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La recessione del Covid-19 è arrivata, di Paul Krugman (New York Times, 2 aprile 2020)

 

April 2, 2020

The Covid-19 Slump Has Arrived

By Paul Krugman

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Over a normal two-week period we’d expect around half a million U.S. workers to file claims for unemployment insurance. Over the past two weeks we’ve seen almost 10 million filings. We’re facing an incredible economic catastrophe.

The question is whether we’re ready to deal with this catastrophe. Alas, early indications are that we may be handling fast-moving economic disaster as badly as we handled the fast-moving pandemic that’s causing it.

The key thing to realize is that we aren’t facing a conventional recession, at least so far. For now, most job losses are inevitable, indeed necessary: They’re a result of social distancing to limit the spread of the coronavirus. That is, we’re going into the economic equivalent of a medically induced coma, in which some brain functions are temporarily shut down to give the patient a chance to heal.

This means that the principal job of economic policy right now isn’t to provide stimulus, that is, to sustain employment and G.D.P. It is, instead, to provide life support — to limit the hardship of Americans who have temporarily lost their incomes.

There is, to be sure, a strong risk that we’ll have a conventional recession on top of the induced coma; more on that in subsequent columns. But for now, the focus should be on helping those in need.

The good news is that the $2 trillion CARES Act (Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act) Congress passed last week does, on paper, provide a lot of economic life support. The bad news is that it looks as if it could be weeks, maybe even months, before serious amounts of money flow to those who need aid right now.

Journalists keep referring to the CARES Act as a “stimulus package,” but mainly it’s disaster relief. The best piece of the legislation — which, by the way, Democrats forced unwilling Republicans to include — is a major enhancement of unemployment benefits. Not only will laid-off workers get much more than they normally would, but many workers who weren’t previously covered by unemployment insurance, such as freelancers and independent contractors, are supposed to receive full benefits.

The legislation also provides loans to small businesses — loans that will be forgiven, that is, turned into straight subsidies, if businesses use the money to maintain their payrolls.

Both of these programs are very good ideas. The trouble is that both are having a hard time getting started — and time is one thing millions of distressed Americans, many of whom were already living on the edge, don’t have.

On unemployment benefits: State unemployment offices, already overwhelmed by the surge in applications, aren’t ready to disburse these extra benefits, and may not be ready for quite a while — a disastrous delay for families already in dire financial straits.

Small business loans are also facing a crippling lag in processing, with potential borrowers either unable to complete the forms or being told that they will have to wait three weeks. Furthermore, for some reason the federal government, instead of lending money directly, is channeling small-business lending through private banks — and the banks are complaining that they have yet to receive crucial guidelines and that the administration is setting unworkable requirements.

In other words, it may be a long time before the economy starts getting the life support it needs right away.

And even when workers and businesses finally get the promised aid, the CARES Act doesn’t provide remotely enough money to state and local governments, which are seeing revenues plunge and expenses soar. This is likely to force big cuts in government services precisely when they’re needed most.

So what do we need right now? First, we need an all-hands-on-deck effort to resolve the bottlenecks that are holding up unemployment benefits and small-business loans.

The obvious parallel here is to the crash of healthcare.gov when the Affordable Care Act was first going into effect; things looked terrible at first, but an Obama administration expert task force, working around the clock, resolved the problems more quickly than anyone imagined possible, and new enrollments ended up exceeding expectations.

I don’t see any reason, in principle, a similar effort couldn’t rescue the CARES Act. But here’s the thing: We’re talking about the Trump administration, which disdains expertise of every kind, and in which every effort somehow ends up being directed by Jared Kushner.

Second, we need another relief bill to fill the holes in the CARES Act, especially inadequate aid to state and local governments.

But will Republicans be willing to provide that aid? Donald Trump is talking, as he has many times before, about a giant infrastructure bill. But Senate Republicans are notably unenthusiastic. And while going big on infrastructure is a good idea, right now it’s less pressing than providing aid to states facing huge budget gaps.

And going back to the bill that Congress already passed: I’m fairly sure that we’ll eventually get the kinks worked out. But when you’re losing six million jobs a week, “eventually” isn’t good enough.

