Jan 13, 2020
By Paul Krugman
Make no mistake: Health care will be on the ballot this November. But not in the way ardent progressives imagine.
Democrats running for president have spent a lot of time debating so-called Medicare for all, with some supporters of Bernie Sanders claiming that any politician who doesn’t demand immediate implementation of single-payer health care is a corporate tool, or something. But the reality is that whatever its merits, universal, government-provided health insurance isn’t going to happen anytime soon.
I say this because even if Democrats take the Senate in addition to the White House, the votes for eliminating private health insurance won’t be there; nor will the kind of overwhelming public support that might change that calculus. In practice, any of the Democratic candidates — even Sanders — will, if victorious, end up building on and improving Obamacare.
On the other hand, if Donald Trump wins, he will probably find a way to kill Obamacare, and tens of millions of Americans will lose health coverage.
Let’s talk for a minute about Obamacare. There’s a sort of perverse alliance between Republicans and some progressives, both of whom are determined, albeit for different reasons, to see the Affordable Care Act as a failure.
These downbeat assessments are made easier by the fact that the A.C.A. left much of its implementation up to the states, and that national performance has been held down by states that have done their best to sabotage health reform.
But look at states that have tried to make the law work, and what you see is a huge if incomplete policy success. Take the case of California. In 2010, before the A.C.A. went into effect, 21 percent of nonelderly Californians were uninsured, above the national average. By 2016 the uninsurance rate had dropped to 8 percent. And Californians with pre-existing medical conditions saw an enormous improvement in their health and financial security.
Now, 8 percent uninsured is still too many, and even those with insurance often face high out-of-pocket costs. But relatively minor improvements in the law, especially a modest increase in the generosity of insurance subsidies, could substantially improve both the quality and the quantity of coverage.
Does pointing out the possibility of incremental progress mean giving up on a truly universal system? No. By all means let’s make something more ambitious, such as Medicare for all, a long-term goal. But this goal shouldn’t stand in the way of policies that would immediately benefit millions of Americans, and save thousands of lives.
And while we debate the ideal health system, we mustn’t forget that Trump and his allies are as determined as ever to undo the progress we’ve made.
It’s true that so far repeated Republican attempts to destroy the Affordable Care Act have failed. In 2012 the Supreme Court rejected claims that the whole law was unconstitutional. In 2017 a Republican-controlled Congress narrowly failed to repeal Obamacare. And a variety of narrower efforts to undermine health reform and send insurance markets into a “death spiral” have fallen short: Markets seem to have stabilized, and one by one, states that initially rejected Medicaid expansion have been relenting.
But the people who want to take away your health care haven’t given up.
The latest attempt is a lawsuit claiming that the 2017 tax cut, which reduced the penalty for not having insurance to $0, somehow made the entire Affordable Care Act unconstitutional. It’s a ludicrous claim, both in terms of substance — would the law suddenly become constitutional if the penalty were a penny? — and because it’s clear that this was not legislators’ intention.
But the Trump administration has joined the suit and a partisan Republican judge has indeed ruled that the A.C.A. as a whole should be struck down.
Clearly, this case is headed for the Supreme Court. But Trump doesn’t want it heard until after the election.
Why does Trump want to leave this court case hanging? Partly because his side would probably lose. As I said, the lawsuit is ludicrous, although, given the partisanship of Republican-appointed judges, it might prevail anyway.
Beyond that, however, Trump’s political health care strategy is to flat-out lie about what he has done and is trying to do. On Monday he made the breathtakingly dishonest claim that he is “the person who saved pre-existing conditions” — breathtaking because he has tried at every stage to remove the protections for Americans with pre-existing conditions created by the Affordable Care Act.
And while Trump, who lies constantly, often seems to pay little penalty for those lies, this one — which touches the lives of millions of voters — would be thrown into sharp relief if the case were heard by the Supreme Court. He wants to take away your health care, but he doesn’t want you to see him doing it until the election is behind him.
So that’s the real health care issue this year. Will it be expanded coverage under a Democrat — it probably doesn’t matter much which one — or will it be tens of millions of newly uninsured Americans under Trump?
