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Trump sta anche abusando del suo potere tariffario, di Paul Krugman (New York Times, 23 gennaio 2020)

 

Jan 23, 2020

Trump Is Abusing His Tariff Power, Too

By Paul Krugman

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So here’s the story: Donald Trump has abused the powers of his office to threaten a U.S. ally. His threat is probably illegal; his refusal to produce documents about his decision process is definitely illegal. And his claims about the motivation for his actions don’t pass the laugh test.

You probably think that I’m talking about Trump’s attempt to pressure Ukraine into producing political dirt on Joe Biden by withholding aid, and the subsequent cover-up — you know, the stuff for which he has been impeached (and that half the country believes should lead to his removal from office). But there’s another, somewhat similar story: his repeated threats to impose prohibitive tariffs on imports of automobiles from Europe.

Granted, the auto tariff story isn’t as vile as the Ukraine story, and it poses less of a direct threat to a fair election. But it’s recognizably part of the same syndrome: abuse of presidential power, contempt for the rule of law, and dishonesty about motivations.

Some background: U.S. tariffs — taxes on imports — are normally set the same way we set other taxes, through legislation that must pass Congress and then be signed by the president. The law does, however, give the president discretion to impose temporary tariffs under certain circumstances, for example to give U.S. industries a breathing space in the face of sudden import surges, to counter foreign export subsidies or to protect national security (Section 232).

Until Trump, Section 232 cases were rare. He has, however, used the national security justification for tariffs with abandon, and zero regard for plausibility. Canadian aluminum poses a national security risk? Really?

And so it was that in 2018 the Trump administration announced that it was beginning a Section 232 investigation of auto imports, especially from Europe and Japan. Every trade expert I know considered the notion that German or Japanese cars constitute a threat to national security absurd. Nonetheless, in 2019 a report from the Commerce Department concluded that auto imports do, indeed, endanger national security.

What was the basis for this conclusion? Well, we don’t actually know — because the Trump administration has refused to release the report.

This stonewalling is clearly illegal. The statute requires that all portions of the Commerce report that don’t contain classified or proprietary information be published in the Federal Register, and it’s hard to believe that any of the report contains such information, let alone the whole thing. Furthermore, Congress inserted a provision in a spending bill last month specifically requiring that the Trump administration turn over the report.

Why won’t Trump obey the law and hand over the document? My guess is that his people are afraid to let anyone see the Commerce report because it’s embarrassingly thin and incompetent. To be honest, I have some doubts about whether the report even exists. Remember, the Commerce Department is run by Wilbur Ross, whom readers of my colleague Gail Collins voted Trump’s worst cabinet member, which is quite a distinction given the competition.

Beyond all that, why does Trump even want to impose tariffs on European cars? Obviously it has nothing to do with national security. But what’s it really about?

Part of the answer may be that the self-proclaimed Tariff Man still believes that protectionism will revive American manufacturing, even though the evidence says that his trade war had the opposite effect.

Beyond that, it appears that Trump tried to use the threat of auto tariffs to bludgeon European nations into backing him up in his confrontation with Iran. This is, by the way, a clear violation both of U.S. law, which does not give the president discretion to impose tariffs for reasons unrelated to economics, and of our international agreements, which prohibit this kind of bullying.

And remember, the nations Trump was trying to bully are or were among our most important allies, part of the coalition of democracies we used to call the Free World. These days, our erstwhile allies can no longer consider America a reliable partner, on trade or anything else. Of course, that probably doesn’t bother Trump, who prefers autocrats like Vladimir Putin and Mohammed bin Salman.

So how should we think about the auto tariff saga? At one level it’s part of the broader story of Trump’s trade war, which has raised prices for American consumers, hurt U.S. businesses and farmers and deterred business investment by creating uncertainty.

But these economic considerations are, I’d argue, much less important than the political aspects. Trump’s scofflaw behavior with regard to auto tariffs is part of a broader pattern of abuse of power and contempt for the rule of law. On every front, Trump treats U.S. policy as a tool he can deploy as he chooses, in his own interests, without seeking congressional approval or even informing Congress about what he’s doing or why.

Basically, the man in the White House operates on the principle that l’état, c’est Trump. It’s a principle nobody who believes in American ideals should accept.

 

Trump sta anche abusando del suo potere tariffario,

di Paul Krugman

 

Dunque, la storia è questa: Trump ha abusato dei poteri del suo ufficio per minacciare un alleato degli Stati Uniti. La sua minaccia è probabilmente illegale; il suo rifiuto di esibire documenti a proposito della procedura della sua decisione è di sicuro illegale. E i suoi argomenti sui motivi delle sue iniziative provocano ilarità.

Probabilmente pensate che stia parlando dei tentativi di Trump di spingere l’Ucraina a macchiare politicamente Joe Biden trattenendo gli aiuti, e al successivo insabbiamento – sapete, la storia per la quale è stato messo in stato d’accusa (e che secondo metà del paese dovrebbe portare al suo allontanamento dalla carica). Ma c’è un’altra storia, in qualche modo simile: le sue ripetute minacce di imporre tariffe proibitive sulle importazioni di automobili dall’Europa.

Ammetto che la storia delle tariffe sulle auto non sia altrettanto abietta di quella ucraina, e costituisca qualcosa di meno di una minaccia diretta verso elezioni eque. Ma essa è visibilmente parte della stessa sindrome: abuso di potere presidenziale, disprezzo dello stato di diritto e disonestà sulle motivazioni.

