Sep 29, 2020
Paul Krugman
At the beginning of this year, Wall Street was almost sure that Donald Trump would be re-elected. A Citigroup poll of fund managers found 70 percent believing that Trump would win. As late as April major investors still expected a Trump victory.
At this point, however, the upper hand is on the other foot. As the bumper stickers don’t quite say, stuff happens, and Trump could still pull this off — or simply try to steal the election, say by blocking the counting of mail-in ballots, a possibility that keeps many of us up at night. But Joe Biden is in a far stronger position than Hillary Clinton was at this point; two new polls from Pennsylvania, the most likely tipping point state, both gave Biden a nine point lead, suggesting that a repeat of 2016 — in which Trump lost the popular vote, which he will almost surely do again, but squeaked through to an Electoral College victory with narrow leads in rust belt states — is becoming unlikely.
What changed? The pandemic, obviously. But also, this year it’s pretty clear that it’s not the economy, stupid.
Expectations for a Trump victory were based mainly on the belief that voters would give him credit for job growth during the first three years of his administration. Since then, however, two things have happened. First, the economy has faded as an issue, overshadowed by the pandemic and, to some extent, by Black Lives Matter and the administration’s mailed-fist response. Second, Trump’s advantage on the economy also seems to have faded.
Thus, a recent Washington Post poll found voters almost equally divided on the question of whether Trump or Biden can better handle the economy. A New York Times poll didn’t ask that question, but did ask voters whether Trump is responsible for the coronavirus recession; 53 percent said that he was indeed mainly or somewhat responsible.
But did Trump ever deserve to be considered better on the economy? As many people have pointed out, economic growth during his first three years basically represented a continuation of a trend that began under Barack Obama. Consider this chart showing job growth since 2010. If you didn’t know that there was an election in 2016, you wouldn’t have any reason to think anything changed.
More broadly, a look back suggests that the widespread perception that Republicans are better for the economy has no basis in reality. If anything, it’s the opposite. Here’s the growth rate of real GDP per capita under the last six presidents:
Bureau of Economic Analysis
Basically, the economy did as well under Clinton as it did under Reagan and no better under Trump, even pre-pandemic, than it did under Obama, while both Bushes presided over some serious bad times.
What about looking forward? Recently Moody’s Analytics, a nonpartisan consulting firm, created a bit of a stir with an assessment of the likely macroeconomic effects of the election. It argued that Biden would do substantially better — that if there’s a Democratic sweep, by the end of 2024 real GDP would be 4.5 percent higher and there would be 7.4 million more jobs than if Trump holds on.
What drives these conclusions is Moody’s belief — which I share — that the big problem we’ll face after the coronavirus recedes will be persistent weakness in investment. Trump’s 2017 tax cut was supposed to fuel a business investment boom, but didn’t. Biden, by contrast, is proposing large-scale public investment, which would take up the slack, while Trump’s repeated declarations of “infrastructure week” have become a running joke. And public investment is what we need.
So this election won’t be about the economy. But even if it were, Trump shouldn’t have the advantage.
Ci sarà un boom con Biden?
Di Paul Krugman
Agli inizi di quest’anno, Wall Street era quasi certa che Donald Trump sarebbe stato rieletto. Un sondaggio di Citigroup tra gestori di fondi scoprì che il 70 per cento credevano che Trump avrebbe vinto. Alla fine di aprile importanti investitori si aspettavano ancora una vittoria di Trump.
A questo punto, tuttavia, il vantaggio si è ribaltato. Come gli adesivi sui paraurti non dicono a sufficienza, le ‘cose accadono [1]’, e Trump potrebbe ancora venirne fuori – oppure sempliceete cercare di rubare le elezioni, ad esempio bloccando il conteggio dei voti per posta, una possibilità che ci tiene svegli di notte. Ma Joe Biden è in una posizione più forte di quella in cui era Hillary Clinton a questo punto; due nuovi sondaggi dalla Pennsylvania, il più probabile Stato indicativo di una svolta, hanno dato entrambi a Biden nove punti di vantaggio, indicando che una ripetizione del 2016 – nella quale Tump perda al voto popolare, come quasi certamente gli accadrà di nuovo, ma vinca per un soffio nel Collegio Elettorale con vantaggi ristretti negli Stati della “cintura della ruggine” [2] – sta diventando improbabile.
