Nov. 28, 2019
By Paul Krugman
So the imaginary “war on Christmas” wasn’t enough. Donald Trump and Fox News are now accusing progressives of waging a war on Thanksgiving, too, based on, well, nothing. But do Trump and his band of bigots even understand what Thanksgiving is about? If they did, they would hate this most American of holidays.
After all, the Pilgrims were refugees fleeing persecution by the English monarchy, which at the time was still an autocratic regime. They were, in other words, exactly the kind of people Trump and company want to keep out.
Furthermore, the traditional portrait of the first Thanksgiving is as a moment of racial tolerance and multiculturalism: European immigrants sharing a feast with Native Americans. That moment didn’t last: Much of New England’s native population was wiped out over the next few decades. And such an outcome may well have been inevitable. But we still celebrate the tale of a benign meeting of races and cultures.
Thanksgiving became an official holiday thanks to an 1863 proclamation by Abraham Lincoln. This was only a few months after he signed the Emancipation Proclamation and just a few weeks before he would deliver the Gettysburg Address, in which he declared that America is a nation dedicated to the proposition that all men are created equal. So Thanksgiving as we now celebrate it also commemorates the struggle to end slavery.
Finally, Thanksgiving is thoroughly nondenominational. Lincoln’s proclamation gave thanks to Almighty God, but was vague about the Almighty’s nature. There’s nothing about the holiday that reserves it for believers in any particular religion, or in fact any formal religion at all, and it’s open to all cultures. The Times recently reported on the growing popularity of Thanksgiving turkey prepared in the style of Chinese roast duck; nothing could be truer to the holiday’s spirit.
Thanksgiving is, in short, a truly American holiday. Not only is it unique to our country, it’s a celebration of the values that actually make America great: openness to people who look or act differently, religious tolerance, sympathy for the persecuted, belief in human equality.
True, all too often we pay only lip service to these values; there have been many dark chapters in our nation’s history. But we’ve always managed to emerge from the darkness. Sometimes that emergence took generations; the Jim Crow era in the South lasted close to a century, and isn’t entirely gone even now. Still, time and again, from the abolitionists to the civil rights movement, from women’s suffrage to L.G.B.T.Q. rights, America’s ideals have eventually prevailed, and we have returned to the nation’s core values.
We are now living through another of those dark chapters. Trump and company are, without question, white nationalists whose values are far closer to those of European blood-and-soil authoritarians than they are to the American tradition. And the entire Republican Party appears ready to back Trump no matter how completely he betrays not just American values, but American interests.
Furthermore, there’s no guarantee that we will emerge from this dark chapter as the nation we used to be. It’s true that Trump is an unusually unpopular president; but his approval rating, at around 40 percent or a bit more, is if anything higher than the approval Viktor Orban commanded as he dismantled Hungary’s democracy. And Trump, like European white nationalists, is doing his best to remove all the guardrails that were supposed to limit abuse of power, while delegitimizing all opposition.
But while an alarming number of Americans seem O.K. with this authoritarian program and embrace of intolerance, the rest of the nation seems reassuringly committed to an open society.
Trump’s efforts to spread fear of brown people actually seem to have backfired: Popular belief that immigrants make a positive contribution to America is at its highest point in decades.
Furthermore, while Trump may have as many supporters as rising autocrats abroad, he faces much more determined resistance. Opposition to Hungary’s Fidesz or Poland’s Law and Justice party seemed demoralized and disorganized from the start; Trump’s opposition has, when all is said and done, been spirited and cohesive. And the reason isn’t just personalities; impressive as Nancy Pelosi and Adam Schiff are, both the Democratic midterm victory and the effectiveness of the impeachment inquiry ultimately reflect the commitment of many ordinary Americans to sustaining our core values.
That said, we could still very well lose it all. But then that was also true when Lincoln first made Thanksgiving a national holiday. Even as he celebrated America’s strengths, the nation was in the depths of civil war, and despite Gettysburg and Vicksburg, Union victory was far from assured.
The point is that Thanksgiving isn’t a celebration of national triumph; it’s a celebration of the better angels of America’s nature. That’s why it’s a holiday true patriots, who believe in our nation’s underlying values, should love — and one people like Trump and his supporters should hate.
Perchè Trump dovrebbe odiare il ‘Giorno del Ringraziamento’.
di Paul Krugman
Dunque, l’immaginaria “guerra sul Natale” non era abbastanza. Adesso Donald Trump e Fox News stanno anche accusando i progressisti di lanciarsi in una guerra sul ‘Giorno del Ringraziamento’, basandosi, ebbene, su nulla. Ma Trump e la sua banda di faziosi sanno almeno che cosa riguardi quella festività? Se lo sapessero, essi odierebbero questa festa tipicamente americana.
Dopo tutto, i Pellegrini erano rifugiati che fuggivano dalla persecuzione della monarchia inglese, che al tempo era ancora un regime autocratico. Erano, in altre parole, esattamente il genere di persone che Trump e compagnia vogliono tener fuori.
