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Una epidemia di testarda ignoranza, di Paul Krugman (New York Times, 22 giugno 2020)

 

June 22, 2020

A Plague of Willful Ignorance

By Paul Krugman

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In the early 20th century the American South was ravaged by pellagra, a nasty disease that produced the “four Ds” — dermatitis, diarrhea, dementia and death. At first, pellagra’s nature was uncertain, but by 1915 Dr. Joseph Goldberger, a Hungarian immigrant employed by the federal government, had conclusively shown that it was caused by nutritional deficiencies associated with poverty, and especially with a corn-based diet.

However, for decades many Southern citizens and politicians refused to accept this diagnosis, declaring either that the epidemic was a fiction created by Northerners to insult the South or that the nutritional theory was an attack on Southern culture. And deaths from pellagra continued to climb.

Sound familiar?

We’ve known for months what it takes to bring Covid-19 under control. You need a period of severe lockdown to reduce the disease’s prevalence. Only then can you reopen the economy — while maintaining social distancing as needed — and even then you need a regime of widespread testing, tracing and isolation of potentially infected individuals to keep the virus suppressed.

Most advanced countries have gone down this route. A few countries, like New Zealand and South Korea, have largely or completely defeated the coronavirus. The European Union, comparable in population and diversity to the United States, continues to record new cases of Covid-19, but at a far slower rate than at the pandemic’s peak in late March and early April.

But the United States is exceptional, in a very bad way. Our rate of new cases never declined all that much, because falling infection rates in the New York area were offset by flat or rising infections in the South and the West. Now cases are on the rise nationally and surging in such states as Arizona, Texas and Florida.

And no, reported infections aren’t rising just because we’re doing more testing; contra Donald Trump, we can’t solve this problem just by testing less. Other indicators, like the percentage of tests coming back positive and hospitalization rates, show that the Covid-19 surge is real.

It’s true that deaths are still falling for the nation as a whole, although they’re rising in some states. This reflects some combination of the way that deaths lag infections, better precautions for the elderly, who are the most vulnerable, and better treatment as doctors learn more about the disease.

But we’re still losing around 600 Americans per day — that is, we’re experiencing the equivalent of six 9/11s every month. And many people who aren’t killed by Covid-19 are nonetheless debilitated by the illness, sometimes permanently.

Why are we doing so badly? A lot of the answer is that many state governments have rushed to return to business as usual even though only a handful of states meet federal criteria for even the initial phase of reopening. Epidemiologists warned that premature reopening would lead to a new wave of infections — and they were right.

Beyond that, in America, and only in America, basic health precautions have been caught up in a culture war. Most obviously, not wearing a face mask, and hence gratuitously endangering other people, has become a political symbol: Trump has suggested that some people wear masks only to signal disapproval of him, and many Americans have decided that requiring masks in indoor spaces is an assault on their freedom.

As a result, social distancing has become partisan: self-identified Republicans do less of it than self-identified Democrats. We all saw how this plays out in Tulsa, where a large (if smaller than expected) crowd gathered, mostly without masks, in an indoor setting custom-designed to spread the coronavirus.

And the next Trump rally, on Tuesday, will take place in Arizona, where Covid-19 is exploding, but where the Republican governor not only refuses to require mask-wearing but refused until a few days ago to allow local governments to impose their own rules.

The moral of this story is that America’s uniquely poor response to the coronavirus isn’t just the result of bad leadership at the top — although tens of thousands of lives would have been saved if we had a president who would deal with problems instead of trying to wish them away.

We’re also doing badly because, as the example of pellagra shows, there’s a longstanding anti-science, anti-expertise streak in American culture — the same streak that makes us uniquely unwilling to accept the reality of evolution or acknowledge the threat of climate change.

We aren’t a nation of know-nothings; many, probably most Americans are willing to listen to experts and act responsibly. But there’s a belligerent faction within our society that refuses to acknowledge inconvenient or uncomfortable facts, preferring to believe that experts are somehow conspiring against them.

Trump hasn’t just failed to rise to the policy challenge posed by Covid-19. He has, with his words and actions — notably his refusal to wear a mask — encouraged and empowered America’s anti-rational streak.

And this rejection of expertise, science and responsibility in general is killing us.

 

Una epidemia di testarda ignoranza,

di Paul Krugman

 

Agl inizi del 20° secolo il Sud dell’America era devastato dalla pellagra, una grave malattia che comportava le “quattro D” – dermatite, diarrea, demenza e decessi. Agli inizi la natura della pellagra era incerta, ma col 1915 il Dr. Joseph Goldberger, un emigrato ungherese assunto dal Governo federale, aveva definitivamente dimostrato che era provocata da deficienze nutrizionali dipendenti dalla povertà, e in particolare da una dieta a base di granoturco.

Tuttavia, per decenni molti cittadini e politici del Sud si rifiutarono di accettare questa diagnosi, dichiarando o che l’epidemia era un’invenzione dei nordisti per insultare il Sud, oppure che la teoria nutrizionale era un attacco alla cultura meridionale. E le morti da pellagra continuarono a salire.

Vi giunge familiare?