 

La recessione del Covid-19 è arrivata,

di Paul Krugman

 

In un normale periodo di due settimane, ci saremmo aspettati che circa mezzo milione di lavoratori statunitensi riempissero i moduli per l’indennità di disoccupazione [1]. Nelle due settimane passate abbiamo avuto circa 10 milioni di richieste. Siamo di fronte ad una incredibile catastrofe dell’economia.

La domanda è se siamo pronti a misurarci con questa catastrofe. Purtroppo, le prime indicazioni sono che stiamo gestendo un disastro economico in rapida evoluzione altrettanto male di come abbiamo gestito la pandemia in rapida evoluzione che l’ha provocato.

Il punto chiave da comprendere è che non siamo di fronte ad una recessione convenzionale, almeno sino a questo punto. Per ora, la maggioranza delle perdite di posti di lavoro sono inevitabili, proprio necessarie: sono un risultato del distanziamento sociale per limitare la diffusione del coronavirus. Ovvero, stiamo entrando nell’equivalente economico di un coma farmacologico, quando alcune funzioni cerebrali sono temporaneamente interrotte per dare al paziente una possibilità di riprendersi.

Questo significa che il principale lavoro della politica economica in questo momento non è fornire uno stimolo, ovvero sostenere l’occupazione e il PIL. È invece fornire un sostegno vitale – limitare le difficoltà per gli americani che hanno temporaneamente perduto il loro reddito.

C’è, sicuramente, un forte rischio che avremo una recessione convenzionale in aggiunta al coma indotto; ne riparlerò in articoli successivi. Ma per adesso, ci dovremmo concentrare sull’aiutare coloro che ne hanno bisogno.

La buona notizia è che la legge da due mila miliardi di dollari denominata CARES (Legge per gli aiuti per il coronavirus, misure di conforto e sicurezza economica) che il Congresso ha approvato la scorsa settimana fornisce davvero, almeno sulla carta, un forte sostegno alla vita economica. La cattiva notizia è che sembra ci potrebbero volere settimane, forse persino mesi, prima che quantità adeguate di soldi arrivino a coloro che ne hanno bisogno adesso.

I giornalisti continuano a riferirsi alle Legge CARES come ad un “pacchetto di stimolo”, ma essa è principalmente un aiuto nella calamità. L’aspetto migliore della legge – che, per inciso, i democratici hanno costretto repubblicani riottosi ad includere – è un importante aumento dei sussidi di disoccupazione. Non solo, quindi, i lavoratori licenziati [2]  possono ricevere di più di quello che avrebbero normalmente, ma molti lavoratori che in precedenza non erano assistiti dalla assicurazione per disoccupazione, come i collaboratori occasionali e i lavoratori autonomi, si suppone ricevano sussidi pieni.

La legge dispone anche prestiti per le piccole imprese – prestiti che saranno condonati, ovvero trasformati in sussidi diretti, se le imprese usano i soldi per mantenere le loro retribuzioni.

Entrambi questi programmi sono ottime idee. Il guaio è che entrambi hanno difficoltà ad essere avviati – e il tempo è una cosa che milioni di americani in emergenza, molti dei quali stavano già vivendo al limite, non hanno.

Sui sussidi di disoccupazione: gli uffici della disoccupazione degli Stati, già schiacciati dalla impennata delle procedure, non sono pronti a versare questi sussidi aggiuntivi, e non saranno pronti per un po’ – un ritardo disastroso per le famiglie che già sono in tremende difficoltà finanziarie.

Anche i prestiti alle piccole imprese sono di fronte ad un ritardo paralizzante nella loro attuazione, con i potenziali fruitori che o sono incapaci di compilare i moduli o si sentono dire che dovranno aspettare tre settimane. Inoltre, per qualche ragione il Governo federale, anziché consegnare il denaro direttamente, sta incanalando i prestiti alle piccole imprese attraverso banche private – e le banche si stanno lamentando di non aver ancora ricevuto linee guida e per il fatto che l’Amministrazione sta stabilendo requisiti che non funzionano.

In altre parole, ci potrebbero volere tempi lunghi prima che l’economia cominci ad ottenere il sostegno vitale di cui ha bisogno subito.

