Articoli sul NYT

Warren, Bloomberg e quello che conta per davvero, di Paul Krugman (New York Times, 20 febbraio 2020)

 

Feb 20,2020

Warren, Bloomberg and What Really Matters

By Paul Krugman

zz 516

Wednesday’s Democratic debate was far more informative than previous debates. What we learned, in particular, was that as a presidential candidate, Michael Bloomberg is a great businessman — and that Elizabeth Warren remains a force to be reckoned with.

Both lessons ran very much counter to the narrative that the news media has been telling in recent weeks. On one side, there has been a palpable eagerness on the part of some news organizations and many pundits to elevate Bloomberg; on the other side, complaints by Warren supporters about her “erasure” from news coverage and polling aren’t wrong.

What does all this mean for the nomination? I have no idea. But maybe the Warren-Bloomberg confrontation will help refocus discussion away from so-called Medicare for all — which isn’t going to be enacted, no matter who wins — to an issue where it matters a lot which Democrat prevails. Namely, are we going to do anything to rein in the financialization of the U.S. economy?

During the U.S. economy’s greatest generation — the era of rapid, broadly shared growth that followed World War II — Wall Street was a fairly peripheral part of the picture. When people thought about business leaders, they thought about people running companies that actually made things, not people who got rich through wheeling and dealing.

 

But that all changed in the 1980s, largely thanks to financial deregulation. Suddenly the big bucks came from buying and selling companies as opposed to running them.

In many cases, these financial deals saddled companies with crippling levels of debt, often ending in bankruptcy and job destruction — a process that continues to this day. There was also an epidemic of financial fraud and racketeering, exemplified by the career of Michael Milken, the junk-bond king Donald Trump just pardoned.

And the financial sector itself doubled as a share of the economy, which meant that it was pulling lots of capital and many smart people away from productive activities.

For there is no evidence that Wall Street’s mega-expansion made the rest of the economy more efficient. On the contrary, growth in family incomes slowed down as finance rose — although a few people became immensely rich. And the runaway growth of finance set the stage for the worst economic crisis since the Great Depression.

It also made Michael Bloomberg a billionaire.

Now, I wasn’t being sarcastic in calling Bloomberg a great businessman. He is. And to his credit, he himself hasn’t, as far as I know, engaged in destructive financial wheeling and dealing. Instead, he got rich by selling equipment to destructive wheeler-dealers.

For those who don’t know what I’m talking about, I’m referring to the famous Bloomberg Terminal, a proprietary computer system that gives subscribers real-time access to large quantities of financial data. This access is incredibly expensive — a subscription costs around $24,000 a year. But it’s a must-have in the financial industry, because traders with Bloomberg Terminals can react to market events a few minutes faster than those without.

It’s an extremely profitable business. But is it good for the economy? No.

After all, does getting financial information a few minutes earlier do anything significant to improve real-world business decisions that affect jobs and productivity? Surely not. Bloomberg has, in effect, made his billions off a financial arms race that costs vast sums but leaves everyone pretty much back where they started.

Which brings me to Elizabeth Warren.

Warren stumbled badly, making herself a long shot for the nomination, by trying to appease supporters of Bernie Sanders. She endorsed proposals for radical health care reform that have almost no chance of becoming reality, and she was raked over the coals about paying for those proposals even though Sanders himself has offered few clues about his own plans.

But before all that, Warren had made a name for herself as a crusader against financial industry fraud and excess.

It wasn’t just talk. One key piece of the reforms instituted after the 2008 financial crisis, the creation of the Consumer Financial Protection Bureau, was Warren’s brainchild. Furthermore, by all accounts the bureau was wildly successful, saving ordinary families billions, until the Trump administration set about eviscerating it.

And here’s the thing: Financial reform, unlike health care, is an area in which it might make a big difference which Democrat becomes president. It’s true that other candidates — including Bloomberg! — have endorsed Warren-type reforms. But it is, I think, fair to ask how committed they would be in practice, and also whether they would squander their political capital on unwinnable fights, which is my big concern about Sanders.

Again, aside from the clear damage to Bloomberg, I have no idea how or if Wednesday’s debate will affect the Democratic race. But it may have helped remind Democrats that corruption, fraud and the excesses of Wall Street in particular can be potent political issues — especially against a president who is both personally corrupt and so obviously a friend to fraudsters.

 

Warren, Bloomberg e quello che conta per davvero,

di Paul Krugman

 

Il dibattito di mercoledì dei democratici è stato più istruttivo dei dibattiti precedenti. Quello che, in particolare, abbiamo imparato è stato che un candidato alla Presidenza, Michael Bloomberg, è un grande uomo di impresa – e che Elizabeth Warren resta una forza con la quale fare i conti.

Entrambe le lezioni vanno contro la narrazione che i media dell’informazione sono venuti proponendo nelle settimane recenti. Da una parte, c’è stato un palpabile fervore da parte di alcune agenzie giornalistiche e di molti commentatori nell’ingrandire Bloomberg; dall’altra, le lamentele da parte dei sostenitori della Warren per la sua “cancellazione” dai resoconti nei notiziari e nei sondaggi non sono infondate.

Che cosa tutto questo comporta per la candidatura? Non ne ho idea. Ma forse lo scontro Warren-Bloomberg aiuterà a rimettere a fuoco il dibattito dal cosiddetto Medicare-per-tutti – che non è destinato ad essere tradotto in legge, chiunque vinca – a un tema sul quale è molto importante quale sarà il democratico che prevale. Precisamente: abbiamo intenzione di fare qualcosa per mettere un freno alla finanziarizzazione dell’economia statunitense?

