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Donald Trump non è affatto un Richard Nixon, di Paul Krugman (New York Times, 4 giugno 2020)

 

June 4, 2020

Donald Trump Is No Richard Nixon

By Paul Krugman

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On May 4, 1970, the Ohio National Guard opened fire on student protesters, killing four. The 50th anniversary of the Kent State massacre passed with little notice in a nation preoccupied with Covid-19 — but now, suddenly, echoes of the Nixon era are everywhere. And Donald Trump seems to be deliberately invoking Nixon’s legacy, tweeting out “LAW & ORDER!” in the apparent hope that it will magically rescue his political fortunes.

And given Trump’s determination to put troops in the streets of America’s cities, it’s quite likely that innocent civilians will be shot at some point.

But Donald Trump isn’t Richard Nixon — he’s much, much worse. And America 2020 isn’t America 1970: We’re a better nation in many ways, but our democracy is far more fragile thanks to the utter corruption of the Republican Party.

The Trump-Nixon comparisons are obvious. Like Nixon, Trump has exploited white backlash for political gain. Like Nixon, Trump evidently believes that laws apply only to the little people.

Nixon, however, doesn’t seem to have been a coward. Amid mass demonstrations, he didn’t cower in the MAGAbunker, venturing out only after his minions had gassed peaceful protesters and driven them out of Lafayette Park. Instead, he went out to talk to protesters at the Lincoln Memorial. His behavior was a bit weird, but it wasn’t craven.

And while his political strategy was cynical and ruthless, Nixon was a smart, hard-working man who took the job of being president seriously.

His policy legacy was surprisingly positive — in particular, he did more than any other president, before or since, to protect the environment. Before Watergate took him down he was working on a plan to expand health insurance coverage that in many ways anticipated Obamacare.

Trump, by contrast, appears to spend his days tweeting and watching Fox News. His administration’s only major policy achievement so far has been the 2017 tax cut, which was supposed to lead to surging business investment, but didn’t.

He responded to the Covid-19 threat first with denial, then with frantic efforts, not to control the pandemic, but to shift the blame for shambolic, ineffective policies to other people.

So Trump is no Nixon. And the country he’s trying to dominate — his favorite word — is very different, too.

The good news is that America is a far less racist, far more tolerant nation today than it was in 1970. Remarkably, multiple polls show a majority of Americans approving of the protests inspired by George Floyd’s death, and strong disapproval of Trump’s response.

This doesn’t mean that systemic racism is gone — far from it. But a majority of Americans are willing to acknowledge that racism is real and see it as a problem, which represents huge moral progress. Nixon’s “silent majority” is now a noisy minority.

But it’s a very dangerous minority. While we are, as I said, in many ways a better nation than we were, we’re also a nation in which the rule of law and democratic values are very much under siege.

At this point it’s alarmingly easy to see how the United States could follow the path already taken by Hungary, becoming a democracy on paper but an authoritarian one-party state in practice. And I’m not talking about the distant future: It could happen this year, if Trump wins re-election — or even, potentially, if he loses but refuses to accept the results.

And the reason democracy is threatened in a way it never was under Nixon is not simply that Trump is a worse human being than Nixon ever was; it is the fact that he has so many enablers.

Trump’s authoritarian instincts, his admiration for and envy of foreign strongmen, his desire to militarize law enforcement have long been obvious. These things wouldn’t matter so much, however, if the Republican Party were still the institution it was in the 1970s — a big tent with room for a variety of views, represented in the Senate by many people with real principles. These were people willing to remove a president, even if he was a Republican, when he betrayed his oath of office.

The modern G.O.P., however, is nothing like that. Many of its leading figures — people like Senator Tom Cotton — are every bit as authoritarian and anti-democratic as Trump himself.

The rest, with hardly any exceptions, are loyal apparatchiks, intimidated into obedience by an angry base. This base gets its information from Fox and Facebook and basically lives in an alternate reality, in which protesters demonstrating peacefully against police brutality are actually a radical horde that will begin a violent insurrection any minute now.

The point is that today’s Republican Party wouldn’t object to a Trumpian power grab, even if it amounted to a military coup. On the contrary, the party would cheer it on.

The bottom line is that while parallels with the Nixon era are very real, there are important differences between now and then — and the differences aren’t reassuring. In many ways we’re a better country than we used to be, but we’re in dire political straits, because one of our two major parties no longer believes in the American idea.

 

Donald Trump non è affatto un Richard Nixon,

di Paul Krugman

 

Il 4 maggio 1970, la Guardia Nazionale dell’Ohio aprì il fuoco su studenti che protestavano, uccidendone quattro. Il cinquantesimo anniversario del massacro alla Università Statale di Kent è passato con poca attenzione in una nazione preoccupata per il Covid-19 – ma adesso, all’improvviso, gli echi dell’epoca di Nixon sono dappertutto. E Donald Trump sembra stia deliberatamente invocando l’eredità di Nixon, twittando “LEGGE ED ORDINE” nella apparente speranza che ciò metta magicamente in salvo le sue fortune politiche.

E data la determinazione di Trump a schierare le truppe nelle strade delle città americane, è abbastanza probabile che in qualche momento si sparerà su civili innocenti.

Ma Donald Trump non è Richard Nixon – è molto, molto peggiore. E l’America del 2020 non è l’America del 1970: siamo in molti sensi una nazione migliore, ma la nostra democrazia è di gran lunga più fragile grazie alla completa corruzione del Partito Repubblicano.