Che cosa è cambiato? Certamente, la pandemia. Ma quest’anno è abbastanza chiaro anche che non si tratti dell’economia. [3]
Le aspettative di una vittoria di Trump erano basate principalmente sul convincimento che gli elettori gli avrebbero dato credito per la crescita dei posti di lavoro durante i primi tre anni della sua Amministrazione. Da allora, tuttavia, sono accadute due cose. La prima, l’economia è diventata un tema meno rilevante, messa in ombra dalla pandemia e, in qualche misura, dal Black Lives Matter e dalla risposta col pugno duro della Amministrazione. La seconda, anche il vantaggio di Trump sull’economia sembra sia svanito.
Quindi, un recente sondaggio del Washington Post ha scoperto che gli elettori sono divisi in parti uguali alla domanda se Trump o Biden possano gestire meglio l’economia. Un sondaggio del New York Times non ha posto tale domanda, ma ha chiesto agli elettori se Trump sia responsabile per la recessione del coronavirus; il 53 per cento ha detto che in effetti lui è stato principalmente o in qualche misura responsabile.
Ma Trump meritava di essere considerato migliore sull’economia? Come in molti hanno messo in evidenza, la crescita economica durante i primi tre anni fondamentalmente rappresentava una prosecuzione di una tendenza che era iniziata con Barack Obama. Si consideri questo diagramma che mostra la crescita dei posti di lavoro dal 2010. Se non sapeste che c’erano state le elezioni nel 2016, avreste tutti i motivi per pensare che non era cambiato niente.
Più in generale, un’occhiata al passato mostra che l’impressione generale che i repubblicani siano migliori nell’economia nella realtà non ha alcun fondamento. Semmai, è vero l’opposto. Ecco il tasso di crescita del PIL reale procapite sotto gli ultimi sei Presidenti:
Ufficio dell’Analisi economica
Fondamentalmente, l’economia andò altrettanto bene con Clinton che con Reagan, e non andò meglio con Trump, anche nel periodo precedente alla pandemia, di quanto non fosse andata con Obama, mentre entrambi i Bush governarono in periodi davvero negativi.
Che dire del prossimo futuro? Di recente Moody’s Analytics, una società di consulenza indipendente, ha creato un po’ di trambusto con un giudizio sui probabili effetti macroeconomici delle elezioni. Ha sostenuto che Biden avrebbe avuto prestazioni sostanzialmente migliori – che se ci fosse stata una vittoria netta dei democratici, per la fine del 2024 il PIL reale sarebbe stato più elevato del 4,5 per cento e ci sarebbero stati 7,4 milioni di posti di lavoro in più a confronto di una prosecuzione di Trump.
Quello che conduce alle conclusioni di Moody’ – che io condivido – è che il grande problema che affronteremo dopo un superamento del coronavirus sarà una persistente debolezza negli investimenti. Il taglio delle tasse di Trump nel 2017 si supponeva alimentasse un boom degli investimenti delle imprese, ma non è avvenuto. All’opposto, Biden sta proponendo investimenti pubblici su larga scala, che tenderebbero la corda, mentre Trump ha ripetuto dichiarazioni sulla “settimana delle infrastrutture” che ormai sono un tormentone. E gli investimenti pubblici sono ciò di cui abbiamo bisogno.
Dunque, queste elezioni non saranno sull’economia. Ma anche se lo fossero, Trump non dovrebbe avere il vantaggio
[1] Credo che non sia solo una espressione idiomatica. Alcune macchine americane hanno davvero adesivi che alludono alla continua possibilità di incidenti (‘cose che accadono’, “stuff happens”), e ciononostante i tamponamenti continuano, quindi gli ammonimenti non sono sufficienti. Ovviamente, la possibilità che accadano vale per tutte le cose sgradevoli, inclusa una vittoria di Trump.
[2] La “Cintura della ruggine” è la grande area che comincia a New York e attraversa il settentrione passando per la Pennsylvania, la Virginia Occidentale, l’Ohio, l’Indiana e la parte più bassa della penisola del Michigan, per finire nella parte settentrionale dell’Illinois, in quella orientale dello Iowa e in quella sud orientale del Wisconsin. Ovvero, l’area che è stata caratterizzata maggiormente dai fenomeni della deindustrializzazione manifatturiera. Tale ‘Cintura’ è ben visibile in questa cartina da Wikipedia, dove le aree con una perdita maggiore di posti di lavoro manifatturieri sono segnate dal color marrone (perdite superiori al 58%) e in rosso (perdite dal 46 al 53%); mentre le aree con maggiori guadagni sono segnate dai colori verde chiaro e verde (i dati sono relativi al periodo dal 1954 al 2002):
[3] Come osservato molte volte, l’aggiunta di “stupidi” deriva da una espressione che in una occasione usò Bill Clinton ed è entrata stabilmente nel gergo politico americano. Sinonimo di ‘ovvio’, che non è sempre necessario tradurre.
By mm
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