Dec. 18, 2019
By Paul Krugman
The fate of the republic hangs in the balance, but there’s nothing I can do about it today. So let’s have a bit of escapism, econogeek style.
I suspect that long-time readers won’t be surprised to learn that I’m a big fan of the TV series “The Expanse,” which was on Syfy for three seasons, canceled, but picked up by Amazon. Actually, the series seems to be a favorite of many social scientists, like international relations expert turned part time pundit Dan Drezner. Linguists love the carefully designed creole spoken by the Belters, who live on various asteroids.
Warning: I’m most of the way through the fourth season, and what follows will include slight spoilers, although probably not enough to matter.
Anyway, Drezner is enjoying the show’s take on interplanetary diplomacy, with the three-cornered cold war among Earth (which seems somehow to have acquired a world government, with the Secretary-General of the United Nations the most powerful person on the planet), the Martian Congressional Republic, and the Belters.
If you ask me, the show also deserved a place in Aisha Harris’s article on the “new pop culture optimism.” The 23rd century is full of greed and violence, much of it perpetrated by evil corporations; but it appears to be colorblind, gender-neutral, and LGBTQ-tolerant. There’s an interracial romance at the show’s core, multiple strong women (Avasarala! Bobbie Draper! Drummer!) and a key positive role played by Pastor Anna, who’s married to another woman.
But enough about humanity. Let’s talk about macroeconomics!
Earth appears to be suffering from mass technological unemployment. Half the population is unemployed and living on Basic, which apparently consists of in-kind provision of housing, food, and other necessities. (Kind of like a global version of Trump’s idea of replacing food stamps with food boxes.
But are robots really the problem? For the first three seasons, Mars stands in stark contrast. It’s a mobilized, full-employment society where everyone is working either on supporting a military strong enough to stand up to Earth or on the long-term goal of terraforming the planet, making it suitable for humans.
Over the course of Season Three, however, the cold war was (mostly) resolved, while the protomolecule (don’t ask) seemed to have opened access to hundreds of habitable planets, making terraforming Mars seem pointless. And in Season Four, Martian society is in deep trouble. Unemployment is rife thanks to the winding down of both military spending and terraforming, with some ex-military Martians who can’t find jobs turning to crime.
So, my question: If Earth has mass unemployment because robots can do stuff, making human workers unnecessary, what were all those fully employed Martians doing?
In fact, the emergence of high unemployment on Mars after demobilization and the end of terraforming makes it seem as if the real problem wasn’t technology, it was secular stagnation — a situation in which private spending is consistently too weak to employ the economy’s resources, except during unsustainable asset or debt bubbles. Japan has been suffering from secular stagnation since the 1990s; a number of economists, myself included, believe that the whole advanced world now has much the same problem.
What’s the solution to secular stagnation? The answer, according to people like Larry Summers, is a big increase in public spending on infrastructure: roads, bridges, ports, and, if you happen to live on a planet without breathable air, terraforming.
The point is that when you’re in a secular stagnation economy, virtue is vice, prudence is folly, and good news can be bad. Even wasteful government spending can be a helpful stimulus. Before the outbreak of peace, Mars was a healthy society because it had a grand project; when that grand project became unnecessary, instead of freeing up resources to do other things, things got much worse.
So The Expanse is basically a show about the need for higher public investment. Well, and also monsters, alien technology, and space Mormons.
We now return you to your regularly scheduled 21st-century doom and gloom.
La macroeconomia de “L’Ampiezza” [1],
di Paul Krugman
Il destino della repubblica è in bilico, ma in questo momento non c’è niente che possa farci. Dunque consentitemi un po’ di evasione, del genere dei fanatici dell’economia.
Ho il sospetto che i lettori di lunga data non saranno sorpresi ad apprendere che io sono un grande seguace delle serie televisive “L’Ampiezza”, che sono state su Syfy per tre stagioni, cancellate ma riprese su Amazon. In realtà, pare che godano di favore da parte di sociologi, come l’esperto di relazioni internazionali diventato commentatore a tempo parziale Dan Drezner. I linguisti amano il creolo ideato con cura parlato dai Belters, che vivono su vari asteroidi [2].
Una avvertenza: io ho quasi terminato la quarta serie, e quello che segue conterrà alcune piccole anticipazioni, sebbene probabilmente poco significative.
In ogni modo, Drezner si sta godendo lo spettacolo della diplomazia interplanetaria, con una guerra fredda su tre poli tra la Terra (che in qualche modo sembra aver acquisito un governo mondiale, con il Segretario Generale delle Nazioni Unite che è la persona più potente del pianeta), la Repubblica Congressuale di Marte e i Belters.
