May 31, 2021
By Paul Krugman
Many reports about the Biden administration’s budget proposal, released Friday, convey the sense that it’s huge. President Biden, scream some of the headlines, wants to spend SIX TRILLION DOLLARS next year. (Sorry, can’t help doing my best Dr. Evil imitation.) It takes some digging to learn that the baseline — the amount the administration estimates we’d spend next fiscal year without new policies — is $5.7 trillion.
In fact, one of the most striking things about Biden’s budget initiative — arguably about his whole administration — is its relative modesty in terms of both money spent and claims about what that spending would accomplish. He is neither proposing nor promising a revolution, just policies that would make Americans’ lives significantly better.
And I, for one, find this hugely refreshing after Former Guy’s achievement-free bombast.
Now, the Biden plan is by no means trivial. The budget proposes spending 24.5 percent of G.D.P. over the next decade, up from a baseline of 22.7 percent. That increase, mainly driven by increased expenditures for infrastructure and families, is bigger than it looks because so much of the baseline is devoted to the military, Medicare and Social Security. But it’s not socialism, either. It would still leave the United States with a smaller government than most other wealthy countries’.
Still, the extra spending would make a huge difference to some economic sectors, notably renewable energy, and vastly improve some American lives, especially those of lower-income families with children.
Notably, however, the administration is not claiming that these policies would dramatically accelerate economic growth. Former Guy’s economists predicted that their policies would produce sustained G.D.P. growth of 3 percent a year, which would have been extraordinary in an economy whose working-age population is barely growing. Biden’s economists are projecting growth of less than 2 percent after the economy has bounced back from the pandemic.
Why this modesty? Part of it may be political strategy: Biden likes to underpromise and overdeliver, the way he did with vaccinations. The administration’s economists are actually quite optimistic, for example, about the possibility that child care and other family policies would expand labor force participation and that investing in children would yield big economic returns in the long run.
But they also know history. Governments can do a lot to fight short-term recessions (or make them worse), but the fact is that it’s very hard for policy to make a big difference to the economy’s long-term growth rate.
This is something the right has never understood. (It’s difficult to get people to understand something when their salaries depend on their not understanding it.)
Conservatives are constantly pushing the claim that tax cuts, in particular, will supercharge growth; they love to cite the supposed economic triumph of Ronald Reagan. But Reagan presided over only a couple of years of very rapid growth, as the economy recovered from a severe recession. Over the course of the 1980s, the economy grew only 0.015 percentage points faster — basically a rounding error — than it did in the troubled 1970s.
And looking more broadly across history at both the national and the state levels shows predictions that tax cuts will produce economic miracles have never panned out — not once. Neither, by the way, have predictions that tax hikes, like the increased levies on corporations and the wealthy that Biden is proposing, will lead to disaster.
So it makes sense for the Biden administration to avoid making big claims about economic growth. But does this mean that its plans are no big deal? Not at all.
You see, while government policies rarely have major effects on the economy’s overall growth rate, they can have huge effects on the quality of people’s lives. Governments can, for example, ensure that their citizens have access to affordable health care; they can drastically reduce the number of children whose lives are scarred by poverty. The Biden plan would take big steps on these and other fronts.
And this is the sense in which the Biden plan, despite its relatively moderate price tag, represents a radical departure from past economic policy.
For the past four decades, U.S. economic debate has been dominated by an ideology fundamentally opposed to spending money to help ordinary citizens: We can’t borrow more, lest we provoke a debt crisis. We can’t raise taxes on those able to pay, lest we destroy their incentive to create wealth.
The Biden budget, however, reveals an administration free from these fears. The budget doesn’t propose huge deficit spending, but it does point out that the burden of federal debt, properly measured, is minimal. And administration officials have made it clear that they don’t buy into low-tax propaganda.
You could say that the most important thing about this budget isn’t so much the dollars it would deliver as the dogma it dismisses. And if Biden’s presidency is seen as a success, this ideological liberation will have huge consequences.
La modestia radicale del bilancio di Biden,
di Paul Krugman
Molti resoconti sulla proposta di bilancio della Amministrazione Biden, pubblicata venerdì, trasmettono la sensazione che essa sia una enormità. Il Presidente Biden, urlano alcuni titoli, il prossimo anno vuole spendere SEI MILA MILIARDI DI DOLLARI (spiacente, non posso evitare di fare la mia migliore imitazione del Dr. Male [1]). Bisogna scavare un po’ per apprendere che la base di partenza – la somma che l’Amministrazione stima spenderemmo il prossimo anno senza nuove politiche – è 5.700 miliardi di dollari.
Di fatto, uno degli aspetti più sorprendenti dell’iniziativa di Biden sul bilancio – probabilmente della sua intera Amministrazione – è la sua relativa modestia sia sui soldi da spendere che sugli argomenti di cosa quella spesa provocherebbe. Egli non sta né proponendo né promettendo una rivoluzione, solo politiche che renderebbero significativamente migliori le vite degli americani.
Ed io, per mio conto, trovo tutto questo grandemente rincuorante dopo la retorica senza risultati del Tizio Precedente [2].
Ora, il programma di Biden non è in alcun modo banale. Il bilancio propone una spesa nel corso del prossimo decennio del 25,4 per cento del PIL, a partire da una base di partenza del 22,7. Quell’aumento, principalmente guidato dalle spese per le infrastrutture e le famiglie, è maggiore di quello che sembra perché buona parte della base di partenza è rivolta alle spese militari, a Medicare ed alla Previdenza Sociale. Ma non è neppure socialismo. Esso lascerebbe gli Stati Uniti con un Governo più piccolo della maggioranza degli altri paesi ricchi.
