BRUSSELS – The coronavirus pandemic has triggered a combined negative supply and demand shock of unprecedented intensity. Both are having a significant impact on the production of goods and services, and because everyone’s income ultimately derives from production, household incomes are quickly falling. With many economies already in a downward spiral and heading toward recession, the danger is that the downturn will become a self-perpetuating and ever-deepening rout.
The twin supply and demand shocks are likely to trigger many “domino effects.” Companies with large fixed costs that suffer a sudden fall in income will quickly face financial difficulties, or even bankruptcy. When that happens, the banks and other entities that have lent money to these companies will also be in trouble. That is why massive economic shocks often can lead to banking crises.
But the falling dominoes don’t stop there. Governments, too, can face fiscal dangers when they step in to mitigate the crisis. In the case of the current pandemic, national governments will need to save businesses from bankruptcy by granting financial support and subsidies, assist workers by funding temporary unemployment schemes, and possibly even come to the rescue of large banks. Worse, all of this must be done at a time of declining tax revenues, which means that government deficits and public-debt levels will skyrocket.
We saw how these domino effects work during the 2007-2008 financial crisis. The difference now is that the initial shock did not start in financial markets and then spill over into the real economy. Rather, today’s shocks emerged from the real economy and have toppled financial markets. But, as in the past, this crisis demands urgent measures to put more space between the falling dominoes. Think of it as macroeconomic “social distancing.”
What would this look like in practice? First, national governments must intervene on a massive scale to provide financial support for distressed companies and households whose earnings are at risk. Most European governments already seem to be willing to do this. The problem is that large-scale fiscal expansions by eurozone member states could prove tricky. It is thus critical that the European Central Bank step in to prevent the last domino – member-state governments – from falling.
Because they have no choice but to support failing companies, illiquid banks, and struggling households, national governments could be entering dangerous territory. The more their debt increases, the greater the risk that their bondholders will panic, as we saw during the 2010-2012 sovereign debt crisis. And the countries experiencing the largest debt increase as a result of the “coronacrisis” – Italy, Spain, and France – are among the four largest eurozone economies.
To head off the risk of a bond-market panic, the ECB should be preparing to buy up distressed governments’ bonds. During the 2012 crisis, the ECB laid the groundwork for such a response with its outright monetary transactions program. But earlier this month, ECB President Christine Lagarde seemed to suggest that the bank would not come to the rescue of indebted member states, only to walk back her remarks days later. Even so, given that her initial statement was applauded by Bundesbank President Jens Weidmann, there remain serious doubts about whether the ECB will offer direct support to national governments.
To be sure, the ECB has promised to serve as lender of last resort to European banks and has reactivated its quantitative-easing program, through which it will buy additional government bonds in the secondary markets. But while QE will provide some relief to national governments, it will not be sufficient. The ECB must go one step further, by preparing to buy government bonds in primary markets, effectively issuing money to finance member states’ budget deficits during the crisis.
If the ECB engages in monetary financing of member states’ budget deficits, it will likely be joined by many other central banks around the world. The virtue of such an approach is that it spares national governments from having to issue new debt. Because all new debt would be monetized, the crisis would not increase government debt-to-GDP ratios. For those countries suffering the worst of the pandemic, the threat of a bondholder panic will have been removed from the equation.
Yes, one could raise many objections to this proposal. As a legal matter, the Treaty on the Functioning of the European Union forbids the ECB from engaging in monetary financing of national budget deficits. But ECB lawyers, with their unbounded ingenuity, could surely find a way around this restriction. After all, the very future of the eurozone depends on it.
One also might object on the grounds that monetary financing would produce inflation. Yet under the current circumstances, there is simply no chance of this. If anything, Europe is now facing a deflationary spiral; monetary financing would militate against this trend. As soon as the deflationary dynamic had been stopped, the ECB could halt its monetary financing.
Sooner or later, the ECB must accept that monetary financing in support of deficit spending is a necessity not just for mitigating the COVID-19 crisis, but also for averting a downward deflationary cycle that could pull the eurozone apart. It is time to think outside the box.
La BCE deve finanziare i deficit del Covid-19,
di Paul De Grauwe
BRUXELLES – La pandemia del coronavirus ha innescato uno shock negativo combinato di offerta e di domanda di una gravità senza precedenti. Entrambi stanno avendo un impatto significativo sulla produzione di beni e servizi, e dato che il reddito di ciascuno in ultima analisi deriva dalla produzione, i redditi delle famiglie stanno rapidamente calando. Con molte economie che sono già in una spirale verso il basso e si indirizzano verso una recessione, il pericolo è che il declino diventi una disfatta che si auto perpetua e si approfondisce sempre di più.
Gli shock gemelli di offerta e di domanda è probabile che inneschino molti “effetti domino”. Le società con ampi costi fissi che subiscono una improvvisa caduta nel reddito si troveranno rapidamente dinanzi a difficoltà finanziarie, o persino alla bancarotta. Quando accadrà ciò, le banche o altre istituzioni che hanno prestati i soldi a quelle società saranno anch’esse nei guai. Questa è la ragione per la quale massicci shock economici possono portare a crisi bancarie.
