May 6, 2021
By Paul Krugman
“If it rains, we might want to open our umbrellas,” said the Treasury secretary.
“Oh my God, she’s predicting a torrential downpour,” shouted panicked pundits.
OK, that’s not exactly what Janet Yellen said on Tuesday. Her actual words were, “It may be that interest rates will have to rise somewhat to make sure that our economy doesn’t overheat.” Her remark wasn’t a forecast, it certainly wasn’t an attempt to influence the Federal Reserve, and it was simple good sense.
Still, she shouldn’t have said it. Convention says that the nation’s top economic official must avoid uttering even the most obvious economic truths, even if she happens to be a world-class economist, lest they be read as signals of … something. And the financial media rushed to declare her remarks a scandalous deviation from the Biden administration’s official line.
Luckily, the furor was short-lived, and as these things go, Yellen’s moment of honesty wasn’t a big deal. Market expectations of future monetary policy, as reflected in long-term interest rates, don’t seem to have moved at all in the past couple months.
But the hair-trigger media response was part of a broader phenomenon: Many commentators just don’t seem able to keep any perspective about the bumps and blips of a booming economy.
There definitely is a boom underway, even if a vast majority of Republicans claim to believe that the economy is getting worse. All indications are that we’re headed for the fastest year of growth since the “Morning in America” boom of 1983-1984. What’s not to like?
Well, booming economies often run into temporary bottlenecks, which show up in surging prices for selected goods. For example, the price of copper tripled between December 2008 and February 2011, even though recovery from the 2008 recession was fairly sluggish.
The bottleneck problem is especially severe now, because the pandemic slump was, to use the technical term, weird, and so is the recovery now underway. Consumer spending didn’t follow the patterns it exhibits in a conventional recession, and we’re now facing unusual disruptions as a result.
The great lumber shortage is a case in point. Outlays on housing usually plunge in a recession. In 2020, however, with many people stuck at home, Americans actually splurged on home improvements. Lumber producers didn’t see that coming and scaled back, leaving them without enough capacity to meet demand. So the price of two-by-fours has gone through the (unaffordable) roof.
But do such bottlenecks pose a risk to overall recovery? Do they mean that policymakers need to pull back? No. The overwhelming lesson of the past 15 years or so is that short-term fluctuations in raw material prices tell you nothing about future inflation, and that policymakers that overreact to these fluctuations — like the European Central Bank, which raised interest rates in the midst of a debt crisis because it was spooked by commodity prices — are always sorry in retrospect.
Raw material shortages, then, aren’t a major problem. What about labor shortages?
Many employers are currently complaining that they can’t find enough workers, despite widespread joblessness; Federal Reserve officials believe that the true unemployment rate is still close to 10 percent. How seriously should we take these complaints?
As it happens, I’ve been poring over a report titled “U.S. Small Businesses Struggle to Find Qualified Employees.” The report summarized a survey conducted by Gallup and Wells Fargo, which found a majority of businesses saying that it was hard to hire workers.
Oh, did I mention the date on the report? Feb. 15, 2013 — a time when there were three unemployed workers for every job opening. There was, in fact, no shortage of qualified labor, and the unemployment rate kept falling for another seven years.
So what was that about? Employers in a depressed economy get used to being able to fill vacancies easily. When the economy improves hiring gets a bit harder; sometimes you have to attract workers by offering higher wages. And employers experience that as a labor shortage.
But that’s how the economy is supposed to work! Employers competing for workers by raising wages isn’t a problem, it’s what we want to see.
Does all of this mean that there are no limits to the economy’s expansion, and that inflation can never become a problem? Of course not. But spot shortages of a few goods and a robust market for labor aren’t reasons to panic.
We should get worried only if we see one of two things: evidence that expectations of continuing inflation are getting embedded in price-setting decisions, and/or evidence that the economy is getting hugely overheated.
So far there’s no evidence for the first potential problem — and the Biden administration is reportedly watching carefully for such evidence.
As for overheating: Yes, it could be an issue. We’ve just passed a very large economic relief package, and households are sitting on huge savings. So an excessive boom is possible. But if that happens, the Fed can and, I believe, will tap on the brakes — something I can say because, thankfully, I’m not a public official.
Chi ha paura del boom grosso e cattivo?
Di Paul Krugman
“Se piove, potremmo aprire i nostri ombrelli”, ha detto la Segretaria al Tesoro.
“Dio mio, sta prevedendo un nubifragio torrenziale”, hanno urlato commentatori nel panico.
È vero, quello non è quanto ha detto esattamente Janet Yellen martedì. Le sue effettive parole sono state: “Può darsi che i tassi di interesse dovranno un po’ salire per garantire che la nostra economia non si surriscaldi”. La sua osservazione non era un previsione, né era certamente un tentativo di influenzare la Federal Reserve: era semplice buon senso.
Eppure, non avrebbe dovuto dirlo. Le convenzioni stabiliscono che il massimo dirigente economico della nazione deve evitare di pronunciare persino le verità più ovvie, anche se le accade di essere un’economista di prim’ordine, affinché esse non siano lette come segnali … di qualcosa. E i media della finanza si sono precipitati a dichiarare che le sue osservazioni erano una scandaloso deviazione dalla linea ufficiale dell’Amministrazione Biden.
