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La banalità del collasso della democrazia, di Paul Krugman (New York Times, 24 maggio 2021)

 

May 24, 2021

The Banality of Democratic Collapse

By Paul Krugman

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America’s democratic experiment may well be nearing its end. That’s not hyperbole; it’s obvious to anyone following the political scene. Republicans might take power legitimately; they might win through pervasive voter suppression; G.O.P. legislators might simply refuse to certify Democratic electoral votes and declare Donald Trump or his political heir the winner. However it plays out, the G.O.P. will try to ensure a permanent lock on power and do all it can to suppress dissent.

But how did we get here? We read every day about the rage of the Republican base, which overwhelmingly believes, based on nothing, that the 2020 election was stolen, and extremists in Congress, who insist that being required to wear a face mask is the equivalent of the Holocaust.

I’d argue, however, that focusing on the insanity can hinder our understanding of how all of this became possible. Conspiracy theorizing is hardly a new thing in our national life; Richard Hofstadter wrote “The Paranoid Style in American Politics” back in 1964. White rage has been a powerful force at least since the civil rights movement.

What’s different this time is the acquiescence of Republican elites. The Big Lie about the election didn’t well up from the grass roots — it was promoted from above, initially by Trump himself, but what’s crucial is that almost no prominent Republican politicians have been willing to contradict his claims and many have rushed to back them up.

Or to put it another way, the fundamental problem lies less with the crazies than with the careerists; not with the madness of Marjorie Taylor Greene, but with the spinelessness of Kevin McCarthy.

And this spinelessness has deep institutional roots.

Political scientists have long noted that our two major political parties are very different in their underlying structures. The Democrats are a coalition of interest groups — labor unions, environmentalists, L.G.B.T.Q. activists and more. The Republican Party is the vehicle of a cohesive, monolithic movement. This is often described as an ideological movement, although given the twists and turns of recent years — the sudden embrace of protectionism, the attacks on “woke” corporations — the ideology of movement conservatism seems less obvious than its will to power.

In any case, for a long time conservative cohesiveness made life relatively easy for Republican politicians and officials. Professional Democrats had to negotiate their way among sometimes competing demands from various constituencies. All Republicans had to do was follow the party line. Loyalty would be rewarded with safe seats, and should a Republican in good standing somehow happen to lose an election, support from billionaires meant that there was a safety net — “wing nut welfare” — in the form of chairs at lavishly funded right-wing think tanks, gigs at Fox News and so on.

Of course, the easy life of a professional Republican wasn’t appealing to everyone. The G.O.P. has long been an uncomfortable place for people with genuine policy expertise and real external reputations, who might find themselves expected to endorse claims they knew to be false.

The field I know best, economics, contains (or used to contain) quite a few Republicans with solid academic reputations. Like just about every academic discipline, the field leans Democratic, but much less so than other social sciences and even the hard sciences. But the G.O.P. has consistently preferred to get its advice from politically reliable cranks.

The contrast with the Biden team, by the way, is extraordinary. At this point it’s almost hard to find a genuine expert on tax policy, labor markets, etc. — an expert with an independent reputation who expects to return to a nonpolitical career in a couple of years — who hasn’t joined the administration.

Matters may be even worse for politicians who actually care about policy, still have principles and have personal constituencies separate from their party affiliation. There’s no room in today’s G.O.P. for the equivalent of Bernie Sanders and Elizabeth Warren, unless you count the extremely sui generis Mitt Romney.

And the predominance of craven careerists is what made the Republican Party so vulnerable to authoritarian takeover.

Surely a great majority of Republicans in Congress know that the election wasn’t stolen. Very few really believe that the storming of the Capitol was a false-flag antifa operation or simply a crowd of harmless tourists. But decades as a monolithic, top-down enterprise have filled the G.O.P. with people who will follow the party line wherever it goes.

So if Trump or a Trump-like figure declares that we have always been at war with East Asia, well, his party will say that we’ve always been at war with East Asia. If he says he won a presidential election in a landslide, never mind the facts, they’ll say he won the election in a landslide.

