Jan 4, 2021
By Paul Krugman
There have always been people like Donald Trump: self-centered, self-aggrandizing, believing that the rules apply only to the little people and that what happens to the little people doesn’t matter.
The modern G.O.P., however, isn’t like anything we’ve seen before, at least in American history. If there’s anyone who wasn’t already persuaded that one of our two major political parties has become an enemy, not just of democracy, but of truth, events since the election should have ended their doubts.
It’s not just that a majority of House Republicans and many Republican senators are backing Trump’s efforts to overturn his election loss, even though there is no evidence of fraud or widespread irregularities. Look at the way David Perdue and Kelly Loeffler are campaigning in the Senate runoffs in Georgia.
They aren’t running on issues, or even on real aspects of their opponents’ personal history. Instead they’re claiming, with no basis in fact, that their opponents are Marxists or “involved in child abuse.” That is, the campaigns to retain Republican control of the Senate are based on lies.
On Sunday Mitt Romney excoriated Ted Cruz and other congressional Republicans’ attempts to undo the presidential election, asking, “Has ambition so eclipsed principle?” But what principle does Romney think the G.O.P. has stood for in recent years? It’s hard to see anything underlying recent Republican behavior beyond the pursuit of power by any means available.
So how did we get here? What happened to the Republican Party?
It didn’t start with Trump. On the contrary, the party’s degradation has been obvious, for those willing to see it, for many years.
Way back in 2003 I wrote that Republicans had become a radical force hostile to America as it is, potentially aiming for a one-party state in which “elections are only a formality.” In 2012 Thomas Mann and Norman Ornstein warned that the G.O.P. was “unmoved by conventional understanding of facts” and “dismissive of the legitimacy of its political opposition.”
If you’re surprised by the eagerness of many in the party to overturn an election based on specious claims of fraud, you weren’t paying attention.
But what is driving the Republican descent into darkness?
Is it a populist backlash against elites? It’s true that there’s resentment over a changing economy that has boosted highly educated metropolitan areas at the expense of rural and small-town America; Trump received 46 percent of the vote, but the counties he won represented only 29 percent of America’s economic output. There’s also a lot of white backlash over the nation’s growing racial diversity.
The past two months have, however, been an object lesson in the extent to which “grass roots” anger is actually being orchestrated from the top. If a large part of the Republican base believes, groundlessly, that the election was stolen, it’s because that’s what leading figures in the party have been saying. Now politicians are citing widespread skepticism about the election results as a reason to reject the outcome — but they themselves conjured that skepticism out of thin air.
And what’s striking if you look into the background of the politicians stoking resentment against elites is how privileged many of them are. Josh Hawley, the first senator to declare that he would object to certification of the election results, rails against elites but is himself a graduate of Stanford and Yale Law School. Cruz, now leading the effort, has degrees from Princeton and Harvard.
The point isn’t that they’re hypocrites; it is that these aren’t people who have been mistreated by the system. So why are they so eager to bring the system down?
I don’t think it’s just cynical calculation, a matter of playing to the base. As I said, the base is in large part taking its cues from the party elite. And the craziness of that elite doesn’t seem to be purely an act.
My best guess is that we’re looking at a party that has gone feral — that has been cut off from the rest of society.
People have compared the modern G.O.P. to organized crime or a cult, but to me, Republicans look more like the lost boys in “Lord of the Flies.” They don’t get news from the outside world, because they get their information from partisan sources that simply don’t report inconvenient facts. They don’t face adult supervision, because in a polarized political environment there are few competitive races.
So they’re increasingly inward-looking, engaged in ever more outlandish efforts to demonstrate their loyalty to the tribe. Their partisanship isn’t about issues, although the party remains committed to cutting taxes on the rich and punishing the poor; it’s about asserting the dominance of the in-group and punishing outsiders.
The big question is how long America as we know it can survive in the face of this malevolent tribalism.
The current attempt to undo the presidential election won’t succeed, but it has gone on far longer and attracted much more support than almost anyone predicted. And unless something happens to break the grip of anti-democratic, anti-truth forces on the G.O.P., one day they will succeed in killing the American experiment.
Come il Partito Repubblicano è diventato selvaggio,
di Paul Krugman
Ci sono sempre state persone come Donald Trump: centrate su se stesse, esaltate di se stesse, che credono che le regole si applichino soltanto alla povera gente e che quello che accade alla povera gente non conti.
Il Partito Repubblicano odierno, tuttavia, non assomiglia a niente che si sia già visto, almeno nella storia americana. Se c’era qualcuno che non era già persuaso che uno dei nostri principali partiti politici è diventato un nemico non solo della democrazia, ma della verità, gli eventi a partire dalle elezioni dovrebbero aver dissipato i suoi dubbi.
Non si tratta solo del fatto che una maggioranza dei repubblicani della Camera e molti senatori repubblicani stanno sostenendo gli sforzi di Trump per rovesciare la sconfitta elettorale, anche se non c’è alcuna prova di frode o di irregolarità generalizzate. Si guardi al modo in cui David Perdue e Kelly Loeffler stanno conducendo la campagna elettorale per gli spareggi del Senato in Georgia.