Fortunatamente, il furore è durato poco, e visto come vanno queste cose, il momento di onestà della Yellen non è stato una faccenda rilevante. Le aspettative dei mercati sulla futura politica monetaria, come riflesse nei tassi di interesse a lungo termine, nei due mesi passati non sembrano essersi modificate affatto.
Ma la risposta nervosa dei media era parte di una fenomeno più ampio: molti commentatori non sembrano proprio capaci di tener ferma una qualche prospettiva a riguardo dei botti e dei lampi di una economia in forte espansione.
C’è sicuramente una grande espansione in corso, anche se una grande maggioranza dei repubblicani sostiene di credere che l’economia stia peggiorando. Tutte le indicazioni dicono che siamo indirizzati verso l’anno più veloce di crescita dal boom del 1983-1984, ai tempi di “E’ giorno in America”. Che c’è di male?
Ebbene, le economie in grande espansione spesso si imbattono in temporanee strozzature, che si manifestano nei prezzi crescenti di determinati prodotti. Ad esempio, tra il dicembre del 2008 e il febbraio del 2011 il prezzo del rame triplicò, anche se la ripresa dalla recessione del 2008 era abbastanza fiacca.
Il problema delle strozzature è particolarmente serio oggi, dato che recessione per la pandemia è stata, per usare un termine tecnico, anomala, e lo stesso vale per la ripresa adesso in corso. La spesa per i consumi non aveva seguito gli schemi che mostra in una normale recessione, e di conseguenza adesso siamo di fronte a perturbazioni inconsuete.
La grande scarsità di legname ne è una manifestazione. In una recessione è normale che crollino le spese sugli alloggi. Nel 2020, tuttavia, con molte persone bloccate in casa, gli americani hanno in effetti speso a piene mani nel miglioramento delle abitazioni. I produttori di legname non se ne erano accorti e avevano ridotto la produzione, che li aveva lasciati con una capacità insufficiente a soddisfare la domanda. Cosicché il prezzo delle travi di legno ha registrato un notevole (e insostenibile) aumento.
Ma tali strozzature costituiscono un pericolo per la ripresa nel suo complesso? Significano che le autorità debbano tirare i freni? No. La lezione chiarissima dei circa 15 anni passati è che le fluttuazioni a breve termine nei prezzi dei materiali grezzi non ci dicono niente dell’inflazione futura, e che la autorità che sopravvalutano queste fluttuazioni – come la Banca Centrale Europea, che alzò i tassi di interesse nel bel mezzo di una crisi da debito perché era spaventata dai prezzi delle materie prime – a cose fatte devono sempre rammaricarsene.
Le scarsità delle materie grezze, dunque, non sono un problema importante. Che dire delle scarsità di forza lavoro?
Molti datori di lavoro si stanno attualmente lamentando perché non riescono a trovare lavoratori a sufficienza, nonostante la mancanza generalizzata di posti di lavoro; i dirigenti della Federal Reserve credono che la disoccupazione effettiva sia ancora vicina al 10 per cento. Quanto dovremmo prendere sul serio queste lamentele?
Si dà il caso che abbia sotto gli occhi una relazione dal titolo “Le piccole imprese statunitensi faticano a trovare personale qualificato”. Il rapporto sintetizza un sondaggio promosso da Gallup e da Wells Fargo, che ha scoperto che una maggioranza di imprese sta sostenendo di aver avuto difficoltà ad assumere lavoratori.
Però, vi ho detto la data di quel rapporto? Il 15 febbraio 2013 – un periodo nel quale c’erano tre lavoratori disoccupati per ogni posto di lavoro che si apriva. Di fatto, non c’era alcuna scarsità di lavoro qualificato, e il tasso di disoccupazione continuò a calare per altri sette anni.
Dunque, da cosa dipendeva? In una economia depressa, i datori di lavoro sono capaci di riempire facilmente i posti vacanti. Quando l’economia migliora assumere diventa un po’ più difficile; in alcuni casi si deve attrarre lavoratori offrendo salari più alti. E gli imprenditori lo percepiscono come una scarsità di forza lavoro.
Ma è così che l’economia si suppone funzioni! Che i datori di lavoro competano per avere lavoratori alzando i salari non è un problema, è quello che vogliamo vedere.
Tutto questo significa che non c’è alcun limite all’espansione dell’economia e che l’inflazione non può mai diventare un problema? Naturalmente no. Ma scarsità puntuali di pochi prodotti e un solido mercato del lavoro non sono ragioni per entrare nel panico.
Dovremmo essere preoccupati soltanto se vediamo una di queste due cose: le prove che le aspettative di una inflazione continuata vengono incorporate nelle decisioni sui prezzi, e/o le prove che l’economia sta diventando enormemente surriscaldata.
Sinora non c’è alcuna prova del primo potenziale problema – e l’Amministrazione Biden, da quanto si apprende, sta prestando a tali prove la massima attenzione.
Per quanto riguarda il surriscaldamento: è vero, potrebbe essere un problema. È stato appena approvato un ampio pacchetto di aiuti economici, e le famiglie hanno a disposizione ampi risparmi. Dunque un boom eccessivo è possibile. Ma se avvenisse, la Fed potrà dare un colpo di freni, ed io credo che lo farà – il che posso dirlo perché, fortunatamente non sono un pubblico ufficiale.
By mm
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