Oct. 21, 2019
By Paul Krugman
On Sunday, Elizabeth Warren said that she would soon release a plan explaining how she intends to pay for “Medicare for all.” Like many policy wonks, I’ll be waiting with bated breath; this could be a make or break moment for her campaign, and possibly for the 2020 election.
There are three things you need to know about Medicare for all, which in the current debate has come to mean a pure single-payer health insurance system, in which the government provides all coverage, with no role for private insurers.
First, single-payer has a lot to recommend it as a way to achieve universal health care. It’s not the only route — every major advanced country besides the United States achieves universal coverage, but many of them get there via regulations and subsidies rather than by relying solely on public insurance. Still, single-payer is clean and simple, and many health economists would support it if we were starting from scratch.
But we aren’t starting from scratch, which is the second thing you need to know. More than half of Americans are covered by private health insurance, mainly through employers.
Not many people love their insurance companies, but that doesn’t mean that they’re eager to trade the coverage they know for a new system they don’t. Most people probably would end up better off under single-payer, but convincing them of that would be a hard sell; polls show much less support for Medicare for all than for a “public option” plan in which people could retain private insurance if they chose to.
Which brings me to the third point: In reality, single-payer won’t happen any time soon. Even if Democrats win in a landslide in 2020, taking control of the Senate as well as the White House, it’s very unlikely that they will have the votes to eliminate private insurance.
Warren, who has made policy seriousness a key part of her political persona — “Warren has a plan for that” — surely knows all of this. And early this year she seemed to recognize the problems with a purist single-payer approach, saying that she was open to different paths toward universal coverage.
Since then, however, she seems to have gone all in for the elimination of private insurance.
I have no inside information about what led her to take that plunge, but my guess is that she was trying to protect her left flank — to avoid alienating supporters of Bernie Sanders, who have made single-payer a kind of purity test one must pass to be considered a true progressive. And I’m not going to criticize her for engaging in a bit of political realism; after all, the case against Medicare for all is itself basically political.
At this point, however, it’s looking as if Warren may have painted herself into a corner.
Part, but only part, of the issue involves cost.
Journalists have been badgering Warren to get specific about how much taxes would have to go up to pay for Medicare for all. She has, with considerable justice, insisted that this is a bad way to frame the discussion, since any additional taxes would be offset by savings on the huge premiums workers and their employers now pay for private insurance — on average, more than $20,000 a year for a family plan.
The right question is whether the overall costs facing U.S. families would go up or down. Warren has been claiming that for most families, they would go down, but she hasn’t offered specifics. And this vagueness, which has started to seem like evasiveness, is more of a problem for her than it might be for other politicians. As I said, Warren has made policy seriousness a key aspect of her political persona, so her fogginess on health care really stands out.
The plan in the works will presumably try to dispel that fog, but doing so will be tricky. An independent estimate from the Urban Institute (which is, for what it’s worth, left-leaning) suggests that a highly comprehensive Medicare-for-all plan, similar to what Sanders is proposing, would substantially increase overall health spending, although a more modest plan wouldn’t.
But cost isn’t the only issue — in fact, I’m not sure how important it really is, given that full abolition of private insurance remains unlikely in practice. Also, let’s get real: If Warren gets the Democratic nomination, the outcome of the general election isn’t going to hinge on dueling think tank estimates.
The election might, however, hinge on the support of people who have good private coverage and would be nervous about making a leap into the unknown, no matter how many facts and figures Warren deploys.
So what I’ll want to see is whether Warren gives herself and her party enough flexibility to assuage these concerns. I’m not sure what form that flexibility might take. Maybe something like an extended transition period, with greatly enhanced Obamacare (which might actually be politically doable) in the interim?
Whatever Warren comes up with, this is a crucial moment. There are many excellent things in her overall policy agenda; but she won’t get a chance to do those things unless she can extricate herself from what looks like a health policy trap.
Può la Warren sfuggire alla trappola di Medicare?
Di Paul Krugman
Domenica, Elizabeth Warren ha detto che avrebbe presto reso noto un progetto che spiega come ella intenda finanziare il “Medicare-per-tutti”. Come molti esperti di programmi politici, sto aspettando con il fiato sospeso; questo potrebbe essere il momento che decide tutto della sua campagna elettorale, e probabilmente delle elezioni del 2020.
Ci sono tre cose che dovete sapere a proposito del Medicare-per-tutti, che nel dibattito in corso hanno finito per significare un mero sistema centralizzato di assicurazione sanitaria, nel quale il Governo fornisce tutta la copertura, senza alcun ruolo per gli assicuratori privati.
La prima, il sistema centralizzato si distingue per il modo in cui realizza una assistenza sanitaria universalistica. Non è l’unica soluzione – tutti gli importanti paesi avanzati a parte gli Stati Uniti realizzano una copertura universale, ma molti di loro la ottengono attraverso regolamenti e sussidi anziché basandosi unicamente su una assicurazione pubblica. Eppure, il sistema centralizzato è netto e semplice, e molti economisti della sanità lo sosterrebbero, se si dovesse partire da zero.
