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Trump e i suoi infallibili consiglieri, di Paul Krugman (New York Times, 4 maggio 2020)

 

May 4, 2020

Trump and His Infallible Advisers

By Paul Krugman

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“You have 15 people, and the 15 within a couple of days is going to be down close to zero.”

We have contained this, and the economy is “holding up nicely.”

It’s not nearly as serious as the common flu.

We’re going to have 50,000 or 60,000 deaths, and that’s great.

OK, we may have more than 100,000 deaths, but we’re doing a great job and should reopen the economy.

You sometimes hear people say that Donald Trump and his minions minimized the dangers of Covid-19, and that this misjudgment helps explain why their policy response has been so disastrously inadequate. But this statement, while true, misses crucial aspects of what’s going on.

For Trump and company didn’t make a one-time mistake. They grossly minimized the pandemic and its dangers every step of the way, week after week over a period of months. And they’re still doing it.

Now, everyone makes bad predictions; God knows I have. But when you keep getting things wrong, and especially when you keep getting them wrong in the same direction, you’re supposed to engage in some self-reflection — and learn from your mistakes. Why was I wrong? Did I give in to motivated reasoning, believing what I wanted to be true rather than following the logic and evidence?

To engage in such self-reflection, however, you have to be willing to admit that you were wrong in the first place.

We all know that Trump himself is incapable of making such an admission. At a time of crisis, America is led by a whiny, childlike man whose ego is too fragile to let him concede ever having made any kind of error. And he has surrounded himself with people who share his lack of character.

But where do these people come from? What has struck me, as details of Trump’s coronavirus debacle continue to emerge, is that he wasn’t getting bad advice from obscure, fringe figures whose only claim to fame was their successful sycophancy. On the contrary, the people telling him what he wanted to hear were, by and large, pillars of the conservative establishment with long pre-Trump careers.

On Saturday The Washington Post reported that in late March Trump was unhappy with epidemiological models suggesting a death toll over 100,000 — which, by the way, now seems highly likely. So the White House created its own team led by Kevin Hassett, whom The Post describes as “a former chairman of Trump’s Council of Economic Advisers with no background in infectious diseases.” And this team produced an analysis Trump aides interpreted as implying a much lower death toll.

What The Post didn’t say was that aside from not having any background in epidemiology, Hassett has an, um, interesting record as an economist.

He first attracted widespread attention as co-author of a 1999 book claiming that stocks were greatly undervalued, and that the Dow should be 36,000 (which would be around 55,000 today, adjusting for inflation). It quickly became clear that there were major conceptual errors in that book; but Hassett never admitted error.

In the mid-2000s Hassett denied that there was a housing bubble, suggesting that only liberals believed that there was.

In 2010 Hassett was part of a group of conservative economists and pundits who warned in an open letter that the Federal Reserve’s efforts to rescue the economy would lead to currency debasement and inflation. Four years later Bloomberg News tried to reach signatories to ask why that inflation never materialized; not one was willing to admit having been wrong.

Finally, Hassett promised that the 2017 Trump tax cut would lead to a big boost in business investment; it didn’t, but he insisted that it did.

You might think that an economist would pay some professional penalty for this kind of track record — not simply one of making bad predictions, which everyone does, but of both being wrong at every important juncture and refusing to admit or learn from mistakes.

But no: Hassett remains, as I said, a pillar of the modern conservative establishment, and Trump called on him to second-guess experts in epidemiology, a field in which he has no background.

And Hassett isn’t even uniquely bad. Unlike, say, Stephen Moore, who Trump tried to put on the Federal Reserve Board, he does not, as far as I know, have a history of simply getting basic numbers and facts wrong.

The moral of this story, I’d argue, is that observers trying to understand America’s lethally bad response to the coronavirus focus too much on Trump’s personal flaws, and not enough on the character of the party he leads.

Yes, Trump’s insecurity leads him to reject expertise, listen only to people who tell him what makes him feel good and refuse to acknowledge error. But disdain for experts, preference for incompetent loyalists and failure to learn from experience are standard operating procedure for the whole modern G.O.P.

Trump’s narcissism and solipsism are especially blatant, even flamboyant. But he isn’t an outlier; he’s more a culmination of the American right’s long-term trend toward intellectual degradation. And that degradation, more than Trump’s character, is what is leading to vast numbers of unnecessary deaths.

 

Trump e i suoi infallibili consiglieri,

di Paul Krugman

 

“Abbiamo 15 persone, e quelle 15 in un paio di giorni sono destinate a scendere vicino a zero”.

L’abbiamo contenuto, e l’economia sta “reggendo proprio bene”.

Non è neanche lontanamente così serio come una normale influenza.

Siamo destinati ad avere 50.000 o 60.000 morti ed è un gran risultato.

Va bene, possiamo avere più di 100.000 morti, ma stiamo facendo un gran lavoro e dovremmo riaprire l’economia.

Si sente certe volte dire che Donald Trump e i suoi galoppini hanno minimizzato i pericoli del Covid-19 e che questo giudizio sbagliato contribuisce a spiegare perché la loro risposta politica sia stata così disastrosamente inadeguata. Ma a questa affermazione, per quanto vera, sfuggono aspetti cruciali di quello che sta succedendo.

