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Le azioni volano. E cresce pure la miseria. Di Paul Krugman (New York Times, 20 agosto 2020)

 

Aug 20, 2020

Stocks Are Soaring. So Is Misery.

By Paul Krugman

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On Tuesday, the S&P 500 stock index hit a record high. The next day, Apple became the first U.S. company in history to be valued at more than $2 trillion. Donald Trump is, of course, touting the stock market as proof that the economy has recovered from the coronavirus; too bad about those 173,000 dead Americans, but as he says, “It is what it is.”

But the economy probably doesn’t feel so great to the millions of workers who still haven’t gotten their jobs back and who have just seen their unemployment benefits slashed. The $600 a week supplemental benefit enacted in March has expired, and Trump’s purported replacement is basically a sick joke.

Even before the aid cutoff, the number of parents reporting that they were having trouble giving their children enough to eat was rising rapidly. That number will surely soar in the next few weeks. And we’re also about to see a huge wave of evictions, both because families are no longer getting the money they need to pay rent and because a temporary ban on evictions, like supplemental unemployment benefits, has just expired.

But how can there be such a disconnect between rising stocks and growing misery? Wall Street types, who do love their letter games, are talking about a “K-shaped recovery”: rising stock valuations and individual wealth at the top, falling incomes and deepening pain at the bottom. But that’s a description, not an explanation. What’s going on?

The first thing to note is that the real economy, as opposed to the financial markets, is still in terrible shape. The Federal Reserve Bank of New York’s weekly economic index suggests that the economy, although off its low point a few months ago, is still more deeply depressed than it was at any point during the recession that followed the 2008 financial crisis.

And this time around, job losses are concentrated among lower-paid workers — that is, precisely those Americans without the financial resources to ride out bad times.

What about stocks? The truth is that stock prices have never been closely tied to the state of the economy. As an old economists’ joke has it, the market has predicted nine of the last five recessions.

Stocks do get hit by financial crises, like the disruptions that followed the fall of Lehman Brothers in September 2008 and the brief freeze in credit markets back in March. Otherwise, stock prices are pretty disconnected from things like jobs or even G.D.P.

And these days, the disconnect is even greater than usual.

For the recent rise in the market has been largely driven by a small number of technology giants. And the market values of these companies have very little to do with their current profits, let alone the state of the economy in general. Instead, they’re all about investor perceptions of the fairly distant future.

Take the example of Apple, with its $2 trillion valuation. Apple has a price-earnings ratio — the ratio of its market valuation to its profits — of about 33. One way to look at that number is that only around 3 percent of the value investors place on the company reflects the money they expect it to make over the course of the next year. As long as they expect Apple to be profitable years from now, they barely care what will happen to the U.S. economy over the next few quarters.

Furthermore, the profits people expect Apple to make years from now loom especially large because, after all, where else are they going to put their money? Yields on U.S. government bonds, for example, are well below the expected rate of inflation.

And Apple’s valuation is actually less extreme than the valuations of other tech giants, like Amazon or Netflix.

So big tech stocks — and the people who own them — are riding high because investors believe that they’ll do very well in the long run. The depressed economy hardly matters.

Unfortunately, ordinary Americans get very little of their income from capital gains, and can’t live on rosy projections about their future prospects. Telling your landlord not to worry about your current inability to pay rent, because you’ll surely have a great job five years from now, will get you nowhere — or, more accurately, will get you kicked out of your apartment and put on the street.

So here’s the current state of America: Unemployment is still extremely high, largely because Trump and his allies first refused to take the coronavirus seriously, then pushed for an early reopening in a nation that met none of the conditions for resuming business as usual — and even now refuse to get firmly behind basic protective strategies like widespread mask requirements.

Despite this epic failure, the unemployed were kept afloat for months by federal aid, which helped avert both humanitarian and economic catastrophe. But now the aid has been cut off, with Trump and allies as unserious about the looming economic disaster as they were about the looming epidemiological disaster.

So everything suggests that even if the pandemic subsides — which is by no means guaranteed — we’re about to see a huge surge in national misery.

Oh, and stocks are up. Why, exactly, should we care?

 

Le azioni volano. E cresce pure la miseria.

Di Paul Krugman

 

Giovedì, l’indice azionario di S&P 500 ha raggiunto un massimo storico. Il giorno dopo, la Apple è diventata la prima società statunitense nella storia ad essere valutata più di due mila miliardi di dollari. Naturalmente, Donald Trump cerca di rivendere il mercato azionario come la prova che l’economia si è ripresa dal coronavirus; pazienza per quei 173.000 americani morti, ma, come dice lui, “E’ così e basta”.

Eppure probabilmente l’economia non sembra così strepitosa a quei milioni di lavoratori che non hanno ancora riavuto i loro posti di lavoro e che hanno appena visto decurtati i loro sussidi di disoccupazione. Il beneficio supplementare di 600 dollari alla settimana approvato a marzo è scaduto e la sua pretesa sostituzione da parte di Trump è fondamentalmente uno scherzo di cattivo gusto.