The point is that neither megalomania at the top nor rage at the bottom explains why American democracy is hanging by a thread. Cowardice, not craziness, is the reason government by the people may soon perish from the earth.

 

La banalità del collasso della democrazia,

di Paul Krugman

 

L’esperimento democratico americano potrebbe ben essere vicino alla sua fine. Non è un’esagerazione: è una cosa evidente a chiunque stia seguendo la scena politica. I repubblicani potrebbero prendere legittimamente il potere; potrebbero vincere attraverso una diffusa negazione del diritto di voto; i legislatori del Partito Repubblicano potrebbero semplicemente rifiutarsi di certificare i risultati elettorali dei democratici e dichiarare vincitore Donald Trump o il suo erede politico. Comunque vada a finire, il Partito Repubblicano cercherà di garantirsi una presa permanente del potere e farà tutto il possibile per sopprimere il dissenso.

Ma come siamo arrivati a questo punto? Leggiamo ogni giorno della rabbia della base repubblicana, che in modo schiacciante è convinta, basandosi su nulla, che le elezioni del 2020 sono state rubate, e degli estremisti nel Congresso, che affermano in continuazione che l’obbligo di indossare mascherine è l’equivalente dell’Olocausto.

Io direi, tuttavia, che concentrarsi su queste follie può ostacolare la nostra comprensione di come tutto questo è diventato possibile. Le teorie della cospirazione non sono certo una cosa nuova nella nostra vita nazionale; Richard Hofstadter scrisse “Lo stile paranoide nella politica americana” nel passato 1964. La rabbia dei bianchi è stata una forza potente, almeno a cominciare dal movimento dei diritti civili.

Quello che questa volta è diverso è l’acquiescenza dei gruppi dirigenti repubblicani. La Grande Bugia sulle elezioni non è venuta fuori dal basso – è stata promossa dai vertici, inizialmente dallo stesso Trump, ma quello che è decisivo è che nessun politico repubblicano eminente è stato disponibile a contraddire le sue pretese e molti si sono precipitati indietro non con la follia di Marjorie Taylor Green [1], ma con la codardia di Kevin McCarthy [2].

E questa mancanza di spina dorsale ha radici istituzionali profonde. I politologi hanno da tempo notato che i nostri due principali partiti politici si basano su strutture molto diverse. I democratici sono una coalizione di gruppi di interesse – sindacati di lavoratori, ambientalisti, attivisti dei diritti degli omosessuali e dei transgender ed altro. Il Partito Repubblicano è lo strumento di un movimento unito e monolitico. Viene spesso descritto come un movimento ideologico, sebbene date le giravolte degli anni recenti – l’improvviso abbraccio del protezionismo, gli attacchi alle grandi società “socialmente progressiste” [3] – l’ideologia del movimento conservatore appaia meno evidente della sua volontà di potere.

In ogni caso, per un lungo tempo la coesione dei conservatori ha reso la vita relativamente facile ai politici ed ai dirigenti repubblicani. Gli eletti democratici dovevano negoziare i loro orientamenti in mezzo a richieste talora in competizione provenienti da varie basi elettorali. Tutto quello che dovevano fare i repubblicani era seguire la linea del Partito. La fedeltà sarebbe stata premiata con posti sicuri, e se doveva accadere che un repubblicano in una buona posizione perdesse una elezione, il sostegno dei miliardari comportava che c’era una rete di sicurezza – una sorta di assicurazione per l vita ai personaggi della destra usciti dalla scena [4] – nella forma di presidenze presso fondazioni della destra generosamente finanziate, piccoli incarichi a Fox News e cose simili.

Naturalmente, la vita facile di un repubblicano di professione non era attraente per tutti. Il Partito Repubblicano da molto tempo è un posto sgradevole per persone con una genuina esperienza politica e con fondate reputazioni esterne, che si ritroverebbero a dover appoggiare posizioni che sapevano essere false.

