How are States going to deal with the accumulation of public debt generated by the Covid crisis? For many, the answer is clear: central banks will take on their balance sheets a growing share of the debts, and everything will be settled. In reality, things are more complex. Money is part of the solution but will not be enough. Sooner or later, the wealthiest will have to be called upon.
Let’s recap. In 2020, money creation has taken on unprecedented proportions. The Federal Reserve’s balance sheet jumped from $4159 billion as of February 24 to $7056 billion as of September 28, or nearly $3 trillion in monetary injection in 7 months, which has never been seen before. The balance sheet of the Eurosystem (the network of central banks piloted by the ECB) rose from 4692 billion euros on 28 February to 6705 billion on 2 October, an increase of 2000 billion. In relation to the GDP of the euro zone, the Eurosystem’s balance sheet, which had already risen from 10% to 40% of GDP between 2008 and 2018, has just jumped to almost 60% between February and October 2020.
What is all this money used for? In calm weather, central banks are content to make short-term loans to ensure the liquidity of the system. As the inflow and outflow of money in and out of the various private banks never balance exactly to the day, the central banks lend for a few days, amounts which the institutions then repay.
Following the 2008 crisis, central banks started lending money at increasingly longer maturities (a few weeks, then a few months, or even several years) in order to reassure financial players, who were petrified at the idea that their gambling partners would go bankrupt. And there was a lot to be done, because, for lack of adequate regulation, financial gambling has become a gigantic planetary casino over the last few decades. Everyone has started lending and borrowing in unprecedented proportions, with the result that the total private financial assets and liabilities held by banks, companies and households now exceed 1000% of GDP in rich countries (without even including derivative securities), compared to 200% in the 1970s. Real wealth (i.e. the net worth of real estate and businesses) has also increased from 300% to 500% of GDP, but much less strongly, illustrating the financialisation of the economy. In a way, the balance sheets of central banks have only followed (slightly later) the explosion of private balance sheets, in order to preserve their capacity to act in the face of the markets.
The new activism of the central banks has also allowed them to buy back a growing share of public debt securities, while bringing interest rates down to zero. The ECB already held 20% of the public debt of the euro zone at the beginning of 2020, and could hold nearly 30% by the end of the year. A similar development is taking place in the United States.
As it is unlikely that the ECB or the Fed will ever decide to put these securities back on the markets or to demand their repayment, the decision to no longer count them in the total public debt could be taken now. If registration of this guarantee in legal form is desired, which would be preferable, then this might take a little more time and debate.
The most important question is the following: should we continue along this path, and can we envisage that central banks will in future hold 50% and then 100% of public debts, thereby lightening the financial burden on States? From a technical point of view, this would not pose any problem. The difficulty is that by resolving the question of public debt on one hand, this policy creates other difficulties elsewhere, particularly in terms of increasing inequalities of wealth. The orgy of money creation and the purchase of financial securities in fact leads to an increase in stock and property prices, which contributes to the enrichment of the richest. For small savers, zero or negative interest rates are not necessarily good news. But for those who can afford to borrow at low rates and who have the financial, legal and tax expertise to find the right investments, excellent returns are possible. According to Challenges, France’s 500 largest fortunes have thus risen from €210 to €730 billion between 2010 and 2020 (from 10% to 30% of GDP). Such a development is socially and politically unsustainable.
It would be different if monetary creation, instead of fuelling the financial bubble, were mobilised to finance a real social and ecological recovery, i.e. by assuming strong job creation and wage increases in hospitals, schools, thermal efficiency and local services. This would alleviate debt while reducing inequalities, investing in sectors useful for the future and shifting inflation from asset prices to wages and goods and services.
However, this would not be a miracle solution either. As soon as inflation becomes substantial again (say 3%-4% per year), we would have to put a stop to money creation and use fiscal means. The whole history of public debt shows this: money alone cannot offer a peaceful solution to a problem of this magnitude, because it leads in one way or another to uncontrolled distributive consequences. It was by resorting to exceptional levies on the better-off that the large public debts of the post-war period were extinguished and that the social and productive pact of the following decades was rebuilt. Let’s bet that the same will be true in the future.
Cosa fare col debito Covid?
Di Thomas Piketty
Come sono orientati gli Stati a fare i conti con l’accumulazione di debito pubblico generata dalla crisi del Covid? Per molti, la risposta chiara: le banche centrali prenderanno sugli equilibri patrimoniali dei loro bilanci una quota crescente dei debiti, e tutto sarà risolto. In realtà, le cose sono più complicate. Il denaro è parte della soluzione del problema, ma non basterà. Prima o poi, bisognerà presentare il conto ai più ricchi.
Consentitemi di ricapitolare. Nel 2020, la creazione di moneta ha assunto proporzioni senza precedenti. Gli equilibri patrimoniali della Federal Reserve sono balzati da 4.159 miliardi di dollari del 24 febbraio a 7.056 miliardi di dollari del 28 settembre, ovvero circa 3 mila miliardi di dollari di iniezione monetaria in 7 mesi, qualcosa che non si era mai visto in precedenza. Gli equilibri patrimoniali di Eurosystem (la rete di banche centrali pilotata alla BCE) sono saliti da 4.692 miliardi di euro al 28 febbraio a 6.705 miliardi il 2 ottobre, un incremento di 2 mila miliardi. In rapporto al PIL dell’eurozona, gli equilibri patrimoniali di Eurosystem, che tra il 2008 e il 2018 erano già saliti dal 10 al 40%, hanno fatto un vero e proprio balzo sino a quasi il 60% tra febbraio e ottobre 2020.
