May 10, 2021
By Paul Krugman
Has the Republican Party, which has championed the interests of big business and sought to keep wages low since the late 19th century, suddenly become populist? Some of its rising stars would have you believe so. For example, after the 2020 election Senator Josh Hawley declared that “we must be a working-class party, not a Wall Street party.”
But while Republicans have lately attacked selected businesses, their beef with big companies seems to be over noneconomic issues. It bothers them a lot that some of corporate America has taken a mild stand in favor of social equality and against voter suppression.
What doesn’t bother them is the fact that many corporations pay little or nothing in taxes and pay their workers poorly. On such matters the G.O.P. is the same as it ever was: It’s for tax cuts that favor corporations and the wealthy, against anything that might improve the lives of ordinary workers.
The latest example: the Republican push to end enhanced unemployment benefits that have sustained millions of American families through the pandemic, even though unemployment remains very high. Multiple Republican-controlled states have moved to cut off the $300-a-month supplement provided under the American Rescue Plan, even though this means states turning away free money that helps boost their economies — the supplement is entirely paid for by the federal government.
And who has been pushing for a drastic cut in aid to the unemployed? Why, the U.S. Chamber of Commerce. Tell me again how the G.O.P. has become an anti-corporate party of the working class?
Before I get into the substantive issues here, it’s important to be aware of the historical context — namely, that Republicans have always opposed helping the unemployed, no matter what the state of the economy may be.
In 2011, with the economy still deeply depressed in the aftermath of the 2008 financial crisis, leading Republicans attacked unemployment benefits that, they claimed, were encouraging people to “just stay home and watch television.”
And last summer, as a renewed surge in the coronavirus forced much of the country back into lockdown, Senator Lindsey Graham declared that enhanced unemployment benefits would be extended “over our dead bodies.”
I mention these previous episodes to disabuse readers of any notion that the current assault on the unemployed is a good-faith response to anything actually happening in the economy. The G.O.P. has always been determined to make the lives of the jobless miserable, regardless of economic conditions.
That said, is there actually a case that relatively generous benefits are hurting the economic recovery, because they are discouraging Americans from taking available jobs?
Until last week’s employment report, there was fairly broad agreement among economic researchers that the expanded benefits introduced during the pandemic weren’t significantly reducing employment. Notably, the expiration of the $600-a week-benefit introduced in March 2020 didn’t lead to any visible rise in overall employment; in particular, states with low wages, for whom the benefit should have created a big incentive to turn down job offers, didn’t see more employment than higher-wage states when it was removed.
On Friday, however, the Bureau of Labor Statistics announced that the U.S. economy added only 266,000 jobs in April, far short of consensus expectations that we’d gain around a million new jobs. Was this evidence that the economy really is being held back because we’re “paying people not to work”?
No. For one thing, you should never make much of one month’s numbers, especially in an economy still distorted by the pandemic. For example, that low reported number was “seasonally adjusted.” The economy actually added more than a million jobs; however, the bureau marked that down because the economy normally adds a lot of jobs in the spring. That’s standard and appropriate practice — but are we having a normal spring?
Also, if unemployment benefits were holding job growth back, you’d expect the worst performance in low-wage industries, where benefits are large relative to wages. The actual pattern was the reverse: big job gains in low-wage sectors like leisure and hospitality, job losses in high-wage sectors like professional services.
I don’t want to make too much of this, since other things have been going on as life gradually returns to normal — although the job number actually reports the situation in mid-April, too soon to reflect the sharp recent progress against the spread of the coronavirus. But on the face of it the data don’t support an unemployment-benefits story.
So what actually happened? We don’t know. Maybe it was a statistical aberration, maybe a variety of factors ranging from computer chip shortages to lack of child care were holding the economy back. The sensible thing is to wait a few months for more evidence, not rush to cut off a crucial financial lifeline for millions of families.
But punishing the unemployed is what Republicans do, whenever they can, whatever the economic circumstances. The G.O.P., posturing aside, is still a corporatist party.
I repubblicani lanciano ancora guerre sui lavoratori,
di Paul Krugman
Il Partito Repubblicano, che ha sostenuto gli interessi delle grandi imprese e cercato di tenere i salari bassi sin dalla fine del 19° secolo, è diventato all’improvviso populista? Alcune delle sue stelle nascenti vorrebbero farvelo credere. Ad esempio, dopo le elezioni del 2020 il Senatore Hosh Hawley dichiarò che “dobbiamo essere un partito della classe lavoratrice, non un partito di Wall Street”.
Ma se i repubblicani hanno di recente attaccato alcune particolari imprese, le loro lamentele con le grandi società sembrano riguardare questioni non economiche. Li infastidisce molto che l’America delle imprese abbia preso posizione leggermente a favore delle eguaglianza sociale e contro gli attacchi ai diritti di voto.
Quello che non li infastidisce è il fatto che molte società paghino poco o niente di tasse e paghino i loro lavoratori una miseria. Su tali faccende il Partito Repubblicano è lo stesso di sempre: è a favore di tagli alle tasse che favoriscano le grandi società ed i ricchi, contrario a tutto quello che può migliorare la vita dei lavoratori comuni.
L’esempio più recente: i repubblicani spingono per interrompere gli accresciuti sussidi di disoccupazione che hanno sorretto milioni di famiglie americane nel corso della pandemia, anche se la disoccupazione resta molto elevata. Vari Stati governati dai repubblicani si sono mossi per tagliare il supplemento di 300 dollari al mese fornito dal Programma Americano di Salvataggio, anche se questo comporta che gli Stati rifiutino soldi gratis che incoraggiano le loro economie – dato che il supplemento è interamente finanziato dal Governo federale.