Non lo stanno facendo su argomenti, o neppure su aspetti reali della storia personale dei loro avversari. Stanno piuttosto sostenendo, senza alcuna base nei fatti, che i loro avversari siano marxisti oppure “coinvolti in abusi sui bambini”. Ovvero, le campagne per mantenere il controllo del Senato ai repubblicani sono basate su bugie.
Domenica Mitt Romney ha demolito i tentativi di Ted Cruz e di altri congressisti repubblicani di rovesciare le elezioni presidenziali, chiedendo: “L’ambizione ha talmente eclissato i principi?” Ma quali principi pensa Romney che il Partito Repubblicano abbia rappresentato negli anni recenti? È arduo vedere qualcosa di implicito nel recente comportamento repubblicano oltre il perseguimento del potere con ogni mezzo disponibile.
Dunque, com’è che si è arrivati a questo punto? Cosa è accaduto al Partito Repubblicano?
Non è cominciata con Donald Trump. Al contrario, la degenerazione del partito era evidente, per chi voleva vedere, da molti anni.
Nel passato 2003 scrissi che i repubblicani erano diventati una forza radicale ostile a ciò che l’America è, che mira potenzialmente ad uno Stato di un partito solo nel quale “le elezioni siano solo una formalità”. Nel 2012 Thomas Mann e Norman Ornstein misero in guardia che il Partito Repubblicano era “indifferente alla normale comprensione dei fatti” e “sprezzante verso la legittimità dei suoi avversari politici”.
Se siete sorpresi dal fervore di molti nel partito per ribaltare le elezioni basandosi su speciosi argomenti di frode, non stavate prestando attenzione.
Ma cosa sta provocando la discesa nel buio dei repubblicani?
È un contraccolpo populista contro le elite? È vero che c’è del risentimento verso un economia che cambia e che ha incoraggiato le aree metropolitane altamente istruite ai danni dell’America rurale e delle piccole città; Trump ha ricevuto il 46 per cento dei voti, ma le contee dove ha vinto rappresentavano soltanto il 29 per cento della produzione economica dell’America. C’è anche un bel po’ di reazione dei bianchi verso una diversità razziale in crescita nella nazione.
Tuttavia, i due mesi passati sono stati una dimostrazione pratica della misura in cui la rabbia della gente comune sia in realtà orchestrata dai vertici. Se una larga parte della base repubblicana crede, senza riscontri, che le elezioni siano state rubate, ciò dipende da quello che i personaggi che dirigono il partito stanno dicendo. Adesso i politici stanno citando il diffuso scetticismo sui risultati elettorali come una ragione per respingere il risultato – ma sono essi stessi che hanno evocato dal nulla quello scetticismo.
E quello che impressiona se si guarda al retroterra dei politici che attizzano il risentimento contro le elite è quanto molti di loro siano privilegiati. Josh Hawley, il primo senatore a dichiarare che si sarebbe opposto alla certificazione dei risultati elettorali, si scaglia contro le elite ma è lui stesso un laureato a Stanford ed alla Scuola di Legge di Yale. Cruz, che ora è alla guida del tentativo, ha lauree a Princeton e Harvard.
Il punto è che sono ipocriti; che queste non sono certo persone che sono state maltrattate dal sistema. Perché dunque sono così desiderosi di rovesciare il sistema?
Io non penso si tratti soltanto di un calcolo cinico, di una faccenda per ingraziarsi la base. Come ho detto, in larga parte la base è imbeccata dai dirigenti del partito. E la follia di quei dirigenti non sembra essere puramente una messinscena.
La mia migliore congettura è che siamo di fronte ad un partito che è diventato selvaggio – che è stato tagliato fuori dal resto della società.
Varie persone hanno paragonato l’odierno Partito Repubblicano a un crimine organizzato o a una setta, ma secondo me i repubblicani assomigliano di più ai ragazzi perduti ne “Il Signore delle mosche” [1]. Non prendono notizie dal mondo esterno, perché hanno le loro informazioni da fonti di parte che semplicemente non resocontano i fatti scomodi. Non si misurano con la supervisione di persone mature, perché in un contesto politico polarizzato ci sono poche gare competitive.
Dunque, sono sempre di più introversi, impegnati in uno sforzo sempre più stravagante per dimostrare la loro lealtà alla tribù. La loro faziosità non riguarda i problemi reali, per quanto il partito resti fedele a tagliare le tasse ai ricchi ed a punire i poveri; riguarda l’affermazione del dominio di quelli che sono “dentro” e la punizione di coloro che sono “fuori”.
La grande domanda è quanto a lungo l’America che conosciamo possa sopravvivere a questo sinistro tribalismo.
L’attuale tentativo di rovesciare le elezioni presidenziali non avrà successo, ma esso è andato molto più avanti ed ha attratto molto più sostegno di quanto quasi tutti prevedevano. E se non accade qualcosa per rompere il dominio nel Partito Repubblicano delle forze che sono contro la democrazia e contro la verità, un giorno costoro avranno successo nel liquidare l’esperimento americano.
[1] “Il signore delle mosche” è il più celebre romanzo, nonché la prova d’esordio, dello scrittore inglese William Golding, Premio Nobel per la letteratura 1983. Il libro ha come protagonisti un gruppo di ragazzi britannici bloccati su un’isola disabitata e racconta il loro disastroso tentativo di autogovernarsi. Wikipedia
By mm
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