CAMBRIDGE – For those who viewed negative interest rates as a bridge too far for central banks, it might be time to think again. Right now, in the United States, the Federal Reserve – supported both implicitly and explicitly by the Treasury – is on track to backstop virtually every private, state, and city credit in the economy. Many other governments have felt compelled to take similar steps. A once-in-a-century (we hope) crisis calls for massive government intervention, but does that have to mean dispensing with market-based allocation mechanisms?
Blanket debt guarantees are a great device if one believes that recent market stress was just a short-term liquidity crunch, soon to be alleviated by a strong sustained post-COVID-19 recovery. But what if the rapid recovery fails to materialize? What if, as one suspects, it takes years for the US and global economy to claw back to 2019 levels? If so, there is little hope that all businesses will remain viable, or that every state and local government will remain solvent.
A better bet is that nothing will be the same. Wealth will be destroyed on a catastrophic scale, and policymakers will need to find a way to ensure that, at least in some cases, creditors take part of the hit, a process that will play out over years of negotiation and litigation. For bankruptcy lawyers and lobbyists, it will be a bonanza, part of which will come from pressing taxpayers to honor bailout guarantees. Such a scenario would be an unholy mess.
Now, imagine that, rather than shoring up markets solely via guarantees, the Fed could push most short-term interest rates across the economy to near or below zero. Europe and Japan already have tiptoed into negative rate territory. Suppose central banks pushed back against today’s flight into government debt by going further, cutting short-term policy rates to, say, -3% or lower.
For starters, just like cuts in the good old days of positive interest rates, negative rates would lift many firms, states, and cities from default. If done correctly – and recent empirical evidence increasingly supports this – negative rates would operate similarly to normal monetary policy, boosting aggregate demand and raising employment. So, before carrying out debt-restructuring surgery on everything, wouldn’t it better to try a dose of normal monetary stimulus?
A number of important steps are required to make deep negative rates feasible and effective. The most important, which no central bank (including the ECB) has yet taken, is to preclude large-scale hoarding of cash by financial firms, pension funds, and insurance companies. Various combinations of regulation, a time-varying fee for large-scale re-deposits of cash at the central bank, and phasing out large-denomination banknotes should do the trick.
It is not rocket science (or should I say virology?). With large-scale cash hoarding taken off the table, the issue of pass-through of negative rates to bank depositors – the most sensible concern – would be eliminated. Even without preventing wholesale hoarding (which is risky and expensive), European banks have increasingly been able to pass on negative rates to large depositors. And governments would not be giving up much by shielding small depositors entirely from negative interest rates. Again, given adequate time and planning, doing this is straightforward.
Negative interest rates have elicited a blizzard of objections. Most, however, are either fuzzy-headed or easily addressed, as I discuss in my 2016 book on the past, present, and future of currency, as well as in related writings. There, I also explain why one should not think of “alternative monetary instruments” such as quantitative easing and helicopter money as forms of fiscal policy. While a fiscal response is necessary, monetary policy is also very much needed. Only monetary policy addresses credit throughout the economy. Until inflation and real interest rates rise from the grave, only a policy of effective deep negative interest rates can do the job.
A policy of deeply negative rates in the advanced economies would also be a huge boon to emerging and developing economies, which are being slammed by falling commodity prices, fleeing capital, high debt, and weak exchange rates, not to mention the early stages of the pandemic. Even with negative rates, many countries would still need a debt moratorium. But a weaker dollar, stronger global growth, and a reduction in capital flight would help, especially when it comes to the larger emerging markets.
Tragically, when the Federal Reserve conducted its 2019 review of policy instruments, discussion of how to implement deep negative rates was effectively taken off the table, forcing the Fed’s hand in the pandemic. Influential bank lobbyists hate negative rates, even though they need not undermine bank profits if done correctly. The economics profession, mesmerized by interesting counterintuitive results that arise in economies where there really is a zero bound on interest rates, must share some of the blame.
Emergency implementation of deeply negative interest rates would not solve all of today’s problems. But adopting such a policy would be a start. If, as seems increasingly likely, equilibrium real interest rates are set to be lower than ever over the next few years, it is time for central banks and governments to give the idea a long, hard, and urgent look.
L’argomento per tassi di interesse molto negativi,
di Kenneth Rogoff [1]
CAMBRIDGE – Per coloro che considerevano i tassi di interesse negativi come una soluzione troppo lontana per le banche centrali, potrebbe essere venuto il momento di ripensarci. In questo momento, la Federal Reserve – sostenuta dal Tesoro in modo implicito ed esplicito – è in pratica sulla strada di sostenere nell’economia ogni credito dei privati, degli Stati e delle città. Molti altri Governi si sono sentiti costretti a fare passi simili. Una crisi che accade una volta al secolo (speriamo) richiede un intervento massiccio da parte del Governo, ma ciò significa erogare i contributi con meccanismi di allocazione basati sul mercato?
Le garanzie di un debito coperto sono un grande espediente se uno crede che il recente stress dei mercati è stato soltanto un momento critico a breve termine della liquidità, destinato ad essere presto alleviato da una fortemente sostenuta ripresa successiva al Covid-19. Ma cosa accade se la ripresa non riesce a materializzarsi? Che accade se, come si sospetta, ci vorranno anni all’economia statunitense e globale per recuperare i livelli del 2019? Se fosse così, ci sarebbero poche speranze che tutte le imprese restino operative, o che tutti gli Stati ed i governi locali restino solvibili.