Durante la più grande stagione dell’economia degli Stati Uniti – l’epoca della crescita rapida e largamente condivisa che fece seguito alla Seconda Guerra Mondiale – Wall Street era una componente abbastanza secondaria del quadro. Quando la gente pensava ai dirigenti di impresa, pensava alle persone che dirigevano società che effettivamente costruivano cose, non a gente che si arricchiva attraverso intrallazzi.

Ma negli anni ’80 cambiò tutto, in gran parte grazie alla deregolamentazione finanziaria. All’improvviso i grandi capitali vennero dal comprare e dal vendere le società, non dal farle funzionare.

In molti casi, questo affarismo finanziario accollò sulle imprese livelli rovinosi di debiti, che spesso si risolvevano in bancarotte e in distruzione di posti di lavoro – un processo che va avanti anche oggi. Ci fu anche un’epidemia di frodi finanziarie e di delinquenza, esemplificate dalla carriera di Michael Milken [1], il re dei titoli-spazzatura che Donald Trump ha di recente graziato.

E lo stesso settore finanziario raddoppiò come fetta dell’economia, il che significa che spinse grandi quantità di capitali e molte persone intelligenti fuori dalle attività produttive.

Il fatto è che non c’è alcuna prova che la grande espansione di Wall Street abbia reso il resto dell’economia più efficiente. Al contrario, mentre la finanza saliva la crescita dei redditi delle famiglie rallentava – sebbene poche persone diventassero immensamente ricche. E la crescita fuori controllo della finanza predispose la scena per la peggiore crisi economica dopo la Grande Depressione.

Essa fece anche diventare miliardario Michael Bloomberg.

Ora, non ero sarcastico nel definire Bloomberg una grande uomo di impresa. Lo è. E a suo credito, di persona non si è, per quanto ne so, impegnato in distruttivi intrallazzi. Piuttosto, è diventato ricco vendendo attrezzature a intrallazzatori distruttivi.

Per chi non sapesse di cosa sto parlando, mi sto riferendo al famoso Bloomberg Terminal, un sistema brevettato di computer che dava ai sottoscrittori l’accesso in tempo reale a grandi quantità di dati finanziari. Questo accesso è incredibilmente costoso – una sottoscrizione costa circa 24.000 dollari all’anno. Ma nel settore finanziario è considerato un oggetto indispensabile, perché gli operatori con il Bloomberg Terminal possono reagire agli eventi del mercato alcuni minuti più velocemente di coloro che ne sono sprovvisti.

È un affare estremamente profittevole. Ma è anche positivo per l’economia? Niente affatto.

Dopo tutto, dare informazioni finanziarie pochi minuti prima fa qualcosa di significativo nel migliorare le decisioni di impresa del mondo reale che hanno effetti sui posti di lavoro e sulla produttività? Sicuramente no. Di fatto, Bloomberg ha tratto i suoi miliardi da una corsa agli armamenti finanziari che costa somme enormi ma lascia tutti grosso modo al punto di partenza.

La qual cosa mi porta ad Elizabeth Warren.

La Warren è inciampata malamente, rendendo improbabile la sua stessa candidatura, nel cercare di soddisfare i sostenitori di Bernie Sanders. Ha aderito a proposte per una riforma radicale della assistenza sanitaria che non hanno quasi alcuna possibilità di diventare realtà, ed ha subito le prediche su come pagare queste proposte anche se lo stesso Sanders offriva alcuni suggerimenti sui suoi stessi programmi.

Ma prima di tutto quello, la Warren si era fatta un nome come combattente contro le frodi e gli eccessi del settore finanziario.

Non erano solo discorsi. Un punto centrale delle riforme decise dopo la crisi finanziaria del 2008, la creazione dell’Ufficio per la Protezione dell’Utente Finanziario, fu un parto dell’ingegno della Warren. Per di più, da tutti i punti di vista quell’ufficio è stato un clamoroso successo, mettendo in salvo miliardi delle famiglie normali, fino a che l’Amministrazione Trump non ha stabilito di svuotarlo.

E qua è il punto: la riforma finanziaria, diversamente dalla assistenza sanitaria, è un’area nella quale potrebbe fare una grande differenza quale candidato democratico diventasse Presidente. È vero che gli altri candidati – compreso Bloomberg! – hanno appoggiato riforme del genere di quelle proposte dalla Warren. Ma penso sia giusto chiedersi quanto si impegnerebbero nella pratica, ed anche se non disperderebbero il loro capitale politico in battaglie invincibili, che è la mia grande preoccupazione su Sanders.

Ancora, a parte il chiaro danno a Bloomberg, io non ho idea di come e se il dibattito di mercoledì avrà effetti sulla competizione democratica. Ma esso può aver aiutato i democratici a ricordare che la corruzione, le frodi e gli eccessi in particolare di Wall Street possono essere tematiche politiche potenti – specialmente contro un Presidente che è sia personalmente corrotto che così evidentemente amico dei truffatori.

 

 

 

 

 

 

[1] Nel 1977 M. Milken, accortosi delle potenzialità del mercato dei junk bond (obbligazioni con rating inferiore a BBB di Standard & Poor’s), creò le basi per il commercio di queste obbligazioni attraverso la banca Drexel Burnham Lambert. Il suo operato permise di superare i limiti riscontrati dai titoli a rischio, cioè la scarsa liquidità e il rischio di default delle aziende emittenti. Milken, con i capitali e le strutture messe a disposizione dalla Drexel, pose rimedio a questi problemi costruendo un mercato secondario per i junk bond e finanziando gli emittenti in caso di difficoltà economiche. Per ogni titolo rinegoziato sul mercato secondario la Drexel si assicurava una commissione del 2-3%, questo rese la compagnia di Milken la società più remunerativa di Wall Street nel 1987. (Wikipedia)

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"