Il complotto di Trump contro l’assistenza sanitaria continua,
di Paul Krugman
Non fate errori: questo novembre l’assistenza sanitaria sarà sulle schede elettorali. Ma non nel modo in cui i progressisti più ferventi si immaginano.
I democratici in lizza per la candidatura presidenziale hanno speso molto tempo a discutere del cosiddetto Medicare-per-tutti, con alcuni sostenitori di Bernie Sanders che hanno sostenuto che ogni politico che non chieda l’immediata realizzazione di una assistenza sanitaria con un unico centro di pagamenti sarebbe alle dipendenze delle grandi imprese, o qualcosa del genere. Ma la realtà è che, a prescindere dai suoi meriti, una assicurazione sanitaria universalistica e fornita dal Governo non è destinata ad avverarsi in breve tempo.
Dico questo perché, se anche i democratici si aggiudicassero il Senato oltre alla Casa Bianca, i voti per eliminare le assicurazioni sanitarie private non ci saranno; come non ci sarà quel tipo di schiacciante sostegno pubblico che potrebbe cambiare quella stima. In pratica, chiunque tra i candidati democratici – persino Sanders – finirà, se vittorioso, col potenziare e migliorare la riforma sanitaria di Obama.
D’altra parte, se vince Donald Trump, alla fine troverà un modo per liquidare quella riforma, e decine di milioni di americani perderanno la loro copertura sanitaria. Si pensi un attimo all’Obamacare. C’è una sorta di perversa convergenza tra i repubblicani ed alcuni progressisti; entrambi sono determinati, sebbene per diverse ragioni, a considerare la Legge sulla Assistenza Sostenibile (ACA) un fallimento.
Questi giudizi liquidatori sono resi più semplici dal fatto che l’ACA ha consegnato una buona parte della sua messa in atto agli Stati, e che l’andamento nazionale è stato peggiorato da quegli Stati che hanno fatto del loro meglio per sabotare la riforma sanitaria.
Ma si guardi agli Stati che hanno cercato di far funzionare la legge, e quello che si osserva è un grande, anche se incompleto, successo politico. Si prenda il caso della California. Nel 2010, prima che l’ACA entrasse in funzione, il 21 per cento dei californiani non anziani [1] non era assicurato, un dato superiore alla media nazionale. Con il 2016 il tasso di non assicurazione era sceso all’8 per cento. E i californiani con patologie sanitarie preesistenti hanno conosciuto un enorme miglioramento nella loro salute e nella sicurezza finanziaria.
Ora, l’8 per cento di non assicurati sono ancora troppi, e persino gli assicurati spesso fanno i conti con elevati costi di tasca propria. Ma miglioramenti relativamente secondari nella legge, particolarmente un modesto incremento nella generosità dei sussidi assicurativi [2] , potrebbero migliorare sostanzialmente sia la qualità che la quantità della copertura assicurativa.
Mettere in evidenza la possibilità di un progresso graduale, significa rinunciare ad un sistema realmente universalistico? No. Esso consente certamente di realizzare qualcosa di più ambizioso, come il Medicare-per-tutti, come obbiettivo a lungo termine. Ma questo obbiettivo non dovrebbe essere di ostacolo a politiche che sarebbero un beneficio immediato per milioni di americani, e salverebbero migliaia di vite.
E mentre noi discutiamo del sistema sanitario ideale, non ci dobbiamo dimenticare che Trump e i suoi amici sono determinati come non mai a distruggere i progressi che abbiamo realizzato.
È vero che sinora i ripetuti tentativi repubblicani di distruggere la Legge sulla Assistenza Sostenibile sono falliti. Nel 2012 la Corte Suprema ha rigettato le istanze per dichiarare incostituzionale l’intera legge. Nel 2017 un Congresso controllato dai repubblicani non è riuscito per pochi voti ad abrogare l’Obamacare. Neppure hanno avuto buon esito una varietà di sforzi più circoscritti per mettere e repentaglio la riforma sanitaria e indurre i mercati assicurativi in una “spirale fatale”: i mercati sembrano essersi stabilizzati ed, uno ad uno, gli Stati che inizialmente avevano respinto l’ampliamento di Medicaid sono venuti cedendo.Ma le persone che vogliono togliere di mezzo la vostra assistenza sanitaria non si sono rassegnate.