E chi è che sta spingendo per un taglio drastico negli aiuti ai disoccupati? Che domanda: la Camera di Commercio degli Stati Uniti [1]. Volete ancora raccontarmi che il Partito Repubblicano è diventato un partito della classe lavoratrice contro le corporazioni?
In questo caso, prima che mi addentri nelle questioni di sostanza, è importante essere consapevoli del contesto storico – precisamente, che i repubblicani si sono sempre opposti agli aiuti ai disoccupati, a prescindere dalle condizioni dell’economia.
Nel 2011, con l’economia ancora profondamente depressa per i postumi delle crisi finanziaria del 2008, eminenti repubblicani attaccavano i sussidi di disoccupazione che, sostenevano stavano incoraggiando le persone “a starsene solo a casa e a guardare la televisione”.
E la scorsa estate, quando una ripresa del coronavirus costrinse buona parte del paese a tornare ai lockdown, il Senatore Lindsey Graham dichiaro che gli accresciuti sussidi di disoccupazione sarebbero stati prorogati “sopra i nostri corpi”.
Ricordo questi precedenti episodi per disilludere i lettori da ogni idea che l’assalto attuale ai disoccupati sia una risposta in buonafede a qualsiasi cosa stia effettivamente accadendo nell’economia. Il Partito Repubblicano è sempre stato determinato a rendere miserabili le esistenze di coloro che sono senza lavoro, a prescindere dalle condizioni dell’economia.
Ciò detto, c’è effettivamente un argomento per il quale i sussidi relativamente generosi stiano danneggiando la ripresa economica, in quanto scoraggerebbero gli americani dall’accettare posti di lavoro disponibili?
Sino al rapporto sull’occupazione della settimana scorsa, c’era un accordo abbastanza generale tra i ricercatori economici secondo il quale la proroga dei sussidi introdotti durante la pandemia non stava riducendo sostanzialmente l’occupazione. Segnatamente, la scadenza del sussidio dei 600 dollari alla settimana non aveva portato ad alcune crescita visibile nell’occupazione complessiva; in particolare, negli Stati con bassi salari, per i quali il sussidio avrebbe dovuto creare un grande incentivo a rifiutare le offerte di lavoro, al momento in cui era stato rimosso, non aveva portato ad alcuna maggiore occupazione rispetto agli Stati con i salari più alti.
Venerdì, tuttavia, l’Ufficio delle Statistiche del Lavoro ha annunciato che l’economia in aprile era cresciuta soltanto di 266 mila posti di lavoro; assai meno delle aspettative generali per le quali avremmo guadagnato un milione di nuovi posti di lavoro. Era una prova che l’economia era davvero trattenuta dal fatto che stiamo “pagando le persone per non lavorare”?
No. Da una parte, non si dovrebbe mai dare molto rilievo ai dati di un mese, particolarmente in un’economa distorta dalla pandemia. Ad esempio, quel dato basso del rapporto era “corretto stagionalmente”. In realtà l’economia era aumentata di un milione di posti di lavoro; tuttavia l’Ufficio lo aveva ridotto perché normalmente l’economia in primavera cresce di molti posti di lavoro. Si tratta di un pratica comune e corretta – ma stiamo avendo una primavera normale?
Inoltre, se i sussidi di disoccupazione stessero trattenendo la crescita di posti di lavoro, vi aspettereste le prestazioni peggiori nei settori con bassi salari, dove in rapporto ai salari i sussidi sono ampi. Lo schema effettivo è stato l’opposto: grandi aumenti di posti di lavoro nei settori con bassi salari come il tempo libero e l’alberghiero, perdite di posti di lavoro nei settori con alti salari come i servizi professionistici.
Non voglio dare troppo rilievo a questi aspetti, dato che stanno proseguendo altre cose mentre la vita torna gradualmente alla normalità – sebbene il dato sul lavoro effettivamente resoconti la situazione a metà aprile, troppo presto per riflettere il brusco recente progresso contro la diffusione del coronavirus. Ma di fronte a ciò, i dati non depongono a favore di una spiegazione basata sui sussidi di disoccupazione.
Dunque, cosa è accaduto realmente? Non lo sappiamo. Forse si è trattato di una anomalia statistica, forse una varietà di fattori, che vanno dalla scarsità di microchip per computer alla mancanza di asili nido, stavano trattenendo l’economia. L’unica cosa sensata è attendere pochi mesi per maggiori prove, anziché precipitarsi a tagliare fondamentali aiuti vitali per milioni di famiglie.
Ma punire i disoccupati è quello che fanno i repubblicani, ogni volta che possono, qualsiasi siano le circostanze economiche. Il Partito Repubblicano, al di là degli atteggiamenti, è ancora un partito delle grandi imprese.
[1] La United States Chamber of Commerce (in italiano: Camera di commercio degli Stati Uniti) e familiarmente chiamata AmCham, è la più grande federazione di commercio senza scopo di lucro nel mondo. Essa rappresenta circa tre milioni di imprese nel paese (alcuni dei quali sono collegati a Camere di minore importanza), 2.000 camere locali o di Stato, e 830 associazioni commerciali. La dimensione della camera è composta di esperti politici, lobbisti e giuriste. È nota per spendere più soldi di qualsiasi lobby del paese su base annua. Wikipedia
By mm
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