June 10, 2021
By Paul Krugman
On June 26, 1956, Congress approved the Interstate Highway Act. Dwight Eisenhower signed the bill three days later. The legislation allocated $24.8 billion in federal funds for a down payment on the construction of an interstate highway system.
That’s not a lot of money by current standards, but prices are far higher now than they were then, and the economy is vastly bigger. Measured as a share of gross domestic product, the act was the equivalent of around $1.2 trillion today. And the interstate highway system wasn’t the only major federal investment program; the government was also spending substantial sums on things like dam-building and the creation of the St. Lawrence Seaway.
It was, in short, a time when politicians were willing to make bold investments in America’s future. And there was remarkable consensus on the need for those investments. The highway act — paid for with higher taxes on gasoline and user fees — passed the House on a voice vote and in the Senate received only one dissent.
But that was a different America — or, not to obscure the reality of what has changed, a different Republican Party.
I felt an urge to cheer when President Biden declared an end to discussions with Senate Republicans over infrastructure. Some news reports described it as a “blow” to Biden’s agenda. I took it as a welcome sign that Biden’s overtures to Republicans were pro forma, that he was just waiting for a suitable moment to move on.
For it was obvious to anyone who remembered the 2009-2010 fight over health care that the G.O.P. wasn’t negotiating in good faith, that it was simply dragging the process out and would eventually reject anything Biden might agree to. The sooner this farce ended, the better.
But how and why did Republicans become the party of “build we won’t”? I see it as a mix of partisanship, ideology and profiteering.
It used to be considered shrill to say that Republicans were deliberately sabotaging the economy under President Barack Obama. We were supposed to believe that their demands for spending cuts in the face of high unemployment, which greatly delayed the economy’s recovery, reflected genuine concern over the implications of the budget deficit. But the way the G.O.P. lost all interest in deficits the moment Donald Trump took office confirmed everything the cynics had been saying.
And a party that was willing to sabotage the Obama economy is surely even more inclined to sabotage a president whom many of its members refuse to accept as legitimate. Increased public investment is popular, especially if paid for with higher taxes on corporations and the wealthy. It would also create jobs. But with a Democrat in the White House, those are reasons for Republicans to block infrastructure spending, not support it.
That said, one must admit that Senate Republicans, especially Mitch McConnell, effectively blocked infrastructure spending even when Trump was in the White House. The main reason “infrastructure week” became a gag line was the Trump administration’s haplessness and lack of seriousness, its inability to formulate anything resembling a coherent plan. But McConnell’s passive-aggressive resistance also played a role.
So what was that about? Ever since Reagan Republicans have been committed to the view that government is always the problem, never the solution — and, of course, that taxes must always be cut, never increased. They’re not going to make an exception for infrastructure. Indeed, the very fact that infrastructure spending would be popular counts against it; they fear that it might help legitimize a broader role for government in general.
Finally, the modern Republican Party seems deeply allergic to any kind of public program that doesn’t give profit-making private players a big role, even if it’s hard to see what purpose those private players serve. For example, unlike the rest of Medicare, drug coverage, introduced under George W. Bush, can be accessed only through private insurance companies.
When Trump’s advisers unveiled their infrastructure “plan” (it was little more than a vague sketch), I immediately noticed that it carefully avoided suggesting that we might just, you know, build infrastructure the way Eisenhower did. Instead, it proposed a complex and surely unworkable system of tax credits to private investors who would, it was hoped, build the infrastructure we needed.
If Trump’s people had ever gotten around to an infrastructure plan, it would probably have looked like the one investment program the administration did put into effect, the creation of “opportunity zones” that were supposed to help Americans living in low-income areas. What that program actually ended up doing was provide a bonanza to wealthy investors, who used the tax break to build things like luxury housing.
Put it this way: The modern G.O.P. just won’t do public programs unless they offer vast opportunities for profiteering.
The reality is that if we get the infrastructure plan we need, it will be passed through reconciliation with little or no Republican support. And the sooner we get to that point, the better.
Perché i repubblicani non ricostruiranno l’America,
di Paul Krugman
Il 26 giugno del 1956, il Congresso approvò la Legge per la Autostrada Interstatale. Dwight Eisenhower la sottoscrisse tre giorni dopo. La legge assegnava un finanziamento federale di 24,8 miliardi di dollari per un anticipo nella costruzione di un sistema autostradale interstatale.
