una responsabilità distintiva del Governo è tenersi lontani da una crisi del debito finché siamo in tempo”. Il suo atteggiamento da sommo falco del deficit gli guadagnò l’adulazione dei media, che a sua volta lo proiettò nel ruolo di Presidente della Camera.

La verità, tuttavia, è che proprio dall’inizio era evidente che Ryan fosse un ipocrita. Tutto quello che si doveva fare era dare un’occhiata al contenuto effettivo dei suoi “piani” per il bilancio. Ma la narrazione dei media imponeva che ci fossero repubblicani seri ed onesti, in modo che la colpa del deficit fosse divisa tra i due partiti; così Ryan venne collocato in quel ruolo anche se era totalmente inadatto a quella parte.

E poi, quando lui e il suo partito ebbero una possibilità di esercitare quella responsabilità nella finanza pubblica che dichiaravano essenziale, fecero invece esplodere il deficit. I repubblicani facevano solo finta di curarsi del debito, una scusa per azzoppare il Presidente Barack Obama e tagliare i programmi sociali. Quando si arriva alla gestione finanziaria, erano e sono completamente falsi (lo stesso accade per altre cose, come il patriottismo, ma questo è un altro tema).

Il che mi porta alla questione del doppio standard.

Quando i progressisti propongono nuovi programmi sociali, oppure di ampliare quelli esistenti, essi vanno incontro ad un esame minuzioso che rasenta la persecuzione da parte dei media su come intendano finanziare questi programmi. I repubblicani che propongono tagli alle tasse non vanno incontro a niente di simile; sembra che siano capaci di cavarsela con le giulive affermazioni che i tagli fiscali si ripagheranno da soli incoraggiando la crescita economica, anche se ogni singolo brandello di prova che abbiamo ci dice che questo è insensato.

Qua stiamo parlando di grandi numeri. Come ho detto, lo scoppio del bilancio da parte di Trump, guidato in modo schiacciante dai tagli fiscali, pare che abbia elevato il deficit di 300 miliardi, ovvero di circa l’1,5 per cento del PIL. Nel corso del prossimo decennio, quello dovrebbe corrispondere a circa 3.800 miliaredi di dollari – sostanzialmente di più, ad esempio, del costo congiunto di tutte le proposte di Elizabeth Warren oltre al Medicare-per-tutti, che siamo ancora in attesa di conoscere.

E la verità è che proposte come l’assistenza universale ai bambini è molto più probabile che ripaghino una frazione significativa del loro costo anticipato rispetto agli sgravi fiscali, in parte rendendo gli adulti più liberi di lavorare, in parte migliorando la vita dei bambini in modi che li renderanno adulti più produttivi.

Il punto è che i media chiaramente inclinano verso il punto di vista conservatore nel resocontare i temi del bilancio. I progressisti vanno incontro ad un terzo grado sul costo abbastanza modesto di programmi sociali, mentre i conservatori ottengono una sostanziale carta bianca negli sgravi fiscali che fanno scoppiare il bilancio.

Vorrei esser chiaro su questo: non mi sto lamentando sulla mancanza di panico per il nostro deficit da mille miliardi di dollari. Non dovremmo entrare in panico per questo. Il punto è la selettività dell’isteria del deficit, che in qualche modo si manifesta soltanto quando un democratico è Presidente o quando i progressisti propongono spese che migliorerebbero le vite degli americani.

Quella isteria selettiva ha fatto un gran danno. E coloro che la diffondono devono essere chiamati a rispondere per la loro faziosità.

 

 

 

 

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