Jan 11, 2021
By Paul Krugman
One striking aspect of the Capitol Hill putsch was that none of the rioters’ grievances had any basis in reality.
No, the election wasn’t stolen — there is no evidence of significant electoral fraud. No, Democrats aren’t part of a satanic pedophile conspiracy. No, they aren’t radical Marxists — even the party’s progressive wing would be considered only moderately left of center in any other Western democracy.
So all the rage is based on lies. But what’s almost as striking as the fantasies of the rioters is how few leading Republicans have been willing, despite the violence and desecration, to tell the MAGA mob that their conspiracy theories are false.
Bear in mind that Kevin McCarthy, the House minority leader, and two-thirds of his colleagues voted against accepting the Electoral College results even after the riot. (McCarthy then shamelessly decried “division,” saying that “we must call on our better angels.”)
Or consider the behavior of leading Republicans who aren’t usually considered extremists. On Sunday Senator Rob Portman declared that we need to “restore confidence in the integrity of our electoral system.” Portman isn’t stupid; he has to know that the only reason so many people doubt the election results is that members of his party deliberately fomented that doubt. But he’s still keeping up the pretense.
And the cynicism and cowardice of leading Republicans is, I would argue, the most important cause of the nightmare now enveloping our nation.
Of course we need to understand the motives of our homegrown enemies of democracy. In general, political scientists find — not surprisingly, given America’s history — that racial antagonism is the best predictor of willingness to countenance political violence. Anecdotally, personal frustrations — often involving social interactions, not “economic anxiety” — also seem to drive many extremists.
But neither racism nor widespread attraction to conspiracy theories is new in our political life. The worldview described in Richard Hofstadter’s classic 1964 essay “The Paranoid Style in American Politics” is barely distinguishable from QAnon beliefs today.
So there’s only so much to be gained from interviewing red-hatted guys in diners; there have always been people like that. If there are or seem to be more such people than in the past, it probably has less to do with intensified grievances than with outside encouragement.
For the big thing that has changed since Hofstadter wrote is that one of our major political parties has become willing to tolerate and, indeed, feed right-wing political paranoia.
This coddling of the crazies was, at first, almost entirely cynical. When the G.O.P. began moving right in the 1970s its true agenda was mainly economic — what its leaders wanted, above all, were business deregulation and tax cuts for the rich. But the party needed more than plutocracy to win elections, so it began courting working-class whites with what amounted to thinly disguised racist appeals.
Not incidentally, white supremacy has always been sustained in large part through voter suppression. So it shouldn’t be surprising to see right-wingers howling about a rigged election — after all, rigging elections is what their side is accustomed to doing. And it’s not clear to what extent they actually believe that this election was rigged, as opposed to being enraged that this time the usual vote-rigging didn’t work.
But it’s not just about race. Since Ronald Reagan, the G.O.P. has been closely tied to the hard-line Christian right. Anyone shocked by the prevalence of insane conspiracy theories in 2020 should look back to “The New World Order,” published by Reagan ally Pat Robertson in 1991, which saw America menaced by an international cabal of Jewish bankers, Freemasons and occultists. Or they should check out a 1994 video promoted by Jerry Falwell Sr. called “The Clinton Chronicles,” which portrayed Bill Clinton as a drug smuggler and serial killer.
So what has changed since then? For a long time Republican elites imagined that they could exploit racism and conspiracy theorizing while remaining focused on a plutocratic agenda. But with the rise first of the Tea Party, then of Donald Trump, the cynics found that the crazies were actually in control, and that they wanted to destroy democracy, not cut tax rates on capital gains.
And Republican elites have, with few exceptions, accepted their new subservient status.
You might have hoped that a significant number of sane Republican politicians would finally say that enough is enough, and break with their extremist allies. But Trump’s party didn’t balk at his corruption and abuse of power; it stood by him when he refused to accept electoral defeat; and some of its members are responding to a violent attack on Congress by complaining about their loss of Twitter followers.
And there’s no reason to believe that the atrocities yet to come — for there will be more atrocities — will make a difference. The G.O.P. has reached the culmination of its long journey away from democracy, and it’s hard to see how it can ever be redeemed.
Questo colpo era da decenni in gestazione,
di Paul Krugman
Un aspetto impressionante dell’assalto di Capitol Hill è stato che nessuna delle proteste degli assalitori aveva alcun fondamento nella realtà.
Le elezioni non sono state rubate – non c’è alcuna prova di una frode elettorale significativa. I democratici non fanno parte di una cospirazione satanica pedofila. Non sono dei marxisti radicali – persino l’ala progressista del partito sarebbe considerata solo moderatamente a sinistra del centro in ogni altra democrazia occidentale.
Dunque tutta la rabbia è basata su bugie. Ma quello che è quasi altrettanto impressionante delle fantasie degli assalitori è quanti pochi repubblicani del gruppo dirigente siano stati disponibili, nonostante le violenze e la profanazione, a raccontare alla folla del MAGA quanto le loro teorie della cospirazione fossero false.
Si tenga a mente che Kevin McCarthy, il leader della minoranza della Camera, e due terzi dei suoi colleghi hanno votato contro l’accettazione dei risultati del Collegio Elettorale anche dopo l’assalto (McCarthy ha poi spudoratamente denigrato la “divisione”, dicendo che “dobbiamo fare appello ai nostri angeli custodi”).
