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Vaccini: un disastro molto europeo, di Paul Krugman (New York Times, 18 marzo 2021)

 

March 18, 2021

Vaccines: A Very European Disaster

By Paul Krugman

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The United States has a lot to learn from Europe’s policy successes, especially when it comes to health care. Every wealthy European nation provides universal health insurance while spending far less than we do, even though our system leaves tens of millions uninsured. And all indications are that the general quality of care is very good; on average, for example, the French can expect to live four years longer than their American counterparts.

Yet at this crucial moment in the Covid-19 saga, when new vaccines finally offer a realistic prospect of returning to normal life, policy in the European Union has been marked by one bungle after another. Jabs in arms got off to a slow start: Adjusted for population, Britain and the U.S. have administered around three times as many doses as France or Germany. And the E.U. countries are still lagging, administering vaccines less than half as rapidly as we are.

Europe’s vaccination debacle will almost surely end up causing thousands of unnecessary deaths. And the thing is, the continent’s policy bungles don’t look like isolated instances, a few bad decisions made by a few bad leaders. Instead, the failures seem to reflect fundamental flaws in the continent’s institutions and attitudes — including the same bureaucratic and intellectual rigidity that made the euro crisis a decade ago far worse than it should have been.

The details of the European failure are complex. But the common thread seems to be that European officials were not just risk averse, but averse to the wrong risks. They seemed deeply worried about the possibility that they might end up paying drug companies too much, or discover that they had laid out money for vaccines that either proved ineffective or turned out to have dangerous side effects.

So they minimized these risks by delaying the procurement process, haggling over prices and refusing to grant liability waivers. They seemed far less worried about the risk that many Europeans might get sick or die because the vaccine rollout was too slow.

Reading the tale of Europe’s sluggish vaccine efforts, I was reminded of H.L. Mencken’s definition of Puritanism as “the haunting fear that someone, somewhere, may be happy.” Eurocrats seem similarly haunted by the fear that someone, somewhere — whether it be pharmaceutical companies or Greek public-sector employees — might be getting away with something.

During the euro crisis this attitude led to the imposition of harsh, destructive austerity policies on debtor nations, lest they somehow fail to pay a sufficient price for past fiscal irresponsibility. This time it meant focusing on driving a hard bargain with drug companies, even at the cost of a possibly deadly delay, lest there be any hint of profiteering.

Needless to say, here in America we have a much more relaxed attitude toward corporate profiteering — too relaxed, much of the time. But in this case it served us well, because we didn’t pinch pennies in a health crisis.

Europe also has other problems. Vaccination was delayed by attempts to pursue a common European policy, which would be OK if Europe had anything resembling a unified government. But it doesn’t; instead, national governments held back on drug contracts while waiting for consensus.

Furthermore, purchasing vaccines isn’t the end of the story; you also have to get them in people’s arms. And there’s nothing in Europe comparable to the national distribution and vaccination push that has rapidly gained momentum since the Biden administration came to power.

Finally, Europe turns out to have a problem with widespread hostility to science. Of course, so do we — but theirs is different, in ways that are doing a lot of harm.

In America, most — although by no means all — hostility to science comes from the right, especially the religious right. We’re a nation full of anti-evolutionists, climate change deniers and, more recently, Covid deniers — forms of science denial that are much less common in Europe. But other anti-scientific attitudes, less easily placed on a left-right spectrum, are distressingly widespread.

Reluctance to take a Covid-19 vaccine, even if available, is hardly unknown here, but anti-vaccine sentiment appears to be alarmingly broad in Europe, especially in France.

All of these problems came to a head this week, when a number of European nations suspended use of the AstraZeneca vaccine based on probably spurious hints that some recipients may experience blood clots. Again, policymakers were obsessed with the wrong risks — even if there are adverse side effects, they surely pale in comparison with the damage to the inoculation drive. And again Europe failed to coordinate: Germany unilaterally suspended AstraZeneca, and others rushed to follow out of fear that they would be blamed if anything went wrong (other than people dying because they didn’t get their shots).

As I said, the most disturbing thing about this whole fiasco is that it can’t be blamed merely on a few bad leaders. Instead, it seems to reflect fundamental flaws in institutions and attitudes. The European project is in deep trouble.

 

Vaccini: un disastro molto europeo,

di Paul Krugman

 

Gli Stati Uniti hanno molto da imparare dai successi delle politiche europee, specialmente quando si tratta di assistenza sanitaria. Ogni nazione europea ricca fornisce una assicurazione sanitaria universalistica mentre la spesa è molto minore della nostra, anche se il nostro sistema lascia privi di assicurazione decine di milioni di persone. E tutte le indicazioni dicono che la qualità generale della assistenza è molto buona; in media, ad esempio, i fancesi possono aspettarsi di vivere quattro anni più a lungo degli americani.

Tuttavia in questo momento cruciale della saga del Covid-19, quando i nuovi vaccini offrono finalmente una prospettiva realistica di ritorno alla vita normale, la politica dell’Unione Europea è stata segnata da un pasticcio dietro l’altro. Le vaccinazioni sono partite lentamente; in rapporto alla popolazione, l’Inghilterra e gli Stati Uniti hanno somministrato tre volte le dosi della Francia e della Germania. E i paesi dell’Unione Europea sono tuttora in ritardo, somministrando i vaccini con una rapidità che è meno della metà della nostra.