Anche prima del taglio agli aiuti, il numero dei genitori che riferivano di avere problemi nel dare ai loro figli da mangiare a sufficienza stava crescendo rapidamente. Nelle prossime settimane sicuramente quel numero salirà. E siamo vicini ad assistere ad una grande ondata di sfratti, sia perché le famiglie non ricevono più il denaro di cui hanno bisogno per pagare gli affitti, sia perché la provvisoria proibizione degli sfratti, come i sussidi di disoccupazione aggiuntivi, è appena scaduta.

Ma come ci può essere tale contraddizione tra le azioni che salgono e la miseria che cresce? Gli individui di Wall Street, che amano i loro giochi di parole, stanno parlando di una “ripresa a forma di K”: in alto le valutazioni in crescita delle azioni e le ricchezza individuali, in basso i redditi che diminuiscono e le sofferenze sempre più profonde. Ma questa è una descrizione, non una spiegazione. Cosa sta succedendo?

La prima cosa da notare è che l’economia reale, all’opposto dei mercati finanziari, è in pessima forma. La Banca di New York della Federal Reserve indica che l’economia, sebbene fuori dal punto più basso di pochi mesi orsono, è ancora più profondamente depressa di quello che era in ogni momento nella recessione che seguì la crisi finanziaria del 2008.

E questa volta le perdite dei posti di lavoro sono concentrate tra i lavoratori meno pagati – cioè precisamente tra quegli americani che non hanno le risorse finanziarie per affrontare i momenti difficili.

Cosa si può dire delle azioni? La verità è che i valori delle azioni non sono mai stati strettamente collegati alle condizioni dell’economia. Come diceva scherzando un vecchio economista, il mercato ha previsto nove delle ultime cinque recessioni.

I mercati sentono i colpi delle crisi finanziarie, come i disordini che fecero seguito alla caduta della Lehman Brothers nel settembre del 2008 e la breve gelata sui mercati del credito dello scorso marzo. Al di fuori da ciò,  prezzi delle azioni sono abbastanza disconnessi da cose come i posti di lavoro o persino il PIL.

E di questi tempi la disconnessione è persino maggiore del solito.

Di fatto la recente crescita nel mercato è stata ampiamente guidata da un piccolo numero di giganti della tecnologia. E le valutazioni di mercato di queste società hanno molto poco a che fare con i loro attuali profitti, per non dire con le condizioni dell’economia in generale. Riguardano piuttosto le percezioni degli investitori su un futuro abbastanza lontano.

Si prenda l’esempio della Apple, con la sua valutazione da due mila miliardi di dollari. Apple ha un rapporto tra profitti e prezzo – il rapporto della sua valutazione di mercato rispetto ai suoi profitti – pari a circa 33. Un modo di valutare quel numero è che soltanto il 3 percento del valore che gli investitori attribuiscono alla società riflette il denaro che si aspettano di realizzare nel corso del prossimo anno. Finché si aspettano che Apple sia profittevole negli anni futuri, si preoccupano appena di cosa accadrà all’economia statunitense nei prossimi trimestri.

Inoltre, i profitti che le gente si aspetta che Apple realizzi negli anni futuri, dopo tutto, si prospettano particolarmente ampi perché dove altro possono andare a mettere i loro soldi? I rendimenti delle obbligazioni pubbliche statunitensi, ad esempio, sono ben al di sotto del tasso di inflazione atteso.

E la valutazione di Apple, in realtà, è meno esagerata delle valutazioni di altri giganti della tecnologia, come Amazon o Netflix.

Dunque le azioni delle grandi società della tecnologia – e le persone che le detengono – stanno riscuotendo successo perché gli investitori credono che andranno molto bene nel lungo periodo. L’economia depressa ha poca importanza.

Sfortunatamente, il reddito degli americani comuni deriva molto poco dai profitti di capitale, ed essi non possono vivere sulle rosee previsioni sulle loro prospettive future. Dire al proprietario della vostra abitazione di non preoccuparsi della vostra attuale impossibilità di pagare l’affitto, perché certamente avrete un ottimo posto di lavoro tra cinque anni, non vi porterà da nessuna parte – o, più precisamente, sarete messi alla porta del vostro appartamento e gettati sulla strada.

Dunque, ecco la attuale condizione dell’America: la disoccupazione è ancora molto elevata, in gran parte perché Trump e i suoi alleati hanno dapprima rifiutato di prendere sul serio il coronavirus, poi hanno spinto per aperture premature in una nazione che non aveva soddisfatto nessuna delle condizioni per riprendere la attività economica come al solito – e persino adesso rifiutano di appoggiare con fermezza strategie protettive elementari come l’uso generalizzato delle mascherine.

Nonostante questo fallimento epico, i disoccupati sono stati tenuti a galla per mesi dall’aiuto federale, il che ha contribuito ad evitare una catastrofe sia umanitaria che economica. Ma adesso l’aiuto è stato tagliato, e Trump e i suoi alleati sono spensierati sull’incombente disastro economico come lo erano stati sull’incombente disastro epidemiologico.

Dunque, ogni cosa suggerisce che persino se la pandemia recede – il che è lungi dall’essere sicuro – siamo prossimi a constatare una vasta crescita della miseria nazionale.

Ma, infine, il valore delle azioni cresce. Di che cosa ci vogliamo preoccupare?

 

 

 

 

 

 

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