Quelli non sono per gli standard attuali un mucchio di soldi, ma i prezzi sono oggi molto più alti di quanto erano allora, e l’economia è molto più grande. Calcolata come quota del prodotto interno lordo, la legge era l’equivalente di circa 1.200 miliardi di dollari odierni. E il sistema autostradale interstatale non era l’unico importante programma di investimenti federali; il Governo stava anche spendendo somme significative su cose come la costruzione di dighe e la creazione del Canale sul fiume St. Lawrence [1].
Era, in poche parole, un’epoca nella quale i politici erano disponibili a fare coraggiosi investimenti sul futuro dell’America. E sul bisogno di tali investimenti c’era un consenso considerevole. La legge sulle autostrade – finanziata con tasse più elevate sui carburanti e sui pedaggi degli utilizzatori – fu approvata dalla Camera per acclamazione ed ebbe al Senato solo un voto contrario.
Ma quella era un’altra America – oppure era, per dire senza infingimenti quello che è cambiato, un altro Partito Repubblicano.
Ho sentito il bisogno di esultare quando il Presidente Joe Biden ha dichiarato di porre fine alle discussioni con i repubblicani del Senato sulle infrastrutture. Alcuni notiziari l’hanno descritto come un “colpo” ai programmi di Biden. Io l’ho considerato come un segno benvenuto che le aperture di Biden ai repubblicani erano pro forma, che egli stava soltanto aspettando il momento giusto per procedere.
Perché era evidente a tutti coloro che ricordavano la battaglia del 2009-2010 sulla assistenza sanitaria che il Partito Repubblicano non stava negoziando in buona fede, che stava semplicemente tirando per le lunghe il procedimento e che alla fine avrebbe respinto ogni cosa sulla quale Biden avrebbe potuto concordare. Più presto questa farsa finiva, meglio era.
Ma come e perché i repubblicani sono diventati il partito del “noi non costruiremo” [2] ? Io lo considero come un misto di faziosità, di ideologia e di affarismi.
Ero solito ritenere stridente dire che i repubblicani stavano deliberatamente sabotando l’economia sotto la Presidenza di Barack Obama. Allora forse credevamo che le loro richieste di tagli alla spesa di fronte ad una disoccupazione elevata, che rimandarono di molto la ripresa dell’economia, riflettessero il timore genuino per le implicazioni dei deficit di bilancio. Ma il modo in cui il Partito Repubblicano perse tutto l’interesse sui deficit al momento in cui Donald Trump entrò in carica ha confermato tutto quello che affermavano i più cinici.
E un partito che è stato disponibile a sabotare l’economia sotto Obama è certamente anche più incline a sabotare un Presidente che molti dei suoi membri rifiutano di accettare come legittimo. Un accresciuto investimento pubblico è popolare, specialmente se finanziato con tasse più alte sulle grandi società e sui ricchi. Esso creerebbe anche posti di lavoro. Ma con un democratico alla Casa Bianca, quelle sono tutte ragioni perché i repubblicani blocchino le spese infrastrutturali, anziché sostenerle.
Ciò detto, si deve riconoscere che il repubblicani del Senato, particolarmente Mitch McConnell, di fatto bloccarono le spese sulle infrastrutture anche quando Trump era alla Casa Bianca. La principale ragione per la quale la “settimana delle infrastrutture” [3] divenne una barzelletta fu la sventura e la mancanza di serietà della Amministrazione Trump, la sua incapacità a formulare qualcosa che somigliasse ad un piano coerente. Ma giocò un ruolo anche la resistenza passiva, seppure aggressiva, di McConnell.
Dunque, da cosa tutto ciò è dipeso? Dall’epoca di Reagan i repubblicani hanno sposato il punto di vista secondo il quale il governo è sempre il problema, mai la soluzione – e, naturalmente, che le tasse devono sempre essere tagliate, mai aumentate. Essi non faranno una eccezione per le infrastrutture. Infatti, proprio la circostanza per la quale la spesa sulle infrastrutture sarebbe popolare milita contro di essa; temono che potrebbe contribuire a legittimare un ruolo più ampio per il governo in generale.