La debacle della vaccinazione europea quasi certamente provocherà migliaia di morti evitabili. E il punto è che i pasticci della politica del continente non sembrano casi isolati, poche decisioni negative prese da qualche dirigente inetto. Piuttosto, i fallimenti sembrano riflettere difetti di fondo nelle istituzioni e nelle attitudini del continente – inclusa la stessa rigidità burocratica e intellettuale che dieci anni fa rese la crisi dell’euro molto peggiore di quello che avrebbe dovuto essere.

I dettagli del fallimento europeo sono complicati. Ma il filo comune sembra essere che i dirigenti europei non sono solo ostili al rischio, ma ostili ai rischi infondati. Sono sembrati profondamente preoccupati per la possibilità di finire col pagare troppo le società farmaceutiche, o di scoprire di aver sborsato denaro per vaccini che si erano dimostrati inefficaci o che avevano mostrato di avere pericolosi effetti collaterali.

Dunque hanno minimizzato questi rischi ritardando le procedure degli approvvigionamenti, mercanteggiando sui prezzi e e rifiutando di garantire dalle responsabilità i fornitori. Sono sembrati meno preoccupati dal rischio che molti europei potessero ammalarsi o morire perché il vaccino veniva lanciato con troppa lentezza.

Leggendo i racconti sugli sforzi fiacchi sui vaccini, mi sono ricordato della definizione di H. L. Mencken del puritanismo come “il tormentoso timore che qualcuno, da qualche parte, possa essere felice”. Gli eurocrati sembrano in modo simile ossessionati dalla paura che qualcuno, da qualche parte – che si tratti di società farmaceutiche o degli occupati del settore pubblico in Grecia – possa in qualche modo cavarsela.

Durante la crisi dell’euro questa attitudine portò alle rigide, distruttive politiche dell’austerità sulle nazioni debitrici, per il timore che esse non pagassero un prezzo adeguato per la loro passata irresponsabilità finanziaria. Questa volta ha comportato di concentrarsi nella conduzione di una dura trattativa con le società farmaceutiche, persino al costo di un possibile ritardo letale, nel timore che ci fosse una qualche traccia di speculazione.

Non è il caso di dire che qua in America abbiamo una attitudine molto più rilassata verso le speculazioni delle società – troppo rilassata, nella maggior parte dei casi. Ma in questo caso ci è stata molto utile, perché perché non abbiamo badato agli spiccioli in una crisi sanitaria.

L’Europa ha anche altri problemi. La vaccinazione è stata ritardata dai tentativi di perseguire una politica comune europea, il che sarebbe stato giusto se l’Europa somigliasse in qualche modo ad un Governo unitario. Ma così non è; piuttosto i Governi nazionali si sono tirati indietro sui contratti sui farmaci nel mentre si aspettavano consenso.

Inoltre, acquistare i vaccini non è la fine della storia; si deve anche iniettarli nella braccia della gente. E non c’è niente in Europa di paragonabile alla spinta nazionale alla distribuzione ed alla vaccinazione che ha rapidamente guadagnato slancio dal momento che l’Amministrazione Biden è entrata in carica.

Infine, si scopre che l’Europa ha un problema con la diffusa ostilità verso la scienza. Naturalmente, è lo stesso per noi – ma i loro problemi sono diversi, in modi che stanno provocando un grande danno.

In America, la maggior parte – sebbene assolutamente non tutta – dell’ostilità verso a scienza viene dalla destra, in particolare dalla destra religiosa. Siamo una nazione piena di anti evoluzionisti, di negazionisti del cambiamento climatico e, più di recente, di negazionisti del Covid – forme di negazione della scienza che sono molto meno comuni in Europa. Ma altre tendenze anti scientifiche, meno facilmente collocabili in un contesto destra-sinistra, sono diffuse in modo angosciante.

Qua da noi la riluttanza ad assumere il vaccino per il Covid-19, anche se disponibile, è quasi sconosciuta, ma il sentimento contro i vaccini sembra essere in modo allarmante ampio in Europa, particolarmente in Francia.

Tutti questi nodi sono venuti al pettine i questa settimana, quando un certo numero di nazioni europee hanno sospeso l’uso del vaccino AstraZeneca basandosi su indizi probabilmente fasulli che alcuni destinatari potessero avere casi di trombosi. Anche in questo caso, le autorità erano ossessionate dai rischi sbagliati – persino se ci sono effetti collaterali negativi, essi impallidiscono in confronto al danno all’impulso all’inoculazione. E anche in questo caso l’Europa non ha saputo coordinarsi: la Germania ha sospeso in modo unilaterale AstraZeneca e gli altri le sono corsi dietro nel timore di essere incolpati se qualcosa fosse andato storto (ma non per le persone che stanno per morire perché non ottengono le loro iniezioni).

Come ho detto, la cosa più irritante in questo fiasco completo è che non si può darne la colpa semplicemente ad alcuni dirigenti inetti. Esso sembra invece riflettere difetti di fondo nelle istituzioni e nelle mentalità. Il progetto europeo ha un serio problema.

 

 

 

 

 

 

 

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