Il settore che conosco meglio, l’economia, contiene (o era solito annoverare) abbastanza pochi repubblicani con solide reputazioni accademiche. Proprio come in tutte le discipline accademiche, il settore inclina verso i democratici, ma molto meno di altre scienze sociali o addirittura delle scienze esatte [5]. Ma il Partito Repubblicano ha regolarmente preferito essere consigliato da ciarlatani politicamente affidabili.

Il contrasto con la squadra di Biden, per inciso, è straordinario. A questo punto è quasi arduo trovare un vero esperto di politica fiscale, di mercati del lavoro o cose simili – un esperto con una reputazione indipendente che si aspetti di tornare ad una carriera non politica in un paio d’anni – che non sia approdato alla Amministrazione.

Le cose possono addirittura essere peggiori per uomini politici che si occupano effettivamente di politica, che hanno ancora principi e basi elettorali distinte dalla loro affiliazione politica. Non c’è spazio nel Partito Repubblicano odierno per personaggi equivalenti a Bernie Sanders ed a Elizabeth Warren, a meno di non mettere nel conto l’estremamente anomalo Mitt Romney.

E la predominanza di biechi carrieristi è quello che ha reso il Partito Repubblicano così vulnerabile alla presa autoritaria.

Di sicuro una grande maggioranza dei repubblicani nel Congresso sanno che le elezioni non sono state rubate. Molto pochi credono sul serio che l’assalto al Campidoglio sia stata una operazione sotto false bandiere degli antifa o semplicemente una folla di turisti innocui. Ma decenni trascorsi come una verticistica azienda monolitica hanno riempito il Partito Repubblicano di persone che seguiranno la linea del partito dovunque li porti.

Così se Trump o un personaggio come Trump afferma che siamo sempre stati in guerra con l’Asia Orientale, ebbene il suo partito dirà che siamo sempre stati in guerra con l’Asia Orientale. Se egli dice di aver vinto le elezioni presidenziali in modo schiacciante, i fatti non avranno importanza, essi diranno che ha vinto le elezioni in modo schiacciante.

Il punto è che né la megalomania al vertice né a rabbia alla base spiega perché la democrazia americana sia appesa a un filo. La ragione per la quale il ‘Governo da parte del popolo’ può scomparire presto dalla faccia della terra è la viltà, non la follia.

 

 

 

 

 

[1] Imprenditrice repubblicana membro della Camera dei Rappresentanti, che appunto si è distinta per aver paragonato all’Olocausto l’obbligo dell’uso delle mascherine.

[2] Kevin McCarthy è un altro componente repubblicano della Camera, apparentemente più moderato della collega. Di recente, a proposito della istituzione di un Commissione di inchiesta sui fatti del 6 gennaio (l’assalto trumpiano al Campidoglio), egli agli inizi si era impegnato per un accordo bipartisan. Ma quando si è accorto che un gruppo di una decina di repubblicani vicini a lui stava orientandosi verso tale accordo, si è spaventato ed è tornato precipitosamente indietro.

[3] Il termine “woke corporation” – grande società che prende posizioni progressiste su temi sociali – venne inventato nel 2015 da Ross Douthat, analista politico e conservatore americano, in un articolo sul New York Times. Poi ha avuto un crescente successo, a conferma di un fenomeno reale sulla collocazione politica di alcune grandi imprese.

[4] In realtà, il senso letterale originario sarebbe “usciti di testa/svitati”. Ma il termine si è sempre più applicato a uomini politici della destra che hanno conosciuto insuccessi e sono stati compensati con incarichi, spesso da parte di giornali e riviste. Nel termine è comunque rimasto il significato implicito di personaggi che assumono posizioni ‘radicali’ o estreme; un esempio potrebbe essere quello di Rudolph Giuliani, una volta Sindaco di New York e più di recente forsennato sostenitore e braccio destro di Trump.

[5] In genere per “hard sciences” – letteralmente “scienze dure/difficili” – si intendono le scienze chimiche, fisico/matematiche o naturalistiche, alludendo alla loro differenza con le scienze sociali o umane.

 

 

 

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