PUBLIÉ LE16 FÉVRIER 2021
As the pandemic crisis fuels the demand for social justice more than ever, a new investigation by a consortium of international media (including Le Monde) has just revealed the financial turpitudes of Luxembourg, a tax haven nestled in the heart of Europe. There is an urgent need to get out of these contradictions and to launch a profound transformation of the economic system in the direction of justice and redistribution.
Let’s start with the most immediate. The first priority should be social, wage and ecological recovery. The Covid crisis has brought to light low pay in many key sectors. The CFDT, a union that is considered centrist, called in January for an immediate 15% increase in all low- and middle-wage workers in the medico-social sector. The same should be done in education, health and all low-wage sectors.
It is also a time to radically accelerate the pace of thermal renovations of buildings, to create jobs on a massive scale in the environment and renewable energy sectors, to extend minimum income systems to young people and students. Where should we stop in public recovery? The answer is simple: as long as inflation is near zero and interest rates are zero, we must continue. If and when inflation will sustainably return to a significant level (say, 3%-4% per year for two consecutive years), then it will be time to ease the pace.
The second step is that the highest private wealth will, of course, have to be used at some point to finance social recovery and reduce public debt. This will require an increased effort at financial transparency. The OpenLux survey has shown that the register of the actual beneficiaries of companies (i.e. genuine owners, and not simply ‘shell’ companies acting as fronts) made public by Luxembourg as a result of a European Union obligation, and which we are still waiting for France to put online, unfortunately has many flaws. The same is true of the system of automatic exchange of banking information set up by the OECD.
In general, all this new information is useful, but on condition that it is actually used by the tax authorities to actively involve the wealthy people who have previously evaded tax. Above all, it is essential that governments provide indicators that allow everyone to check how far this is moving towards a fairer tax system. Above all, it is essential that governments provide indicators that allow everyone to check how far this is moving towards a fairer tax system.
In concrete terms, tax authorities must publish detailed information each year on the taxes paid and the overlaps made concerning the different categories of taxpayers concerned. As with the registers of actual beneficiaries, information should ideally be nominal, especially for the largest companies and the highest fortunes.
If it is decided that this is not desirable, then at the very least, the published statistical information should make clear the taxes paid by people in very high wealth brackets: fortunes between 1 and 10 million euros, between 10 and 100 million, between 100 million and 1 billion, and so on. Model tables have been proposed by the World Inequality Lab, and they could naturally be discussed and improved.
The general idea is simple: billionaires are everywhere in magazines, and it’s time for them to appear in tax statistics. According to Challenges, the top 500 French fortunes rose from 210 to 730 billion euros between 2010 and 2020 (from 10% to 30% of GDP). How did their taxes change during this period? No one knows. If governments have really made the dramatic progress in terms of transparency that they claim to have made in recent years, then it is time for them to prove this by making this type of information public.
If we extend the focal point of the first 500 fortunes (beyond 150 million Euros of individual assets according to Challenges) to the 500,000 highest assets (about 1% of the adult population, with assets in excess of 1.8 million Euros according to the World Inequality Database), then the total fortunes concerned reach 2500 billion Euros (nearly 120% of GDP), thus increasing the tax stakes.
To go beyond the prevailing conservatism, it is also urgent to go back to history. After the Second World War, when public debt had reached levels higher than today, most countries introduced exceptional levies on the highest private assets. This is particularly the case in Germany with the Lastenausgleich system (or « burden-sharing » system, which was the subject of an excellent historical study by Michael Hughes) adopted by the Christian Democrat majority in 1952. With a levy of up to 50% on the highest financial and real estate holdings, payable over 30 years, this system yielded 60% of GDP to the state, at a time when billionaires were much less prosperous than today.
Combined with the monetary reform of 1948 and the cancellation of the external debt in 1953, this system allowed Germany to get rid of its public debt without resorting to inflation (which had done so much harm to the country in the 1920s) and by relying on a credible social justice objective.
It is high time to go back to the roots of what made the success of post-war European reconstruction.
È tempo di giustizia sociale,
di Thomas Piketty
Mentre la crisi pandemica accende più che mai la domanda di giustizia sociale, una nuova indagine da parte di un consorzio di media internazionali (incluso Le Monde) ha appena rivelato la melma finanziaria del Lussemburgo, un paradiso fiscale annidato nel cuore dell’Europa. C’è un urgente bisogno di venir fuori da queste contraddizioni e di lanciare una profonda trasformazione del sistema economico nella direzione della giustizia e della redistribuzione.
Cominciamo dagli aspetti più urgenti. La prima priorità dovrebbe essere la ripresa sociale, salariale ed ecologica. La crisi del Covid ha portato alla luce le basse paghe in molti settori fondamentali. La CFDT, un sindacato che è considerato centrista, si è pronunciata a gennaio per un aumento del 15% per tutti i lavoratori con bassi e medi salari nel settore socio-sanitario. Lo stesso dovrebbe essere fatto nell’istruzione, nella sanità e in tutti i settori a bassi salari.