I paragoni tra Trump e Nixon sono scontati. Come Nixon, Trump ha sfruttato la reazione razzista bianca per un vantaggio politico. Come Nixon, Trump evidentemente è convinto che le leggi si applichino soltanto alla gente comune.

Tuttavia, non risulta che Nixon sia stato un codardo. Nel mezzo di dimostrazioni di massa, non si ritirava nel MAGAbunker [1] , avventurandosi fuori solo dopo che i suoi galoppini avevano sparato gas su manifestanti pacifici e li avevano spinti fuori da Lafayette Park. Piuttosto, egli uscì fuori per parlare con i manifestanti al Lincoln Memorial. La sua condotta fu un po’ bizzarra, ma non fu vile.

E se la sua strategia politica fu cinica e spietata, Nixon fu un uomo scaltro, un grande lavoratore che prendeva sul serio il lavoro di Presidente.

La sua eredità politica è stata sorprendentemente positiva – in particolare, ha fatto più di ogni altro Presidente prima di allora e da allora per proteggere l’ambiente. Prima che il Watergate lo ingoiasse stava lavorando ad un programma di espansione della assicurazione sanitaria che per molti versi anticipava la riforma di Obama.

Trump, all’opposto, sembra spendere i suoi giorni twittando e guardando Fox News. Sinora, l’unica importante realizzazione politica della sua Amministrazione è stato il taglio delle tasse del 2017, che si diceva avrebbe portato ad una forte crescita degli investimenti delle imprese, che non c’è stata.

Ha risposto alla minaccia del Covid-19 prima negandola, poi con sforzi frenetici, non per controllare la pandemia, ma per dare la colpa di politiche disordinate ed inefficaci ad altri.

Dunque Trump non è affatto Nixon. E il paese che sta cercando di sottomettere – la parola che preferisce – è anch’esso molto diverso.

La buona notizia è che l’America è oggi di gran lunga meno razzista e più tollerante di quanto era nel 1970. È rilevante che molti sondaggi mostrino che una maggioranza degli americani approva le proteste ispirate dalla morte di George Floyd, e disapprova fortemente la risposta di Trump.

Questo non significa che il razzismo del sistema sia scomparso – lungi dall’esserlo. Ma una maggioranza di americani sono disponibili a riconoscere che il razzismo esiste e lo considerano un problema, il che rappresenta un enorme progresso morale. La “maggioranza silenziosa” di Nixon oggi è una minoranza chiassosa.

Ma è una minoranza molto pericolosa. Se siamo, come ho detto, una nazione molto migliore di quella che eravamo, siamo anche una nazione nella quale lo stato di dritto ed i valori democratici sono fortemente sotto assedio.

A questo punto è facile scorgere in modo allarmante come gli Stati Uniti potrebbero seguire il sentiero preso dall’Ungheria, diventando una democrazia sulla carta, ma in pratica uno stato autoritario a partito unico. E non sto parlando di un futuro lontano: potrebbe accadere quest’anno, se Trump ottiene di essere rieletto – o persino nell’eventualità che perda ma rifiuti di accettare il risultato.

E la spiegazione per la quale la democrazia è minacciata come non fu mai sotto Nixon non è semplicemente che Trump è un soggetto peggiori di quanto Nixon sia mai stato; consiste nel fatto che egli ha un gran numero di individui che lo incoraggiano.

Gli istinti autoritari di Trump, la sua ammirazione e invidia per gli uomini forti di altri paesi, il suo desiderio di militarizzare l’applicazione delle leggi sono evidenti da tempo. Tutto questo non sarebbe così importante, tuttavia, se il Partito Repubblicano fosse l’istituzione che era negli anni ’70 – una grande circo nel quale c’era spazio per una varietà di punti di vista, rappresentato nel Senato da molti individui che si basavano su veri principi. Queste erano persone disposte a rimuovere un Presidente, anche se era repubblicano, quando tradiva il suo giuramento.

Il Partito Repubblicano contemporaneo, tuttavia, non è niente di simile. Molti dei suoi dirigenti – persone come il Senatore Tom Cotton – sono altrettanto autoritari e antidemocratici di Trump stesso.

Gli altri, con pochissime eccezioni, sono burocrati fedeli, minacciati all’obbedienza da una base arrabbiata. Questa base ottiene le sue informazioni da Fox News e da Facebook e fondamentalmente vive in una realtà alternativa, nella quale le persone che protestano pacificamente contro la brutalità della polizia sono in realtà un’orda estremista che prima o poi scatenerà una insurrezione violenta.

Il punto è che il Partito Repubblicano odierno non si opporrebbe ad una presa del potere trumpiana, anche se prendesse la forma di un golpe militare. Al contrario, il partito farebbe il tifo per essa.

La morale della favola è che mentre i paragoni con l’epoca di Nixon sono assai fondati, ci sono importanti differenze tra ora ed allora – e non sono differenze rassicuranti. In molti sensi siamo un paese migliore di quello che eravamo, ma siamo in pessime acque politiche, perché uno dei due principali partiti non crede più nell’idea americana.

 

 

 

 

 

 

[1] Ovvero, al bunker nel quale Trump è riparato giorni orsono, viene dato il nomignolo di MAGA, che è lo slogan preferito di Trump (“Make America Great Again”, “Facciamo l’America di nuovo grande”).

 

 

 

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