Per cosa è stato utilizzato tutto questo denaro? In tempi di calma, le banche sono soddisfatte di fare prestiti a breve termine per assicurare la liquidità el sistema. Dato che i flussi in ingresso e in uscita del denaro nelle e dalle varie banche private non sono mai in equilibrio in una singola giornata, le banche centrali prestano per pochi giorni quantitativi che gli istituti in seguito restituiscono.
A seguito della crisi del 2008, la banche centrali hanno cominciato a prestare denaro con scadenze sempre più lunghe (poche settimane, poi pochi mesi o persino vari anni) allo scopo di rassicurare gli attori finanziari, che erano atterriti dall’idea che i loro partner nel gioco d’azzardo finissero in bancarotta. E ci fu molto da fare, perché, per mancanza di adeguata regolamentazione, il gioco d’azzardo finanziario è diventato un gigantesco casinò planetario nel corso di pochi decenni. Tutti hanno cominciato a fare prestiti e debiti in proporzioni senza precedenti, con la conseguenza che gli attivi e le passività finanziarie totali private detenuti dalle banche, dalle società e dalle famiglie adesso eccedono il 1000% del PIL nei paesi ricchi (senza neppure includere i titoli derivati), a confronto del 200% degli anni ’70. Anche la ricchezza reale (cioè la ricchezza netta del patrimonio immobiliare e delle imprese) è aumentata dal 300 al 500% del PIL, ma molto meno fortemente, a conferma della finanziarizzazione dell’economia. In un certo senso, gli equilibri patrimoniali delle banche centrali hanno solo seguito (con un leggero ritardo) l’esplosione degli equilibri patrimoniali privati, allo scopo di preservare di fronte ai mercati la loro capacità di agire.
Il nuovo attivismo delle banche centrali ha anche consentito loro di riacquistare una quota crescente dei titoli sul debito pubblico, mentre abbassavano i tassi di interesse sino allo zero. La BCE già deteneva il 20% del debito pubblico dell’eurozona agli inizi del 2020, e potrebbe detenerne circa il 30% per la fine dell’anno. Uno sviluppo simile sta avendo luogo negli Stati Uniti.
Dato che è improbabile che la BCE o la Fed decidano mai di ricollocare questi titoli sui mercati o di chiedere che vengano ripagati, la decisione di non tenere più conto di essi nel debito pubblico totale potrebbe essere presa adesso. Se venisse richiesta la registrazione di questa garanzia in forma legale, che sarebbe preferibile, allora questo potrebbe richiedere un po’ più tempo e dibattito.
La domanda più importante è la seguente: dovremmo continuare su questo indirizzo e possiamo immaginarci che le banche centrali possederanno in futuro il 50% e poi il 100% dei debiti pubblici, alleggerendo di conseguenza il peso finanziario sugli Stati? Da un punto di vista tecnico, questo non costituirebbe alcun problema. La difficoltà è che risolvendo la questione del debito pubblico da una parte, questa politica creerebbe altre difficoltà altrove, particolarmente nei termini di un incremento delle ineguaglianze nella ricchezza. L’orgia della creazione di denaro e l’acquisto dei titoli finanziari porta ad un incremento delle riserve e dei prezzi delle proprietà, il che contribuisce all’arricchimento dei più ricchi. Per i piccoli risparmiatori i tassi di interesse a zero o negativi non sono necessariamente buone notizie. Ma per coloro che possono permettersi di prendere a prestito a tassi bassi e che hanno le competenze finanziarie, legali e fiscali per trovare gli investimenti giusti, sono possibili rendimenti eccellenti. Secondo Challenges le 500 più grandi fortune della Francia in questo modo sono salite, tra il 2010 e il 2020, da 210 a 730 miliardi di euro (dal 10 al 30% del PIL). Uno sviluppo del genere è socialmente e politicamente insostenibile.
Sarebbe diverso se la creazione monetaria, anziché alimentare una bolla finanziaria, fosse mobilitata per finanziare una reale ripresa sociale ed ecologica, ad esempio considerando una forte creazione di posti di lavoro ed aumenti salariali negli ospedali, nelle scuole, l’efficienza termica ed i servizi locali. Questo attenuerebbe il debito riducendo le ineguaglianze, investendo in settori utili per il futuro e spostando l’inflazione dai prezzi degli asset ai salari ed ai beni e servizi.
Tuttavia, neanche questa sarebbe una soluzione miracolistica. Appena l’inflazione diventasse nuovamente sostanziale (diciamo un 3%-4% all’anno), dovremmo porre termine alla creazione di moneta e utilizzare i mezzi della finanza pubblica. L’intera storia del debito pubblico dimostra questo: il denaro da solo non può offrire una soluzione pacifica ad un problema di questa grandezza, giacché esso in un modo o nell’altro comporta conseguenze distributive fuori controllo. Gli ampi debiti pubblici del periodo post bellico furono estinti ricorrendo ad eccezionali prelievi su chi aveva più soldi e fu in quel modo che venne ricostruito il patto sociale e produttivo dei decenni successivi. Si può scommettere che lo stesso sarà vero nel futuro.
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La tabella, sotto il titolo “Le vicissitudini del debito pubblico”, mostra l’andamento del debito in percentuale sul reddito delle varie nazioni negli ultimi 170 anni. Sono evidenti i picchi in corrispondenza delle due guerre mondiali, particolarmente per l’Inghilterra e la Francia, leggermente inferiore per la Germania e sensibilmente inferiore per gli Stati Uniti. È anche evidente una forte contrazione del debito nel periodo del secondo dopoguerra nelle nazioni europee, in questo caso a fronte di una minore contrazione negli Stati Uniti.
By mm
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