Ma non stiamo partendo da zero, e questa è la seconda cosa che dovete conoscere. Più della metà degli americani sono coperti da assicurazioni sanitarie private, principalmente attraverso i datori di lavoro.
Non molte persone amano le loro società assicurative, ma questo non significa che siano ansiosi di scambiare l’assicurazione che conoscono con un nuovo sistema che non conoscono. La maggior parte delle persone probabilmente finirebbe per star meglio con un sistema centralizzato, ma convincerli sarebbe un’impresa ardua; i sondaggi mostrano un sostegno molto minore a ‘Medicare-per-tutti’ che non a un progetto di “opzione pubblica”, nel quale le persone possano mantenere, se lo vogliono, la assicurazione privata.
Il che mi porta al terzo punto: in realtà un sistema centralizzato non verrà in alcun modo in breve tempo. Persino se i democratici vincessero in modo schiacciante nel 2020, acquisendo in controllo del Senato oltre che della Casa Bianca, è molto improbabile che avrebbero i voti per eliminare le assicurazioni private.
La Warren, che ha fatto della serietà programmatica il tratto distintivo della sua personalità politica – “la Warren ha un piano per ogni cosa” – sicuramente lo sa molto bene. E agli inizi di quest’anno sembrava rendersi conto dei problemi di un approccio ad un sistema centralizzato puro, dicendo di essere aperta a differenti soluzioni nella direzione di una copertura universale.
Da allora, tuttavia, sembra essersi decisa completamente per l’eliminazione delle assicurazioni private.
Non ho informazioni riservate su cosa l’abbia portata a fare quella scelta, ma la mia impressione è che stesse cercando di proteggere il suo fianco sinistro – per evitare di alienarsi i sostenitori di Bernie Sanders, che hanno fatto del sistema centralizzato una sorta di test di purezza che deve essere superato per essere considerati veri progressisti. E non ho intenzione di criticarla per essersi impegnata in un po’ di realismo politico; dopo tutto, lo stesso argomento contro Medicare-per-tutti è esso stesso fondamentalmente politico.
A questo punto, tuttavia, sembra che la Warren si sia messa da sola in un vicolo cieco.
Parte, ma solo una parte, della questione attiene ai costi.
I giornalisti stanno assillando la Warren per avere dettagli su quante tasse si dovrebbe finir col pagare per Medicare-per-tutti. Ella ha ribadito, con considerevole fondamento, che questo è un pessimo modo per inquadrare la discussione, dal momento che ogni tassa aggiuntiva sarebbe bilanciata dai risparmi sulle elevate polizze che attualmente i lavoratori e i loro datori di lavoro pagano per le assicurazioni private – in media, più di 20.000 dollari all’anno per un piano familiare.
La domanda giusta è se i costi complessivi con i quali si misurerebbero le famiglie statunitensi salirebbero o scenderebbero. La Warren ha sostenuto che scenderebbero per la maggioranza delle famiglie, ma non ha offerto dati più precisi. E questa vaghezza, che ha cominciato a sembrare evasività, le causa più di un problema rispetto a quanti ne provocherebbe ad altri politici. Come ho detto, la Warren ha fatto della sua serietà programmatica un aspetto cruciale della sua personalità politica, cosicché la sua nebulosità sulla assistenza sanitaria è davvero stridente.
Il piano in programma presumibilmente cercherà di disperdere quella nebbia, ma farlo sarà difficile. Una stima indipendente da parte di Urban Institute (che è, per ciò che vale, di tendenze di sinistra) indica che un piano molto completo di Medicare-per-tutti, simile a quello che Sanders sta proponendo, aumenterebbe sostanzialmente la spesa sanitaria complessiva, sebbene ciò non accadrebbe con un piano più modesto.
Ma il costo non è l’unico problema – in sostanza, io non sono sicuro su quanto esso sia importante, considerato che la piena abolizione delle assicurazioni private resterebbe in pratica improbabile. Inoltre, siamo realisti: se la Warren ottiene la candidatura da parte dei democratici, il risultato delle elezioni generali non è destinato a dipendere da un duello di stime tra i gruppi di ricerca.
Le elezioni, tuttavia, potrebbero dipendere dal sostegno di persone che hanno una buona assicurazione privata e che si innervosirebbero a fare un salto nell’ignoto, a prescindere da quanti fatti e numeri la Warren possa esporre.
Quello che dunque vorrei capire dalla Warren è se essa riserva a sé stessa e al suo Partito sufficiente flessibilità per placare queste preoccupazioni. Non sono sicuro di quale forma quella flessibilità dovrebbe assumere. Forse qualcosa come un prolungato periodo di transizione, con una Obamacare nel frattempo grandemente potenziata (il che potrebbe effettivamente essere fattibile da un punto di vista politico)?
Qualsiasi soluzione si farà venire in mente la Warren, questo è un passaggio cruciale. Nella sua complessiva agenda politica ci sono molte cose eccellenti; ma ella non otterrà una possibilità di farle se non si districa da quella che sembra una trappola di politica sanitaria.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"