Oct. 8, 2020
Paul Krugman
Last year Donald Trump called Nancy Pelosi, the House speaker, a “nasty, vindictive, horrible person.” Actually, she isn’t — but he is.
Trump’s vindictiveness has become a major worry as the election approaches. He has already signaled that he won’t accept the result if he loses, which seems increasingly likely though not certain. Nobody knows what chaos, possibly including violence, he may unleash if the election doesn’t go his way.
Even aside from that concern, however, a defeated Trump would still be president for two and a half months. Would he spend that time acting destructively, in effect taking revenge on America for rejecting him?
Well, we got a preview of what a lame-duck Trump presidency might look like Tuesday. Trump hasn’t even lost yet, but he abruptly cut off talks on an economic relief package millions of Americans desperately need (although as of Thursday he seemed to be backtracking). And his motivation seems to have been sheer spite.
Why do we need economic relief? Despite several months of large employment gains, America has only partly recovered from horrific job losses in the early months of the pandemic — and the pace of recovery has slowed to a relative crawl. All indications are that the economy will remain weak for many months, maybe even years.
Given this grim reality, the federal government should still be providing the kind of relief it offered in the first few months of the crisis: generous aid to the unemployed and loans that help keep small businesses afloat. Otherwise we’ll soon be seeing millions of families unable to pay their rent, hundreds of thousands of businesses going under.
In addition, state and local governments — which, unlike the federal government, are generally required to balance their budgets — are in desperate fiscal straits, because the pandemic slump has drastically reduced their revenues. They need a lot of aid, soon, or they will be forced into deep cuts in employment and services. We’ve already lost around 900,000 jobs in state and local education.
So there’s an overwhelming humanitarian case for major spending on relief: Unless the federal government steps in, there will be huge unnecessary suffering. There’s also a macroeconomic case: If families are forced to slash consumption, if businesses are forced to close and if state and local governments are forced into extreme spending cuts, the economy’s growth will slow and we might even slide back into recession.
I know, I know, the usual suspects will say that the calls for economic relief are just more big-government liberalism. But warnings about the dangers of failing to provide more relief aren’t just coming from progressive Democrats; they’re coming from Wall Street analysts and Jerome Powell, the chairman of the Federal Reserve.
Yet negotiations over relief have been stalled for months, even as special aid to the unemployed and small businesses has expired. The main stumbling block, I’d argue, has been the adamant refusal of Senate Republicans to consider aid to state and local governments; Democrats would probably have agreed to a deal that included significant aid, even though it would have helped Trump politically.
But Republicans have insisted — falsely — that this is all about rescuing badly run blue states. And Trump echoed that falsehood as he pulled the plug on Tuesday, claiming that Pelosi’s proposals are nothing but a bailout of “high crime, poorly run, Democrat States.” (Not that facts matter, but Democratic states actually have lower crime rates, on average, than Republican states.)
The question is, why did Trump choose to reject even the possibility of a deal less than a month before Election Day? True, it’s too late for legislation to make much difference to the state of the economy on Nov. 3, although a deal might have averted some corporate layoffs. But it would surely be in Trump’s political interest to at least look as if he’s trying to help Americans in distress. Why would Trump choose this, of all moments, to torpedo economic policy?
As far as I can tell, nobody has offered a plausible political motive, any way in which refusing even to try rescuing the economy helps Trump’s prospects. What this looks like, instead, is vindictiveness.
I don’t know whether Trump expects to lose the election. But he’s already acting like a deeply embittered man, lashing out at people he feels have treated him unfairly, which is basically everyone. And as usual he reserves special rage for smart, tough women; on Thursday he called Kamala Harris a “monster.”
Yet getting a relief deal would have required accepting a compromise with that “nasty” woman Nancy Pelosi. And it seems that he would rather let the economy burn.
The thing is, if he’s behaving like this now, when he still has some chance of winning, how will he act if he loses?
The most immediate concern is that he won’t accept the election results. But we should also be worried about what will follow if he is forced to accept the will of the people, but is still running the country. Trump has always been vindictive; what will he do if and when he has nothing left but spite?
Trump sta affossando l’economia per dispetto,
di Paul Krugman
L’anno scorso, Trump definì Nancy Pelosi, la Presidente della Camera, una “persona odiosa, vendicativa e orribile”. In realtà, non è lei ad esserlo, ma lui.
La vendicatività di Trump è diventata una importate preoccupazione, nel mentre le elezioni si avvicinano. Ha già segnalato che non accetterà il risultato se viene sconfitto, il che sembra sempre più probabile anche se non certo. Nessuno sa quale caos, inclusa probabilmente la violenza, egli possa scatenare se le elezioni non vanno come desidera.
Tuttavia, anche mettendo da parte quella preoccupazione, un Trump sconfitto sarebbe ancora Presidente per due o tre mesi. Potrebbe spendere quel tempo agendo distruttivamente, in sostanza vendicandosi con l’America per averlo respinto?
Ebbene, abbiamo avuto un anticipo martedì su a che cosa potrebbe somigliare una presidenza da ‘anatra zoppa” [1] di Trump. Trump non ha ancora nemmeno perso, ma ha d’un tratto interrotto i colloqui su un pacchetto di misure di aiuti di cui milioni di americani hanno disperatamente bisogno (sebbene non più tardi di giovedì pareva fare marcia indietro). E la sua motivazione sembra sia stata una pura e semplice ripicca.