Sono mesi che sappiamo cosa serve per mettere il Covid-19 sotto controllo. C’è bisogno di un serio blocco per ridurre la prevalenza della malattia. Soltanto allora si può riaprire l’economia – pur restando la necessità del distanziamento sociale – e anche a quel punto c’è bisogno di una attività generalizzata di analisi, di tracciamento e di isolamento dei potenzialmente infetti per mantenere il virus represso.

I paesi più avanzati hanno seguito qusto indirizzo. Alcuni paesi, come la Nuova Zelanda o la Corea del Sud, hanno in gran parte o completamente sconfitto il coronavirus. L’Unione Europea, paragonabile come popolazione e come diversità agli Stati Uniti, continua ad avere il primato dei nuovi casi di Covid-19, ma con un tasso più lento rispetto al picco della pandemia verso la fine di marzo e gli inizi di aprile.

Ma gli Stati Uniti sono fuori dalla norma in un senso molto brutto. Il nostro tasso di nuovi casi non è mai sceso così tanto, perché la riduzione dei tassi di infezione nell’ara di New York  è stata bilanciata da infezioni stabili o in crescita nel Sud e a Occidente. Ora i casi sono in crescita nazionalmente e si sono impennati in Stati come l’Arizona, il Texas e la Florida.

E non si può dire che le infezioni resocontate non stiano crescendo solo perché stiamo facendo più test; diversamente da quanto sostiene Donald Trump, non possiamo risolvere questo problema solo facendo meno tamponi. Altri indicatori, come la percentuale dei test che risultano positivi o i tassi di ospedalizzazione, dimostrano che l’ondata del Covid-19 è reale.

È vero che le morti stanno calando nella nazione nel suo complesso, sebbene stiano crescendo in alcuni Stati. Questo riflette un qualche assortimento dei modi in cui le morti restano indietro rispetto alle infezioni, migliori precauzioni per gli anziani, che sono i più vulnerabili, e migliori trattamenti, dato che i dottori sono meglio informati sulla malattia.

Ma stiamo ancora perdendo circa 600 americani al giorno – ovvero, stiamo facendo l’esperienza, ogni mese, dell’equivalente di sei volte le vittime dell’11 settembre. E molte persone che non sono uccise dal Covid-19, ciononostante son debilitate dalla malattie, in alcuni casi in permanenza.

Perché ci stiamo comportando così male? Una buona parte della risposta consiste nel fatto che molti Stati si sono precipitati a tornare alla normalità anche se solo una manciata di Stati soddisfacevano i criteri federali persino per la fase iniziale della riapertura. Gli epidemiologi avevano messo in guardia che una riapertura prematura avrebbe portato ad una nuova ondata di infezioni – ed avevano ragione.

Oltre a ciò, in America, e solo in America, le precauzioni sanitarie elementari sono state catturate in un guerra ideologica. Il caso più noto, non indossare le mascherine, e quindi gratuitamente mettere a rischio le altre persone, è diventato un simbolo politico: Trump ha suggerito che alcuni indossano le mascherine solo per segnalare che lo disapprovano, e molti americani hanno deciso che la richiesta delle mascherine nei luoghi chiusi è un attacco alla loro libertà.

Il risultato è che il distanziamento sociale è diventato un comportamento di parte: coloro che si dichiarano repubblicani lo fanno meno di coloro che si dichiarano democratici. Abbiamo tutti visto come questo ha funzionato a Tulsa, dove si è riunita un’ampia folla (anche se più piccola di quanto ci si aspettava), per la maggioranza senza mascherine, in un ambiente al chiuso quasi concepito apposta per diffondere il virus.

E la prossima manifestazione di Trump, martedì, avrà luogo in Arizona, dove il Covid-19 sta esplodendo, ma dove il Governatore repubblicano non solo si rifiuta di stabilire l’obbligo di indossare le mascherine, ma sino a pochi giorni fa si rifiutava di consentire ai governi locali di imporre le loro regole.

La morale di questa storia è che la risposta singolarmente negativa dell’America al coronavirus non è soltanto la conseguenza di una cattiva dirigenza al vertice – sebbene decine di migliaia di vite sarebbero state salvate se avessimo un Presidente che avesse voluto misurarsi con i problemi anziché aspettare che sparissero da soli.

Ci stiamo anche comportando negativamente, come dimostra l’esempio della pellagra, perché c’è una traccia di lunga data, ostile alla scienza ed alla competenza, nella cultura americana – la stessa traccia che ci marca, caso unico, come indisponibili ad accettare l’evoluzionismo o a riconoscere la minaccia del cambiamento climatico.

Non siamo una nazione di gente che professa l’ignoranza: molti, probabilmente la maggioranza degli americani sono disponibili ad ascoltare gli esperti e ad agire responsabilmente. Ma all’interno della nostra società c’è una fazione bellicosa che rifiuta di riconoscere i fatti scomodi e sgradevoli, preferendo credere che gli esperti stiano in qualche modo cospirando contro di loro.

Non solo Trump non ha saputo essere all’altezza della sfida politica costituita dal Covid-19. Con le sue parole e con le sue azioni – in particolare con il suo rifiuto di indossare la mascherina – ha incoraggiato e rafforzato quella traccia di anti razionalità dell’America.

E questo rifiuto della competenza, della scienza e in generale della responsabilità, sta facendo tante vittime.

 

 

 

 

 

 

 

 

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