L’ultimo tentativo è una causa legale che sostiene che il taglio delle tasse del 2017, che ha ridotto a zero dollari l’ammenda per chi non ha assicurazione, in qualche modo renderebbe l’intera Legge sulla Assistenza Sostenibile incostituzionale. È un argomento grottesco, sia in termini di sostanza – la legge diventerebbe d’un tratto costituzionale con una ammenda di un centesimo? – sia perché è chiaro che non era questa l’intenzione del legislatore.
Ma l’Amministrazione Trump ha aderito alla causa legale e un fazioso giudice repubblicano ha in effetti deliberato che l’intera riforma sanitaria dovrebbe essere revocata.
Chiaramente, questo caso è di competenza della Corte Suprema. Ma Trump non vuole sentirne parlare sino a dopo le elezioni.
Perché Trump vuole lasciare in sospeso questo processo? In parte perché probabilmente il suo schieramento perderebbe. Come ho detto il ricorso è grottesco, sebbene, data la faziosità dei giudici nominati dai repubblicani, potrebbe comunque prevalere.
Oltre a ciò, tuttavia, la strategia politica in materia di sanità da parte di Trump consiste nel mentire senza mezzi termini su quello che ha fatto ed ha cercato di fare. Lunedì ha affermato con stupefacente disonestà di essere “la persona che ha salvato coloro che hanno patologie preesistenti” [3] – stupefacente perché egli ha cercato ad ogni passaggio di rimuovere le protezioni create dalla riforma sanitaria per coloro che hanno patologie preesistenti.
E mentre Trump, che mentisce in continuazione, sembra spesso pagare un prezzo modesto per queste bugie, in questo caso – che tocca le vite di milioni di elettori – le sue opinioni sarebbero messe in forte rilievo se fosse ascoltato dalla Corte Suprema. Lui vuole togliervi l’assistenza sanitaria, ma non vuole farlo finché ha le elezioni in corso.
Dunque, è questo il vero tema della assistenza sanitaria quest’anno. La sua copertura sarà ampliata sotto un democratico – probabilmente non è così importante quale – oppure decine di milioni di americani diverranno nuovamente non assicurati sotto Trump?
[1] Perché gli anziani ultrasessantacinquenni sono coperti dal programma federale Medicare. Ovvero hanno una assicurazione pubblica.
[2] Dall’articolo in connessione di Dylan Scott, apparso su VOX del marzo del 2019, si comprende che la proposta di un miglioramento della legge – avanzata a quell’epoca dai democratici – consisterebbe soprattutto in un aumento dei sussidi fiscali per i detentori di redditi medio bassi, e in un innalzamento della soglia di accesso a tali facilitazioni fiscali.
[3] Forse è il caso di tornare a spiegare perché queste patologie vengono definite “preesistenti”. Il punto è che può capitare di frequente di cambiare assicurazione. La precedente assicurazione non penalizzava particolari patologie sanitarie – sia che fosse a carico del paziente sia che fosse pagata dal datore di lavoro – ma in tutti quei casi nei quali si cambia lavoro, o si perde la condizione contrattuale che metteva l’assistenza a carico del datore di lavoro, occorre una nuova assicurazione. Sennonché il nuovo assicuratore, prima della riforma di Obama, era libero di imporre costi assai più elevati a tutti coloro che avevano bisogno di assicurazione per patologie che esistevano in precedenza. Se si soffriva di cardiopatie o di diabete o di cancro, ad esempio, quelle malattie non erano più coperte dalla nuova assicurazione, se non pagando molto di più. La riforma di Obama proibiva tali penalizzazioni, stabilendo il diritto di ognuno ad una assistenza di base sostenibile. Ovviamente, questo comportava un cambiamento radicale nell’economia assicurativa, che la riforma obamiana otteneva in questo modo: stabilendo un obbligo alla assicurazione per tutti, anche per le persone in salute; proibendo alle assicurazioni trattamenti discriminanti; dando sussidi pubblici alle famiglie più povere perché potessero pagare l’assicurazione; mettendo delle tasse a carico dei più ricchi per compensare i maggiori costi pubblici.
By mm
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