È anche il momento di accelerare il passo delle innovazioni termiche nelle costruzioni, per creare posti di lavoro di dimensioni massicce nel settori dell’ambiente e delle energie rinnovabili, per estendere sistema di reddito minimo ai giovani ed agli studenti. Dove dovremmo fermarci nella ripresa con risorse pubbliche? La risposta è semplice: finché l’inflazione è prossima allo zero e i tassi di interesse sono a zero, dobbiamo continuare. Se e quando l’inflazione tornerà in modo stabile ad un livello significativo (diciamo, 3-4% all’anno per due anni consecutivi), allora sarà il momento per ridurre il ritmo.
Il secondo passo è che la più elevata ricchezza privata dovrà, naturalmente, essere utilizzata in qualche momento per finanziare la ripresa sociale e ridurre il debito pubblico. Questo richiederà una sforzo accresciuto sulla trasparenza finanziaria. Il sondaggio OpenLux ha dimostrato che il registro degli effettivi beneficiari delle società (ovvero, i proprietari veri e propri, e non semplicemente le società di comodo che agiscono come copertura) resi noti dal Lussemburgo a seguito di un obbligo dell’Unione Europea, e che stiamo ancora aspettando siano messe online dalla Francia, sfortunatamente ha molti difetti. Lo stesso vale per il sistema degli scambi automatici di informazioni bancarie organizzato dall’OCSE.
In generale, tutte queste nuove informazioni sono utili, ma alla condizione che vengano davvero utilizzate dalle autorità fiscali per includere con efficacia le persone che in precedenza evadevano le tasse. Soprattutto, è essenziale che i Governi forniscano indicatori che permettano a tutti di controllare quanto profondamente ci si stia muovendo verso un sistema fiscale più giusto.
In termini concreti, le autorità fiscali debbono pubblicare ogni anno informazioni dettagliate sulle tasse pagate e sulle coincidenze effettuate a riguardo delle diverse categorie dei contribuenti interessate. Come nel caso dei registri dei beneficiari effettivi, le informazioni dovrebbero essere in modo ideale nominali, particolarmente per le società più grandi e per le maggiori fortune.
Se fosse stabilito che questo non è desiderabile, allora come minimo le informazioni statistiche pubblicate dovrebbero chiarire le tasse pagate dalle persone nei gruppi delle grandi ricchezze: le fortune tra 1 e 10 milioni di euro, tra 10 e 100 milioni, tra 100 milioni ed un miliardo, e così via. Sono state proposte tabelle modello da World Inequality Lab, ed esse potrebbero naturalmente essere discusse ed approvate.
In generale, l’idea è semplice: i miliardari sono dappertutto nele riviste, ed è il momento che essi appaiano nelle statistiche fiscali. Secondo Challenges, i 500 massimi patrimoni francesi sono cresciuti da 210 e 730 miliardi di euro tra il 2010 ed il 2020 (dal 10% al 30% del PIL). Come sono cambiate le loro tasse in questo periodo? Non lo sa nessuno. Se i Governi hanno fatto realmente il progresso spettacolare in termini di trasparenza che sostengono di aver fatto negli anni recenti, allora è il momento che lo dimostrino rendendo pubbliche questo genere di informazioni.
Se ampliamo il punto di osservazione da queste 500 fortune (oltre i 150 milioni di euro di patrimoni individuali secondo Challenges) ai 500.000 patrimoni più elevati (circa l’1% della popolazione adulta, con patrimoni che superano 1,8 milioni di euro secondo World Inequality Database), allora le fortune totali raggiungono i 2.500 miliardi di euro (circa il 120% del PIL), di conseguenza aumentando la posta in gioco fiscale.
Per andare oltre il prevalente conservatorismo, è anche urgente tornare alla storia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando il debito pubblico aveva raggiunto livelli più alti di oggi, la maggioranza dei paesi introdussero imposte eccezionali sui più elevati patrimoni privati. Questo fu particolarmente il caso della Germania con il sistema Lastenausgleich (o sistema “di condivisione dell’onere”, che è stato il tema di un eccellente studio storico di Michael Hughes), adottato dalla maggioranza Cristiano Democratica nel 1952. Con un imposta superiore al 50% sui più elevati patrimoni finanziari e immobiliari, pagabile in 30 anni, questo sistema fruttò il 60% del PIL allo Stato, in un’epoca nella quale i miliardari erano molto meno prosperi di oggi.
Combinato con la riforma monetaria del 1948 e la cancellazione del debito estero nel 1953, questo sistema consentì alla Germania di liberarsi del debito pubblico senza far risorgere l’inflazione (che aveva fatto tanto danno al paese negli anni ’20) e di fare affidamento su un obbiettivo credibile di giustizia sociale.
È tempo di tornare alle radici di ciò che produsse il successo della ricostruzione europea postbellica.
By mm
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