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Saremo bocciati nella economia della pandemia? Di Paul Krugman (New York Times, 6 aprile 2020)

 

April 6, 2020

Will We Flunk Pandemic Economics?

By Paul Krugman

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Just a month ago Donald Trump was still insisting that Covid-19 was a trivial issue, comparing it to the “common flu.” And he dismissed economic concerns; after all, during flu season, “nothing is shut down, life & the economy go on.”

But pandemics come at you fast. Since Trump’s blithe dismissal, something like 15 million Americans have lost their jobs — the economic implosion is happening so quickly that official statistics can’t keep up.

In our last economic crisis the economy shrank around 6 percent relative to its long-run trend, and the unemployment rate rose around five percentage points. At a guess, we’re now looking at a slump three to five times that deep.

And this plunge isn’t just quantitatively off the charts; it’s qualitatively different from anything we’ve seen before. Normal recessions happen when people choose to cut spending, with the unintended consequence of destroying jobs. So far this slump mainly reflects the deliberate, necessary shutdown of activities that increase the rate of infection.

As I’ve been saying, it’s the economic equivalent of a medically induced coma, in which some brain functions are temporarily shut down to give the patient a chance to heal.

While a deep slump is unavoidable, however, good policies could do a lot to minimize the amount of hardship Americans experience. The problem is that the U.S. political landscape has long been dominated by an anti-government ideology that left us unprepared, intellectually and institutionally, for this crisis.

What should we be doing? Serious economists have already reached a rough consensus over the appropriate policy response to a pandemic. The bottom line is that this isn’t a conventional recession, which calls for broad-based economic stimulus. The immediate mission, beyond an all-out effort to contain the pandemic itself, should instead be disaster relief: generous aid to those suffering a sudden loss of income as a result of the economy’s lockdown.

It’s true that we could suffer a second round of job losses if the victims of the lockdown slash spending on other goods and services. But adequate disaster relief would address this problem, too, helping to sustain demand.

So it’s all about helping the economic victims of the coronavirus lockdown. How are we doing?

The good news is that thanks to Democratic pressure, the CARES Act, the $2 trillion not-a-stimulus bill that became law less than three weeks after Trump dismissed the notion that Covid-19 might pose an economic problem, is mostly focused on the right things. The core provisions of the legislation are aid to hospitals, the unemployed and small businesses that maintain their payrolls; these are exactly the kinds of things we should be doing.

What’s especially remarkable is that we got mostly sensible legislation even though the president was talking nonsense, pushing for — what else? — tax cuts as the solution for the economy’s problems. Actually, I can’t think of any other recent example in which Republicans agreed to major fiscal legislation that mainly involved spending to benefit the needy, without any tax cuts for the rich.

The bad news comes in two parts.

First, the bill falls far short of what’s needed on one crucial dimension: aid to state governments, which are on the front line of dealing with the pandemic. Unlike the federal government, states have to balance their budgets each year. Now they’re facing a surge in costs and huge revenue losses; unless they get a lot more aid, they’ll be forced to cut spending sharply, which will directly undermine essential services and indirectly deepen the overall slump.

And it’s not clear when or whether that hole will be filled. Senate Republicans are hostile to the idea of another rescue package; White House officials are reportedly still talking about tax cuts.

Second, decades of hostility to government have left us poorly positioned to deliver even the aid Congress has voted. State unemployment offices have been underfunded for a long time, and red states have deliberately made it hard to apply for benefits. So the surge in unemployment is overwhelming the benefits system; Congress may have voted disaster relief, but the money isn’t flowing.

The loan program for small businesses is also, by all accounts, off to a shambolic start. And those $1,200 checks everyone is supposed to get? Many Americans won’t get them for weeks or months.

It doesn’t have to be like this. Canada has already set up a special web portal and phone system to provide emergency unemployment benefits. Germans have been pleasantly surprised by how quickly aid is flowing to the self-employed and small businesses.

But decades of conservative attacks on the idea that government can do anything good have left America with a unique case of learned helplessness. And this is combined with utter lack of leadership from the top.

We know what we should be doing in terms of economic policy, and Congress passed a relief bill that, while flawed, was better than I expected. But right now it looks as if our response to the economic emergency will fall far short.

 

Saremo bocciati nella economia della pandemia?

Di Paul Krugman

 

Solo un mese fa Donald Trump ribadiva che il Covid-19 era una faccenda banale, paragonandolo ad una “comune influenza”. E respingeva le preoccupazioni economiche; dopo tutto, durante la stagione influenzale, “non si chiude niente, la vita e l’economia vanno avanti”.

Ma la pandemia ci ha raggiunto velocemente. Dal momento dello spensierato rigetto di Trump, qualcosa come 15 milioni di americani hanno perso il loro posto di lavoro – l’implosione economica sta avvenendo così rapidamente che le statistiche non riesco a tenerle il passo.

Nella nostra ultima crisi economica l’economia si ridusse di circa il 6 per cento in rapporto alla sua tendenza di lungo periodo e il tasso di disoccupazione crebbe di circa 5 punti percentuali. Ad una prima impressione, stiamo ora assistendo ad un crollo da tre a cinque volte più grave.

E questo crollo non è solo quantitativamente fuori dalle graduatorie; è qualitativamente diverso da tutto quello che avevamo visto in precedenza. Le normali recessioni accadono quando le persone scelgono di tagliare le spese, con la conseguenza involontaria di distruggere posti di lavoro. Sino a questo punto, il crollo principalmente riflette la deliberata, necessaria chiusura di attività che aumentano il tasso della infezione.

