March 23, 2021
Paul Krugman
I don’t know about you, but I’m still in a state of mostly happy shock over the enactment of Joe Biden’s American Rescue Plan. Obviously we won’t be fully able to assess the plan’s effects until some time has passed, but it’s both huge and hugely ambitious; among other things, it’s expected to cut child poverty roughly in half, essentially overnight. And yesterday I tweeted that Biden and his allies have achieved more in two months of unified control of Congress and the White House than Donald Trump and company achieved in two years.
But here’s the thing: While Republicans failed to kill Obamacare, they did enact a big tax cut, with a headline price tag roughly the same as the American Rescue Plan. Yet these days you hardly ever hear people talking about the Tax Cut and Jobs Act, enacted in December 2017. Why did such a large bill, one that Mitch McConnell assured his colleagues would give them a big electoral advantage, more or less disappear from our political discourse?
Well, Democrats have had other fish to fry, although Biden is reportedly hoping to raise taxes on the rich, so the subject may make a comeback. As for Republicans, they have a problem. Their tax cut didn’t deliver what it promised: a big surge in business investment. What it did deliver was a big windfall, not just to the wealthy, but to wealthy foreigners. Not something they want to highlight.
The core of the Tax Cut and Jobs Act was a big slash in the tax rate on corporate profits. This was supposed to make investing in the United States much more attractive, drawing in money that would otherwise have been invested abroad. And as companies expanded their U.S. operations, they would need more workers, raising the demand for labor, and hence driving up wages. So the claim was that what looked on the surface like a big tax cut for wealthy stockholders was really going to go mainly to workers.
But the promised investment surge never arrived. It turned out that while U.S. corporations appeared, on paper, to have big investments overseas, many of those assets were basically fictitious: companies had been juggling the books to report big profits in low-tax jurisdictions like Ireland, which made it look as if they were investing a lot of capital there, but that didn’t mean they were really building a lot of factories or buying a lot of equipment. So there wasn’t actually a big hoard of capital ready to return if taxes were cut, and the big tax cut did basically nothing for business investment in America.
What that meant in turn was that what looked on the surface like a big tax cut for wealthy stockholders — who are, after all, the ultimate beneficiaries of after-tax corporate profits — was, in fact, a big tax cut for wealthy stockholders.
And there’s another twist: Many of those wealthy stockholders weren’t even American. A recent report from the nonpartisan Tax Policy Center estimates that 40 percent of the equities in U.S. corporations are foreign-owned, which means that to a first approximation foreigners received 40 percent of that corporate tax cut.
At some level this arguably shouldn’t matter; a tax break for oligarchs, princelings and sheiks sounds worse than one for domestic billionaires, but neither does much for ordinary families. But it doesn’t sound great.
So Republicans stopped talking about their big tax cut. The only major legislation enacted under Donald Trump is rapidly fading from memory.
L’incredibile scomparsa del taglio delle tasse,
di Paul Krugman
Non so voi, ma io sono ancora felicemente stupefatto per la approvazione del Piano Americano di Salvataggio di Joe Biden. Ovviamente non saremo pienamente capaci di stimare gli effetti del piano finché non sia passato un po’ di tempo, ma esso è insieme vasto e largamente ambizioso; tra le altre cose, ci si aspetta una riduzione per circa la metà della povertà infantile, in pratica da un giorno all’altro. E ieri io ho twittato che Biden e i suoi collaboratori hanno realizzato di più in due mesi di controllo di entrambi i rami del Congresso di quanto Donald Trump e soci realizzarono in due anni.
Ma lì è il punto: mentre i repubblicani non sono stati capaci di abrogare la riforma sanitaria di Obama, hanno varato un grande taglio delle tasse, con un costo complessivo all’incirca simile al Piano Americano di Salvataggio. Eppure in questi giorni fate fatica persino a sentir parlare la gente della Legge sugli Sgravi Fiscali e i Posti di Lavoro, approvata nel dicembre del 2017. Perché una tale grande proposta di legge, quella che Mitch McConnell garantiva ai suoi colleghi avrebbe dato loro un grande vantaggio elettorale, è più o meno scomparsa dal nostro dibattito politico?
Ebbene, i democratici hanno avuto altre gatte da pelare, sebbene Biden da quanto si apprende stia sperando di alzare le tasse sui ricchi, cosicché il tema potrebbe tornare attuale. Per quanto riguarda i repubblicani, essi hanno un problema. Il taglio delle tasse dei repubblicani non ha mantenuto quello che avevano promesso: una grande crescita negli investimenti delle imprese. Ciò che essa ha consegnato è stata una grande manna, non solo per i ricchi, ma per i ricchi stranieri. Qualcosa che non vogliono mettere in evidenza.
Al centro della Legge sugli Sgravi Fiscali e i Posti di Lavoro c’era un grande taglio della aliquota fiscale sui profitti delle società. Si supponeva che questo rendesse molto più attraente investire negli Stati Uniti, attirando capitali che altrimenti sarebbero stati investiti all’estero. E come le società avessero ampliato le loro operazioni negli Stati Uniti, avrebbero avuto bisogno di più lavoratori, elevando la domanda di lavoro e quindi spingendo in alto i salari. Dunque la pretesa era che quello che osservato superficialmente sembrava un grande taglio delle tasse per gli azionisti ricchi, era in realtà destinato a finire principalmente ai lavoratori.
Ma la crescita promessa degli investimenti non è mai arrivata. Si è scoperto che mentre, sulla carta sembrava che le società americane avessero grandi investimenti oltreoceano, molti di quegli asset erano fondamentalmente fittizi: le società avevano manipolato i libri contabili per denunciare grandi profitti nelle giurisdizioni con bassa tassazione come l’Irlanda, il che faceva sembrare che stessero investendo in quei posti grandi capitali, ma ciò non significava che stessero davvero costruendo molti investimenti o acquistando molte attrezzature. Dunque in effetti non c’era una grande riserva di capitali pronti a tornare se le tasse fossero state tagliate, e il grande taglio delle tasse fondamentalmente non provocò niente negli investimenti delle imprese in America.
Il che a sua volta significava che quello che sulla superficie sembrava una grande taglio delle tasse per gli azionisti ricchi – che sono, dopo tutto, i beneficiari finali dei profitti delle società una volta pagate le tasse – era proprio un grande taglio delle tasse per gli azionisti ricchi.
E c’è stato una altro colpo di scena: molti di quegli azionisti ricchi non erano nemmeno americani. Una rapporto recente del Tax Policy Center stima che il 40 per cento dei titoli in società statunitensi sono posseduti da stranieri, il che comporta ad una prima approssimazione che gli stranieri hanno ricevuto il 40 per cento di quello sgravio fiscale per le società.
In un certo senso questo probabilmente non dovrebbe avere importanza; uno sgravio fiscale per gli oligarchi, per i principini e gli sceicchi sembra peggiore di uno per i miliardari nazionali, ma per le famiglie ordinarie non cambia granché. Eppure non sembra una iniziativa formidabile.
Dunque i repubblicani hanno smesso di parlare sul loro grande taglio delle tasse. L’unica importante legge varata con Donald Trump sta rapidamente sparendo dalla memoria.
By mm
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