Un po’ di contesto: le tariffe statunitensi – le tasse sulle importazioni – sono normalmente stabilite con la stessa procedura che fissiamo per le altre tasse, attraverso una legge che deve essere approvata dal Congresso e poi sottoscritta dal Presidente. Tuttavia, la legge dà effettivamente al Presidente la discrezione di imporre, in certe circostanze, tariffe provvisorie, ad esempio per dare alle industrie statunitensi il tempo di respirare dinanzi ad una improvvisa impennata delle importazioni, per contrastare i sussidi stranieri alle esportazioni o per proteggere la sicurezza nazionale (Sezione 232).

Fino a Trump, i casi della Sezione 232 erano stati rari. Egli ha tuttavia utilizato la giustificazione della sicurezza nazionale con entusiasmo, e con nessuna considerazione della plausibilità. L’alluminio canadese costituisce un rischio per la sicurezza nazionale? Per davvero?

E così accadde che nel 2018 l’Amministrazione Trump annunciò che stava avviando un’indagine sull’importazione di automobili, in particolare dall’Europa e dal Giappone. Tutti gli esperti che conosco considerano assurda l’idea che le macchine europee o giapponesi costituiscano una minaccia alla sicurezza nazionale. Nondimeno, nel 2019 un rapporto del Dipartimento del Commercio concluse che le importazioni di automobili, in effetti, minacciavano la sicurezza nazionale.

Su quali basi si giunse a questa conclusione? Ebbene, in realtà non lo sappiamo – perché l’Amministrazione Trump ha rifiutato di pubblicare il rapporto.

Quel boicottaggio è chiaramente illegale. Lo Statuto prevede che tutte le parti del rapporto del Commercio che non contengono informazioni riservate o relative a brevetti siano pubblicate nel Registro Federale, ed è difficile credere che qualsiasi parte del rapporto contenga informazioni del genere, per non dire il rapporto nella sua interzza. Inoltre, il Congresso ha inserito il mese scorso in una legge di spesa una disposizione che chiede specificamente che l’Amministrazione Trump consegni il rapporto.

Perché Trump non obbedirà alla legge e non consegnerà il documento? La mia impressione è che i suoi uomini abbiano paura di consentire a tutti di vedere il rapporto del Commercio per la sua imbarazzante inconsistenza e incompetenza. Si rammenti che il Dipartimento del Commercio è diretto da Wilbur Ross, che i lettori della mia collega Gail Collins hanno nominato il peggior membro del gabinetto di Trump [1], il che, considerata la competizione, è quasi un titolo di merito.

Oltre a tutto ciò, per quale ragione Trump persino desidera di imporre tariffe sulle auto europee? Ovviamente, ciò non ha niente a che vedere con la sicurezza nazionale. Cosa riguarda, realmente?

In parte la risposta potrebbe essere che l’autoproclamotosi Uomo delle Tariffe crede ancora che il protezionismo rianimerà il settore manifatturiero americano, anche se le prove dicono che la sua guerra commerciale ha avuto l’effeto opposto.

Inoltre, sembra che Trump abbia cercato di utilizzare la minaccia delle tariffe sulle automobili come un randello verso le nazioni europee, perché lo seguano nel suo scontro con l’Iran. Tra parentesi, questa è sia una chiara violazione della legge statunitense, che non dà al Presidente la discrezione di imporre tariffe per ragioni non connesse all’economia, che dei nostri accordi internazionali, che proibiscono prevaricazioni di questo tipo.

E si ricordi che le nazioni che Trump stava cercando di intimidire sono o erano tra i nostri più importanti alleati, parte della coalizione di democrazie che un tempo chiamavamo il Mondo Libero. Di questi tempi i nostri alleati di un tempo non considerano più l’America un partner affidabile, sul commercio come su tutto il resto. Naturalmente, non è probabile che questo disturbi Trump, che preferisce gli autocrati come Vladimir Putin e Mohammed bin Salman.

Cosa dovremmo pensare della saga delle tariffe sulle auto? Per un aspetto essa è parte della storia più generale della guerra commerciale di Trump, che ha alzato i prezzi per i consumatori americani, danneggiato le imprese e gli agricoltori statunitensi e scoraggiato gli investimenti di impresa creando incertezza.

Ma queste considerazioni economiche, a mio avviso, sono meno importanti degli aspetti politici. Il comportamento di Trump a proposito delle tariffe sulle auto, come uno che se ne infischia di tutte le conseguenze, fa parte di uno schema più generale di abuso del potere e di disprezzo per lo stato di diritto. Su ogni fronte, Trump tratta la politica americana come uno strumento che può adoperare a piacimento, nei suoi stessi interessi, senza cercare l’approvazione del Congresso e senza neppure informarlo di quello che sta facendo e delle ragioni per le quali lo fa.

Fondamentalmente, l’uomo alla Casa Bianca opera secondo il principio per il quale “l’etat c’est Trump”. È un principio che nessuno che crede negli ideali americani dovrebbe accettare.

 

 

 

 

 

 

[1] Gail Collins è una giornalista del New York Times, ed ha fatto quel sondaggio tra i suoi lettori.

 

 

 

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