Infine, il Partito Repubblicano odierno sembra profondamente allergico a programmi pubblici di ogni genere che non diano un grande ruolo a protagonisti privati per fini di lucro, persino quando è difficile capire a quale scopo servirebbero tali protagonisti privati. Ad esempio, diversamente dal resto di Medicare, alla assistenza sui farmaci, introdotto sotto George W. Bush, si può accedere solo tramite società assicuratrici private.
Quando i consiglieri di Trump svelarono il loro “piano” per le infrastrutture (era un po’ meno di una vago schizzo), io osservai immediatamente che esso scrupolosamente evitava di indicare proprio che avremmo potuto, guarda un po’, costruire infrastrutture nel modo in cui lo fece Eisenhower. Piuttosto, esso proponeva un sistema di crediti di imposta, complicato e sicuramente non funzionale, verso gli investitori privati che, si sperava, avrebbero costruito le infrastrutture di cui abbiamo bisogno.
Se la gente di Trump avesse mai trovato il tempo di dedicarsi ad un programma infrastrutturale, probabilmente esso avrebbe somigliato all’unico programma di investimenti che l’Amministrazione mise in pratica, la creazione di “zone di facilitazione” che si supponeva aiutassero gli americani che vivono in aree a basso reddito. Quello che quel programma effettivamente finì col fare fu fornire una manna a investitori ricchi, che usarono gli sgravi fiscali per costruire cose come alloggi di lusso.
Diciamolo in questo modo: l’odierno Partito Repubblicano proprio non vorrà programmi pubblici, a meno che essi non offrano grandi opportunità agli affarismi.
La realtà è che se noi avremo il piano infrastrutturale di cui abbiamo bisogno, esso passerà dallo strumento della ‘riconciliazione’ [4], con poco o nessun sostegno da parte dei repubblicani. E primo che arriveremo a quel punto, meglio sarà.
[1] La Saint Lawrence Seaway (via marittima San Lorenzo) è un sistema di chiuse e canali, in Canada e negli Stati Uniti, che consente alle navi oceaniche di navigare dall’Oceano Atlantico ai Grandi Laghi del Nord America, fino all’entroterra a Duluth, in Minnesota, all’estremità occidentale del Lago Superiore. La via marittima prende il nome dal fiume San Lorenzo, che scorre dal lago Ontario all’Oceano Atlantico. Wikipedia
[2] La frase sembra un po’ bizzarra. Ma una spiegazione che ho trovato è che essa potrebbe echeggiare una vecchia disputa che un tempo fu popolare in America, quando cartelli con su scritto “Dig we Must” (“Dobbiamo scavare”) apparvero dappertutto a New York a proposito dei lavori del servizio per il gas e l’energia. Nel decennio successivo, quella frase divenne familiare in tutto il paese: indicando che il progresso era inevitabile, anche se comportava qualche disagio. La nuova espressione di Krugman allude all’opposto: i repubblicani sono diventati il Partito che si oppone al progresso.
[3] La promessa di avere in serbo fantastici programmi infrastrutturali era un motivo ricorrente di Trump, che in particolare annunciò più volte che essi sarebbero stati resi noti in un “settimana” successiva, che non arrivò mai; al punto che quella settimana divenne un po’ un barzelletta.
[4] Ovvero la procedura congressuale che consente di fare a meno, nella approvazione finale di norme controverse di natura finanziaria, della maggioranza assoluta e di approvarle con una maggioranza semplice. In pratica, uno strumento che permette di superare l’ostruzionismo dell’opposizione.
La volontà di usare lo strumento della ‘riconciliazione’ è un altro degli aspetti delle novità di questi anni nella politica americana. Con Obama i democratici evitarono sempre di utilizzarlo, il che praticamente consegnò ai repubblicani un potere ostruzionistico insuperabile. Trump, al contrario, lo utilizzò senza alcuno scrupolo in varie occasioni, il che gli consentì di non incorrere nel possibile strumento dell’ostruzionismo dei democratici (ad esempio, in materia di sgravi fiscali sulle grandi società e sui ricchi). Oggi invocare quello strumento è divenuto normale anche per i democratici.
By mm
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