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Imparare a vivere con una bassa fertilità, di Paul Krugman (New York Times, 17 maggio 2021)

 

May 17, 2021

Learning to Live With Low Fertility

By Paul Krugman

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Last week the Bureau of Labor Statistics reported much higher inflation than almost anyone predicted, and inflationistas — people who always predict runaway price rises, and have always been wrong — seized on the news as proof that this time the wolf is real.

Financial markets, however, took it in stride. Stocks fell on the report, but they soon made up most of the losses.

Bond yields rose only slightly on the news, then ended the week right where they started — namely, extremely low.

Why so little reaction to the inflation news? Part of the answer, presumably, was that once investors had time to digest the details they realized that there was little sign of a rise in underlying inflation; this was a blip reflecting what were probably one-time rises in the prices of used cars and hotel rooms.

Beyond that, however, is what I think is the realization that while we’re achieving dramatic, almost miraculous success in defeating Covid-19, once the pandemic subsides we’re likely to be in an environment of sustained low interest rates as a result of weak investment demand. And the biggest reason for that low-rate environment is plunging fertility, which implies slow or even negative growth in the number of Americans in their prime working years.

This isn’t a new issue. Last month’s census report showing the lowest U.S. population growth since the 1930s only confirmed what everyone studying the subject already knew. And America is relatively late to this party. Japan’s working-age population has been declining since the mid-1990s. The euro area has been on the downslope since 2009. Even China is starting to look like Japan, a legacy of its one-child policy.

Is stagnant or declining population a big economic problem? It doesn’t have to be. In fact, in a world of limited resources and major environmental problems there’s something to be said for a reduction in population pressure. But we need to think about policy differently in a flat-population economy than we did in the days when maturing baby boomers were rapidly swelling the potential work force.

OK, let me admit that there is one real issue: An aging population means fewer active workers per retiree, which raises some fiscal issues. But this problem is often exaggerated. Remember all the panic about how Social Security couldn’t survive the burden of retiring boomers? Well, many boomers have already retired; by 2025 most of the growth in the number of beneficiaries per worker caused by retiring baby boomers will already have occurred. Yet there’s no crisis.

There is, however, a different issue with low population growth. To maintain full employment, a market economy must persuade businesses to invest all the money households want to save. Yet a lot of investment demand is driven by population growth, as new families need newly built houses, new workers require the construction of new office buildings and factories, and so on.

So low population growth can cause persistent spending weakness, a phenomenon diagnosed in 1938 by the economist Alvin Hansen, who awkwardly dubbed it “secular stagnation.” The term and concept have been revived recently by Larry Summers, and on this issue I think he’s right.

Secular stagnation can be a problem, because if interest rates are very low even in good times there’s not much room for the Fed to cut rates during recessions. But a low-interest-rate world can also offer major policy opportunities — if we’re willing to think clearly.

For what we’re looking at here is a world awash in savings with nowhere to go: Households are eager to lend money out, but businesses don’t see enough good investment opportunities. (Bitcoin doesn’t count.) Well, why not put the money to work for the public good? Why not borrow cheaply and use the funds to rebuild our crumbling infrastructure, invest in the health and education of our children, and more? This would be good for our society, good for the future, and would also provide a cushion against future recessions.

What about the burden of debt, you ask? Well, federal debt as a percentage of G.D.P. is twice what it was in 1990, but interest payments on the debt are only about half as high. That’s what low borrowing costs — largely a byproduct of demographic stagnation — do.

So, are the Biden administration’s infrastructure and family proposals the kind of things I have in mind? They’re a gratifying step in the right direction. But they aren’t nearly as ambitious as they’re often portrayed, and to my mind they’re too fiscally responsible — the administration is excessively concerned with paying for its plans.

The fact is that, like it or not, we’re going to be living for a long time with very slow population growth. And we need to start thinking about economic policy with that reality in mind.

 

Imparare a vivere con una bassa fertilità,

di Paul Krugman

 

La scorsa settimana l’Ufficio delle Statistiche del Lavoro ha riferito una inflazione assai più alta di quanto avevano previsto tutti, e gli inflazionisti – le persone che prevedono sempre aumenti dei prezzi fuori controllo, ed hanno sempre torto – hanno sfruttato le notizie come la prova che questa volta il lupo c’è per davvero.

I mercati finanziari, tuttavia, lo hanno registrato senza problemi. Sulla base del rapporto, le azioni sono cadute, ma hanno presto recuperato gran parte delle perdite.

I rendimenti delle obbligazioni alle notizie sono calati solo leggermente, poi hanno concluso la settimana proprio dove erano partite – ossia, estremamente in basso.

Perché una reazione così modesta alle notizie sull’inflazione? Parte della risposta, presumibilmente, è stata che una volta che gli investitori hanno avuto il tempo di digerire i dettagli hanno compreso che c’erano poche prove di una crescita della inflazione sottostante; si era trattato di un fenomeno trascurabile che rifletteva quelle che erano probabilmente crescite temporanee dei prezzi delle macchine usate e delle camere di albergo.