E persino quando i lavoratori e le imprese alla fine riceveranno l’aiuto promesso, la Legge CARES non fornisce neanche lontanamente il denaro sufficiente per i Governi degli Stati e delle comunità locali, che stanno sperimentando un crollo delle entrate e grandi aumenti delle spese. Questo è probabile che costringa a grandi tagli nei servizi pubblici, proprio quando essi sono maggiormente necessari.

Dunque, di cosa abbiamo bisogno in questo momento? In primo luogo abbiamo bisogno di uno sforzo che metta tutti “al pezzo” per risolvere i colli di bottiglia che stanno trattenendo i sussidi di disoccupazione e i prestiti alle piccole imprese.

In questo caso, il paragone più immediato è quello del crollo del sito governativo quando la Legge sulla Assistenza Sostenibile si avviava ad entrare in funzione; la situazione agli inizi sembrava terribile, ma una task force di esperti della Amministrazione Obama, al lavoro giorno e notte, risolse il problema più rapidamente di quanto tutti credevano possibile, e le nuove iscrizioni finirono col superare le aspettative.

Non vedo nessuna ragione perché, in via di principio, uno sforzo simile non possa salvare la Legge CARES. Ma il punto è qua: noi stiamo parlando della Amministrazione Trump, che disprezza la competenza di ogni genere, e nella quale ogni sforzo in qualche modo finisce per essere diretto da Jared Kushner [3].

Il secondo luogo, abbiamo bisogno di un’altra legge di aiuti che chiuda i buchi della Legge CARES, in particolare il sostegno inadeguato ai governi degli Stati e delle comunità locali.

Ma i repubblicani saranno disponibili a concedere quegli aiuti? Donald Trump sta parlando, come ha fatto molte volte in precedenza, di una gigantesca proposta di legge sulle infrastrutture. Ma i repubblicani del Senato non sono particolarmente entusiasti. E mentre impegnarsi con forza sulle infrastrutture è una buona idea, essa in questo momento è meno urgente che fornire aiuto agli Stati che fronteggiano grandi buchi nei bilanci.

E tornando alla legge che il Congresso ha già approvato: sono abbastanza convinto che alla fine essa supererà i difetti che la bloccano. Ma quando si perdono sei milioni di posti di lavoro alla settimana, “alla fine” non basta.

 

 

 

 

 

[1] Viene definita “insurance” (“assicurazione”) perché i sussidi vengono erogati sulla base di un meccanismo assicurativo pubblico. Negli Stati Uniti sono in vigore più di 50 programmi assicurativi gestiti dagli Stati; si va da sussidi di disoccupazione per i lavoratori che ne hanno diritto che vanno un massimo di 235 dollari a settimana nello Stato del Mississippi sino a 783 dollari a settimana nel Massachusetts. (Wikipedia, testo inglese)

[2] Potremmo tradurre “laid-off” con “licenziati” o con “sospesi”. Ma nel caso degli Stati Uniti, il dubbio è risolto da questa definizione di Wikipedia:

“In linea generale, negli Stati Uniti vige il principio della libertà di licenziamento: il datore può risolvere il rapporto senza la necessità di motivazione ed in qualsiasi momento (licenziamento “at will”, corrispondente alla formula latina “ad nutum”). Forme di stabilità del rapporto sono previste solo per poche tipologie di rapporto di lavoro, tendenzialmente collegate all’area del pubblico impiego. Negli ultimi decenni sono tuttavia emersi vari limiti alla possibilità di licenziare, introdotti attraverso numerosi interventi legislativi, sia federali che statali, dettati a garanzia di alcuni rilevanti diritti dei lavoratori. Molti stati hanno introdotto il divieto di licenziare durante il servizio militare, o in conseguenza dell’assenza del lavoratore chiamato a far parte di una giuria popolare (limiti definiti “public policy exceptions”, cioè eccezioni di ordine pubblico) … La legge statale più restrittiva è quella in vigore dal 1993 in Montana (“Wrongful Discharge From Employment Act”), che considera illegittimo il licenziamento comminato in assenza di una giusta causa (good cause) o come conseguenza del rifiuto del dipendente di infrangere – su ordine del datore di lavoro – norme di ordine pubblico.”

Insomma, per ragionare di “giusta causa” bisogna trovarsi nel Montana.

[3] Come è noto, il genero di Trump.

 

 

 

 

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