Perché Trump e la sua congrega non fanno un errore alla volta. Hanno grossolanamente minimizzato la pandemia e i suoi pericoli ad ogni passo, settimana dopo settimana, per un periodo di mesi. E lo stanno ancora facendo.

Ora, tutti fanno previsioni sbagliate; sa Iddio quante ne ho fatte io. Ma quando continuate a fare sbagli, e specialmente a farli nella stessa direzione, ci si aspetta che vi impegniate in qualche auto riflessione – e che impariate dai vostri sbagli. Perché sbagliavo? Ho ceduto ad un ragionamento interessato, credendo quello che volevo anziché seguire la logica e i fatti?

Per impegnarsi in tale auto riflessione, tuttavia, in primo luogo si deve essere disponibili ad ammettere di aver sbagliato.

Tutti sanno che Trump è in sé stesso incapace di fare una ammissione del genere. In un’epoca di crisi, l’America è guidata da un uomo piagnucoloso, infantile, il cui ego è troppo fragile persino per fargli ammettere di aver fatto un qualche errore. E si è circondato di individui che condividono la sua mancanza di carattere.

Ma da dove vengono queste persone? Quello che mi ha colpito, nel mentre i dettagli della debacle del coronavirus continuano ad emergere, è che egli non stava ricevendo pessimi consigli da individui oscuri e marginali, la cui unica pretesa di celebrità consisteva nella loro redditizia piaggeria. Al contrario, le persone che gli dicevano cosa voleva sentirsi dire erano, in generale, pilastri del gruppo dirigente conservatore, con lunghe carriere precedenti a Trump.

Sabato il Washington Post ha riferito che sulla fine di marzo Trump era scontento di modelli epidemiologici che indicavano un bilancio delle vittime superiore a 100.000 persone – il che, per inciso, adesso sembra altamente probabile. Dunque la Casa Bianca ha creato una sua propria squadra guidata da Kevin Hasset, che il Post descrive come “un precedente presidente del Comitato dei Consulenti Economici di Trump senza alcuna esperienza in malattie infettive”. E la sua squadra ha prodotto una analisi che i collaboratori di Trump hanno interpretato comportasse un numero di vittime molto minore.

Quello che il Post non ha detto è che, a parte non avere alcuna esperienza in epidemiologia, Hasset ha, diciamo così, un curriculum interessante come economista.

Anzitutto provocò una diffusa attenzione come coautore di un libro del 1999 che sosteneva che le azioni erano grandemente sottovalutate, e che il Dow doveva essere ad un livello 36.000 (che, corretto per l’inflazione, corrisponderebbe ad un livello 55.000 al giorno d’oggi). Divenne subito chiaro che nel libro c’erano importanti errori concettuali; ma Hasset non ha mai ammesso alcun errore.

Alla metà degli anni 2000, Hasset negava che ci fosse una bolla immobiliare, suggerendo che soltanto i progressisti lo credevano.

Nel 2010 Hasset face parte di un gruppo di economisti e commentatori conservatori che in una lettera aperta misero in guardia che gli sforzi della Federal Reserve per salvare l’economia avrebbero portato ad una svalutazione della moneta e all’inflazione. Quattro anni dopo Bloomberg News cercò di raggiungere i firmatari per chiedere per quale ragione l’inflazione non si fosse mai materializzata; neanche uno fu disponibile ad ammettere di aver avuto torto.

Infine, Hasset aveva promesso che il taglio delle tasse di Trump del 2017 avrebbe comportato una grande spinta agli investimenti delle imprese; non è accaduto, ma lui ha insistito che è successo.

Potreste pensare che un economista dovrebbe pagare una qualche penalizzazione professionale con un curriculum di questo genere – non solo il fare previsioni sbagliate, come capita a tutti, ma l’aver torto ad ogni passaggio importante e rifiutarsi di ammetterlo o di imparare dagli errori.

Invece no: Hasset resta, come ho detto, un pilastro del gruppo dirigente attuale dei conservatori e Trump si è rivolto a lui per mettere in discussione gli esperti in epidemiologia, una disciplina nella quale non ha alcuna esperienza.

Ed Hasset non è nemmeno in una posizione straordinariamente negativa. Diversamente, ad esempio, da Stephen Moore, che Trump ha cercato di collocare nel Comitato della Federal Reserve, egli non ha, per quanto ne so, una storia di comprensione semplicemente sbagliata di numeri e di fatti fondamentali.

Direi che la morale di questa storia è che gli osservatori che cercano di intendere la risposta letalmente negativa dell’America al coronavirus si basano troppo sui difetti personali di Trump, e non abbastanza sulla natura del Partito che egli dirige.

È vero, l’insicurezza di Trump lo porta a respingere la competenza, ad ascoltare solo le persone che lo fanno star bene e rifiutano di riconoscere gli sbagli. Ma il disprezzo per gli esperti, la preferenza per i fedeli incompetenti e l’incapacità di apprendere dall’esperienza sono procedure operative normali per il Partito Repubblicano contemporaneo nel suo complesso.

Il narcisismo e il solipsismo di Trump sono particolarmente sfacciati, persino effervescenti. Ma egli non è una anomalia; è piuttosto il culmine della tendenza di lungo termine verso il degrado intellettuale della destra americana. E quel degrado, più del carattere di Trump, è quello che sta portando verso un numero enorme di morti evitabili.

 

 

 

 

 

 

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