Inoltre, la tradizionale rappresentazione del primo Thanksgiving è un episodio di tolleranza razziale e di multiculturalismo: immigrati europei che condividono una festa con i nativi americani. Quel momento non durò: buona parte della popolazione nativa del New England venne spazzata via nel corso dei pochi decenni successivi. Eppure ancora celebriamo il racconto di un incontro benigno di razze e di culture.
Il Thanksgiving divenne una festività ufficiale a seguito della proclamazione da parte di Abramo Lincoln nel 1863. Questo accadde solo pochi mesi dopo che egli sottoscrisse la Proclamazione di Emancipazione e solo poche settimane prima che egli pronunciasse il Discorso di Gettysburg, nel quale dichiarava che l’America è una Nazione che si ispira all’idea che tutti gli uomini sono creati uguali. Dunque, il Thanksgiving che oggi celebriamo commemora anche la lotta per far finire la schiavitù.
Infine, il Thanksgiving è scrupolosamente non confessionale. La proclamazione di Lincoln rendeva grazie a Dio Onnipotente, ma sulla natura dell’Onnipotente restava vaga. Non c’è niente nella festa che la riservi ai credenti di una particolare religione, o neanche di fatto a qualsiasi formale religione: essa è aperta a tutte le culture. Di recente il Times ha pubblicato una inchiesta sulla crescente popolarità del tacchino del giorno del ringraziamento preparato sul genere dell’anatra arrosto cinese: niente potrebbe essere più aderente allo spirito della festa.
Il Thanksgiving è, in poche parole, una vera festa americana. Non solo è unica nel nostro paese, essa è una celebrazione dei valori che effettivamente rendono grande l’America: apertura alle persone che appaiono o agiscono diversamente, tolleranza religiosa, simpatia per i perseguitati, fede nella eguaglianza umana.
È vero, anche troppo spesso noi offriamo solo una adesione di facciata a questi valori; ci sono stati molti capitoli bui nella storia della nostra nazione. Ma siamo sempre riusciti a riemergere dal buio. Talvolta quel riemergere ha richiesto generazioni: l’epoca di Jim Crow nel Sud durò circa un secolo, e non è interamente finita neppure adesso. Eppure, ripetutamente, dagli abolizionisti al movimento dei diritti civili, dal voto alle donne ai diritti di ogni tendenza sessuale e identità di genere, gli ideali dell’America alla fine hanno prevalso, e siamo tornati ai valori cruciali della nazione.
Oggi stiamo passando attraverso uno di quei capitoli bui. Trump e compagnia sono, senza alcun dubbio, nazionalisti bianchi i cui valori sono più vicini ai despoti europei del genere ‘sangue-e-terra’ di quanto non lo siano alla tradizione americana. E l’intero Partito Repubblicano sembra pronto a seguire Trump a prescindere da quanto egli tradisca non solo i valori americani, ma gli interessi americani.
Inoltre non c’è garanzia che verremo fuori da questo capitolo buio per tornare ad essere la nazione che eravamo un tempo. È vero che Trump è inusualmente impopolare come Presidente; ma il suo livello di consensi, attorno al 40 per cento o un po’ di più, è semmai più alto dei consensi controllati da Viktor Orban nel mentre smantellava la democrazia ungherese. E Trump, come i bianchi nazionalisti europei, sta facendo del suo meglio per rimuovere tutte le barriere che si supponeva limitassero l’abuso del potere, nel mentre delegittima tutte le opposizioni.
Ma mentre un allarmante numero di americani sembra a suo agio con questo programma autoritario e con questo abbraccio dell’intolleranza, il resto della nazione sembra impegnato in modo rassicurante a favore di una società aperta.
Gli sforzi di Trump per seminare la paura per la gente di colore sembrano in effetti ritorcersi contro di lui: il convincimento popolare che gli immigranti realizzino un contributo positivo all’America è ai livelli più alti da decenni.
Inoltre, se Trump può avere altrettanti sostenitori degli autocrati stranieri in ascesa, fa i conti con una resistenza mollto più determinata. L’opposizione all’ungherese Fidesz o alla polacca Legge e Giustizia è sembrata demoralizzata e disorganizzata sin dall’inizio; l’opposizione a Trump, alla fine dei conti, è stata vivace e coesa. E la ragione non sono soltanto le personalità: per quanto Nancy Pelosi e Adam Schiff siano ammirevoli, sia la vittoria democratica nelle elezioni di medio termine che da ultimo l’efficacia dell’indagine sulla messa in stato d’accusa, riflettono l’impegno di molti americani comuni nel sostenere i nostri valori di fondo.
Ciò detto, potremmo davvero ancora perdere tutto. Ma quello era anche vero quando Lincoln per primo creò il Giorno del Ringraziamento come festa nazionale. Persino quando egli celebrava i punti di forza dell’America, la nazione era nell’abisso di una guerra civile, e nonostante Gettysburg e Vicksburg, la vittoria dell’Unione era lungi dall’essere garantita.
Il punto è che il Thanksgiving non è la celebrazione di un trionfo nazionale: è la celebrazione dei migliori tesori della natura dell’America. Questa è la ragione per la quale è una giornata dei veri patrioti, che credono nei valori profondi della nostra nazione – ed è una giornata che persone come Trump e i suoi sostenitori dovrebbero odiare.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"