Otre a quello, tuttavia, penso che fosse la comprensione che stiamo realizzando un successo spettacolare, quasi miracoloso nello sconfiggere il Covid-19, e che una volta che la pandemia recede è probabile che saremo in un contesto di continui bassi tassi di interesse come risultato di una debole domanda di investimenti. E la ragione di quel contesto di bassi tassi è il crollo della fertilità, il che comporta una crescita lenta o persino negativa del numero degli americani nei loro anni principali di attività lavorativa.

Questo non è un tema nuovo. Il rapporto del censimento del mese scorso che mostra la crescita più bassa della popolazione statunitense dagli anni ’30 ha soltanto confermato quello che chiunque sta studiando la questione già sapeva. E l’America arriva relativamente tardi a questo fenomeno. La popolazione in età lavorativa del Giappone è in calo dalla metà degli anni ’90. L’area euro ha una curva discendente a cominciare dal 2009. Persino la Cina sta cominciando ad assomigliare al Giappone, una conseguenza della sua politica di un solo figlio.

La popolazione stagnante o in calo è un grande problema economico? Non c’è bisogno che lo sia. Di fatto, in un mondo di risorse limitate e di gravi problemi ambientali si deve pur dire qualcosa a favore di una riduzione nella pressione della popolazione. Eppure abbiamo bisogno di ragionare diversamente sulla politica in una economia con una popolazione piatta rispetto a quello che facevamo nei tempi nei quali il boom delle nascite veniva rapidamente ingrossando la forza lavoro.

È vero, devo pur ammettere che c’è un problema reale: una popolazione che invecchia comporta minori lavoratori attivi per ogni pensionato, il che fa crescere alcuni problemi di finanza pubblica. Ma questo problema è frequentemente esagerato. Vi ricordate tutto il panico su come la Sicurezza Sociale sarebbe sopravvissuta al peso delle generazioni in espansione [1] che andavano in pensione?  Ebbene, molti di quelle generazioni sono già in pensione; con il 2025 la maggior parte della crescita nel numero dei beneficiari per lavoratore provocato dal pensionamento dei “baby boomers” sarà già avvenuto. Eppure non c’è stata alcuna crisi.

Con la bassa crescita della popolazione c’è, tuttavia, un problema diverso. Una economia di mercato, per ottenere la piena occupazione, deve persuadere le imprese a investire tutti i soldi che le famiglie intendono risparmiare. Tuttavia una gran parte della domanda di investimenti è determinata dalla crescita della popolazione, quando le nuove famiglie hanno bisogno di alloggi di nuova costruzione, quando i nuovi lavoratori comportano la costruzione di nuovi palazzi per uffici e di nuovi stabilimenti, e così via.

Dunque, una bassa crescita della popolazione può provocare una persistente debolezza della spesa, un fenomeno esaminato nel 1938 dall’economista Alvin Hansen, che in modo un po’ maldestro lo chiamò “stagnazione secolare”. Il termine e l’idea è stata di recente resuscitata da Larry Summers, e su questo tema penso che avesse ragione.

La stagnazione secolare può essere un problema, perché se i tassi di interesse sono molto bassi persino in tempi positivi, non resta molto spazio alla Fed per tagliarli durante le recessioni. Ma un mondo di bassi tassi di interesse può anche offrire importanti opportunità politiche – se siamo disponibili a ragionarne con chiarezza.

Perché quello che in questo caso stiamo osservando è un mondo inondato di risparmi che non sanno dove andare: le famiglie sono desiderose di dare denaro in prestito, ma le imprese non vedono opportunità di investimento sufficientemente positive (il Bitcoin non conta). Ebbene, perché non mettere i soldi all’opera per il bene pubblico? Perché non prendere a prestito convenientemente e utilizzare i fondi per ricostruire le nostre infrastrutture fatiscenti, per investire nella salute e nell’istruzione dei nostri figli, e altro ancora? Sarebbe positivo per la nostra società, positivo per il futuro e fornirebbe anche un ammortizzatore contro future recessioni.

Vi chiedete cosa fare con l’onere del debito? Ebbene, il debito federale come percentuale del PIL è il doppio di quello che era nel 1990, ma i pagamenti degli interessi sul debito sono circa la metà di allora. È questo che comportano i bassi costi dell’indebitamento – in larga parte un effetto collaterale della stagnazione demografica.

Dunque, le proposte della Amministrazione Biden sulle infrastrutture e sulla famiglia sono il genere di cose che ho in mente? Esse sono un passo soddisfacente nella direzione giusta. Ma non sono neanche lontanamente così ambiziose di quanto vengono solitamente descritte, e per la mia opinione sono troppo responsabili in termini di finanza pubblica – l’Amministrazione è eccessivamente preoccupata per il pagamento dei suoi programmi.

Il fatto è, che piaccia o no, che ci stiamo indirizzando a vivere per un lungo tempo con una crescita molto bassa della popolazione. E abbiamo bisogno di cominciare a ragionare di una politica economica con quel dato di fatto in mente.

 

 

 

 

 

 

[1] I “Boomers” – ovvero le generazioni dei “baby boomers” – sono le generazioni della forte crescita demografica che si ebbe dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e per tutti gli anni ’50, sino alla metà degli anni ’60. E i primi componenti di quelle generazioni ormai sono pensionati. Il fenomeno dei “baby boomers” è leggibile in questa tabella (da Wikipedia):

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