Perché abbiamo bisogno di un sostegno all’economia? Nonostante vari mesi di ampi incrementi dell’occupazione, l’America si è ripresa solo in parte dalla terribile perdita di posti di lavoro nei primi mesi della pandemia – e il ritmo della ripresa si è attenuato sino a un relativo rilento. Tutte le indicazioni dicono che l’economia resterà debole per molti mesi, forse persino per anni.
Data questa fosca realtà, il Governo federale dovrebbe star fornendo il tipo di sostegno che offrì i primi pochi mesi della crisi: un aiuto generoso ai disoccupati e prestiti che aiutino le piccole imprese a restare a galla. Altrimenti presto vedremo milioni di famiglie impossibilitate a pagare i loro affitti e centinaia di migliaia di imprese fallire.
In aggiunta, i governi degli Stati e delle comunità locali – ai quali, diversamente dal Governo federale, è generalmente richiesto di mantenere in pareggio i loro bilanci – sono in difficoltà finanziarie disperate, perché la recessione per la pandemia ha drasticamente ridotto le loro entrate. Hanno bisogno da subito di un grande aiuto, oppure saranno costrette a profondi tagli nell’occupazione e nei servizi. Noi abbiamo già perso circa 900.000 posti di lavoro nel settore dell’istruzione a carico degli Stati e delle comunità locali.
C’è dunque uno schiacciante argomento umanitario per una importante spesa pubblica sugli aiuti: senza passi in avanti del Governo federale, ci sarà una vasta sofferenza evitabile. C’è anche un argomento macroeconomico: se le famiglie sono costrette a tagliare i consumi, se le imprese sono costrette a chiudere e gli Stati ed i governi locali sono costretti a tagli estremi della spesa, la crescita dell’economia rallenterà e potremmo persino tornare a scivolare nella recessione.
So bene che i soliti noti diranno che le richieste di aiuti economici sono precisamente tipici del progressismo degli Stati interventisti. Ma gli ammonimenti sui pericoli del non riuscire a fornire maggiore aiuto non stanno solo arrivando dai democratici progressisti; stanno arrivando dagli analisti di Wall Street e da Jerome Powell, il Presidente della Federal Reserve.
Tuttavia i negoziati sugli aiuti sono in stallo da mesi, mentre l’aiuto particolare ai disoccupati e alle piccole imprese è addirittura scaduto. L’ostacolo principale, direi, è stato il rifiuto irremovibile del repubblicani del Senato a prendere in considerazione il sostegno agli Stati ed ai Governi locali; probabilmente i democratici avrebbero condiviso un accordo che includesse un sostegno significativo, anche se esso avrebbe aiutato politicamente Trump.
Ma i repubblicani hanno insistito – falsamente – che questo avrebbe riguardato interamente il salvataggio degli Stati mal amministrati dai democratici. E Trump ha fatto eco a quella falsità quando martedì ha staccato la spina sostenendo che le proposte della Pelosi non sono niente altro se non un salvataggio degli “Stati democratici con alta criminalità e malamente amministrati” (non è quello il nocciolo della questione, ma gli Stati democratici hanno in effetti, in media, indici di criminalità più bassi degli Stati repubblicani).
La domanda è, perché Trump ha scelto di respingere persino la possibilità di un accordo a meno di un mese dal giorno delle elezioni? È vero, è troppo tardi perché la legislazione possa fare una grande differenza sulle condizioni dell’economia per il 3 novembre, sebbene un accordo avrebbe evitato alcuni licenziamenti da parte delle società. Ma sarebbe stato certamente nell’interesse politico di Trump almeno sembrar cercare di aiutare gli americani in sofferenza. Perché, tra tutti i momenti, Trump doveva scegliere questo per silurare la politica economica?
Per quanto posso dire, nessuno ha offerto una motivazione politica plausibile, del perché rifiutare persino di cercare di salvare l’economia aiuterebbe le prospettive di Trump. Questo assomiglia, piuttosto, ad uno spirito di rivalsa.
Io non so se Trump si aspetti di perdere le elezioni. Ma sta già agendo come un uomo profondamente incattivito, attaccando le persone dalle quali sente di essere stato trattato ingiustamente, ovvero praticamente tutti. E come al solito riserva una rabbia particolare alle donne intelligenti e tenaci; giovedì ha chiamato Kamala Harris un “mostro”.
Però ottenere un accordo sulle misure di sostegno avrebbe richiesto di accettare un compromesso con quella “odiosa” donna della Nancy Pelosi. E sembra che piuttosto voglia lasciar bruciare l’economia.
Il punto è, se si sta comportando in questo modo adesso, quando ha ancora qualche possibilità di vincere, come si comporterà se perde?
La preoccupazione più ravvicinata è che non accetti i risultati delle elezioni. Ma dovremmo essere anche preoccupati di quello che seguirà se è costretto ad accettare la volontà del popolo nel mentre sta ancora governando il paese. Trump è sempre stato vendicativo; cosa farà se e al momento in cui non gli fosse rimasto niente se non la cattiveria?
[1] Ovvero, nel gergo politico americano, una Presidenza senza la maggioranza in uno o due rami del Congresso.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"