May 5,2020
By Paul Krugman
For the past couple of months one epidemiological model — the IHME model from the University of Washington’s Institute for Health Metrics and Evaluation — has played an outsized role in public discussion of Covid-19.
It’s not at all clear that it deserved this role. Among other things, its predictions have been highly unstable, sometimes revised sharply downward and sometimes sharply upward. Many epidemiologists have criticized the model as simplistic. But its very simplicity let it offer state-by-state predictions other models couldn’t. And the White House liked it, at least better than many other models, because it generally predicted a lower death toll than its rivals.
But the White House probably likes IHME less today than it did yesterday: the institute just drastically revised its projected death total upward, from 72,000 to 134,000. Documents obtained by The New York Times suggest that modelers within the U.S. government have also revised death projections sharply upward.
This is terrible news, and makes the push from Trump and many others on the right to relax social distancing look even more irresponsible than it already did. But it also tells us something about the field of epidemiology. It turns out that epidemiologists often disagree, sometimes by a lot. Their forecasts are often wrong, sometimes very wrong indeed. They are, in fact, the worst people to rely on in a crisis — except for everyone else.
In other words, they’re a lot like economists.
In a great essay published early in the Great Depression, John Maynard Keynes lamented that economics is a technical and difficult subject, but “no one will believe it.” He didn’t mean that economists are a priesthood possessed of unique and arcane knowledge, let alone that they are always right, but simply that even making educated guesses about the economy requires both hard thinking and knowing a lot about what smart people have learned over previous decades.
Pro tip: If you or someone you listen to claims to have a deep insight all those stuck-up economics professors have missed, it’s overwhelmingly likely that the insight is either (a) something economists have known about for decades if not generations or (b) a well-known fallacy.
And above all, you shouldn’t trust economic assertions from people who combine ignorance of the subject with politically motivated desires to believe certain things.
Well, here we are in a pandemic, a complex phenomenon that depends on human behavior as well as biology. Like financial crises, different pandemics share many common features but differ in detail, in ways that can create huge uncertainty. Nobody can forecast their course especially well, but you do much better listening to the professional epidemiologists than to law professors, politicians, or, yes, economists who claim to know better.
And you should rely more, not less, on the epidemiologists because pandemic prediction and response has become such a politically charged issue. Motivated reasoning — believing things because they’re what you want to be true, not because they’re really true — is a temptation for everyone. But researchers with a professional reputation to maintain are less susceptible than most.
So let me give a shout-out to the hard-working, much-criticized epidemiologists trying to get this pandemic right. You may take a lot of abuse when you get it wrong, which you unavoidably will on occasion. But you’re doing what must be done. Also, welcome to my world.
Simpatia per gli epidemiologi,
di Paul Krugman
Nei due mesi passati un modello epidemiologico – il modello IHME dell’Istituto per Misurazioni e le Stime sanitarie dell’Università di Washington – ha giocato un ruolo sproporzionato nel dibattito pubblico sul Covid-19.
Non è affatto chiaro se si meritasse questo ruolo. Tra le altre cose, le sue previsioni sono state altamente instabili, talvolta bruscamente riviste verso il basso e talvolta bruscamente verso l’alto. Molti epidemiologi hanno criticato questo modello come semplicistico. Ma la sua effettiva semplicità gli consente di offrire per ogni Stato previsioni che altri modelli non potrebbero offrire. E alla Casa Bianca il modello piaceva, almeno di più di molti altri, perché in generale prevedeva un bilancio delle vittime più basso di quello dei suoi rivali.
Ma probabilmente alla Casa Bianca oggi piace meno di ieri: l’Istituto ha appena rivisto verso l’alto la sua previsione del bilancio complessivo delle vittime, da 72.000 a 134.000. I documenti ottenuti dal New York Times indicano che anche i modellatori all’interno del Governo degli Stati Uniti hanno nettamente innalzato le previsioni della mortalità.
Questa è una terribile notizia, e rende la pressione di Trump e di molti altri della destra per rilassare il distanziamento sociale persino più irresponsabile di quanto non fosse già. Ma ci dice anche qualcosa sulla disciplina dell’epidemiologia. Si scopre che spesso gli epidemiologi non vanno d’accordo, talora di molto. Le loro previsioni sono spesso sbagliate, talvolta in effetti molto sbagliate. Di fatto sono le persone peggiori sulle quali fare affidamento in una crisi – a parte tutti gli altri.
In altre parole assomigliano molto agli economisti.
In un grande saggio pubblicato agli inizi della Grande Depressione, John Maynard Keynes si lamentava che l’economia fosse una materia tecnicistica e difficile, ma che “nessuno ci avrebbe creduto”. Non voleva dire che gli economisti siano come sacerdoti posseduti da una unica ed arcana conoscenza, per non dire che abbiano sempre ragione, ma semplicemente che anche solo fare supposizioni istruite sull’economia richiede un pensiero profondo e la conoscenza di una gran quantità delle cose che persone intelligenti hanno imparato nel corso dei decenni precedenti.
Un suggerimento professionale: se voi, o qualcuno cui voi date ascolto, pretendete di avere una intuizione profonda che è sfuggita a tutti quei professori di economia pieni di sé, è del tutto probabile che l’intuizione sia: a) o qualcosa che era noto da decenni se non da generazioni agli economisti; b) oppure uno sbaglio ben conosciuto.
E soprattutto, non dovreste avere fiducia nei giudizi economici che provengono da individui nei quali l’ignoranza sulla materia si combina con il desiderio interessato di credere in determinate cose.
Ebbene, ci troviamo in una pandemia, un fenomeno complesso che dipende dal comportamento umano come dalla biologia. Come per le crisi finanziarie, pandemie diverse condividono molte caratteristiche comuni ma differiscono nei dettagli, in modi che possono determinare incertezza. Nessuno può prevedere il loro indirizzo in modo indiscutibile, ma dovreste dare molto maggiore ascolto agli epidemiologi di professione che non ai professori di diritto, ai politici, oppure, di sicuro, agli economisti che pretendono di saperne di più.
E dovreste affidarvi di più, non di meno, agli epidemiologi, perché le previsioni e la risposta alla pandemia sono diventate un tema così carico di interessi politici. Il ragionamento interessato – credere in determinate cose perché desiderate che siano vere, non perché lo siano effettivamente – è per tutti una tentazione. Ma i ricercatori con una reputazione scientifica da difendere ne sono meno suscettibili della maggioranza delle persone.
Dunque, consentitemi di rivolgere un ringraziamento ai molto criticati epidemiologi che lavorano duramente nel tentativo di comprendere questa pandemia nel modo giusto. Si prendono una gran quantità di insulti quando le intendono in modo sbagliato, come inevitabilmente ogni tanto accade. Ma stanno facendo quello che si deve fare. Benvenuti, inoltre, nel mio mondo.
By mm
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