Se volete il mio parere, lo spettacolo si è anche meritato un posto nell’articolo di Aisha Harris sul “nuovo ottimismo della cultura pop”. Il 23° secolo è pieno di avidità e di violenza, molta della quale è commessa da malefiche società; ma sembra privo di pregiudizi razziali, neutrale verso i generi e tollerante verso tutte le tendenze sessuali. C’è una storia d’amore interrazziale al centro dello spettacolo, ci sono varie donne forti (Avasaral! Bobbie Draper! Drummer!) e un ruolo positivo fondamentale recitato da Pastor Anna, che è sposata con un’altra donna.
Ma degli aspetti umani abbiamo detto abbastanza. Parliamo di macroeconomia!
La Terra sembra stia soffrendo di una massiccia disoccupazione tecnologica. La metà della popolazione è sottoccupata e campa con il programma Basic, che in apparenza consiste in una sorta di fornitura di alloggio, cibo e altre cose indispensabili (una specie di versione globale dell’idea di Trump di sostituire le tessere alimentari con pacchi alimentari [3]).
Ma sono realmente i robot, il problema? Durante le prime tre stagioni, Marte prende posizione in completa opposizione. La sua è una società mobilitata, in piena occupazione nella quale tutti lavorano o nel sostegno ad un esercito abbastanza forte da tenere testa alla Terra o nell’obbiettivo a lungo termine di rendere abitabile il pianeta, rendendolo fruibile per gli umani.
Nel corso della Terza Stagione, tuttavia, la Guerra Fredda era (per la maggior parte) risolta, mentre la protomolecola (non chiedetemi cosa sia) pareva aver aperto l’accesso a centinaia di pianeti abitabili, rendendo inutile il rendere abitabile Marte. E nella Stagione Quarta, la società marziana si trova in un grave guaio. La disoccupazione è dilagante grazie all’esaurirsi sia della spesa militare che dell’impegno a rendere il pianeta abitabile, con alcuni marziani un tempo militari che non possono trovare posti di lavoro se non ricorrendo al crimine.
Dunque, la mia domanda: se la Terra ha una disoccupazione di massa perché i robot possono produrre, rendendo i lavoratori umani non necessari, che cosa stavano facendo tutti i marziani che godevano del pieno impiego?
Di fatto, l’emergenza della elevata disoccupazione su Marte dopo la smobilitazione e la fine dell’impegno per rendere abitabile il pianeta fa apparire che il problema reale non fosse la tecnologia, bensì la stagnazione secolare – una situazione nella quale la spesa privata è costantemente troppo debole per occupare le risorse dell’economia, se non nel corso di insostenibili bolle degli asset o del debito. Il Giappone sta soffrendo della stagnazione secolare a partire dagli anni ’90; un certo numero di economisti, incluso il sottoscritto, credono che l’intero mondo avanzato abbia adesso lo stesso problema.
Quale è la soluzione alla stagnazione secolare? La risposta, secondo persone come Larry Summers, è un grande incremento della spesa pubblica in infrastrutture: strade, ponti, porti e, se vi capita di vivere in un pianeta con una atmosfera irrespirabile, renderlo abitabile.
Il punto è che quando si è in una economia della stagnazione secolare, la virtù diventa vizio, la prudenza è follia, e le buone notizie possono essere pessime. Persino una spesa pubblica sprecona può essere uno stimolo utile. Prima che scoppiasse la pace, Marte era una società sana perché aveva un grande progetto; quando quel grande progetto divenne inutile, invece di liberare risorse per altre cose, la situazione divenne molto peggiore.
Dunque, “L’Ampiezza” è fondamentalmente uno spettacolo sul bisogno di un maggiore investimento pubblico. Al quale si aggiungono anche mostri, tecnologie aliene e Mormoni spaziali.
Adesso vi restituiamo al vostro regolarmente previsto pronostico avverso del 21° secolo.
[1] The Expanse è una serie televisiva statunitense di fantascienza sviluppata da Mark Fergus e Hawk Ostby e basata sull’omonima serie letteraria, una space opera scritta da Daniel Abraham e Ty Franck sotto lo pseudonimo di James S. A. Corey. (Wikipedia)
[2] Letteralmente, dovrebbero essere dei “cantanti di canzoni”; cosa c’entri con gli asteroidi lo ignoro.
[3] Trump propose, due anni fa, un taglio spettacolare alle spese per le tessere alimentari ed una loro sostituzione con pacchi di alimenti contenenti latte, pasta, burro di arachidi, carne e frutta e verdura inscatolate. Probabilmente, l’idea deriva da una certa ossessione repubblicana – che venne resa esplicita da Reagan ai suoi tempi – contro la ‘finanziarizzazione’ degli aiuti alimentari, che, a suo dire, permetteva ai giovanotti neri di comprarsi bistecche, anziché generi di prima necessità. Non mi pare che però sia stata messa in pratica.
By mm
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