Ma le tessere che cascano non si fermano qua. Anche i Governi possono trovarsi dinanzi a pericoli nella finanza pubblica quando intervengono per mitigare la crisi. Nel caso della attuale pandemia, i governi dovranno salvare le imprese dalla bancarotta garantendo il sostegno ed i sussidi finanziari, assistendo i lavoratori finanziando programmi temporanei di disoccupazione e forse persino arrivando al salvataggio di grandi banche. Peggio ancora, tutto questo deve essere fatto in un periodo di caduta delle entrate fiscali, il che comporta che i deficit dei governi e il debito pubblico saliranno alle stelle.
Vedemmo questi effetti domino in funzione durante la crisi finanziaria del 2007-2008. Oggi la differenza è che lo shock iniziale non è partito nei mercati finanziari per poi riversarsi nell’economia reale. Piuttosto, gli shock odierni sono emersi dall’economia reale e si sono rovesciati sui mercati finanziari. Ma, come nel passato, la crisi richiede misure urgenti per mettere più spazio tra le tessere in caduta. Una sorta di “distanziamento sociale” macroeconomico.
In pratica, di cosa si tratterebbe? Anzitutto, i governi nazionali debbono intervenire su scala massiccia per fornire sostegno finanziario alle società ed alle famiglie in difficoltà i cui guadagni sono a rischio. Già sembra che la maggioranza dei governi europei abbia intenzione di farlo. Il problema è che espansioni della finanza pubblica per gli stati dell’eurozona potrebbero mostrarsi difficoltose. È quindi fondamentale che la Banca Centrale Europea intervenga per impedire la caduta dell’ultima tessera – i governi degli Stati membri.
Poiché essi non hanno scelta, se non quella di sostenere le società in crisi, le banche illiquide e le famiglie in difficoltà, i governi nazionali potrebbero entrare in un territorio pericoloso. Più cresce il loro debito, più grande è il rischio che le loro famiglie finiscano nel panico, come vedemmo durante la crisi del debito sovrano del 2010-2012. E i paesi che faranno esperienza della maggiore crescita del debito in conseguenza della “crisi del corona” – Italia, Spagna e Francia – sono tra le quattro più grandi economie europee.
Per sventare il pericolo del panico sul mercato dei bond, la BCE dovrebbe prepararsi ad acquistare le obbligazioni in difficoltà dei governi. Durante la crisi del 2012, la BCE dispiegò il lavoro preparatorio per tale risposta con il suo programma delle transazioni monetarie incondizionate. Ma agli inizi del mese, la Presidente della BCE Christine Lagarde sembrava indicare che la banca non sarebbe arrivata al salvataggio degli Stati membri indebitati, salvo tornare indietro sulle sue osservazione dopo alcuni giorni. Anche così, dato che la sua dichiarazione iniziale era stata applaudita dal Presidente della Bundesbank Jens Weidmann, restano seri dubbi su fatto che la BCE offra un sostegno diretto ai Governi nazionali.
Quello che è certo è che la BCE ha promesso di servire come prestatore di ultima istanza alle banche europee ed ha riattivato il suo programma di ‘facilitazione quantitativa’, attraverso il quale acquisterà obbligazioni governative aggiuntive sui mercati secondari. Ma se la BCE fornirà qualche sollievo ai governi nazionali, ciò non sarà sufficiente. La BCE deve fare un passo ulteriore, preparandosi ad acquistare obbligazioni pubbliche sui mercati primari, effettivamente emettendo moneta per finanziare i deficit di bilancio degli stati membri durante la crisi.
Se la BCE si impegnerà nel finanziamento monetario dei deficit di bilancio degli stati membri, probabilmente sarà imitata da molte altre banche centrali in tutto il mondo. Il valore di un tale approccio è che esso eviterebbe ai governi nazionali di dover emettere nuove obbligazioni sul debito. Dato che il nuovo debito sarebbe tutto monetizzato, la crisi non aumenterebbe i rapporti debito-PIL dei governi. Per quei paesi che soffriranno il peggio della pandemia, la minaccia del panico tra i possessori di obbligazioni sarà rimossa dall’equazione.
È vero, si possono sollevare molte obiezioni a questa proposta. Da un punto di vista giuridico, il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea proibisce alla BCE di impegnarsi nel finanziamento monetario dei deficit nazionali di bilancio. Ma i legali della BCE, con il loro sconfinato ingegno, potrebbero certamente trovare un modo per aggirare tale restrizione. Dopo tutto, da ciò dipende davvero il futuro dell’eurozona.
Si potrebbe anche sollevare obiezioni sulla base del fatto che il finanziamento monetario produrrebbe inflazione. Tuttavia, nelle attuali circostanze, semplicemente è impossibile che questo accada. Semmai, l’Europa è adesso di fronte ad una spirale deflazionistica; il finanziamento monetario militerebbe contro questa tendenza. Appena la dinamica deflazionistica fosse fermata, la BCE potrebbe metter fine al suo finanziamento monetario.
Prima o poi, la BCE dovrà accettare che quel finanziamento monetario a sostegno della spesa in deficit è una necessità non solo per mitigare la crisi del Covid-19, ma anche per evitare un ciclo deflazionistico al ribasso che potrebbe fare a pezzi l’eurozona. È tempi di ragionare fuori dagli schemi.
By mm
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