Oppure si consideri il comportamento dei dirigenti repubblicani che normalmente non vengono considerati estremisti. Domenica il Senatore Rob Portman ha dichiarato che abbiamo bisogno di “ripristinare la fiducia nell’integrità del nostro sistema elettorale”. Portman non è uno stupido; egli deve sapere che la sola ragione per la quale molte persone dubitano dei risultati elettorali è che i componenti del suo partito hanno deliberatamente fomentato quel dubbio. Eppure continua a mantenere la sua messinscena.
E il cinismo e la viltà dei dirigenti repubblicani direi che sono la causa più importante dell’incubo che adesso avviluppa la nostra nazione.
Naturalmente abbiamo bisogno di comprendere i moventi dei nemici della democrazia che ci sono cresciuti in casa. I politologi, in generale, ritengono – non sorprendentemente considerata la storia americana – che l’antagonismo razziale sia il migliore indicatore della disponibilità a tollerare la violenza politica. Sembra che le frustrazioni personali – che spesso riguardano le relazioni interpersonali, piuttosto della “ansietà economica” – in alcuni casi possano guidare molti estremisti.
Eppure né il razzismo né l’attrazione verso le teorie della cospirazione sono fatti nuovi nella nostra vita politica. Il punto di vista sul mondo descritto nel saggio del 1964 di Richard Hofstadter “Lo stile paranoide nella politica americana” si distingue di poco dai convincimenti odierni di QAnon.
Dunque, non c’è granché da guadagnare dalle interviste con i soggetti con il cappello rosso nelle trattorie: persone così ci sono sempre state. Se ce ne sono o sembrano essercene di più che nel passato, ciò probabilmente ha più a che fare con con l’incoraggiamento esterno che con recriminazioni più pesanti.
Perché la grande cosa che è cambiata da quando Hofstadter scriveva è che uno dei nostri principali partiti politici è diventato disponibile a tollerare e, di fatto, ad alimentare la paranoia politica della destra.
L’imbonimento dei pazzi fu, all’inizio, quasi interamente un fatto di cinismo. Quando il Partito Repubblicano cominciò a spostarsi a destra negli anni ’70 il suo programma effettivo era principalmente economico – quello che i dirigenti volevano, soprattutto, era la deregolamentazione dell’economia e i tagli alle tasse dei ricchi. Ma il partito per vincere le elezioni aveva bisogno d’altro che non della plutocrazia, così cominciò a corteggiare la classe lavoratrice bianca, il che consisteva in appelli razzisti sottilmente camuffati.
Non per caso, la supremazia bianca è stata sempre sostenuta attraverso la negazione del diritto di voto. Non dovrebbe dunque essere sorprendente vedere gli estremisti della destra urlare alla manipolazione elettorale – dopo tutto, manipolare le elezioni era quello che la loro parte era abituata a fare. E non è chiaro in quale misura essi credano che il voto sia stato effettivamente manipolato, o non siano esasperati perché in questa occasione la consueta manipolazione non ha funzionato.
Ma non si tratta solo di razza. A partire da Ronald Reagan, il Partito Repubblicano è stato strettamente legato alle posizioni estreme della destra cristiana. Chiunque sia rimasto colpito dalle prevalenza di pazzesche teorie della cospirazione nel 2020 dovrebbe tornare a leggere “Il nuovo ordine mondiale” pubblicato nel 1991 dall’alleato di Regan Pat Robertson, che vedeva l’America minacciata da una congrega internazionale di banchieri ebraici, di massoni e di occultisti. Oppure dovrebbe dare un’occhiata a un video del 1994 prodotto da Jerry Falwell Sr. Intitolato “Le cronache dei Clinton”, che descriveva Bill Clinton come un trafficante di droga e un serial killer.
Dunque, cosa è cambiato da allora? Per un lungo tempo i gruppi dirigenti repubblicani si immaginavano di poter sfruttare il razzismo e le teorie della cospirazione restando concentrati su una agenda plutocratica. Ma con l’ascesa prima del Tea Party, poi di Donald Trump, i cinici hanno scoperto che i matti avevano in effetti preso il controllo, e che volevano distruggere la democrazia, non tagliare le aliquote fiscali sui profitti.
E, con poche eccezioni, i gruppi dirigenti repubblicani hanno accettato la nuova condizione di sottomissione.
Si poteva sperare che un numero significativo di uomini politici repubblicani sani di mente avrebbero finalmente detto che il troppo è troppo e rotto con i loro alleati estremisti. Ma il partito di Trump non si è tirto indietro dinanzi alla sua corruzione e ai suoi abusi di potere; si è schierato con lui quando ha rifiutato di accettare la sconfitta elettorale; e alcuni dei suoi membri stanno rispondendo ad un attacco violento al Congresso lamentandosi delle loro perdite di seguaci su Twitter.
E non c’è alcuna ragione di credere che le nefandezze che devono ancora venire – perché ne verranno altre – faranno la differenza. Il Partito Repubblicano ha raggiunto il culmine del suo lungo viaggio di allontanamento dalla democrazia, ed è arduo vedere come possa mai riscattarsi.
By mm
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