Come sono venuto dicendo, è l’equivalente economico di un coma farmacologico, nel quale alcune funzioni cerebrali sono temporaneamente sospese per dare al paziente la possibilità di guarire.

Mentre, tuttavia, un grave crollo è inevitabile, politiche giuste possono fare molto per minimizzare l’entità della difficile esperienza degli americani. Il problema è che il paesaggio politico statunitense è stato a lungo dominato da una ideologia ostile alle pratiche di governo che ci ha lasciati impreparati, intellettualmente e istituzionalmente, alla crisi.

Cosa dovremmo fare? Economisti seri hanno già raggiunto un approssimativo consenso sulla appropriata risposta politica alla pandemia. La sostanza è che questa non è una recessione convenzionale, che richiede uno stimolo economico di ampie dimensioni. Il compito immediato, oltre ad uno sforzo massimo possibile per contenere la pandemia stessa, dovrebbe piuttosto essere l’aiuto nella calamità: un aiuto generoso a tutti coloro che all’improvviso soffrono di una riduzione del reddito conseguente al blocco dell’economia.

È vero che potremmo subire una seconda ondata di perdite dei posti di lavoro se le vittime del blocco tagliano le spese su altri beni e servizi. Ma un aiuto nella calamità adeguato affronterebbe anche questo problema, aiutando a sostenere la domanda.

Dunque, tutto riguarda l’aiuto alle vittime economiche dell’isolamento per il coronavirus. Come stiamo andando?

La buona notizia è che grazie alla pressione dei democratici, la Legge CARES [1],  i duemila miliardi della proposta non-di-stimolo che è diventata legge meno di tre settimane dopo che Trump aveva rigettato l’idea che il Covid-19 potesse costituire un problema economico, è stata concentrata in massima parte sulle cose giuste. Le disposizioni fondamentali della legge sono gli aiuti agli ospedali, ai disoccupati e alle piccole imprese che mantengono i loro organici; queste sono esattamente il genere di cose che dovremmo star facendo.

Quello che è particolarmente considerevole è che abbiamo ottenuto questa legge in buona parte sensata anche se il Presidente stava parlando di cose insensate, spingendo per – e cos’altro? – tagli alle tasse come la soluzione dei problemi dell’economia. In effetti, non mi viene in mente nessun altro esempio recente nel quale i repubblicani abbiano concordato su una importante legislazione in materia di finanza pubblica che principalmente riguarda la spesa per sussidi alle persone bisognose, senza alcun taglio delle tasse per i ricchi.

La cattiva notizia concerne due aspetti.

Il primo, la legge è del tutto inadeguata per ciò che era necessario su una dimensione fondamentale: l’aiuto ai Governi degli Stati, che sono sulla linea del fronte nel misurarsi con la pandemia. Diversamente dal Governo Federale, gli Stati debbono avere i bilanci in pari ogni anno. In questo momento stanno affrontando una impennata nei costi e vaste perdite nelle entrate; se non hanno più aiuto saranno costretti a tagliare bruscamente la spesa, il che metterà direttamente a repentaglio servizi essenziali e approfondirà indirettamente la recessione complessiva.

E non è chiaro se e quando quel buco verrà riempito. I repubblicani del Senato sono ostili all’idea di un altro pacchetto di salvataggio; per quanto si dice i dirigenti della Casa Bianca continuano a parlare di tagli alle tasse.

Il secondo aspetto è che decenni di ostilità verso le pratiche di governo ci hanno lasciati assai impreparati a fornire persino l’aiuto che il Congresso ha approvato. Gli uffici per la disoccupazione degli Stati sono stati sotto finanziati per lungo tempo e gli Stati governati dai repubblicani hanno deliberatamente reso difficile l’applicazione dei sussidi. Dunque la crescita della disoccupazione sta mettendo in collasso il sistema dei sussidi; il Congresso può aver votato l’aiuto nella calamità, ma i soldi non si muovono.

Anche il programma dei prestiti per le piccole imprese è, da ogni punto di vista, partito in modo del tutto disorganizzato. E quegli assegni da 1.200 dollari che si pensava che ognuno ricevesse? Molti americani non li avranno per settimane o per mesi.

Non deve andare in questo modo. Il Canada ha già aperto uno speciale portale informatico ed un sistema telefonico che fornisce i sussidi di disoccupazione di emergenza. I tedeschi sono stati piacevolmente sorpresi dalla rapidità con la quale gli aiuti arrivano agli autonomi ed alle piccole imprese.

Ma decenni di attacchi dei conservatori all’idea che il governo possa fare qualcosa di buono hanno lasciato l’America in una condizione unica di impotenza acquisita. Che va di pari passo con una mancanza completa di leadership al vertice.

Adesso sappiamo cosa dovremmo fare in termini di politica economica e il Congresso ha approvato una legge sugli aiuti che, per quanto difettosa, è meglio di quanto mi aspettassi. Ma in questo momento sembra che la nostra risposta alla emergenza dell’economia sarà lungi dall’essere all’altezza.

 

 

 

 

 

 

 

[1] “CARES Act” è l’acronimo di: Legge degli aiuti per il coronavirus, per la mitigazione e la sicurezza dell’economia.

 

 

 

 

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