Eppure, la spesa aggiuntiva farebbe una grande differenza in alcuni settori dell’economia, in particolare le energie rinnovabili, e migliorerebbe grandemente alcune vite degli americani, particolarmente quelle delle famiglie a più basso reddito con figli.
È rilevante, tuttavia, che l’Amministrazione non stia sostenendo che queste politiche accelererebbero in modo spettacolare la crescita dell’economia. Gli economisti del Tizio Precedente prevedevano che le loro politiche avrebbero prodotto una crescita prolungata del 3 per cento all’anno, il che sarebbe stato straordinario in una economia la cui popolazione in età di lavoro sta appena crescendo. Gli economisti di Biden stanno prevedendo una crescita di meno del 2 per cento, una volta che l’economia abbia avuto il suo rimbalzo dalla pandemia.
Perché questa modestia? In parte può trattarsi di una strategia politica: Biden preferisce promettere di meno e realizzare di più, nel modo in cui ha fatto con i vaccini. Gli economisti di questa Amministrazione in realtà sono abbastanza ottimisti, ad esempio, sulla possibilità che gli asili nido e altre politiche per le famiglie espandano la partecipazione della forza lavoro [3] e che investire sui figli produrrà grandi rendimenti economici nel lungo periodo.
Ma conoscono anche la storia. I Governi possono fare molto per combattere le recessioni a breve termine (o per renderle peggiori), ma è un fatto che per la politica è molto difficile fare una grande differenza sul tasso di crescita a lungo termine dell’economia.
Questo è qualcosa che la destra non ha mai compreso (è arduo far comprendere qualcosa alle persone, quando i loro stipendi dipendono dal non comprenderlo).
I conservatori stanno costantemente spingendo sulla pretesa che i tagli delle tasse, in particolare, diano un impulso aggiuntivo alla crescita; amano citare il preteso trionfo economico di Ronald Reagan. Ma Reagan fu Presidente soltanto per un paio di anni di crescita molto rapida, quando l’economia si riprese da una grave recessione. Nel corso degli anni ’80 l’economia crebbe più velocemente soltanto di 0,015 punti percentuali – fondamentalmente un’inezia – rispetto a quello che fece nei travagliati anni ’70.
E osservando più in generale, la storia sia al livello nazionale che al livello degli Stati mostra previsioni sui miracoli economici che sarebbero stati prodotti dagli sgravi fiscali che non hanno mai avuto successo – non una volta. Né, per inciso, si sono mai realizzate le previsioni secondo le quali gli aumenti delle tasse, come gli accresciuti prelievi sulle grandi società e sui ricchi che Biden sta proponendo, avrebbero portato al disastro.
Dunque ha senso che l’Amministrazione Biden eviti di fare grandi proclami sulla crescita economica. Ma questo significa che i suoi programmi non sono una gran cosa? Niente affatto.
Considerate che mentre le politiche dei Governi raramente hanno effetti importanti sul tasso di crescita complessivo delle economie, essi possono avere enormi effetti sulla qualità della vita delle persone. I Governi possono, ad esempio, garantire ai loro cittadini l’accesso ad una assistenza sanitaria sostenibile; possono drasticamente ridurre il numero dei bambini le cui esistenze sono sfregiate dalla povertà. Il programma di Biden farebbe grandi passi avanti su questi e su altri fronti.
E questo è il senso in cui il programma di Biden, nonostante il suo prezzo relativamente moderato, rappresenta un allontanamento radicale dalla politica economica del passato.
Perché nei passati quattro decenni, il dibattito economico statunitense è stato dominato da un’ideologia fondamentalmente opposta allo spendere soldi per aiutare i cittadini comuni: non possiamo indebitarci maggiormente, per non provocare una crisi del debito. Non possiamo elevare le tasse su coloro che possono pagarle, se non vogliamo distruggere il loro incentivo a creare ricchezza.
Il bilancio di Biden, tuttavia, mostra una Amministrazione libera da queste paure. Il bilancio non propone una enorme spesa in deficit, ma mette in evidenza che il peso del debito federale, correttamente calcolato, è minimo. E i dirigenti della Amministrazione hanno chiarito che non intendono abboccare alla propaganda delle basse tasse.
Si potrebbe dire che la cosa più importante di questo bilancio non sono i dollari che esso fornirà ma i dogma che metterà in liquidazione. E se la Presidenza di Biden si può considerare un successo, è perché questa liberazione ideologica avrà grandi conseguenze.
[1] Che sarebbe qualcosa del genere (il Dr. Male è uno scienziato pazzo in una serie di film basati sulle avventure dell’investigatore britannico Austin Powers):
[2] “Tizio Precedente” è il modo in cui – pare su suggerimento dello stesso Biden – i democratici hanno convenuto di riferirsi a Trump senza citarlo. In particolare la citazione è entrate in voga dopo l’episodio dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio, a significare che il termine “Presidente” era ormai diventato inappropriato.
[3] La “partecipazione della forza lavoro” è calcolata dividendo il totale della forza lavoro per la popolazione in età lavorativa, che viene riferita al complesso dei cittadini dai 15 ai 64 anni. Questo almeno è il criterio prevalente da parte dell’OCSE.
By mm
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