Una scommessa migliore è che niente sarà come prima. La ricchezza sarà distrutta in una dimensione catastrofica, e le autorità avranno bisogno di trovare un modo per garantire che, almeno in alcuni casi, i creditori si prendano una parte del colpo, un processo che durerà anni di negoziati e di litigi. Per i legali dei fallimenti e per i lobbisti, sarà una manna, una parte della quale deriverà dal costringere i contribuenti ad onorare la garanzia dei salvataggi. Uno scenario del genere sarebbe un orrendo disastro.
Immaginatevi adesso che, anziché unicamente sostenere i mercati attraverso garanzie, la Fed possa spingere la maggioranza dei tassi di interesse nell’economia in prossimità o sotto lo zero. L’Europa e il Giappone sono già entrato in punta di piedi in territorio negativo. Si supponga che le banche centrali resistano alla fuga attuale nel debito pubblico andando oltre, tagliando i tassi a breve termine sino a, diciamo, il -3% o più in basso.
Per cominciare, proprio come i tagli dei tassi di interesse positivi dei bei tempi andati, i tassi negativi solleverebbero molte imprese, Stati e città dal default. Se applicati correttamente – e le recenti prove empiriche sempre più lo confermano – i tassi negativi opererebbero in modo simile alla normale politica monetaria, incoraggiando la domanda aggregata e accrescendo l’occupazione. Dunque, prima di mettere in pratica su ogni dove una chirurgia di ristrutturazione dei debiti, non sarebbe meglio provare una dose di normale stimolo monetario?
Si richiedono un certo numero di passi importanti per rendere fattibile ed efficace una politica di tassi molto negativi. Il più importante, che nessuna banca centrale (inclusa la BCE) ha ancora realizzato, è impedire l’accumulo su larga scala di contante da parte delle società finanziarie, dei fondi pensionistici e delle compagnie di assicurazione. Varie combinazioni di regole, una imposta che varia nel tempo per i ridepositi di contante su vasta scala presso le banche centrali, e un ritiro delle banconote di largo taglio, dovrebbero servire allo scopo.
Non è fantascienza (o dovrei dire virologia?). Con gli accumuli di contante su larga scala fuori dal tavolo, il tema del passaggio dei tassi negativi a coloro che depositano nelle banche – la preoccupazione più sensata – sarebbe eliminato. Anche senza impedire accumuli su larga scala (che sarebbe rischioso e costoso), le banche europee sono state nelle condizioni di trasmettere tassi negativi a grandi depositanti. E i Governi non dovrebbero rinunciare del tutto a proteggere i piccoli depositanti dai tassi di interesse negativi. Ancora, con un tempo adeguato e una pianificazione, farlo sarebbe semplice.
I tassi di interesse negativi hanno suscitato una tempesta di obiezioni. Tuttavia, per la maggioranza, erano concepite in modo confuso o semplicistico, come ho discusso nel mio libro del 2016 sul passato, il presente e il futuro della valuta, come anche in scritti connessi. In essi ho anche spiegato perché non si dovrebbe pensare a “strumenti monetari alternativi” come la ‘facilitazione quantitativa’ e i ‘soldi dall’elicottero’ come forme della politica della finanza pubblica. Mentre una risposta della finanza pubblica è necessaria, anche la politica monetaria è molto necessaria. Solo la politica monetaria indirizza il credito attraverso l’economia. Finché l’inflazione e i tassi di interesse reali non escono dalla fossa, solo una politica di efficaci tassi di interesse molto negativi può assolvere alla funzione.
Una politica di tassi di interesse molto negativi nelle economie avanzate sarebbe anche una grande manna per le economie emergenti e in via di sviluppo, che sono colpite da prezzi in calo delle materie prime, dalla fuga dei capitali, da alti debiti e da tassi di cambio deboli, per non dire dei primi stadi della pandemia. Ma un dollaro più debole, una crescita globale più forte ed una riduzione nella fuga dei capitali sarebbe d’aiuto, in particolare quando si arriva ai maggiori mercati emergenti.
In modo tragico, quando nel 2019 la Federal Reserve condusse la sua revisione degli strumenti operativi, il dibattito sull’incrementare i tassi di interesse molto negativi venne escluso, forzando la mano della Fed nella pandemia. I lobbisti di banche influenti odiano i tassi negativi, anche se, se messi in atto correttamente, essi non mettono a repentaglio i profitti delle banche. La disciplina economica, ipnotizzata da interessanti risultati imprevisti che si manifestano nelle economie quando si arriva realmente al limite inferiore dello zero nei tassi di interesse, deve condividere una parte di responsabilità.
La messa in atto di tassi di interesse molto negativi non risolverebbe tutti i problemi odierni. Ma adottare una tale politica sarebbe un punto di partenza. Se, come sembra sempre più probabile, i tassi di interesse reali di equilibrio sono destinati ad essere più bassi che mai nei prossimi anni, è il momento per le banche centrali e per i governi di dare a quell’idea una meditata, impegnativa ed urgente occhiata.
[1] Si può leggere, per un approfondimento, l’articolo di Lilley e Rogoff qua tradotto dello scorso 17 aprile.
By mm
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